Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

CXLI - Come Dio provede verso di noi, che noi siamo tribolati per la nostra salute. E de la miseria di quelli che si confidano in sé e non ne la providenzia sua. E de la excellenzia di quelli che si confidano in essa providenzia.

Santa Caterina da Siena

CXLI - Come Dio provede verso di noi, che noi siamo tribolati per la nostra salute. E de la miseria di quelli che si confidano in sé e non ne la providenzia sua. E de la excellenzia di quelli che si confidano in essa providenzia.
font righe continue visite 87

— Vedi dunque che con la mia providenzia lo raconciai el secondo mondo de l’uomo. Al primo non fu tolto, che non germinasse spine di molte tribolazioni e che in ogni cosa l’uomo non trovasse ribellione. Questo non è facto senza providenzia né senza vostro bene, ma con molta providenzia e vostra utilitá, per tòllere la speranza del mondo all’uomo e farlo córrire e dirizzare a me che so’ suo fine, si che almeno, per importunità di molestie, egli ne levi el cuore e l’affecto suo. E tanto ignorante è l’uomo a non cognoscere la veritá, ed è tanto fragile a dilatarsi nel mondo, che, con tucte queste fadighe e spine che egli ci truova, non pare che egli se ne voglia levare, né curi di tornare a la patria sua. Or sappi dunque, figliuola, quel che farebbe se nel mondo trovasse perfecto dilecto e riposo senza veruna pena.

E però con providenzia lo’ permecto e do che ‘l mondo lo’ germini le molte tribulazioni: e per provare in loro la virtú, e della pena, forza e violenzia che fanno a loro medesimi abbi di che remunerarli. Si che in ogni cosa ha ordinato e proveduto con grande sapienzia la providenzia mia. Ho lo’ dato, si come decto è, perché lo so’ ricco e potevolo e posso dare, e la ricchezza mia è infinita; anco ogni cosa è facta da me, e senza me veruna cosa può essere. Unde, se esso vuole bellezza, lo so’ bellezza; se vuole bontá, Io so’ bontá, perché so’ sommamente buono; Io so’ sapienzia; Io benigno, Io giusto e misericordioso Dio; Io largo e none avaro; Io so’ Colui che do a chi m’adimanda, apro a chi bussa in veritá e rispondo a chi mi chiama. Non so’ ingrato, ma grato e conoscente a remunerare chi per me s’afadigarà, cioè per gloria e loda del nome mio. Io so’ giocondo, che tengo l’anima, che si veste della mia volontà, in sommo dilecto. Io so’ quella somma providenzia, che non manco mai a’ servi miei, che sperano in me, né ne l’anima né nel. corpo.

E come può credere l’uomo, che mi vede pascere e nutricare il vermine intro el legno secco, pascere gli animali bruti e i pesci del mare, tucti gli animali della terra e gli ucelli de l’aria; sopra le piante mando el sole e la rugiada che ingrassi la terra: e non crederà che Io nutrichi lui, el quale è mia creatura, creata a l’ imagine e similitudine mia? Conciossiacosaché tucto questo è facto da la mia bontá in servizio suo. Da qualunque lato egli si vòlle, e spiritualmente e temporalmente, non truova altro che ‘l fuoco e l’abisso della mia caritá con maxima, dolce e perfecta providenzia. Ma egli non vede, perché s’ha tolto el lume e non si dá a vederlo, e però si scandelizza. Ristrigne la caritá verso el proximo suo, e con avarizia pensa el di di domane: el quale li fu vetato da la mia Verità, dicendo: «Non voliate pensare del di di domane; basti al di la sollicitudine sua», riprendendovi della vostra infedelità e mostrandovi la mia providenzia e la brevità del tempo, dicendo: «Non voliate pensare il di di domane». Quasi dica la mia Verità: — Non pensate di quello che non sète sicuri d’avere; basta il presente di. — E insegnavi a dimandare prima el regno del cielo (cioè la buona e sancta vita), ché di queste cose minime ben so Io, Padre vostro di cielo, che elle vi bisognano, e però l’ho facte e comandato a la terra che vi doni de’ fructi suoi.

Questo miserabile, perché la sconfidenzia sua ha ristrecto el cuore e le mani nella caritá del prossimo, non ha lecta questa doctrina che gli ha data el Verbo mia Verità. Perché non séguita le vestigie sue, esso diventa incomportabile a se medesimo; èscene, di questo fidarsi in sé e none sperare in me, ogni male: essi si fanno giudici della volontà degli uomini, non veggono che Io gli ho a giudicare: Io e non eglino. La volontà mia non intendono né giudicano in bene, se non quando si veggono alcuna prosperità, dilecto o piacer del mondo. E, venendo lo’ meno questo, perché l’affecto loro con esperanza era tucto posto ine, non lo’ pare sentire né ricevere né providenzia mia né bontá veruna: par lo’ essere privati d’ogni bene., E, perché sonno aciecati dalla propria passione, non vi cognoscono la ricchezza che v’è dentro, né il frutto della vera pazienzia: anco ne tragono morte, e gustano in questa vita l’arra de l’inferno. E Io, con tutto questo, non lasso per la mia bontá che lo non lo’ provegga. Cosí, comando a la terra che dia de’ frutti al peccatore come al giusto, e cosí mando el sole e la piova sopra el campo suo come sopra quello del giusto, e piú n’avarà spesse volte il peccatore che ‘l giusto.

Questo fa la mia bontá per dare piú a pieno delle ricchezze spirituali ne l’anima del giusto che per mio amore s’è spogliato delle temporali, renunziando al mondo, con tutte le sue delizie, e a la propria volontà. Questi sonno quegli che ingrassano l’anima loro, dilatandosi ne l’abisso della mia carità: pèrdono in tutto la cura di loro medesimi, che non tanto delle mondane ricchezze, ma di loro non possono avere cura. Alora , Io so’ facto el loro governatore spiritualmente e temporalmente: uso una providenzia particulare, oltre a la generale; ché la clemenzia mia, Spirito sancto, se lo’ fa servo che gli serve. Questo sai, se ben ti ricorda d’avere letto nella vita de’ sancoi padri, che, essendo infermato quello solitario, sanctissimo uomo che tutto aveva lassato sé per gloria e loda del nome mio, la clemenzia mia providde e mandò ulto angelo perché ‘l governasse e provedesse a la sua necessità. El corpo era sovenuto nel suo bisogno, e l’anima stava in admirabile allegrezza e dolcezza per la conversazione de l’angelo.

Lo Spirito sancto gli è madre che ‘l nutrica al petto della divina mia caritá. Egli l’ha facto libero, si come signore, tollendoli la servitudine de l’amore proprio; ché dove è il fuoco della mia caritá non vi può essere l’acqua di questo amore, che spegne questo dolce fuoco ne l’anima. Questo servidore dello Spirito sancto, che io l’ho dato per mia providenzia, la veste, nutrica e inebbria di dolcezza e dalle somma ricchezza. Perché tutto lassoe, tutto truova; perché si spogliò tutto di sé, si truova vestito di me; fecesi in tutto servo per umilità, e però è facto signore signoreggiando el mondo e la propria sensualità. Perché tutto s’aciecò nel suo vedere, sta in perfectissimo lume: disperandosi di sé, è coronato di fede viva e di perfetta e compíta speranza; gusta vita etterna, privato d’ogni pena e amaritudine afiiiggitiva. Ogni cosa giudica in bene, perché in tutte giudica la volontà mia, quale vide col lume della fede che Io non volevo altro che la sua sanctificazione, e però è facto paziente.

Oh, quanto è beata questa anima, la quale, essendo anco nel corpo mortale, gusta il bene immortale! Ogni cosa ha in reverenzia; tanto gli pesa la mano manca quanto la ritta, tanto la tribolazione quantó la consolazione; tanto la fame e la sete quanto el mangiare e il bere, tanto el freddo, el caldo e la nudità quanto el vestimento, tanto la vita quanto la morte, tanto l’onore quanto el vitoperio e tanto l’afliczione quanto la recreazione. In ogni cosa sta solido, fermo e stabile, perché è fondato sopra la viva pietra. Ha cognosciuto e veduto, col lume della fede e con ferma speranza, che ogni cosa do con uno medesimo amore e per uno medesimo rispetto, cioè per la salute vostra, e che in ogni cosa Io proveggo. Però che nella grande fadiga lo do la grande fortezza, e non pongo maggiore peso che si possa portare, pure che si disponga a volere portare per lo mio amore. Nel Sangue v’è facto manifesto che Io non voglio la morte del peccatore, ma voglio che si converta e viva; e per sua vita gli do ciò ch’ Io gli do.

Questo ha veduto l’anima spogliata di sé, e però gode in ciò che ella vede o sente in sé o in altrui. Non dubbita che le vengano meno le cose minime, perché col lume della fede è certificata nelle cose grandi, delle quali nel principio di questo trattato Io ti narrai. Oh! quanto è glorioso questo lume della sanctissima fede, col quale vide e cognobbe, e cognosce la mia veritá; el quale lume ha dal servidore dello Spirito sancto, el quale è uno lume sopranaturale, che l’anima acquista per la mia bontá, exer`citando el lume naturale che Io l’ho dato.