Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Isaia 38


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Ezechia è liberato dalla morte; retrogradazione del sole nell'oriuolo di Achat. Cantico dello stesso re in rendimento di grazie al Signore.

1I que' giorni ammalossi Ezechia a morte; e andò da lui Isaia figliuolo di Amos profeta, e gli disse: Queste cose dice il Signore: Dà sesto alle cose della tua casa, perocché tu morrai, e non viverai.2E volse Ezechia la sua faccia al muro, e fece orazione al Signore,3E disse: Ricorditi, ti prego, o Signore, come io ho camminato dinanzi a te nella verità, e con un cuore perfetto, ed ho fatto quello, che era giusto negli occhi tuoi. E pianse Ezechia a cald'occhi.4E il Signore parlò ad Isaia, dicendo:5Va, e dì ad Ezechia: Il Signore Dio di Davidde tuo padre dice cosi: Ho udita la tua orazione, e ho veduto le tue lagrime: ecco che io aggiungerò alla tua vita quindici anni:6E dal potere del re degli Assirj libererò te, e questa città, e la proteggerò.7E che il Signore sia per fare quello, ch'egli ha detto, ne avrai tu da Dio questo segno:8Ecco, ch'io farò, che l'ombra del sole, che è calata dieci gradi sul quadrante di Achaz, ritorni in dietro dieci gradi. E il sole tornò indietro dieci gradi, che aveva discesi.9Cantico scritto da Ezechia re di Giuda quando s'infermò, e guarì della sua infermità:10Io dissi: Alla metà de' giorni miei anderò alle porte del sepolcro. Cercava il resto degli anni miei:11Io dissi: Non vedrò il Signore Dio nella terra de' vivi. Non vedrò più uomo, né quelli, che abiteranno nella pace.12Il vivere è a me tolto, ripiegato il mio tabernacolo come tenda di un pastore. La mia vita è troncata, come dal tessitore la tela: quand'io ordiva, tuttora ei mi recide: tu dal mattino alla sera mi finirai.13Sperai fino al mattino; egli quasi lione stritolò tutte le ossa mie: Dal mattino alla sera tu mi finirai:14Io strideva come un tenero rondinino: gemeva come colomba: Si debilitarono gli occhi miei col mirar su all'alto. Signore lo stato mio è violento; prendi il patrocinio di me.15Che dirò io, o come prenderà egli il mio patrocinio, quand egli ha ciò fatto? Io ripenserò dinanzi a te a tutti gli anni miei nell'amarezza dell'anima mia.16Signore, se tale è la vita, e se in tali cose è posta la vita del mio spirito, tu mi correggi, e tu mi ravviva.17Ecco, che l'amatissima amarezza mia è in pace: E tu hai liberata l'anima mia dalla perdizione, ti se' gettati dietro le spalle tutti i peccati miei.18Perocché non canterà tue glorie il sepolcro, né la morte darà laude a te: non aspetteranno que', che scendonon dalla fossa l'adempimento di tue veraci promesse.19I vivi, i vivi daran laude a te,com' io pure in questo giorno: annuncerà il padre a figliuoli come verace se tu.20Salvami, o Signore, e noi canteremo i nostri cantici per tutti i giorni di nostra vita nella casa del Signore.21E Isaia comandò, che prendessero una quantità di fichi, e ne formassero un impiastro alla piaga, la quale sarebbe guarita.22Ed Ezechia disse: Qual segno avrò io, ch'io sia per andare alla casa del Signore?

Note:

38,1:Tu morrai, e non viverai: Ecco come illustra questo luogo s. Agostino, De Gen. ad lit. 17: Secondo le cause inferiori il re era già al fine di sua vita: secondo quelie poi, che sono nel volere, e nella prescienza di Dio, il quale fin ab eterno sapeva quel, che voleva fare in quel tempo (e questo era quello, che dovea essere), il re dovea finire sua vita nel tempo in cui la finì.

38,9:Cantico scritto da Ezechia. Alcuni hanno creduto, che dallo stesso Isaia fosse composto e dato al re questo bel cantico; ma non avendosi dalle Scritture verun indizio favorevole a tale opinione, e dicendosi nell'Ebreo, come nella Volgata, che questo è uno scritto di Ezechia, e nei LXX, che egli è una orazione di Ezechia, non possiamo crederlo opera se non di quel re.

38,10:Io dissi: Alla metà de' giorni miei ec. Ezechia avea quaranta anni quando ebbe questa malattia, onde considerati gli ottanta anni come un giusto periodo della vita dell'uomo (come è detto Ps. 89. 10.) egli si consi derava allora come pervenuto a mezzo il corso del viver suo.
Ed era considerato come un gastigo di Dio il morire avanti tempo, onde Davidde predice, che gli uomini sanguinari e fraudolenti non avranno la metà de' loro giorni, Ps. LIV. 28.; e altrove lo stesso profeta prega il Signore, che nol richiami alla metà de' suoi giorni, Ps. CI. 25.
Anderò alle porte del sepolcro. Anderò col corpo nel sepolcro, coll'anima all'inferno, cioè al seno di Abramo, al limbo de' Padri. Cercava il resto degli anni miei. Cercava gli anni, che io mi vedea tolti, come si cerca una cosa molto amata, che repentinamente venga rapita.

38,11:Io dissi: Non vedrò il Signore ec. Non sarò più tra' viventi, non mi presenterò più davanti a Dio nel suo tempio, nè lui vedrò, che nel tempio stesso risiede, ed ivi parla e ascolta ed esaudisce le preghiere di quelli, che a lui ricorrono. La pietà di questo re faceva a lui veder presente il Signore nel suo Tempio, come di Mosè dice l'Apostolo, che si fortificò col veder lui, che è in visibile, Heb. XI.27. S. Girolamo, Teodoreto ed altri suppongono che la principale afflizione di Ezechia nel vedersi a' confini di morte venisse dal non avere figliuoli, onde danno tal senso a queste parole: Non vedrò il Cristo nascere del sangue mio, com' io sperava; perocchè egli ebbe Manasse tre anni dopo la sua malattia, il quale fu suo successore. Non è certamente da disprezzarsi questa sposizione, ma perchè ella non lega con quello che segue, preferisco la prima.
Non vedrò più uomo, nè quelli che abiteranno nella pace. Non vedrò più alcun uomo del popolo mio, di quelli, i quali liberati dagli Assiri goderanno tranquilla pace.

38,12:Ripiegato il mio tabernacolo come tenda di un pastore. Il corpo umano è considerato, come una di quelle tende, sotto le quali si stanno i pastori col loro gregge; e siccome questi mutano facilmente e sovente di luogo per trovar pascolo a' loro bestiaini, è perciò questa una bella immagine della instabilità della vita del medesimo Corpo. Vedi 2. Cor. V. 4. Io (dice Ezechia) finirò di vivere e la passeggiera mia abitazione in questo corpo di morte, finirà e sarà ripiegato per sempre il piccolo padiglione, in cui ha abitato finora l'anima mia.
La mia vita è troncata, ec. Dio tronca la tela della mia vita, come un tessitore tronca la sua tela quando a lui piace: Dio la tronca nel tempo stesso, in cui io ordiva, vale a dire, quando molte cose io disegnava di fare ne cessarie e utili al bene del regno, e per la gloria del Signore: nello spazio di un solo breve giorno tu, o Dio, finirai tutto il corso del viver mio. S. Girolamo ed altri, credono, che colle ultime parole voglia dire il re, che la malattia era sì grave da non potervivere con essa un intiero giorno; la mattina mi farai malato, la sera morto. Mi sembra più conveniente d'intendere dimostrata la brevità della vita.

38,13:Sperai fino al mattino. Sperai di poter superare il mio male fino alla mattina, ma allora perdei ogni speranza, perchè Dio sì colla forza del male e si ancora col tristo annunzio recatomi per ordine suo dal Profeta, abbattè la mia fortezza, tribbiò le mie ossa, come lione, che sbrana e disossa e divora sua preda. Così tu, o Dio, in breve giro di ora restringi e finisci mia vita. Tutta questa viva e patetica descrizione, colla quale Ezechia si rimette davanti agli occhi il suo doloroso pericolosissimo stato, serve a dimostrare la grandezza del beneficio ricevuto da Dio nella sua guarigione.

38,14:Io strideva come ec. Allora io vinto dalla forza de' miei dolori, talor strideva importunamente qual rondinino lasciato dalla madre nel nido, dove le punture soffre del freddo e della fame, talor gemeva qual malinconica e addolorata colomba.
Si debilitarono gli occhi miei col mirar ec. Col tenerli lungamente e fissamente rivolti verso del cielo, verso di te, o Dio, cui io indirizzava le mie preghiere e i miei sospiri.
Lo stato mio è violento, prendi ec. Io non ho forza nè costanza per sopportare sì acerbo male: prendi tu a patrocinarmi, a sostenermi, a sollevarmi.

38,15:Che dirò io, ec. Ma che dissi? Vorrà egli prendere il mio patrocinio, se egli stesso, secondo i giusti, ben chè segreti giudizi suoi, ha mandato a me il male, ch'io soffro? Io ripenserò dinanzi a te a tutti gli anni miei ec. Ma se Dio vuole, ch' io sia afflitto in tal guisa, io mi ri volgerò alla penitenza e alle lacrime, considerando dinanzi a te con cuore contrito e umiliato i peccati da me commessi in tutti gli anni della passata nia vita. Convien ricordarsi, che egli è un re santo che parla, ma convien ricordarsi ancora in primo luogo di quella parola di s. Agostino: Guai, o Signore, alla vita dell'uomo ancor lodevole, quando tu la giudichi, messa a parte la misericordia; perocchè in molte cose inciampano tutti, anche gli stessi giusti, come sta scritto, Jacob. III. 2.
Ed è in secondo luogo carattere proprio del giusto il ravvisare de' mancamenti dove i tiepidi, e molto più i peccatori, non sanno trovar che riprendere.

38,16:Se tale è la vita, e se in tali cose ec. Se tanto è in felice la condizione della umana vita, se a tante miserie e del corpo e dello spirito ella è esposta, tu correggimi, tu gastigami, ch' io te ne prego, e gastigato ravvivami, dalle braccia della morte traendomi.

38,17:Ecco che l'amarissima amarezza mia è in pace. Tale mi è paruto il vero senso di questo luogo paragonando la Volgata coll'Ebreo, il quale propriamente dice: alla pace: ad pacem. Comincia qui a parlare della sua guarigione. Ecco che la cocente mia afflizione si è per me cangiata in consolazione ed in gaudio, avendomi Dio restituita la sanità. Tu, o Signore, hai liberata l'anima mia dalla morte presente e dalla morte futura, perdonandomi tutti i peccati miei, gettandoteli dietro alle spalle per non ricordartene giammai.

38,18:Non canterà tue glorie il sepolcro, ec. Tu mi hai restituita la sanità e la vita, affinchè io possa impiegarla a celebrare le tue lodi: conciossiachè quelli, che giacciono nel sepolcro e nello stato di morte, non possono più lodarti, nè dare esempio agli altri di cantar le tue glorie, la tua bontà, la tua misericordia, nè unirsi nel tempio con tutta la chiesa a benedire il nome tuo e render grazie de' tuoi benefizi.
Non aspetteranno que', che scendono ec. I morti, che sono messi ne' lor sepolcri non aspetteranno di poter vedere e ammirare come tu sei verace e fedele nelle promesse, che tu hai fatte al tuo popolo. I morti non son più capaci di merito, nè di godere gli effetti di tue misericordiose promesse. Sentimenti simili abbiamo veduti ne' salmi. Vedi Ps. VI. 6. CXIII. 17. ec.

38,21-22:Isaia comandò, ec. Si potrebbe tradurre: Isaia avea comandato, ec. Il cantico, come ognun vede, è po steriore alla guarigione del re. E similmente si può tra durre: Ed Ezechia avea detto ec.; e quest'ultimo verset to dovrebbe porsi dopo il vers. 6., contenendosi nel 7. la risposta di Isaia alla interrogazione del re. Simili trasposizioni si trovano qualche volta ne' libri santi, e l'essere elle antichissime, e l'essere state lasciate così, quando era tanto facile il rimedio, dimostra la estrema delicatissima religiosità, con cui sono stati in ogni tempo riguardati i medesimi libri, mentre seguito una volta lo sbaglio innocente per poca avvedutezza di chi copiavali, nissuno si è mai attentato a porvi la mano, lasciando a' lettori il pensiero di riordinare nella lor mente quello, che era sta to casualmente alterato.