SCRUTATIO

Lunedi, 23 giugno 2025 - San Tommaso Moro ( Letture di oggi)

Ecclesiaste 2


font
BIBBIA VOLGAREBIBBIA MARTINI
1 Io dissi nell' animo mio: anderoe, e abonderoe di diletti, e darommi morbidezze. E poi m'avvidi che ciò era vanitade.1 Io dissi in cuor mio: Anderò a provarla copia delle delizie, e a godere dei beni. E riconobbi, che questo pure è vanità.
2 Lo ridere reputai pazzia, e dissi: allegrezza, o per che ti lasci ingannare indarno (sanza frutto)?2 Il riso lo condannai di pazzia: e al gaudio dissi: Come vanamente ti inganni!
3 Pensai nel mio cuore guardarmi dal vino per la bocca mia, acciò che io potessi recare l'animo mio alla sapienza, e fuggire la pazzia, infino a tanto che io m'avvedessi quello che fusse utile agli uomini, e che fusse mestiere sotto il sole allo numero de' giorni della vita sua.3 Risolvei in cuor mio di divezzar la mia carne dal vino per rivolgere l'animo alla sapienza, e per fuggir la stoltezza; sino a tanto che io avessi veduto quel, che sia utile pe' figliuoli degli uomini, e quel, che sia necessario di fare sotto del sole nei giorni contati della sua vita.
4 Io hoe aggrandito tutti li fatti miei; e feci murare palagi (e case assai), e piantai vigne.4 Or io feci opere grandi, fabbricai delle case, e piantai delle vigne.
5 E feci orti e giardini, e circundaili di tutta la generazione degli arbori.5 Piantai orti, e giardini, e vi messi ogni specie di piante.
6 E fecivi assai radunamenti d' acque, per adacquare (al tempo del bisogno) quelle selve degli arbori.6 E formai delle peschiere di acque per annaffiare la selva de' giovani arboscelli.
7 Ed ebbi sotto me (fedeli) servi e ancille, e di molta famiglia, e greggi e mandre di pecore, più che nessuno che passasse dinanzi da me in Ierusalem.7 Ebbi in mio dominio dei servi, e delle serve con molta famiglia, ed armenti, e greggi di pecore numerosi, sorpassando tutti quelli, che furono avanti a me in Gerusalemme:
8 E composi oro e argento, e tutte cose di re e di provincie; fei radunare cantatori e cantatrici, ed ebbi ogni diletto e morbidezze delli uomini, e feci vaselli assai per dare bere.8 Ammassai argento, ed oro, e quel,che aveano di più prezioso i regi, e le provincie: e mi scelsi de' cantori, e delle cantatrici, e le delizie de' figliuoli degli uomini, delle coppe, e de' vasi per mescere i vini.
9 Avanzai di ricchezze tutti quelli furo dinanzi da me in Ierusalem; la sapienza non si separò da me.9 E superai nelle ricchezze tutti quei che furono prima di me in Gerusalemme; e la sapienza ancora fu sempre meco.
10 E ciò che gli occhi miei volsono vedere, non gli negai; e non ritenni il mio cuore, e lascia?lo sanza freno usare ogni diletto, acciò che godesse le cose che gli erano apparecchiate; e questo pensai che dovesse essere la mia parte, d' usare la mia fatica.10 E non negai agli occhi miei nulla di tutto quel, ch'ei desiderarono, e non vietai al mio cuore, il godere di ogni piacere, e il deliziarsi in tutte queste cose preparate da me, e questa credetti la mia porzione, il godere di mie fatiche:
11 Ma quando mi ripensai e' fatti miei, e le fatiche ove io sudai sanza frutto, avvidimi che tutte queste cose erano vanitadi', e angoscia d'animo, niuna cosa esser stabile sotto il sole.11 Ma volgendomi poi a tutte le opere fatte dalle mie mani, e alle fatiche, nelle quali io avea sudato inutilmente, in ogni cosa io vidi vanità, e afflizione di cuore, e che niente dura sotto il sole.
12 E ancora io mi ritornai alla sapienza, per conoscere lo errore e la stoltizia: Ora di': che è l' uomo, ch' elli possa seguire Iddio, suo fattore e creatore?12 Passai a contemplar la saggezza, e gli errori, e la stoltezza. Che è egli l'uomo (dissi io) che seguir possa il re suo Creatore?
13 E sentiva che cotale differenza è tra la sapienza e la stoltizia, quale è tra la luce e le tenebre.13 E riconobbi, come tanto va avanti la sapienza alla stoltezza, quanto la luce è distante dalle tenebre.
14 Onde gli savi uomini hanno sempre gli occhi in capo (e avveggonsi d'ogni cosa); ma gli stolti sempre sono (abbagliati come folli) al buio; e apparai che così muore l'uno, come l' altro.14 Il saggio ha occhi in testa: lo stolto cammina al buio: ma io appresi,che e l'uno, e l'altro vanno egualmente alla morte.
15 E dissi nel cuore mio: s' egli è una medesima morte la mia e quella dello stolto, o per che mi diedi angoscia d'apparare senno? E anche favellai nell' animo mio, e avvidimi che queste erano vanitadi.15 Onde io dissi in cuor mio: Se e lo stolto, ed io egualmente morremo, che giova a me l'aver fatto maggior studio della sapienza? E dopo averla discorsa coll'animo mio, conobbi, che questo stesso è vanità:
16 Non sarae ricordo del savio, secondo che non sarà dello stolto già mai; e per li tempi che verranno ogni cosa si dimenticherà; muoresi lo savio e lo sciocco.16 Perocché non sarà eterna la memoria del saggio, come neppure dello stolto; e i tempi avvenire seppelliran nell'oblio tutte a un modo le cose: muore il dotto appunto, come l'indotto.
17 Imperciò m'increscè della vita mia; però ch' io veggio ogni cosa ria essere sotto il sole, e [tutto] essere vanitade e angoscia d' animo.17 E perciò mi venne a noja la vita o in veggendo come i mali tutti si trovano sotto del sole, e che tutto è vanità, ed è afflizione di spirito.
18 Adunque spregio tutto il mio scaltrimento, e la fatica che io n' ho avuta sotto il sole per radunare; però che averò erede dopo me,18 Detestai di poi tutta la mia sollecitudine, onde con tanto studio mi affannai sotto del sole, mentr'io son per avere un erede dopo di me,
19 il quale io non so se sarà savio o matto, e signoreggerà nelle fatiche mie, nelle quali io sudai e fui sollecito. Or è niuna cosa tanto (rea o) vana?19 Il quale io non so se sia per essere sapiente, o stolto, e il quale possederà le mie fatiche, che a me costarono sudori, ed affanni. Or v'ha egli cosa vana più di questa?
20 Onde però mi cessai, e rinunziò il mio cuore di non più affatticarmi sotto il sole (nel mondo).20 Per la qual cosa io mi presi riposo, e il cuor mio rìnunziò a travagliarsi mai più sotto del sole.
21 Imperò che l' uomo s' affatica per senno e per scaltrimento, e raduna guadagni, e lasciagli a persona che se gli gode sanza fatica; e questo è follia, e grande danno.21 Conciossiachè dopo che uno ha faticato con saggezza, e prudenza, e sollecitudine, gli acquisti suoi lascia ad un infingardo: e questo è certamente vanità, e male grande.
22 Ora che pro' è all' uomo di tutta la sua fatica e angoscia di spirito, della quale è trangosciato sotto il sole?22 Imperocché qual vantaggio trarrà l'uomo di tutte le sue fatiche, e delle afflizioni di spirito, ond'egli si è straziato sotto del sole?
23 Tutti li dì suoi furono pieni di tribolazioni e di fatica, e anche di notte la mente non si riposò; e questa non è (tutta grande) vanitade?23 Di dolori, e di amarezze sono pieni tutti i suoi giorni, e neppure la notte ha posa il suo spirito: e questo non è egli vanità?
24 Ora non è meglio e mangiare e bere, e mostrare all' anima sua riposo e consolazione delle sue fatiche? E se questo puote fare, sì è grande dono di Dio.24 Non è egli meglio mangiare, e bere, e far del bene all'anima propria colle proprie fatiche? E questo è pur dalla mano di Dio.
25 Or chi ebbe tante consolazioni, e abonderà di ricchezze come abondo io?25 Chi consumerà, e accumulerà delizie, come ho fatto io?
26 Il buono uomo riceve da Dio senno e scaltrimento e letizia dentro nel suo cuore; al peccatore lascia Iddio fatica superflua e le angosce in guadagnare e radunare, e poi (sì campi, e poi) rimanghi a colui a cui piacque a Dio: e ancora è questa vanitade e istruggimento d'animo (dalla parte di colui che raduna).26 All'uomo, che è retto dinanzi a lui, ha data Dio la sapienza, e la scienza, e la letizia; ma al peccatore ha date le afflizioni, e la inutile cura di accumulare, e ammassare de' beni per lasciarli a chi Dio vorrà: e questo pure è vanità, e inutile angoscia di animo.