Scrutatio

Martedi, 28 maggio 2024 - Santi Emilio, Felice, Priamo e Feliciano ( Letture di oggi)

Qoelet 2


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NOVA VULGATABIBBIA VOLGARE
1 Dixi ego in corde meo: “ Veni, tentabo te gaudio: fruere bo nis ”; etecce hoc quoque vanitas.
1 Io dissi nell' animo mio: anderoe, e abonderoe di diletti, e darommi morbidezze. E poi m'avvidi che ciò era vanitade.
2 De risu dixi: “ Insania ”
et de gaudio: “ Quid prodest? ”.
2 Lo ridere reputai pazzia, e dissi: allegrezza, o per che ti lasci ingannare indarno (sanza frutto)?
3 Tractavi in corde meo detinere in vino carnem meam, cum cor meum duceretur insapientia, et amplecti stultitiam, donec viderem quid esset utile filiishominum, ut faciant sub sole paucis diebus vitae suae.3 Pensai nel mio cuore guardarmi dal vino per la bocca mia, acciò che io potessi recare l'animo mio alla sapienza, e fuggire la pazzia, infino a tanto che io m'avvedessi quello che fusse utile agli uomini, e che fusse mestiere sotto il sole allo numero de' giorni della vita sua.
4 Magnificavi opera mea:aedificavi mihi domos et plantavi vineas,4 Io hoe aggrandito tutti li fatti miei; e feci murare palagi (e case assai), e piantai vigne.
5 feci hortos et pomaria et consevi eaarboribus cuncti generis fructuum5 E feci orti e giardini, e circundaili di tutta la generazione degli arbori.
6 et exstruxi mihi piscinas aquarum, utirrigarem silvam lignorum germinantium.6 E fecivi assai radunamenti d' acque, per adacquare (al tempo del bisogno) quelle selve degli arbori.
7 Possedi servos et ancillas et habuimultam familiam, habui armenta quoque et magnos ovium greges ultra omnes, quifuerunt ante me in Ierusalem.7 Ed ebbi sotto me (fedeli) servi e ancille, e di molta famiglia, e greggi e mandre di pecore, più che nessuno che passasse dinanzi da me in Ierusalem.
8 Coacervavi mihi etiam argentum et aurum etsubstantias regum ac provinciarum, feci mihi cantores et cantatrices et deliciasfiliorum hominum, scyphos et urceos in ministerio ad vina fundenda8 E composi oro e argento, e tutte cose di re e di provincie; fei radunare cantatori e cantatrici, ed ebbi ogni diletto e morbidezze delli uomini, e feci vaselli assai per dare bere.
9 et crevi,supergressus sum omnes, qui ante me fuerunt in Ierusalem; sapientia quoque meaperseveravit mecum.9 Avanzai di ricchezze tutti quelli furo dinanzi da me in Ierusalem; la sapienza non si separò da me.
10 Et omnia, quae desideraverunt oculi mei, non negavi eisnec prohibui cor meum ab omni voluptate, et oblectatum est ex omnibus laboribus,et hanc ratus sum partem meam ab omnibus aerumnis meis.10 E ciò che gli occhi miei volsono vedere, non gli negai; e non ritenni il mio cuore, e lascia?lo sanza freno usare ogni diletto, acciò che godesse le cose che gli erano apparecchiate; e questo pensai che dovesse essere la mia parte, d' usare la mia fatica.
11 Cumque meconvertissem ad universa opera, quae fecerant manus meae, et ad labores, inquibus sudaveram, et ecce in omnibus vanitas et afflictio spiritus, et nihillucri esse sub sole.
11 Ma quando mi ripensai e' fatti miei, e le fatiche ove io sudai sanza frutto, avvidimi che tutte queste cose erano vanitadi', e angoscia d'animo, niuna cosa esser stabile sotto il sole.
12 Verti me ad contemplandam sapientiam et insipientiam et stultitiam: “ Quidfaciet, inquam, homo, qui veniet post regem? Id quod antea fecerunt ”.12 E ancora io mi ritornai alla sapienza, per conoscere lo errore e la stoltizia: Ora di': che è l' uomo, ch' elli possa seguire Iddio, suo fattore e creatore?
13 Etvidi quod tantum praecederet sapientia stultitiam, quantum lux praecedittenebras.
13 E sentiva che cotale differenza è tra la sapienza e la stoltizia, quale è tra la luce e le tenebre.
14 “ Sapientis oculi in capite eius,
stultus in tenebris ambulat ”;
et didici quod unus utriusque
esset interitus.
14 Onde gli savi uomini hanno sempre gli occhi in capo (e avveggonsi d'ogni cosa); ma gli stolti sempre sono (abbagliati come folli) al buio; e apparai che così muore l'uno, come l' altro.
15 Et dixi in corde meo: “ Si unus et stulti et meus occasus erit, quid mihiprodest quod maiorem sapientiae dedi operam? ”. Locutusque cum mente mea,animadverti quod hoc quoque esset vanitas.15 E dissi nel cuore mio: s' egli è una medesima morte la mia e quella dello stolto, o per che mi diedi angoscia d'apparare senno? E anche favellai nell' animo mio, e avvidimi che queste erano vanitadi.
16 Non enim erit memoria sapientissimiliter ut stulti in perpetuum; siquidem futura tempora oblivione cunctapariter operient: moritur doctus similiter ut indoctus.
16 Non sarae ricordo del savio, secondo che non sarà dello stolto già mai; e per li tempi che verranno ogni cosa si dimenticherà; muoresi lo savio e lo sciocco.
17 Et idcirco taeduit me vitae meae, quia malum mihi est, quod sub sole fit;cuncta enim vanitas et afflictio spiritus.17 Imperciò m'increscè della vita mia; però ch' io veggio ogni cosa ria essere sotto il sole, e [tutto] essere vanitade e angoscia d' animo.
18 Rursus detestatus sum omnemlaborem meum, quo sub sole laboravi, quem relicturus sum homini, qui erit postme;18 Adunque spregio tutto il mio scaltrimento, e la fatica che io n' ho avuta sotto il sole per radunare; però che averò erede dopo me,
19 et quis scit utrum sapiens an stultus futurus sit? Et dominabitur inlaboribus meis, quibus desudavi et sollicitus fui sub sole. Hoc quoque vanitas.19 il quale io non so se sarà savio o matto, e signoreggerà nelle fatiche mie, nelle quali io sudai e fui sollecito. Or è niuna cosa tanto (rea o) vana?
20 Verti me exasperans cor meum de omni labore, quo laboravi sub sole.20 Onde però mi cessai, e rinunziò il mio cuore di non più affatticarmi sotto il sole (nel mondo).
21 Namest qui laborat in sapientia et doctrina et sollicitudine, et homini, qui nonlaboraverit, dabit portionem suam; et hoc ergo vanitas et magnum malum.
21 Imperò che l' uomo s' affatica per senno e per scaltrimento, e raduna guadagni, e lasciagli a persona che se gli gode sanza fatica; e questo è follia, e grande danno.
22 Quid enim proderit homini de universo labore suo et afflictione cordis, quasub sole laboravit?22 Ora che pro' è all' uomo di tutta la sua fatica e angoscia di spirito, della quale è trangosciato sotto il sole?
23 Cuncti dies eius dolores sunt, et aerumnae occupatioeius, nec per noctem cor eius requiescit; et hoc quoque vanitas est.23 Tutti li dì suoi furono pieni di tribolazioni e di fatica, e anche di notte la mente non si riposò; e questa non è (tutta grande) vanitade?
24 Nihilmelius est homini quam comedere et bibere et ostendere animae suae bona delaboribus suis. Et hoc vidi de manu Dei esse.24 Ora non è meglio e mangiare e bere, e mostrare all' anima sua riposo e consolazione delle sue fatiche? E se questo puote fare, sì è grande dono di Dio.
25 Quis enim comedet et deliciisaffluet sine eo?
25 Or chi ebbe tante consolazioni, e abonderà di ricchezze come abondo io?
26 Quia homini bono in conspectu suo dedit sapientiam et scientiam et laetitiam;peccatori autem dedit afflictionem colligendi et congregandi, ut tradat ei, quiplacuit Deo; sed et hoc vanitas est et afflictio spiritus.
26 Il buono uomo riceve da Dio senno e scaltrimento e letizia dentro nel suo cuore; al peccatore lascia Iddio fatica superflua e le angosce in guadagnare e radunare, e poi (sì campi, e poi) rimanghi a colui a cui piacque a Dio: e ancora è questa vanitade e istruggimento d'animo (dalla parte di colui che raduna).