Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Prima lettera ai Corinzi 9


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Paolo non riceveva il vitto da' Corinti, a quali predicava, per toglier di meno ogni occasione di scandalo, sebbene prova con molti argomenti, che ciò gli era permesso. Ma egli in tutte le figure si cangia per guadagnar più gente al culto di Dio. Esorta i Corinti a imitare coloro, che corrono nella lista, o combattono nell'agone,e dice, che egli pure doma il proprio corpo.

1Non son io libero? Non son io Apostolo? Non ho io veduto Gesù Cristo Signor nostro? Non siete voi opera mia nel Signore?2E se per altri non sono Apostolo, almeno per voi lo sono: imperocché sigillo del mio Apostolato siete voi nel Signore:3La mia difesa presso coloro, che mi disaminano, è questa.4Non abbiam noi facoltà di mangiare, e di bere?5Non abbiam noi facoltà di menar dapertutto con noi una donna sorella, come anche gli altri Apostoli, e i fratelli del Signore, e Cefa?6Forse solo io, e Barnaba non abbiam facoltà di ciò fare?7Chi è mai, che militi a proprie spese? Chi pianta la vigna, che non mangi del frutto di essa? Chi pasce il gregge, che del latte non si cibi del gregge?8Forse in questo parlo da uomo? E non dice questo anche la legge?9Conciossiachè nella legge di Mosè sta scritto: non metter la musoliera al bue, che tribbia il grano. Forse che Dio si prende cura de' buoi?10Nol dice forse principalmente per noi? Conciossiachè per noi ciò è stato scritto: perché e chi ara, debbo arare con isperanza: e chi tribbia, con la speranza di partecipar del frutto.11Se noi abbiam seminato per voi semenza spirituale, è ella una gran cosa, se mieteremo del vostro temporale?12Se altri godono di questo diritto sopra di voi, perché non piuttosto noi? Ma non abbiamo fatto uso di questo dirittto: ma tutto sopportiamo per non frapporre impedimento al Vangelo di Cristo.13Non sapete voi, che quegli, che lavorano per il tempio, mangiano di quello del tempio; e quegli, che servono all'altare, con l'altare hanno parte?14Cosi pure ordinò il Signore a quegli, che annunziano il Vangelo, di vivere del Vangelo.15Io però di nessuna di queste cose mi son prevaluto. E non ho scritte queste cose, perché cosi facciasi riguardo a me: imperocché buona cosa è per me il morire piuttosto, che alcuno renda vano il mio vanto.16Imperocché se io evangelizzerò, non ne ho gloria: atteso che ne incumbe a me la necessità: e guai a me, se io non evangelizzerò.17Conciossiachè se di buona voglia io fo questo, ne ho mercede: se di contraggenio, è stata fidata a me la dispensazione.18Qual è adunque la mia mercede? Che in evangelizzando io dia gratis il Vangelo, che non abusi del mio diritto nel predicar il Vangelo.19Imperocché essendo io libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnare que' più.20E mi son fatto Giudeo co' Giudei per guadagnare i Giudei:21Con quegli, che sono sotto la legge, come se fossi sotto la legge (non essendo io sotto la legge) affine di guadagnare quelli, che erano sotto la legge: con quegli, che erano senza legge, come se io fossi senza legge, (non essendo io senza legge di Dio: ma essendo della legge di Cristo) per guadagnare quegli, che erano senza legge.22Mi son fatto debole con i deboli per guadagnare i deboli. Mi sono fatto tutto a tutti per tutti far salvi.23E tutto io fo pel Vangelo: affine di avere ad esso parte.24Non sapete voi, che quegli, che corrono alla lizza, corrono veramente tutti, ma un solo riporta la palma? Correte in guisa da far vostro il premio.25Or tutti quegli, che pugnano a' giuochi di forza, sono in tutto continenti ed eglino per conseguire una corona corruttibile; ma noi per una incorruttibile.26Io adunque talmente corro, che non sia come a caso: combatto non come battendo l'aria:27Ma premo il mio corpo, e lo riduco in ischiavitù: affinchè talvolta predicato avendo agli altri, io stesso non diventi reprobo.

Note:

9,1:Non sono io libero? Non sono io Apostolo? ec. Avendo detto l'Apostolo nel capo precedente, che bisognava astenersi dalle carni immolate agli idoli, quando col mangiarne venivano a scandalizzarsi i deboli, porta adesso in conferma di tal dottrina il suo proprio esempio, avendo egli per simil ragione rinunziato a molte cose, che erano in sua potestà. Voi, dice egli, per mostrare, che è lecito di mangiar d'ogni cosa in ogni tempo, e in qualunque circostanza, voi adducete la libertà, che avete di far uso di tali cose immolate, libertà vera, come io stesso ho gia detto (cap. VIII. 4. 5. 6). Ma non ho io una libertà pari alla vostra? E quel, che è più, non son io Apostolo del Signore, come gli altri? Non ho io veduto Gesù Cristo; la qual sorte dopo l'ascensione del Signore, non è toccata a verun altro? E non siete voi opera mia, voi, i quali io colla mia predicazione ho generati a Cristo Signore?

9,2: Se per altri non sono Apostolo, ec. Quando degli altri popoli niuno mi tenesse per Apostolo, voi però attesi i segni grandi, che avete veduti del mio apostolato, non potete gia dubitarne: imperocchè siccome il sigillo impresso ad un documento la autenticità ne dimostra; cosi voi, e la vostra conversione, e la vostra fede sono la conferma, ed il sigillo, che fa prova della verità del mio apostolato.

9,3: La mia difesa ... è questa. In questo modo, con questi argomenti sono solito di difendermi, e provare il mio Apostolato presso coloro, i quali fanno la mia disamina come di reo; e con queste parole sono notati i falsi Apostoli, l'arroganza de' quali giungeva fino a sindacare le azioni di Paolo per diminuirne l'autorità.

9,4: Non abbiam noi facoltà di mangiare, e di bere? Vale a dire di ricevere quello, che è necessario per sostentare la vita, da' fedeli che abbiamo formati?

9,5-6: Non abbiam noi facoltà di menar ec. A imitazione di Gesù Cristo gli Apostoli, come dice qui s. Paolo, avevano seco delle donne sorelle, cioè cristiane, le quali gli accompagnavano nella loro missione, e gli servivano, ed anche co' propri denari supplivano a' loro bisogni, ed in molte maniere si adoperavano, e contribuivano alla predicazione della fede. Questa consuetudine, la quale non recava ammirazione veruna tra i Giudei, non volle seguir Paolo tra i Gentili, pe' quali ella potea di leggieri divenir argomento di maldicenza, e nella stessa maniera se ne asteneva anche Barnaba, il quale per lungo tratto di tempo era stato compagno del nostro Apostolo.
Il fratelli del Signore. Sono Giacomo, Giovanni, Giuda, Taddeo, come nota s. Anselmo.

9,7:Chi è mai, che militi a proprie spese? Chi pianta ec. Dimostra l'Apostolo, come egli ben sapeva esser lecito a' ministri del Vangelo di ricevere da' fedeli il necessario a sostentare la vita, della qual cosa porta le prove tratte prima dal gius delle genti, indi dalla legge di Mosè.

9,8:Forse in questo parlo da uomo? Ma la mia asserzione ella è solamente appoggiata alle ragioni, e consuetudini umane?

9,9: Non metter la musoliera al bue, ec. Gli Orientali, ed anche i Greci servivansi de' buoi a battere il grano, facendone pestare co' piedi e romper le spighe; lo che tuttora si pratica in alcuni paesi. I più tenaci, perchè nel tempo del lavoro non mangiassero i buoi del grano, mettevano loro la musoliera, lo che proibiva la legge per avvezzare gli uomini alla clemenza.
Forse che Dio ec... Questa legge però non riguarda principalmente gli animali, ma gli uomini, e tra questi i predicatori della divina parola, e per questi ella è stata scritta, affinchè e chi per benefizio altrui ara, e chi per altri batte il grano, abbia la speranza di entrar a parte del frutto.
Ed è da notare primieramente, che pel lavoro di arare e di disceverare i grano dalla paglia, indica l'Apostolo le funzioni dell'apostolato. In secondo luogo, che non dice, che si debba arare, o far altro di tai lavori per la speranza, ma con la speranza, non dovendo la temporale mercede essere il fine del ministro evangelico; ma dovendo la speranza della mercede consolare le fatiche, e i sudori, che egli sparge per lo spirituale vantaggio de' prossimi.

9,11: Se noi abbiam seminato per voi ec. Colui, che semina, si aspetta mai sempre più di quello, che ha seminato. Se quello, che abbiam seminato tra voi, vale dire la fede, è cosa di tanto pregio, che ogni umana cosa sorpassa; sarà ella una gran cosa, che riceviamo da voi gli aiuti necessari per sostentamento della carne, vale a dire, il meno pel più?

9,12: Se altri godono di questo diritto... perchè no piuttosto noi? Quelli, che usavano tal diritto, e i quali vuol qui accennare, sono probabilmente i falsi Apostoli, e i maestri, che si erano usurpata un'autorità assoluta sopra i Corinti, come abbiam veduto di sopra. Dice adunque, che quello, che è lecito a questi, molto più doveva esser lecito a lui, ed a Barnaba, i quali avevano fondata, e coltivata con tanti stenti, e sudori quella Chiesa. Con tuttociò soggiunge, che non avevano fatto uso di tal diritto, ma avevano anzi patito ogni specie d'indigenza, per non dare benchè innocentemente occasione a' male voli e agli invidiosi di spargere, che degli altrui tesori piuttosto, che delle anime essi andassero in traccia, onde venisse perciò taluno ad alienarsi dal Vangelo. Tanto era sottile, e prudente, e circospetta in ogni cosa la carità di Paolo. Esempio grande e degno di essere consi dlerato da' pastori di anime.

9,13: Quelli, che lavorano per il tempio, mangiano di quello del tempio. Dopo aver dimostrato che a' ministri del Vangelo è dovuto il sostentamento e con l'autorità della legge, e con la ragione naturale, prova adesso la stessa cosa con gli esempi di quel che costumavasi nella Sinagoga. Gli artefici (dice egli), che lavoravano per servizio del tempio, mangiavano dei proventi, e delle oblazioni del tempio. Alcuni Interpreti credono, che si parli qui de' Leviti, come nelle seguenti parole, de' sacerdoti. E quelli, che servono all'altare, con l'altare hanno parte. I sacerdoti, che sono di continuo impiegati nel servizio dell'altare, hanno parte insieme a tutto quello che è offerto sopra l'altare. Vedi il Levitico cap.VI. e VII.

9,14: Cosi pure ordinò il Signore ec. S. Matt. X. 10. S. Luca cap. X. 8. Osserva il Grisostomo, che secondo l'Apostolo è stato disposto da Cristo, che i ministri del Vangelo vivano del Vangelo, vale a dire, abbiano il sostentamento da quelli, a' quali predicano il Vangelo, non già, che tesoreggino del Vangelo.

9,15: Io però di nessuna di queste cose mi son prevaluto...... buona cosa è per me ec. Tutte queste ragioni non mi hanno indotto a valermi del mio diritto, e non sono da me addotte per intenzione che io m'abbia, che sia fatto a me quello che agli altri si fa; conciossiachè è meglio per me non solo il patir penuria, ma anche il morir di fame, che perdere la gloria di aver annunziato il Vangelo senza alcuna umana mercede. Una gran gene rosità dimostrò Abramo, allorchè nulla volle riserbarsi della preda acquistata in guerra, Gen. XIV. 22. 23., ma molto maggiore fu quella dell'Apostolo, il quale gli alimenti stessi rifiutò di ricevere in ricompensa di tante e si gravi, e sì profittevoli fatiche.

9,16:Se io evangelizzerò, non ne ho gloria: atteso che ne incombe a me la necessità; ec. Se io predico il vangelo io non ho motivo di gloriarmene, come se facessi cosa di supererogazione, perchè sono obbligato a predicare in virtù del comandamento, che io ne ho avuto dal Signore non una, ma più volte (vedi Atti cap. VIII. 15. XIII. 2. xxu. 15.): sarei bensì degno di gastigo, anzi dell'eterna maledizione, se non predicassi.

9,17: Se di buona voglia io fo questo, ne ho mercede. Posta la necessità, in cui sono di predicar il vangelo, se a questa necessità io unisco la volontà di servire a Dio, e alla salute de' prossimi, onde non tanto pertimor della pena, quanto per istinto di carità io adempia il mio ministero, avrò da Dio la mia ricompensa, cioè l'eterna corona.
Se di contraggenio, è stata affidata a me la dispensazione. Che se pel solo timore, e quasi per forza io predicherò, sarò allora come un servo, cui sia stata affidata la cura di dispensare altrui i beni del padrone, e gioverei bensì a' miei prossimi, ma senza alcun profitto per me.

9,18: Qual è adunque la mia mercede? La parola mercede è qui posta per la causa, o ragione della mercede, e vuol dire: in qual modo potrò io conseguire l'eterna mercede? Col dare, ed annunziare gratuitamente il Vangelo, e col non valermi mal a proposito del diritto, che pur avrei di ricevere il necessario sostentamento da coloro, a' quali io predico. Si osservino tutte le parole di questo versetto. Paolo privandosi del diritto, che ha ogni predicatore del Vangelo di vivere del Vangelo, ed eleggendo in mezzo alle fatiche del ministero di vivere del lavoro delle sue mani, faceva un'opera sommamente nobile, e di supererogazione, un'opera meritevole di eterna mercede; contuttociò questa opera non vuole egli, che sia considerata, come assolutamente libera, e di pura elezione, mentre dice, che, se altrimenti avesse fatto, abusato avrebbe del proprio diritto, perchè ciò potea ridondare in iscapito del Vangelo: sopra tali principii sia stabilito lo zelo, che i ministri ecclesiastici hanno talora per li temporali interessi delle loro Chiese.

9,19:Essendo io libero da tutti, ec. Non essendo io sotto posto alla potestà, ed al dominio di alcun uomo, mi sono volontariamente fatto quasi servo di tutti, adattandomi alle debolezze, ed alle necessità di tutti, affine di guada gnare maggior numero di persone al Vangelo.

9,20:E mi son fatto Giudeo co' Giudei. Vuol dire, che nelle osservanze e ceremonie esteriori, le quali non eran contrarie al Vangelo, si era egli sovente accomo dato al genio de' Giudei appassionati per le antiche loro costumanze, per insinuarsi con tale condiscendenza nei loro cuori. Vedi gli Atti XXI. 23. XVI. 3. ec.

9,21:Con quelli, che sono sotto la legge, come se ec. Sotto la legge erano i proseliti, i quali si soggettavano volontariamente alla legge. Lo spirito, e la mente di Paolo sono in questo luogo mirabilmente espressi da s. Agostino nella celebre lettera a s. Girolamo, dove dice così: Mi son fatto Giudeo co' 'Giudei, e le altre cose, che qui si dicono, una compassione esprimono di misericordia, non una ingannevol finzione. Imperocchè fassi come malato, colui che serve al malato, non allora quando finge di avere la febbre, ma bensi, quando con animo compassionevole pensa, in qual modo amerebbe di essere assistito, se fosse egli stesso ammalato. Paolo veramente era Giudeo; divenuto poscia Cristiano non avea abbandonato i sacramenti giudaici, le cerimonie giudaiche, date legittimamente a quel popolo in un tempo, in cui erano convenevoli, e necessarie: ed egli stesso essendo Apostolo di Cristo le avea praticate, affine d'insegnare, che non erano nocive a chi volesse osservàrle, senza però riporre nelle medesime speranza atcuna di salute, perchè la salute figurata in quelle cerimonie era stata già recata dal Signore Gesù.
Con quelli, che erano senza legge, come se ec. Co' Gentili mi sono fatto, come se non fossi stato Giudeo, ma Gentile, non osservando tra loro la legge ceremoniale, anzi diportandomi, come se uno fossi di loro, che non han ricevuta la legge, quantunque io non sia, ne viva senza legge di Dio, ma osservi la legge di Cristo, cui sono soggetto. Quelle parole non essendo io senza legge ec. le ha forse aggiunte l'Apostolo, perchè niuno sinistranente interpretasse quello che egli aveva detto dell'essersi fatto come uom senza legge per guadagnare i Gentili privi di legge.

9,22: Mi son fatto debole con i deboli ec. Mi sono fatto simile ai deboli sì nell'animo per effetto di compatimento, e si ancora nell'operare, accomodandomi alla loro debolezza ed ignoranza, talora osservando la legge, astenendomi dalle cose immolate agli idoli ec. balbettando co' balbuzienti, facendomi bambino co' bambini, adattandomi in tutte le cose lecite e indifferenti al genio a' costumi, ed agli affetti di tutti, e in tutte le forme cangiandomi, come portava il bisogno, o l'utilità de' miei prossimi.

9,23: Affine di avere ad esso parte. Tale era l'umiltà di questo Apostolo (dice il Grisostomo) che sorpassando egli di gran lunga tutti gli altri, si contentava di aver parte ai frutti, ed alla beatitudine del Vangelo anche con gli ultimi.

9,24: Non sapete voi, che quelli, che corrono alla lizza, ec. Viene a dimostrare, come non senza gran motivo si studia egli di far tutto per lo Evangelio, attesa la difficoltà di giugnere al premio. La voce greca stadio significa il luogo, dove si facevano le corse a piedi, o a cavallo. Paragona l'Apostolo l'uomo cristiano, il quale cammina nella via dello spirito per arrivare alla eterna felicità, a colui, che ne' pubblici giuochi correva per meritare la palma. Or di tutti quelli, che nella medesima corsa venivano a far prova del loro valore, e correvano, non tutti, ma uno solo, cioè il primo, che giungesse alla meta, era dichiarato vincitore, e ne riceveva in segno la palma. Nella stessa guisa appunto i cristiani, i quali nella carriera della vita spirituale si trovano, non tutti giungeranno a conseguir la salute, ma solamente quelli, i quali non solo correranno, ma correranno come bisogna, e fino che bisogna, vale a dire, correranno secondo i precetti, e le regole del divino Maestro, e con grand'animo, e perseveranza correranno. E quantunque in questa corsa non un solo sia per essere il vincitore, come nell'altra, ma molti, nulladimeno il pericolo di restare tra quelli, i quali non arriveranno ad assicu rarsi del premio eterno, deve impegnare, ed accendere tutti noi a tutto fare, e patire per un fine di tanta im portanza.

9,25: Or tutti quelli, che pugnano a' giuochi di forza, ec. Dopo l'esempio della corsa porta quello degli atleti, i quali combattevano nei giuochi di forza, come quel della lotta. Questi atleti con grandissima, e scrupolosissima attenzione si astenevano da ogni sorta di cibi, e di piaceri, che potessero sminuire la robustezza del corpo e nelle fatiche s'induravano, e ne' patimenti per l'acquisto di una corona corruttibile, e di breve durata, quali eran quelle di alloro, di ulivastro ec., che a' vincitor nei diversi giurochi della Grecia si concedevano. Che dovrem far noi (dice Paolo) per una corona, che mai in appassisce, o si secca ma eterna dura?

9,26:Io adunque talmente corro, ec. Adatta la similitudine a se medesimo, affinchè a se stessi ancora la adattino i cristiani. Io corro (dice egli) non a caso, non come se ignorassi il fine, ed il termine, cui debbo indirizzar la mia corsa. Io combatto non come un atleta debole, ed ignorante, battendo co' miei colpi l'aria, ma sì il nemico, cui ho intimata perpetua guerra.

9,27:Ma premo il mio corpo, ec. I vincitori de' giuochi mentovati di sopra avevano per costume di premer col piede l'avversario vinto, ed atterrato, significando con tal atto la superiorità delle loro forze. A similitudine di costoro dice l'Apostolo, che egli preme il suo proprio corpo, e con le austerità della penitenza lo doma, e lo rende soggetto allo spirito. E questo dice, che lo fa, perchè non avvenga, che dopo avere insegnata altrui la via della salute, sia egli dal supremo Giudice di tutti i combattenti rigettato, come indegno di onore, e di corona. Quanto mai il timore di un tale Apostolo debba e umiliare, e atterrire tutti i cristiani!