Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Prima lettera ai Corinzi 3


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A' Corinti tuttora carnali non potè Paolo predicare i misteri reconditi della fede, mentre disputavano intorno a coloro, che altro non erano, che ministri, potendo Dio solo dare l'accrescimento della grazia, e delle virtù, ed essendo solo Cristo il fondamento della fede, sopra di cui chi avrà bene, o mal fabbricato, apparirà nel dì del giudizio. Non violare il tempio di Dio, che siamo noi, né gloriarsi de ministri di Dio.

1Ed io, o fratelli, non potei parlare a voi, come a spirituali, ma come a carnali. Come a pargoletti in Cristo.2Vi nutrii con latte, non con cibo: imperocché non ne eravate per anco capaci: anzi noi siete neppur adesso: dappoiché siete ancora carnali.3Imperocché essendo tra voi livore, e discordia, non siete voi carnali, e non camminate voi secondo l'uomo?4Imperocché quando uno dice: io son di Paolo; e un altro: io son di Apollo: non siete voi uomini? Che è adunque Apollo? E che è egli di Paolo?5Ministri di colui, cui voi avete creduto, e secondo quel, che a ciascheduno ha concesso il Signore.6Io piantai, Apollo innaffiò: ma Dio diede il crescere.7Di modo che non è nulla né colui, che pianta, né colui che innaffia: ma Dio, che da il crescere.8E una stessa cosa è quegli, che pianta, e quegli, che innaffia. E ognuno riceverà la sua mercede a proporzione di sua fatica.9Imperocché noi siamo cooperatori di Dio: cultura di Dio siete voi, voi edifizio di Dio.10Secondo la grazia di Dio, che è stata a me concessa, da perito architetto io gettai il fondamento: un altro poi vi fabbrica sopra. Badi però ognuno al modo, onde tira su la fabbrica.11Imperocché altro fondamento non può gettar chicchessia fuori di quello, che è stato gettato, che è Cristo Gesù.12Che se uno sopra questo fondamento fabbrica oro, argento, pietre preziose, legna, fieno, stoppie,13Si farà manifesto il lavoro di ciascheduno: imperocché il dì del Signore lo porrà in chiaro, dappoiché sarà di svelato per mezzo del fuoco: e il fuoco proverà, quale sia il lavoro di ciascheduno,14Se sussisterà il lavoro, che uno vi ha sopra edificato, ne avrà ricompensa.15Se di alcuno il lavoro arderà, nè soffrirà egli il danno: ma sarà salvato, così però, come per mezzo del fuoco.16Non sapete voi, che siete tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in voi?17Se alcuno violerà il tempio di Dio, Iddio lo sperderà. Imperocché santo è il tempio di Dio, che siete voi.18Niuno inganni se stesso: se alcuno tra di voi si tien per sapiente secondo questo secolo, diventi stolto, affine di essere sapiente.19Imperocché la sapienza di questo mondo e stoltezza dinanzi a Dio. Imperocché sta scritto: io impiglierò i sapienti nella loro astuzia.20E di nuovo: il Signore conosce, come sono vani i pensamenti de' sapienti.21Niuno adunque si glorii sopra di uomini.22Imperocché tutte le cose sono vostre, o sia Paolo, o sia Apollo, o sia Cefa, o il mondo, o la vita, o la morte, o le cose presenti, o le future: imperocché tutto è vostro:23Voi poi di Cristo: e Cristo di Dio.

Note:

3,1-3:Ed io.... non potei ec. Io non potei nella mia predicazione parlare a voi, come ad uomini perfetti, e veramente spirituali: imperocchè una tal maniera di predicare era superiore alla vostra capacità, essendo voi tuttora deboli nella fede, pargoletti nella sapienza del Vangelo, a' quali non il solito cibo (che è per gli uomini fatti) si conveniva, ma il latte, vale a dire i primi elementi della dottrina; e quello, che più mi affligge, si è, che anche adesso dopo tanto tempo, da che riceveste la fede, voi siete tuttora nella medesima infanzia, e sempre incapaci di digerire quel cibo, che è proprio degli adulti, e perfetti nella cognizione, e nell'amore di Cristo. Vedi Hebr. v. 13. 14. Non dice l'Apostolo io non volli, ma io non potei nudrirvi di solido cibo, sì perchè non fosse ascritto a sua mancanza l'averli cosi trattati, e si ancora per deprimere il loro fasto. Ed è ancora da notarsi, che quantunque non tutti i cristiani di Corinto dello stesso male fossero infetti, contuttociò attribuisce a tutti i difetti, ne' quali il maggior numero aveva parte. Finalmente si osservi, come dopo averli chiamati carnali, la sua riprensione egli mitiga con ispiegare quello, che con ciò voglia significare, vale a dire il poco avanzamento, che hanno fatto nella cognizione, e nell'amor della verità, e la debolezza della lor fede, onde non erano da aversi se non come principianti, e neofiti riguardo alla pratica del Vangelo. Vedi Isai. XXVIII. 9.
Essendo tra voi livore, e discordia, non siete voi ec. Non siete voi tuttora almeno in parte carnali, e non avete voi tuttora molto dell'uomo vecchio, mentre si manifestano in voi le opere della carne, e le concupiscenze dell'uomo non rinnovato ancora perfettamente dalla grazia, quali sono l'invidia, e la dissensione? Vedi Gal. V., 20,

3,4-5:Quando uno dice: io son di Paolo; ec. I capi della discordia nascondevano sotto il nome di Paolo, e di Apollo la propria ambizione, e il desiderio di sovrastare, come apparisce dal cap. v. 6. Altro adunque era il vero motivo delle dissensioni, altro il pretesto, di cui si servivan costoro per accendere la guerra. Si mostravano in pubblico zelanti dell'onore dei rispettivi loro maestri, e predicatori, ma sotto tali apparenze altri pensieri covavano, ed altri disegni. Ma supponendo per vero il principio, da cui si mostravano indotti ad opporsi gli uni agli altri, con ragione dice loro l'Apostolo, che questo stesso impegno di innalzare un predicator sopra l'altro è una pruova, che vivono tuttora in essi le idee, e le inclina zioni dell'uomo carnale.
Che è adunque Apollo? E che è egli Paolo? Ministri di colui... e secondo quel ec. Che sono mai riguardo a voi e Paolo, e Apollo, e qualsivoglia altro uomo, che abbia a voi annunziato il Vangelo? Son eglino forse autori della vostra fede? Qual'è la lor podestà? Son eglino padroni assoluti di quella greggia, che hanno riunita nel nome di Gesù Cristo? Essi non sono se non ministri dipendenti dal primo grande ed unico padrone, sono pastori, ma subordinati al primo vescovo, e pastore delle anime; ministri di Gestù Cristo, cui avete creduto, vale a dire di lui, cui voi siete congiunti per mezzo della fede, di lui, che è l'autore, e il consumator della fede da cui questi stessi ministri tutto hanno ricevuto quello, che hanno comunicato a voi, e tanto han ricevuto, quanto è piaciuto allo stesso padrone per mera sua liberalità di concedere od all'uno, od all'altro; imperocchè niuno di essi qualche cosa ha del suo, niuno può arrogarsi alcuna parte ne' doni della grazia, niuno van tarsene, come se non gli avesse ricevuti di sopra.

3,6:Io piantai, Apollo innaffiò: ma Dio diede il crescere. Le funzioni de' ministri evangelici sono tra lor differenti, ma molto più sono differenti le operazioni loro dalle o perazioni di Dio. Rassomiglia l'Apostolo ciò, che si fa dagli stessi ministri intorno alle anime, a quello, che da un agricoltore si fa intorno a una pianta. Io, dice egli a' Corinti, fui destinato a piantare ne' vostri cuori la fede, di cui da me riceveste la prima semenza; Apollo di poi la fede già fondata aiutò, e promosse grandemente con le sue istruzioni (vedi gli Atti XVIII. 22. 24.). Queste operazioni differenti tra loro han questo di simile, che sono puramente esteriori; ma l'operazione interiore, per cui la parola della fede al cuor si apprende, e germina, e cresce in pianta rigogliosa, e feconda, questa operazione è da Dio in quella guisa appunto, che il piantare, e l'innaffiare è proprio dell'agricoltore, ma il barbicare, e il crescere della pianta naturale viene dalla terra, madre, e nutrice di tutti i vegetabili. È adunque necessario oltre l'esterna dottrina l'aiuto interior della grazia, affinchè il ministero esteriore giovi a salute.

3,7:Non è nulla nè colui, che pianta, nè colui, che innaffia: ma ec. Tutta l'operazione esteriore de' ministri del Vangelo, è un nulla,ove si paragoni all'interna operazione di Dio; imperocchè da questa sola viene la santificazione delle anime, e senza di questa inutili, e vane riuscirebbero tutte le fatiche, e tutte le sollecitudini degli stessi ministri. Questi adunque sono un nulla per se medesimi dinanzi a Dio, e un nulla è tutto quello, che essi far possono a pro delle anime, se all'opera loro non va congiunta l'azione interna della grazia del Salvatore, alla quale tutto attribuir si deve il lavoro della santificazione.

3,8:E' una stessa cosa è quegli che pianta, ec. Ad un fine medesimo tende e il ministro che pianta, e il ministro che innaffia: imperocchè come cooperatori dello stesso padrone nel condur gli uomini a Dio, lo stesso negozio trattano. Di tali uomini adunque intimamente congiunti tra loro per la condizione del comun ministero, e per l'inviolabile unione di volontà in un medesimo oggetto, vi sarà egli, chi debba ardire di formarsene tanti capi di differente partito, e di oppor l'uno all'altro, e col nome di essi dar nome, e corpo alle dissensioni, ed alle fazioni nella Chiesa di Dio?
E ognuno riceverà la sua mercede a proporzione di sua fatica. Quantunque Dio solo sia quegli, che dà il crescere, e il solo autor della fede, e della santificazione, non dimeno a' ministri della parola, i quali esteriormente si adoperano per piantare, e irrigare ne' cuori degli uomini la stessa fede, è dovuta la ricompensa, e questa ricompensa sarà maggiore, o minore a proporzione delle fati che sofferte. Non dice l'Apostolo, che la ricompensa abbia da essere proporzionata al frutto, che avrà prodotto la loro predicazione, ma bensì alle fatiche di ciascheduno: imperocchè non è in potestà del ministro il frutto della sua predicazione, ma a lui si appartiene d'impiegarsi costantemente senza restrizione e riserva a procurare la salute delle anime, non guardando alle fatiche, a' disastri, e alla persecuzione, che avrà da soffrire per sì bella cagione. È ancor da notare, che l'uguaglianza di proporzione tralle fatiche, e la ricompensa è sempre relativa alla grandezza della carità, da cui procedono le buone opere: onde è, che se uguali fossero di due santi e le fatiche, e la carità, uguale sarà la lor ricompensa; che se diversa fosse la carità, maggior premio avrà chi con maggior carità minori fatiche, e patimenti sofferse per Cristo, e minore chi con carità minore maggiormente pati. Vedi s. Tom. in questo luogo.

3,9:Siamo cooperatori di Dio: cultura di Dio siete voi; voi edifizio ec. Nostro uffizio si è di servire a Dio di strumenti per la vostra santificazione, in tal guisa però, che opera di Dio, e lavoro di Dio si è lo stesso cooperar che facciamo con Dio, e lo stesso nostro lavoro; voi il terreno preparato, e lavorato da Dio, in cui egli pelle nostre mani la preziosa semenza sparse della fede, la quale per virtù della grazia fruttifichi abbondante raccolta di buone opere: voi edifizio di Dio, tabernacolo eretto dall'architetto sovrano per essere abitazione del medesimo Dio. Questi è il primo cultore, ed il primo architetto, cui nella cultura delle anime, e nella edificazione de' templi vivi del Signore servono e gli Apostoli, e i ministri tutti della Chiesa.

3,10:Secondo la grazia di Dio, che è stata a me con cessa, da perito architetto ec. Secondo l'obbligazione del ministero apostolico, che è stato per grazia di Dio a me confidato, io gettai tra voi il fondamento della fede, vale a dire, venni io il primo ad annunziarvi Gesù Cristo; altri poi vi sono, che sopra il fondamento da me gettato si studian di accrescere, di tirare in alto, e di abbellire la fabbrica impiegandosi nell'esporre gli insegnamenti della fede, e della morale per confermare e perfezionare i fedeli.
Badi però ognuno al modo, ec. Quello, che importa, si è, che ognun di costoro attentamente consideri, quali siano i materiali, onde si serve per ingrandire la fabbrica, quale sia la maniera di dottrina, che egli predica, se tratta da private opinioni, se attinta dalla mondana filosofia, se finalmente più arguta, che solida: imperocchè piena di difficoltà e di pericoli si è di tali operai l'impresa.

3,11:Altro fondamento non può gettar chicchessia ec. A questi io fo sapere, che altro fondamento non debbono, nè possono gettare fuori di quello, che è stato da me gettato; e questo fondamento è Gesù Cristo predicato da me non meno, che dagli altri Apostoli; egli è la pietra angolare, cui si appoggia la vostra fede, e la dottrina di lui è il fondamento della vostra salute.

3,12:Che se uno sopra questo fondamento fabbrica oro, ec. Continua l'Apostolo la metafora della fabbrica, e propone da una parte un edifizio nobile, e veramente reale, il quale fondato sopra salda base ricco sia, e splendente per l'oro, e l'argento, e per le pietre preziose; e dal l'altra parte una fabbrica, la quale sopra il nobile fondamento sia da imperito architetto continuata col miscuglio di materiali vili, e soggetti più d'ogni altra cosa alla corruzione, e all'incendio, come sono il legno, il fieno, le stoppie. Il fondamento dell'una, e dell'altra fabbrica è lo stesso, e questo fondamento è la fede di Cristo, o sia Cristo stesso; l'oro, l'argento, e le pietre preziose, onde va adorna la prima, significano la dottrina, e l'istruzioni pure, e sincere, e utili alla mutua edificazione, con le quali i ministri della Chiesa si studiano di nutrire la fede, e di accendere la carità de' fedeli, onde per ogni sorta di buone opere risplendano dinanzi a Dio, e dinanzi agli uomini; il legno poi, il fieno, le stoppie, dalle quali sfigurato resta il secondo edifizio (che ha pur il medesimo fondamento) dinotapo gl'insegnamenti non eretici e perniciosi, ma inutili e superflui, ed atti piuttosto a pascere la vana curiosità di coloro, che gli ascoltano, che a confermargli nella fede, e nella soda carità, insegnamenti, ne' quali allo spirito del Vangelo di Gesù Cristo si cerchi di innestare le invenzioni della mondana filosofia, o le giudaiche tradizioni.

3,13:Si farà manifesto il lavoro di ciascheduno: imperocchè il dì del Signore ec. Nel tempo presente non può sempre si agevolmente discernersi chi nella prima maniera lavori, e chi nell'altra; si vedrà però chiaramente nel dì del Signore, vale a dire nel giorno dell'estremo giudizio. In quel giorno sarà pubblicamente manifestata la qualità del lavoro di ciascheduno per mezzo di quel fuoco, che precederà la venuta di Gesù Cristo. Questo fuoco secondo le determinazioni del giudice eterno proverà le opere, e la vita di ciascun uomo, perchè i perfetti passeranno illesi per quell'incendio al regno di Dio; i reprobi saranno dallo stesso fuoco tormentati in eterno; gl'imperfetti, e men puri per esso saranno purgati. Questa sposizione è di s. Basilio, e di molti Padri latini, ed è una delle tre riferite da s. Tommaso, e sembra la più semplice, e naturale. Delle opere di tutti gli uomini dimostrerà il valore, e il bene, ed il male quel fuoco, ma ciò particolarmente farà delle opere de' ministri di Gesù Cristo.

3,14:Se sussisterà il lavoro.... ne avrà ricompensa. Se il lavoro di un ministro evangelico sarà qual prezioso metallo trovato e saldo, e puro, e perfetto, onde dall'attività di quel fuoco non sia disfatto, ne riceverà egli dal giudice eterno la ricompensa della gloria celeste, la quale ai fedeli ministri fu promessa da Cristo.

3,15:Se di alcuno il lavoro arderà, ne soffrirà egli il danno. Se di un altro dottore evangelico sarà arso, e con sunto il lavoro nella stessa guisa, che e le legna, e il fieno, e le stoppie col fuoco si riducono in cenere, patirà egli il danno della perdita del suo lavoro ritrovato imperfetto, e corrotto all'esame del fuoco.
Ma sarà salvato; cosi però, come ec. Non perirà egli in eterno, ma conseguirà la salute, perchè quantunque egli abbia fabbricato male, ha nondimeno fabbricato sopra il vero fondamento, che è Gesù Cristo. Sarà adunque salva to, ma per mezzo di quel medesimo fuoco, da cui sarà allor tormentato, e per cui saranno purgati i falli da lui commessi nell'esercizio del ministero. Alcuni Padri, e Interpreti per questo fuoco intendono le afflizioni, e le pene temporali, colle quali punisce il Signore i difetti, e le col pe degli uomini o nella vita presente, ovvero nel fuoco del purgatorio.

3,16-17:Non sapete voi, che siete tempio di Dio.... Se alcuno violerà ec. ne' versetti precedenti ha parlato e della mercede dovuta a coloro, che santamente s'impiegano nella edificazione del mistico tempio di Dio, e del danno, che dovran soffrire coloro, i quali benchè rettamente edifichino (in quanto al fondamento si attengono, che fu stabilito da Dio) peccano nondimeno, perchè con molte imperfezioni deformano la loro fabbrica; viene adesso a discorrere di coloro, i quali non edificano, ma di struggono, perchè tolgono il fondamento, senza di cui niuna fabbrica può sussistere. E perchè meglio comprendasi l'atrocità del delitto, che da costor si commette, rammenta a' Corinti una verità nota a tutti i cristiani, vale a dire, che i fedeli sono tempio di Dio; lo che pur dimostra, aggiungendo, che in essi abita lo Spirito di Dio. Sono essi adunque abitazione di Dio, tabernacolo di Dio, tempio di Dio, perchè in essifa Dio sua dimora mediante la fede, e la carità. Or se la perdizione eterna fu minacciata da Dio a' violatori del tempio materiale dell'Altissimo, potrà forse fuggire tal pena chi lo spirituale tempio di Dio corrompe? Se il tempio materiale (che dello spirituale è figura) si chiama, ed è santo, molto più dee credersi, e chiamarsi santo il tempio spirituale. Potrà egli adunque un tal tempio impunemente profanarsi? Potria egli sottrarsi alla giusta ira di Dio, chi con falsa dottrina contraria al Vangelo, le anime corrompe de' semplici, e le ritrae dalla rettitudine della fede?

3,18:Niuno inganni se stesso: se alcuno tra di voi si tien per sapiente ec. Guardinsì i vostri dottori, e maestri dall'ingannar se medesimi, e dall'andarsi stoltamente lusingando, che non sia per cadere sopra di essi il gastigo, di cui sono da me minacciati. Che se gonfi, e superbi della filosofia del secolo, di cui fanno pompa, in concetto si tengono di sapienti, prendano questo util consiglio, rinunzino a questa sapienza ammirata dal mondo, e si eleggano di diventare stolti negli occhi del secolo, tutta la loro gloria ponendo non nelle umane scienze, ma nella sola croce di Gesù Cristo.

3,19:La sapienza di questo mondo è stoltezza dinanzi a Dio. Nè un tal consiglio induce a rigettare la sapienza, ma ad attenersi alla vera; imperocchè quella che il mondo chiama sapienza, è vera stoltezza dinanzi a Dio, il giudizio del quale non è ad errore soggetto. Ella non è utile al grande affare della salute, e Dio la ha manifesta mente riprovata, mentre niun uso ha voluto fare di essa pella propagazione del Vangelo. Parla l'Apostolo della filosofia pagana, e de' vari sistemi, che avevan voga in quei tempi, e di tutte le scienze ed arti, delle quali secondo l'opinione de' dotti doveva esser istruito l'uomo per acquistare il titolo di sapiente. Tutto questo vano apparato di cognizioni, e di dottrine, le quali non avevano per oggetto nè la cognizione di Dio, nè il fine di onorarlo, dice l'Apostolo esser pretta stoltezza.
Io impiglierò i sapienti nella loro astuzia. Con queste parole del libro di Giobbe vuol dimostrare la vanità della umana sapienza: Dio impiglia, ed umilia i sapienti con gli stessi ritrovati delle astruse loro speculazioni, facendo, che quello che l'uno edifica, sia distrutto dall'altro, e servendosi della infinita diversita di pareri, e di senti menti, che è tra di essi, per render palese la loro ignoranza, e stoltezza.

3,20:Il Signore conosce, come sono vani i pensamenti de' sapienti. In queste parole del salmo 9. l'Apostolo ha cangiato la parola uomini in quella di sapienti; e non v'ha dubbio, che questi principalmente avesse in mira Davidde in questo luogo. Dice adunque: ben vede il Signore, come tutti i pensamenti, e le ricerche di coloro, i quali si tengon per saggi, siano inutili, e vane, mentre sono insufficienti per condurgli a quel termine, cui debbono essere indiritti gli studi dell'uomo, vale a dire al conoscimento di Dio, e della verità di Dio.

3,21-22:Niuno adunque si glorii sopra di uomini. Imperocchè ec. Ritorna l'Apostolo a quel punto, di cui parlato aveva di sopra, vale a dire, non essere da gloriarsi de' predicatori, e maestri; voi (dice egli) gloriandovi di essere chi discepolo di Paolo, chi di Apollo ec. pensate, e parlate di voi medesimi, come se foste di Paolo, di Apollo, e per essi foste tutto quello che siete. Ma la cosa è tutta al contrario: imperocchè tutte le cose, e fin gli stessi maestri sono per voi, non voi per essi. Al vostro profitto, alla vostra santificazione sono ordinati da Dio e i ministri del Vangelo, e tutto quello che è in questo mondo, e tutto quello che in questo secolo può accadere intorno a voi, come il vivere, che debbe essere per la gloria di Dio, il morire, che debbe a lui riunirvi, le cose presenti, per le quali meritar dovete la gloria, e le cose future, delle quali un dì goderete con Dio, tutto è vostro, e tutto contribuisce al vostro vantaggio, tutto per vostro bene è stato disposto, e vostre sono tutte le cose, che son di Cristo.

3,23:Voi poi di Cristo: e Cristo di Dio. Voi poi siete non di Paolo, non di Apollo, o di alcun altro uomo, chiun que egli sia, ma sì di Cristo, che è vostro unico e vero maestro, vostro capo, e vostro Signore, perchè egli comprovvi a prezzo, e prezzo grande, onde pieno, ed asso luto dominio acquistossi sopra di voi. Di lui adunque voi siete, ed egli è di Dio, in quanto uomo, e per Dio egli vive, e la gloria di Dio sola cercò in tutto il tempo della sua vita mortale, e per Dio fu ubbidiente fino alla morte, e morte di croce. Ed essendo Cristo di Dio, voi pure, che siete di Cristo, insieme con lui di Dio siete, e a Dio appartenete, e per Dio solo dovete vivere, e di Dio solo gloriarvi, a cui le cose tutte come ad ultimo semplicissimo fine si riferiscono.