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Sabato, 27 aprile 2024 - Santa Zita ( Letture di oggi)

Lettera ai Romani 3


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In qual modo i Giudei abbian preferenza a motivo delle promesse fatte loro da Dio, le quali saranno adempiute, quantunque alcuni di essi non abbian creduto. Tutti e Giudei, e Gentili sono sotto il peccato, da cui non libera la legge, ma la fede in Cristo propiziatore, onde niuno gloriar si dee delle opere della legge.

1Che ha adunque di più il Giudeo? Od a che giova la circoncisione?2Molto per ogni verso. E principalmente, perché sono stati confidati ad essi gli oracoli di Dio:3Imperocché che importa, che alcuni di essi non abbian creduto? forse che la loro incredulità renderà vana la fedeltà di Dio? Mai no.4Dio è verace: gli uomini poi tutti menzogneri, conforme sta scritto: Onde tu sii giustificato nelle tue parole, e riporti vittoria, quando se' chiamato in giudizio.5Che se l'ingiustizia nostra innalza la giustizia di Dio, che direm noi? E egli ingiusto Dio, che castiga?6(Parlo secondo l'uomo.) Mai no: altrimenti in che modo giudicherà Dio questo mondo?7Imperocché se la verità di Dio ridondò in gloria di lui per la mia menzogna: perché son io tuttora giudicato qual peccatore?8E perché (come malamente dicono di noi, e come spacciano alcuni, che si dica da noi) non facciamo il male, affinchè ne venga il bene? de' quali è giusta la dannazione.9Che è adunque? Siamo noi da più di essi? Certo che no. Imperocché abbiam dimostrato, che e Giudei, e Greci tutti sono sotto il peccato,10Conforme sta scritto: non v' ha, chi sia giusto:11Non havvi, chi abbia intelligenza, non v' ha, chi cerchi Dio.12Tutti sono usciti di strada, sono insieme diventati inutili, non v'ha chi faccia il bene, non ve n' ha neppur uno.13La loro gola è un aperto sepolcro, tessono inganni colle loro lingue: chiudon veleno di aspidi le loro labbra:14La bocca de' quali è ripiena di maledizione, e di amarezza.15I loro piedi veloci a spargere il sangue:16Nelle loro vie è afflizione, e calamità:17E non han conosciuta la via della pace:18Non è dinanzi a' loro occhi il timore di Dio.19Or noi sappiamo, che tutto quel, che dice la legge, per quelli lo dice, che sono sotto la legge: onde si chiuda ogni bocca, e il mondo tutto di condannazione sia degno dinanzi a Dio:20Conciossiachè non sarà giustificato dinanzi a lui alcun uomo per le opere della legge. Imperocché dalla legge vien la cognizione del peccato.21Adesso poi senza la legge si è manifestata la giustizia di Dio, comprovata dalla legge, e da' profeti.22La giustizia di Dio per la fede di Gesù Cristo in tutti, e sopra tutti quelli, che credono in lui: imperocché non v' ha distinzione:23Imperocché tutti hanno peccato, ed hanno bisogno della gloria di Dio.24Sendo giustificati gratuitamente per la grazia di lui, per mezzo della redenzione, che è in Cristo Gesù,25Il quale da Dio fu preordinato propiziatore in virtù del suo sangue per mezzo della fede, affine di far conoscere la sua giustizia nella remissione de' pre cedenti delitti,26Sopportati da Dio fino a che facesse conoscere la sua giustizia nel tempo di adesso: onde sia egli giusto, e giusto faccia, chi ha fede in Gesù Cristo.27Dov'è adunque il tuo vantamento? E tolto via. E per qual legge? Delle opere? No: ma per la legge della fede.28Imperocché concludiamo, che l'uomo è giustificato per mezzo della fede senza le opere della legge.29È egli forse Dio de' soli Giudei? non è egli ancor delle genti? Certamente anche delle genti:30Imperocché uno è Dio, il quale giustifica i circoncisi per mezzo della fede, e gli incirconcisi per mezzo della fede.31Distruggiamo noi adunque la legga con la fede? Mai no: anzi confermiamo, la legge.

Note:

3,1:Che ha adunque di più il Giudeo? ec. Se anche senza circoncisione, e senza legge scritta può l'uomo piacere a Dio, non ha egli adunque alcuna cosa il Giudeo sopra il Gentile? E i privilegi concessi da Dio al suo popolo sono eglino tornati a nulla? No certamente.

3,2:Molto per ogni verso ec. De' privilegi del popolo Ebreo parlerà egli più ampiamente cap. IX. 4. 5. Qui un solo ne annovera, che è l'essere stato questo popolo costituito da Dio custode, e depositario delle Scritture divine, e particolarmente delle promesse concernenti il Messia, e il Cristo, il quale doveva uscir da quel popolo per salute di tutti i popoli della terra. Privilegio primario, e nel quale tutti gli altri sono in certo modo compresi.

3,3:Imperocchè che importa, che alcuni ec. Potrà alcuno oppormi, dice l'Apostolo, che una parte de' Giudei sono stati increduli, ed infedeli a Dio: non credettero a Mosè, non credettero a' profeti, non hanno creduto al Verbo di Dio. La incredulità di costoro, risponde l'Apostolo, non potè togliere a Dio la fedeltà nell'adempiere le sue promesse. Egli non ha lasciato per questo di man dar loro il Messia nato del seme di Davidde secondo la carne, e inviato specialmente per le pecorelle smarrite della casa d'Israele.

3,4:Dio è verace: gli uomini poi tutti menzogneri. Dio e verace, cioè fermo, costante nelle sue parole; l'uomo per lo contrario da se stesso secondo l'inclinazione della sua natura corrotta è mutabile ed incostante, e perciò sovente nelle sue parole è infedele.
Conforme sta scritto: Onde tu sii giustificato nelle tue parole. Tanto è lungi dal vero, che l'infedeltà degli uomini possa far sì, che Dio non sia sempre mantenitore fedele di sua parola, che anzi la perfidia, e la infedeltà degli uomini serve a dar nuovo risalto alla fedeltà, e veracità di Dio; lo che dimostra l'Apostolo con le parole, e col fatto di Davidde. Questo principe avendo offeso Dio col doppio delitto di adulterio, e di omicidio, non aveva egli ragion di temere, che Dio altresì non ritirasse le sue promesse? Ma lo stesso Re profeta in un salmo, in cui deplora con tante lagrime il suo fallo, dice, che si parrà la giustizia di Dio nella esecuzione di sue promesse, e trionferà de' vani giudizi degli uomini, i quali, se disaminar vorranno la condotta di lui, e quasi chiamarlo in giudizio, saranno costretti a conoscere, e confessare, che egli è giusto, e verace, e che questi suoi divini attributi dalla ingratitudine, e ingiustizia degli uomini non saranno offuscati giammai, ma posti in più chiaro lume.

3,5:Che se l'ingiustizia nostra innalza ec. Previene l'Apostolo una obbiezione, che dalla precedente dottrina cavavano gli empi, come apparisce da Origene (contra Celsum), da cui la stessa obbiezione vien riferita, e confutata. Abbiam detto già con Davidde, che l'ingiustizia dell'uomo chiara rende e manifesta la giustizia divina. Se questo è adunque, e se tale è l'effetto del peccato, e per qual motivo poi Dio il peccato stesso, e la ingiustizia punisce, onde egli gloria, ed esaltazione ritragge? Sarà egli perciò ingiusto? A questa illazione non risponde qui dirittamente l'Apostolo, contentandosi dimostrare, che ella è empia, e manifestamente falsa. Risponderà alla medesima difficoltà direttamente nel capo VI.

3,6:(Parto secondo l'uomo). Vale a dire, secondo quel l'uomo, di cui (come disse di sopra) è proprio l'errore, e la menzogna, secondo quell'uomo carnale, che nulla comprende nelle cose dello spirito.
Altrimenti in che modo giudicherà Dio questo mondo? Se fosse vero, che il peccato dell'uomo fosse direttamente, e di sua natura ordinato alla esaltazione della giustizia di Dio, ne verrebbe, che ingiustamente punirebbesi da Dio il peccato; e se Dio fosse ingiusto, come mai potrebbe a lui convenire il carattere di giudice supremo degli uomini, qual egli è?

3,7-8:Imperocchè se la verità di Dio ec. Continua l'Apostolo a ribattere la precedente obbiezione, e a farne vedere l'assurdità. Se è vero, che il mio errore, la mia menzogna, la mia ingiustizia direttamente tenda a rendere a Dio gloria, perchè è occasione a Dio di manifestare la sua giustizia, e veracità, e per qual motivo son io giudicato come reo, e peccatore non solo davanti a Dio, ma anche presso degli uomini? Che se giusto è il giudizio, con cui gli stessi uomini qual reo mi condannano per le trasgressioni commesse contro la legge, non sarà dunque scusabile il peccato, nè lascerà di esser degno di pena, abbenchè posto il peccato la sapienza infinita di Dio sappia prenderne argomento per la sua gloria, e per la esaltazione della sua eterna giustizia; e sarà empia eziandio quell'altra conseguenza attribuita a noi predicatori del Vangelo, che sia da farsi un tal male, qual è il peccato, per procurare un tanto bene, qual'è la gloria di Dio. Que' perversi calunniatori, che sì empia dottrina falsamente imputano a noi, avranno la dannazione, che ben si meritano. Gli Apostoli per conforto, e consolazione dei credenti erano soliti di far uso di quelle grandi verità, che l'abbondanza, e la moltitudine de' peccati veniva a ricoprirsi dall'abbondanza della grazia del Salvatore, e che, dove era stato abbondante il peccato, ivi era abbondante la grazia. Proposizioni verissime, e rammentate non una volta dal nostro Apostolo, dalle quali i nemici del Vangelo, e singolarmente i Giudei infedeli ne inferivano quella orribile conseguenza.

3,9:Siamo noi da più di essi? Ha già mostrato Vers. 1 che quanto a' benefizi divini hanno i Giudei delle prero gative, che sopra i Gentili gli innalzano; viene adesso a dimostrare, che ingiustamente da ciò voglion trarre i Giudei convertiti occasione di preferirsi superbamente al le genti convertite alla fede, come se pe' loro meriti, per virtù della legge, o della circoncisione fossero stati chiamati alla fede, ed alla giustizia di Cristo. E su qual fondamento può mai posare una tal preferenza, dice qui l'Apostolo, mentre abbiam detto, e provato, che quanto alla stato della colpa differenza non havvi tra 'l Giudeo, e 'l Gentile, e che gli uni e gli altri sono peccatori: i Gentili, perchè nella empietà ritennero la giustizia di Dio conosciuta; i Giudei, perchè ricevuta la legge con la prevaricazione della legge disonorarono il legislatore? Ora però affine di maggiormente confondere, ed umiliare il Giudeo, la stessa verità pone in chiaro con le parole della Scrittura.

3,10:Non vi ha chi sia giusto. Queste parole di Davidde possono aver due sensi, e ambedue convenir possono alla intenzione dell'Apostolo. In primo luogo possono significare: niuno di per sè è giusto, cioè per le forze naturali; ma tutti per propria origine, e per la corruzione della loro natura son peccatori, Exod. XXXIV. 7.; in secondo luogo: niuno vi ha, che sia in ogni parte, e perfettamente giusto, e che in molte cose non pecchi. Il primo senso però sembra da preferirsi in questo luogo.

3,12:Sono insieme diventati inutili. Sono divenuti incapaci di ogni buona azione, come i tralci staccati dalla vite non son più buoni a dar frutto; così gli uomini allontanatisi da Dio inutili si rendono, cioè niente buoni pel fine, per cui furon fatti, che è Dio stesso.

3,13:La loro gola è un aperto sepolcro. Dopo i peccati di omissione notati ne' precedenti versetti pone i peccati della lingua, indi quelli di opera: e prima dice, che la loro gola è un aperto sepolcro; imperocchè siccome di ciò, che abbonda nel cuore, parla la bocca, il cuore pieno di corruzione insopportabile fetore tramanda di impurità.
Chiudon veleno di aspidi. Vuolsi intendere il veleno della maldicenza, e della calunnia, ed eziandio dell'empietà; così in questo versetto, e nel seguente con somma enfasi si pone in vista l'orribile abuso fatto dall'uomo di uno dei più bei doni di Dio, qual si è quello della parola, dono, che sovente si adopera ad offendere, e bestemmiare il Donatore, a scandalizzare le anime, a danneggiar finalmente il prossimo sia nell'onore, sia nella roba.

3,14:La bocca de' quali è ripiena di maledizione, e di amarezza. Notisi, come la gola, la lingua, le labbra, e finalmente la bocca, istrumenti della loquela, si inducono a uno a uno qui come rei delle colpe, che con la parola commettonsi.

3,15:I loro piedi veloci ec. Non solamente fanno il male, ma lo fanno con prontezza, e con piacere, tal che si conosce, che del male stesso si pascono, ed è un giuoco per essi lo spargere il sangue dei lor fratelli.

3,16:Nelle loro vie è afflizione, e calamità. La voce vie significa qui, come in molti altri luoghi della Scrittura, la maniera di fare, di agire, di vivere. Dice adunque il profeta, che il far di costoro, e il loro genio si è di affiliggere, di vessare, e opprimere i prossimi.

3,17:E non han conosciuta la via della pace. Non sanno, che sia l'aver pace, il vivere in pace; le risse, le discordie, le scisme, le violenze sono il loro pascolo, Gli Ebrei a' tempi di Paolo erano realmente tali, quali sono in questo luogo descritti. Chi vuol vederne la prova, può prendere in mano la storia di Giuseppe, il quale a questa orribile perversità di costumi attribuisce le infinite calamità, dalle quali fu oppressa questa infelice nazione.

3,18:Non è dinanzi a' loro occhi ec. Se l'amor della pace non gli raffrena, potrebbe almeno dal male ritrargli il timore della giustizia divina, ma nè rispettano gli uomini, nè temono Dio.

3,19:Or noi sappiamo ec. Nè alcuno stia a dirmi (dice l'Apostolo), che questa tetra pittura rappresenti non il popol Giudeo, ma piuttosto il Gentile. Conciossiachè è noto a chiunque delle sagre lettere ha cognizione, che la Scrittura a quelli, e di quelli parla, pe' quali primieramente fu fatta, e i quali dalla stessa Scrittura han la norma del vivere, e dell'operare. E se talora di qualche altro popolo in essa si parli, di lui fassi espressa men zione, come presso Isaia de' Caldei, e altrove dell'Egitto, di Edom, di Ninive. Vedi il Grisostomo.
La voce legge significa talora la sola legge di Mosè, o sia il Pentateuco, e talora lo stesso Pentateuco, e insieme tutti i profeti, e i salmi.
Onde si chiuda ogni bocca, ec. Affinchè repressa sia la vanità dell'uomo, e niuno sia più, che ardisca di gloriarsi di essere esente da peccato, ma riconosciuta la propria malvagità si umili ogni uomo, e a Dio si soggetti, e a Cristo, come un malato bramoso di sanità al suo medico si soggetta, e aiuto, e rimedio chiede a' suoi mali. Imperocchè a questo fine la Scrittura a tutto il genere umano rimprovera la sua ingiustizia.

3,20:Conciossiachè non sarà giustificato ec. Potea rispondere il Giudeo: confesso, ch'io son peccatore, ma io ho nella legge le lustrazioni, i sacrifizi per lo peccato; onde dallo stesso peccato posso mondarmi. A questo replica l'Apostolo, e dice: le opere della legge (vale a dire l'osservanza della legge, e de' precetti ceremoniali e morali) non potran conferire ad alcuno la vera giustizia. Questa è la conseguenza, che vuol dedurre l'Apostolo dalla descrizione fatta dal profeta della universal corruzione degli uomini, nella quale descrizione egli ha ottimamente notato, che sono primariamente compresi gli Ebrei. Ma questa conseguenza come può ella stare con quello, che ha detto il medesimo Apostolo cap. II. 13. Que' che osservan la legge, saranno giustificati? A ciò si risponde, che in questo luogo parla egli delle opere separate dalla fede, e dalla grazia di Gesù Cristo, e di queste dice, che non possono condur l'uomo alla giustizia. E certamente i giusti dell'antica legge non furon tali, se non per mezzo della fede in Cristo venturo, e mediante la grazia di lui. Vedi Agost. de sp. et lit. VIII. de grat. et libero arbitr. XII.
Imperocchè dalla legge vien la cognizione del peccato. La legge fu data all'uomo, perchè egli sappia quel che dee fare, e quel che supplisce alla ha da fuggire. Ella supplisce alla ignoranza dell'uomo, e lo illumina, e lo corregge, quando egli esce di strada; ma questa legge non basta, perchè l'uomo faccia il bene, e fugga il male. Un altro rimedio ancora vi vuole, mercè di cui la concupiscenza reprimasi, e il cuor si riempia della dilettazione de' comandamenti divini.

3,21:Adesso poi senza la legge ec. Ma adesso cessando la vecchia legge, quella giustizia di Dio, mediante la quale l'uomo diventa giusto, quella giustizia, che non poteva ottenersi per mezzo della legge, è venuta in questi nostri tempi a manifestarsi nella conversione principalmente da' Gentili. Imperocchè, che questi in gran numero siano stati giustificati, evidentemente apparisce da' molti esterni segni, coi quali si manifesta lo spirito santificatore, che abita in essi. A questa giustizia non ha parte alcuna la legge di Mosè, la quale era ignota a' Gentili; ma questa stessa giustizia cristiana è quella, di cui nella legge di Mosè, e in tutti i libri de' profeti si parla; dove ella fu già secoli predetta, e prefigurata. Nulla adunque io annunzio di nuovo, nulla che contraddica alla legge. E osservisi con s. Agostino, che non disse Paolo la giustizia dell'uomo, ovvero la giustizia della propria volontà, ma la giustizia di Dio, non quella, per cui Dio è giusto, ma quella, di cui egli riveste l'uomo, allorchè giustifica l'empio, de sp., et lit. cap. 9.

3,22:La giustizia di Dio ec. Questa giustizia viene dalla fede in Gesù Cristo. Or è da notarsi, che si dice, che la fede in Gesù Cristo fa giusto l'uomo, non perchè cosa dell'uomo ella sia, e per essa si meriti l'uomo di essere giustificato, come dicevano i Pelagiani; ma perchè la stessa fede è la via e il mezzo per ottenere la giustizia. Imperocchè chi a Dio si accosta, fa d'uopo, che creda (Heb. XI., infr. cap. X.); la fede però, da cui la giustizia procede, non è una fede informe, e senza vita, ma una fede ubbidiente, e animata dalla carità, onde dice l'apostolo s. Giacomo, che la fede spogliata di opere e morta, Jac.11.
In tutti, e sopra tutti quelli, che credono in lui. A questa giustizia può aspirare egualmente e il Giudeo, e il Gentile; conciossiachè ella è preparata senza distinzione per tutti coloro, che credono in Gesù Cristo, ed ella è la stessa per tutti; ed è in tutti, perchè nel loro cuore risiede, ed è sopra tutti, perchè e le umane facoltà, e i meriti e le forze dell'uomo di gran lunga sorpessa, ed è puro dono del cielo. In tutti significa l'universalità (per così dire), e la diffusione di questa giustizia; sopra tutti dinota la sua altissima dignità.

3,23:Imperocchè tutti hanno peccato. Vale a dire: non è da maravigliarsi, che Dio nel fatto della giustificazione non ponga differenza tra i Gentili, e i Giudei, mentre e gli uni, e gli altri quanto allo stato della colpa non sono tra lor differenti, perchè tutti son peccatori, come abbiamo già dimostrato.
E hanno bisogno della gloria di Dio. Hanno bisogno della gratuita remissione de' peccati e della giustificazione, dalla quale un'ampia messe di gloria raccoglie la misericordia, e bontà di Dio. S. Cirillo: hanno bisogno di Cristo, che è la gloria del Padre, come quegli, che è redentore, e giustificatore degli uomini. S. Agostino, e s. Girolamo sembra, che leggessero hanno bisogno della grazia di Dio, che è il senso dell'Apostolo. Il testo Greco pare, che debba tradursi così: Non hanno, onde gloriarsi dinanzi a Dio. Questa è la sentenza, che sopra questa gran causa pronunzia definitivamente l'Apostolo.

3,24:Giustificati gratuitamente. Senza merito precedente di sorta alcuna, anzi con molti precedenti demeriti per parte dell'uomo. Imperocchè non gratuitamente sia mo giustificati riguardo a Cristo, il quale pagò il prezzo, e prezzo grande del nostro riscatto. Ma effetto fu della sola bontà di Dio il dare a noi un tal Redentore. E aggiungasi ancora col santo concilio di Trento, sess. VI. cap. VI., che con quella parola gratuitamente non si escludono dalla giustificazione le disposizioni di timore di speranza, di dolor de' peccati, di proponimento di nuova le quali disposizioni sono in mille luoghi vita, richieste dalla Scrittura; ma si esclude qualunque merito dell'uomo, onde ognuno de' giustificati dir debba con Paolo: Per la grazia di Dio sono quel, ch'io sono.
Per mezzo della redenzione, che è in Cristo Gesù. Per mezzo del riscatto di cui Cristo stesso fu il prezzo egli, che essendo senza peccato e uomo e Dio, potè of ferire al Padre una condegna soddisfazione pei nostri peccati, e meritare a noi la riconciliazione con Dio, e la vera giustizia.

3,25:Il quale da Dio fu preordinato propiziatore in virtù del suo sangue per mezzo della fede. Egli fu già in tutta la serie della legge, e in tutti gli oracoli de' profeti mostrato da Dio, qual vittima di propiziazione, che tale doveva egli essere con lo spargimento di tutto il suo sangue; propiziazione, di cui siamo fatti partecipi mediante la fede, per la quale crediamo, aver lui col suo sacrifizio redenti gli uomini, e cancellata col sangue suo la sentenza di dannazione da noi meritata pe' nostri falli.
Affine di far conoscere la sua giustizia nella remissione de' precedenti delitti. Con la giustificazione, che noi abbiamo nel sangue di Cristo per mezzo della fede, è venuto Dio a manifestare al mondo qual sia quella giustizia (che giustizia di Dio si chiama, perchè da lui viene), per cui l'uomo divien giusto dinanzi a Dio, ha manifestata, dico, e renduta palese questa giustizia col rimettere i precedenti peccati; imperocchè con la remissione di questi, da' quali niuno poteva essere liberato per mezzo della legge, egli ha fatto a tutti conoscere, come necessaria è all'uomo una giustizia procedente da Dio. Or non in altra maniera, fuori che pel sangue di Cristo potevano esser rimessi i peccati non solo presenti, ma anche i passati, perchè la virtù del sangue di Cristo il suo effetto produce mediante la fede, la qual fede in Cristo, e nel sangue di lui ebbero i giusti, che precedettero la passione del Salvatore, come quelli, che fu rono dopo di essa.

3,26:Sopportati da Dio fino che facesse conoscere ec. Sopportò Dio con molta pazienza gli infiniti peccati, e la universale corruzione degli uomini dal principio del mondo fino alla venuta di Cristo, nel qual tempo, tempo di grazia, e di salute, fe' bella mostra di sua giustizia con la piena, e perfetta remissione de' peccati, con rivestirci di quella giustizia, la quale a Dio accetti ci rende, e lava le nostre sozzure, e le nostre piaghe risana, e dal languore ci libera, nel quale pei precedenti peccati eravamo caduti: onde si conosca, come egli è giusto in se stesso, perchè è proprio di sua giustizia il distruggere il peccato, e condurre gli uomini alla vera giustizia, e si conosca eziandio, che egli è autore della vera giustizia per l'uomo, che a lui si accosta, e lui aspetta la giustizia per mezzo della fede in Cristo Gesù.
Or Dio sopportò sino al tempo di grazia i peccati degli uomini, affinchè restasse convinto l'uomo della propria ignoranza, per cui in gravissimi errori cadde nel tempo della legge di natura, e della sua naturale infermità, e corruzione, per cui anche dopo data la legge scritta, che die' lume a conoscere il peccato, tuttora peccò, onde dalla sperimental cognizione de' propri mali spinto fosse a desiderare quel medico, da cui solo sperar poteva conforto, e salute.

3,27:Dove è adunque il tuo vantamento? E tolto via, ec. Dappoichè tu, o Giudeo, sei non men del Gentile sotto il peccato, e tu, e il Gentile siete giustificati all'istessa guisa per mezzo della fede, dove è ora il vantarti, che fai della legge, della circoncisione, e delle opere della legge? Non è più luogo a' tuoi vantamenti. E perchè mai? Forse perchè in luogo dell'antica tua legge un'altra venga ora introdotta, legge di opere, dalla quale siano prescritte altre opere di maggior virtù, e di maggior merito? No certamente. Imperocchè la tua vanità è repressa, e annichilata per una legge nuova; ma legge di fede, e non già di sole opere. Osserva s. Agostino de sp., et lit. 13., che legge di opere è quella, che insegna quel che è da farsi, e tale era la vecchia legge; legge di fede è la stessa fede, la quale impetra la grazia di fare quel che comanda la legge. Quindi è, che dalla fede ha principio il merito, non dalle opere, come dice altrove lo stesso Santo, e l'uomo è gratuitamente giustificato, perchè dono di Dio è la fede secondo la dottrina del medesimo Apostolo: Per la grazia siete stati giustificati mediante la fede, e questo non per opera vostra: imperocchè è dono di Dio, Ephes. II 8.

3,28:Concludiamo, che l'uomo è giustificato ec. Resti adunque fermo, e indubitato, che l'uomo sia Giudeo, sia Gentile, la giustizia riceve mediante la fede, senza che abbianvi parte le opere della legge, e non solo senza le opere ordinate da' precetti ceremoniali, ma anche senza le opere prescritte dai precetti morali, perchè, come altrove dice l'Apostolo: Si è mostrata a noi la benignità, e umanità del Salvatore nostro Dio non per le opere di giustizia, che da noi siansi fatte, ec. Tit. III. Tutto questo però non esclude le opere, che seguano, e accompagnino la fede, delle quali quando sia ella mancante, non è se non fede morta, e perciò incapace di far giusto l'uomo dinanzi a Dio. Veggasi s. Tommaso in questo luogo.

3,29:È egli forse Dio de' soli Giudei? ec. La giustizia è per tutti, ed è per tutti la stessa, per tutti gli uomini dico, e Giudei, e Gentili, perchè Dio vuole, che tutti gli uomini siano salvi, e arrivino alla cognizione del vero, perchè egli è Dio egualmente di tutti gli uomini, benchè per loro Dio lo avessero specialmente una volta gli Ebrei per lo speciale culto, che a lui rendevano, per la special protezione, che egli aveva di essi. Egli fu (dice qui il Grisostomo) anche prima Re di tutti gli uomini, perchè di tutti facitore, e artefice; ma egli adesso è Re ancor di coloro, che di buon grado vogliono a lui soggettarsi, e la grazia di lui confessano. Il che è grandemente da ammirarsi, come quelli, che ne aveva no mai letti i profeti, nè erano stati educati nella legge, ma di costumi erano similissimi a' bruti, furono in un attimo in si fatta guisa cangiati da que' di prima, che, rigettati tutti i loro errori, a lui si sottomisero non due, o tre, o quattro, o dieci nazioni, ma tutti dell'universo gli abitatori.

3,30:Imperocchè uno è Dio, il quale giustifica i circoncisi per mezzo della fede, e gli incirconcisi ec. Dio, che è uno, e di tutti Signore, e Re, è parimente per tutti, e circoncisi, e incirconcisi, principio, e fonte di giustizia mediante la fede.

3,31:Distruggiamo noi adunque la legge ec. Nè alcuno si creda (dice l'Apostolo), che sostituendo noi alla legge di opere la legge di fede, ad abolire si venga la legge di Mosè. No certamente, anzi per lo contrario le conserviamo intero l'onore, che ella si merita: imperocchè se parlisi de' precetti ceremoniali della legge, tutti questi essendo figura del regno di Cristo, il suo adempimento ricevono nella verità di questo regno dimostrataci dalla fede, per cui sappiamo, che Gesù Cristo è morto, ed è risuscitato per essere assoluto Signore de' vivi, e de' morti. Che se de' precetti morali della legge si tratti, la stessa fede impetra la grazia necessaria per osservargli, e alcuni lodevoli consigli aggiugnendo alla legge, più sicuro rende, e perfetto della stessa legge l'adempimento. Veggasi s. Agostino de spir. et lit. cap. XXX.