Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Prima lettera ai Corinzi 8


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Quantunque non sia per se stesso illecito il cibarsi delle cose immolate agl'idoli, non avendo l'idolo ne virtù, ne potere alcuno, non debbono però mangiarsi tali cose o contro coscienza, o con iscandalo de' deboli, ne il mangiarne, o il non mangiarne fa l'uomo migliore.

1Riguardo poi alle cose immolate agli idoli, noi sappiamo, che tutti abbiamo scienza. La scienza gonfia, ma la carità edifica.2Che se uno si tiene di saper qualche cosa, non ha per anco saputo, come bisogna sapere.3Ma chi ama Dio, questi è da lui conosciuto.4Quanto adunque al mangiare delle cose immolate agli idoli, sappiamo, che l'idolo è un niente nel mondo, e non v'ha Dio, se non un solo.5Imperocché quantunque sianvi di quelli, che sono chiamati dii, o incielo, o in terra (dappoiché sono molti dii, e molti signori):6Quanto a noi però un solo Dio, il Padre, da cui tutte le cose, e noi per esso: e un solo Signore Gesù Cristo, per cui tutte le cose, e noi per mezzo di lui.7Ma non è in tutti la scienza. Ma alcuni con in cuore tuttora l'idea dell'idolo, mangiano una cosa come immolata agli idoli: e la coscienza di essi essendo debole, resta contaminata.8Ma un cibo non ci rende commendabili presso Dio. Imperocché né se mangeremo, avrem qualche cosa di più: ne se non mangeremo, avrem qualche cosa di meno.9Ma badate, che per disgrazia questa vostra licenza non divenga inciampo pe' deboli.10Imperocché se uno vegga colui, che ha scienza, stare a mensa nel luogo degli idoli: non sarà ella la coscienza di lui, che è debole, mossa a mangiare delle cose immolate agli idoli?11E per la tua scienza perirà il debole fratello, per cui Cristo è morto?12E in tal guisa peccando voi contro i fratelli, e offendendo la loro debole coscienza, contro Cristo peccate.13Per la qual cosa se un cibò serve di scandalo al mio fratello: non mangerò carne in eterno per non dare scandalo al mio fratello.

Note:

8,1:Riguardo poi alle cose immolate ec. Nei sacrifizi pagani si offerivano agli idoli degli animali, e delle carni di questi una parte si bruciava in onore dell'idolo, un'altra parte restava a' sacerdoti, ed un'altra per quelli che avevano offerto la vittima, i quali o insieme co' sacerdoti nel tempio, o nella propria casa in convito solenne se la mangiavano, e talvolta anche la mandavano a vendere nelle pubbliche macellerie. Questo era da dirsi per intelligenza di quello, di che si tratta in questo capitolo. Dice adunque a' Corinti l'Apostolo; che quanto alle vittime immolate in onore de' falsi dii erano ed egli, ed essi pienamente informati, come secondo la verità della religione le carni di quelle non erano niente differenti dagli altri cibi. Siccome di questa scienza alcuni abusavano, facendosi lecito e di disprezzare i fratelli, e di dare anche ad essi motivo di scandalo, aggiugne perciò per loro umiliazione: sappiate, che la scienza è sovente occasione di vanità e di arroganza, ma quella che edifica, quella, che sempre giova al nostro ed altrui avanzamento, ella è carità. Unite adunque, dice s. Agostino, alla scienza la carità, e sarà utile la scienza.

8,2: Che se uno si tiene di saper qualche cosa, ec. Chiunque del proprio sapere fa pompa, e di questo solo si contenta, costui non sa ancora, qual sia il fine e l'uso della scienza: alcuni (dice s. Bernardo serm. XXXVI. in cant.) vogliono sapere pel solo fine di sapere, ed è curiosità turpe; alcuni per essere rinomati, ed è vanità obbrobriosa; alcuni per vendere il lor sapere, ed è mercimonio vituperevole; altri per edificazione propria, ed è prudenza; altri per edificazione altrui, ed è carità.

8,3: Ma chi ama Dio, ec. Chi poi con la scienza ha la carità di Dio (e in conseguenza quella del prossimo) questi è conosciuto, vale a dire approvato da Dio autore della vera sapienza, e questi retto uso fa del proprio sapere.

8,4: Quanto adunque al mangiare ec. Quanto alle cose immolate da' Gentili noi sappiamo, che non diventano immonde per essere state offerte a' falsi dii; conciossiachè sappiamo, che l'idolo è un puro nome senza sostanza, perchè quel dio, che col nome dell'idolo viene indicato, non è, nè fu giammai come Dio, dappoichè v'ha un solo Dio e niun altro Dio fuori di lui. L'idolo di Marte nulla ha di sagro, o di divino, e quello che rappresenta di vero, si è la morta figura di un uomo morto, il quale dall'errore, e dalla cecità degli uomini stoltamente fu innalzato sopra la mortale sua condizione.

8,5: Imperocchè quantunque sianvi di quelli, ec. Sebbene nella opinione degli idolatri siamvi diversi dii e nel cielo, come Giove, Marte, Apollo, e nella terra, dove non solo i principi, tuttor viventi, ma fino le stesse creature inanimate sono adorate da diversi popoli quasi tante divinità, essendochè la dottrina del gentilesimo molti dei riconosce e molti signori: noi cristiani però un solo Dio riconosciamo, e confessiamo, che è non di nudo nome, ma in verità, e propriamente, e sostanzialmente Dio.

8,6: Il Padre, da cui tutte le cose, e noi per esso. Il Padre fonte della divinità comunicata da lui alle altre due persone divine, e da cui come da principio, ed autore primo, e sommo sono tutte le cose, e in cui noi sussistiamo; in lui viviamo, ci muoviamo, e siamo. Atti XVII. 28.
E un solo Signore Gesù Cristo, per cui tutte le cose, e noi per mezzo di lui. Il titolo di Signore di tutti gli uomini è dovuto a Gesù Cristo per ragion della redenzione. Vedi Atti II. 36. Ed anche pel dominio, che egli ha in comune col Padre sopra tutte le cose per ragion della creazione; imperocchè per lui furon fatte tutte le cose (Joan. I.), e noi per mezzo di lui, come mediatore, siam quello che siamo, cioè figliuoli di Dio, e lo stesso padre abbiamo per grazia, che egli ha per natura.

8,7: Ma non è in tutti la scienza. Ma alcuni con in cuore tuttora l'idea ec. Questa scienza però, che non sono niente gli idoli, e non possono nè santificare, nè contaminare le cose, che lor sono offerte, questa scienza e questa ferma persuasione, la quale hanno moltissimi de' Cristiani, non la hanno tutti, ma havvene di quegli, i quali anche adesso, anche dopo la loro conversione con erronea coscienza credendosi, che l'idolo sia qualche cosa, od abbia qualche virtù, mangiano una cosa non come semplice cibo, ma come sagra, e partecipante un non so che di divino, perchè agli idoli offerta; onde ne viene, che la loro coscienza non ben rischiarata dal lume della fede resta contaminata per un tal cibo. Non è adunque contaminato o immondo quel cibo, ma sì l'animo di coloro, i quali contro la propria coscienza, benchè erronea, segui tando l'esempio di quegli, che son meglio istruiti, ne mangiano.

8,8: Ma un cibo non ci rende commendabili presso Dio. Imperocchè ec. Quegli, i quali erano meglio informati della libertà cristiana, e per ciò nissuna difficoltà avevano di mangiare ne' conviti le carni immolate, volevano esser creduti più saggi degli altri. A questi dice l'Apostolo, che se sono più scienziati degli altri, debbono ancor sapere, che un cibo di più o di meno non è quello che grati ci renda a Dio, nè colui, che mangia indifferentemente di tutto, avrà maggior merito, nè chi se ne astenesse sarebbe perciò più povero di virtù e di grazia. Vuol dire, non giova a voi presso Dio l'uso di questa vostra libertà, e nuoce altrui, come spiega in appresso.

8,9-10: Ma badate, che... questa vostra licenza ec. Ma è da osservare attentamente, se mai questa vostra libertà possa essere di scandalo per coloro, che son tuttora teneri nella fede; come sarebbe, se uno di questi deboli vedesse un cristiano de' meglio istruiti starsene a mensa nel tempio degli idoli mangiando delle carni immolate. Imperocchè potrà dall'esempio di questo esser mosso il fratello debole a mangiare delle stesse cose, quantunque con erronea coscienza tuttora giudichi, che l'idolo è qualche cosa, e che è male il mangiare di quello che ad essi è stato immolato.
Idolio alcuni lo spiegano per la mensa, sopra la quale ponevansi le carni sagrificate; altri gli danno il senso, che noi gli abbiam dato. Vedi I. Machab. 1. 50 X. 83.

8,11: E per la tua scienza perirà ec. E per la tua scienza, di cui tu vuoi far uso mal a proposito, peccherà mortalmente (mangiando contro propria coscienza) e perderà l'eterna salute un tuo fratello, per cui salvare soffrì Cristo la morte? Vedi Rom. XIV. 15.

8,12: Contro Cristo peccate. Così egli avviene, che, offendendo voi col mal esempio la debole coscienza de' vostri fratelli, peccate contro Cristo di cui essi sono membri, contro Cristo, che peressi mori, contro Cristo, la di cui carità voi violate, facendovi occasion di rovina pe' vostri fratelli.

8,13:Se un cibo serve di scandalo al mio fratello; non mangerò ec. Io per me, dice Paolo, piuttosto che dare scandalo ad un fratello, mi eleggerei di astenermi per tutto il tempo di mia vita non solamente dalle carni immonde, ma eziandio da ogni spezie di carne. Se adunque per evitare lo scandalo de' prossimi vuole l'Apostolo astenersi da ciò, che è in certo modo necessario al sostentamento della vita, molto più è da astenersi per simil causa dalle cose superflue. Vedi Rom. XIV. 20.