Scrutatio

Venerdi, 10 maggio 2024 - San Giobbe ( Letture di oggi)

Secondo libro dei Maccabei 4


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LA SACRA BIBBIABIBBIA MARTINI
1 Il suddetto Simone, che si era fatto delatore delle ricchezze e della patria, calunniava Onia, quasi che questi avesse percosso Eliodoro e fosse stato l'artefice dei suoi mali.1 Ma il già detto Simone, che aveva in danno della patria dato l'indizio di quel tesoro, parlava male di Onia, come se egli avesse istigato Eliodoro a far tali cose, e fosse egli stato la cagione del male:
2 Osava chiamare eversore della cosa pubblica il benefattore della città, il protettore dei connazionali e il custode zelante delle leggi!2 E al protettore della città, al difensore della nazione, allo zelator della legge divina ardiva di apporre, che macchinasse contro del regno.
3 Ora, essendo giunta la sua ostilità a tal punto che furono compiuti omicidi da uno di coloro che erano stati arruolati dallo stesso Simone,3 Ma avanzandosi i dissapori fino a tal segno, che da alcuni degli amici di Simone si facevano delle uccisioni,
4 Onia, considerando il danno della rivalità e il fatto che Apollonio figlio di Menesteo, governatore della Celesiria e della Fenicia, fomentava la cattiveria di Simone,4 Considerando Onia i pericoli della discordia, e come Apollonio governatore della Celesiria, e della Fenicia colla sua imprudenza attizzava la malvagità di Simone, si portò dal re:
5 si recò dal re, non per farsi accusatore dei cittadini, ma guardando all'utilità comune e privata di tutto il popolo.5 Non come accusatore de' suoi con cittadini, ma riflettendo dentro di se a quello, che alla comune utilità di tutto il popolo si conveniva.
6 Egli infatti vedeva bene che senza una decisione del re sarebbe stato impossibile che la pace tornasse ormai nella cosa pubblica e che Simone ponesse fine alla sua follia.6 Perocché egli vedeva, che sènza la previdenza del re non era possibile di rimettere le cose in calma, nè che Simone ponesse fine alle sue avventaggini.
7 Intanto, passato Selèuco all'altra vita e avendo Antioco, soprannominato Epifane, occupato il regno, Giasone, fratello di Onia, si procurò per corruzione il sommo sacerdozio,7 Ma morto Seleuco, essendo a lui succeduto Antioco soprannominato Epifane, Giasone fratello di Onia ambiva il ponteficato:
8 promettendo al re, durante un incontro, trecentosessanta talenti d'argento e altri ottanta, riscossi da qualche altra entrata.8 E ito a trovare il re gli promise trecento sessanta talenti, e altri ottanta talenti per altri titoli,
9 Inoltre si impegnò a sottoscriverne altri centocinquanta, se gli fosse stato concesso di erigere, di sua autorità, un ginnasio e un'efebia e di suscitare un'associazione di antiocheni in Gerusalemme.9 E oltre a ciò altri cento cinquanta ne prometteva per la permissione di fondare un ginnasio, e un efebio, e per dare a quei di Gerusalemme la cittadinanza di Antiochia.
10 Avendo il re acconsentito, egli, assunto il potere, si diede subito a trasformare i connazionali alla maniera greca.10 La qual cosa essendo a lui conceduta dal re, e avendo egli conseguito il principato, cominciò subito a far prendere a' suoi nazionali i costumi gentileschi:
11 Mise da parte le benigne concessioni fatte dai re ai Giudei per opera di Giovanni, padre di quell'Eupolemo che poi compì l'ambasciata per l'amicizia e l'alleanza con i Romani; quindi, abolite le istituzioni patrie, instaurò consuetudini inique.11 E tolta via la maniera di vivere approvata dalla umanità dei re in favor de' Giudei, mediante gli ufficj di Giovanni padre di Eupolemo (il quale fu poi mandato pubblico Ambasciadore a Roma a rinnovare la confederazione, e l'amicizia) egli distruggendo i diritti de' cittadini stabiliva leggi perverse.
12 Con piacere, infatti, eresse un ginnasio, proprio sotto l'acropoli, e indusse i migliori giovani a portare il petaso.12 Imperocché ebbe ardimento di fondare sotto la stessa cittadella un ginnasio, e di mettere ne' lupanari il fior della gioventù.
13 Vi fu, in questo modo, un tale ardore di ellenismo e una tale invadenza di moda straniera, a causa della straordinaria scelleratezza dell'empio e niente affatto sommo sacerdote Giasone,13 Ed era questo non un principio, ma un avanzamento, e progresso della maniera di vivere gentilesca, e straniera introdotta con infame, e inaudita malvagità dal non sacerdote, ma empio Giasone:
14 che i sacerdoti non erano più zelanti per la liturgia dell'altare; anzi, disprezzando il tempio e trascurando i sacrifici, si affrettavano a prendere parte nella palestra, al segnale del disco, ai giochi contrari alla legge,14 Onde avvenne, che i sacerdoti non erano più intenti al ministero dell'altare, ma disprezzato il tempio, e messi in non cale i sagrifizj, correvano alla palestra, e ai premj indegni, e ad esercitarsi al disco.
15 non facendo più alcun conto delle dignità nazionali e stimando invece ottime le glorie ellenistiche.15 E non facendo verun conto di quel, che era in pregio tra i padri loro, migliori stimavano le glorie della Grecia:
16 A causa di ciò una dura sventura piombò sopra di essi, trovando i loro nemici e giustizieri proprio in coloro per le cui istituzioni si erano fatti zelanti e a cui avevano voluto in tutto assomigliare.16 Delle quali l'acquisto si disputavan tra loro non senza pericolo, e le usanze di quelli emulavano, e a quelli volevano in tutto esser simili, i quali erano stati loro nemici, e distruttori.
17 Veramente non è mai comodo agire empiamente contro le leggi divine. Ma questo lo dimostrerà il periodo storico seguente.17 Imperocché non rimane senza gastigo l'operare empiamente contro le leggi divine: ma ciò verrà in chiaro ne' tempi che sieguono.
18 Celebrandosi in Tiro i giochi quinquennali alla presenza del re,18 Ma celebrandosi a Tiro i giuochi quinquennali, ed essendovi presente il re,
19 il turpe Giasone vi mandò, come spettatori, alcuni antiocheni di Gerusalemme, i quali recavano trecento dramme d'argento per il sacrificio a Ercole. I latori però giudicarono non essere conveniente usarle per il sacrificio, ma piuttosto di destinarle ad altra spesa.19 Mandò il facinoroso Giasone da Gerusalemme uomini perversi a portare trecento di dramme d'argento pel sagrifizio d'Ercole; ma quelli, che le portavano chiesero, che non si spendessero pè sagrifizj, perché ciò non era conveniente, ma si impiegassero in altri usi.
20 Perciò quanto era stato inviato per il sacrificio a Ercole, per merito dei latori fu versato per l'allestimento di triremi.20 Onde veramente dal donatore furono offerte pel sagrifizio di Ercole; ma in grazia dei latori furono impiegate nella fabbrica delle triremi.
21 Da Apollonio, figlio di Menesteo, che era stato inviato in Egitto per l'intronizzazione del re Filometore, Antioco apprese che costui era divenuto ostile al suo governo e perciò si preoccupò della sua sicurezza. Per questa ragione, recatosi prima a Giaffa, giunse poi a Gerusalemme.21 Ma Antioco avendo spedito in Egitto Apollonio figliuolo di Mnesteo a trattare co' grandi della corte del re Tolomeo Filometore, vergendo come era stato escluso dagli affari di quel regno, pensando a' proprj vantaggi, si parti di là, e andò a Joppe, e indi a Gerusalemme.
22 Accolto magnificamente da Giasone e dalla città, fu ricevuto con fiaccolate e acclamazioni. Di qui poi marciò verso la Fenicia.22 E accolto grandiosamente da Giasone, e dalla città, vi entrò a lumi accesi, in mezzo ai canti; e indi tornò coll'esercito nella Fenicia.
23 Tre anni dopo, Giasone inviò Menelao, fratello del menzionato Simone, a portare del danaro al re e per sbrigare le pratiche relative ad affari urgenti.23 Tre anni dopo Giasone mandò Menelao fratello del mentovato Simone a portar denari al re, e riportarne gli ordini sopra altari di importanza.
24 Questi, presentatosi al re e adulandolo con le maniere di un uomo potente, si accaparrò il sommo sacerdozio, superando Giasone per trecento talenti d'argento.24 Ma quegli acquistatosi il favore del re coll'esaltare la sua potenza tirò a se il sommo Sacerdozio, dando trecento talenti d'argento più di Giasone.
25 Ricevute le lettere commendatizie, si presentò non portando nulla che fosse degno del sommo sacerdozio, ma piuttosto avendo in sé i sentimenti d'un tiranno crudele e le disposizioni di una bestia selvaggia.25 E ricevuti gli ordini del re se ne tornò. Or ei nulla aveva che fosse degno del sacerdozio, ma portava un cuor di tiranno crudele, e la rabbia di una fiera selvaggia.
26 Così Giasone, che aveva ingannato il suo proprio fratello, ingannato a sua volta da un altro, fu costretto a fuggire nella regione dell'Ammanìtide.26 E Giasone, che avea tradito il proprio fratello, ingannato egli stesso fu cacciato esule nel paese degli Ammoniti.
27 Menelao pertanto teneva in pugno il potere, ma non si curava affatto del denaro promesso al re.27 Or Menelao ottenuto il principato non veniva a capo di trovare i denari promessi al re, benché facesse l'esazione Sostrato, che era governatore della cittadella.
28 Sòstrato allora, che era comandante dell'acropoli, gliene fece richiesta, poiché spettava a lui la riscossione delle imposte. Per questa ragione furono ambedue convocati dal re.28 (Perocché a lui spettava l'esigere i tributi): e furono perciò ambedue chiamati a comparire dinanzi al re.
29 Menelao perciò lasciò per sostituto nel sommo sacerdozio il proprio fratello Lisìmaco; Sòstrato lasciò Cratète, comandante dei Ciprioti.29 E Menelao fu deposto dal ponteficato, nel quale ebbe per successore Lisimaco suo fratello; e Sostrato fu mandato al governo di Cipro.
30 Stavano così le cose, quando accadde che gli abitanti di Tarso e di Mallo si ribellarono per essere stati dati in dono ad Antiochide, concubina del re.30 Or mentre succedevano queste cose accadde, che quei di Tharso, e quelli di Mallo si mossero a sedizione, perché erano stati soggettati ad Antiochide concubina del re.
31 Il re partì in fretta per sistemare l'affare e lasciò come sostituto Andronico, uno dei grandi dignitari.31 Onde il re si mosse in fretta per sedarli, lasciando a far le sue veci Andronico, uno de' suoi amici.
32 Menelao, allora, stimando di cogliere la buona occasione, sottrasse alcuni oggetti d'oro del tempio e ne fece dono ad Andronico, mentre altri riuscì a venderli a Tiro e nelle città vicine.32 Allora Menelao persuaso, che quello fosse il tempo per lui, rubati alcuni vasi di oro dal tempio, ne fece dono ad Andronico, avendone venduti degli altri in Tiro, e nelle vicine città.
33 Venutolo a sapere in modo sicuro, Onia protestò, dopo essersi rifugiato in un luogo inviolabile a Dafne, che è vicino ad Antiochia.33 Della qual cosa avendo avuta Onia sicura notizia, ne fece rimproveri a lui, tenendosi egli però in Antiochia, in luogo sicuro presso Daphne.
34 Per questo Menelao, preso Andronico in disparte, lo sollecitò ad uccidere Onia. Quello allora, recatosi da Onia e ottenutane la fiducia con inganno, dandogli perfino la destra con giuramento, lo persuase, benché rimanesse ancora in sospetto, a uscire dal suo asilo e subito lo mise a morte senza alcun rispetto per la giustizia.34 Per la qual cosa Menelao andò a trovar Andronico, pregandolo di far uccidere Onia. E quegli fece visita ad Onia, e presolo per mano, e giuratagli fede lo indusse (benché ei non se ne fidasse interamente) a uscir dell'asilo, e subito senza alcun riguardo per la giustizia, lo uccise.
35 In seguito a ciò non solo i Giudei, ma molti anche di altre nazioni restarono indignati e afflitti per l'ingiusta uccisione di quest'uomo.35 Per la qual cosa non solo i Giudei, ma anche le altre nazioni furono scandalizzate, e commosse per la ingiusta morte di sì grand' uomo.
36 Quando il re tornò dai detti luoghi della Cilicia, i Giudei della città andarono da lui insieme ad alcuni Greci, che come loro deprecavano che Onia fosse stato ucciso senza ragione.36 Quindi tornato che fu il re dalla Cilicia, i Giudei, e gli stessi Greci si presentarono a lui per querelarsi della iniqua uccisione di Onia:
37 Antioco, dunque, rattristato fino all'anima e mosso a compassione, pianse per la prudenza e la grande moderazione del defunto.37 E il re afflitto nell'animo compassionando il caso di Onia non trattenne le lagrime, ricordandosi della sobrietà, e della modestia del defunto:
38 Poi, infiammato d'ira, spogliò immediatamente Andronìco della porpora e gli stracciò le vesti, lo fece condurre per tutta la città fino al luogo in cui aveva commesso la sua empietà contro Onia e lì stesso eliminò questo sanguinario, rendendogli il Signore la degna punizione.38 E acceso di sdegno ordinò che Andronico spogliato della porpora fosse menato attorno per tutta la città, e che al sacrilego fosse tolta la vita nello stesso luogo dove avea commessa l'empietà contro Onia. Cosi il Signore rendè a lui il meritato gastigo.
39 Intanto molti furti sacrileghi erano stati compiuti in città da Lisimaco col consenso di Menelao. Essendosene sparsa la notizia anche al di fuori, il popolo insorse contro Lisimaco, quando già molti oggetti preziosi erano andati dispersi.39 Ma avendo Lisimaco fatti molti sacrilegj nel tempio a istigazione di Menelao, e divulgatasi la fama del molto oro, che egli ne avea cavato, si radunò il popolo contro Lisimaco.
40 La folla era eccitata e piena d'ira. Lisimaco allora, armati tremila uomini, cominciò a far commettere violenze sotto la guida di un certo Aurano, uomo avanzato in età e non meno in follia.40 E principiando la turba a fare tumulto, essendo gli animi pieni di ira, Lisimaco armati tre mila uomini sotto la condotta di un certo tiranno avanzato egualmente nell'età, e nella stoltezza, cominciò a fare delle violenze.
41 Accortisi dell'attacco di Lisimaco, quelli del popolo afferrarono chi pietre e chi robusti bastoni; mentre alcuni raccoglievano a manate la polvere da terra, e si lanciarono alla rinfusa contro gli uomini di Lisimaco.41 Ma quelli conosciuti i disegni di Lisimaco si armarono chi di sassi, e chi di buoni bastoni; e alcuni gettavan sopra di lui della cenere.
42 In tal modo ne coprirono molti di ferite e altri ne abbatterono; li costrinsero tutti alla fuga e misero a morte lo stesso ladro sacrilego presso la camera del tesoro.42 E molti furon feriti, e alcuni ancora uccisi, e tutto il resto messi in fuga; e lo stesso sacrilego rimase ucciso presso all'erario.
43 Intorno a questi fatti fu poi istituito un processo contro Menelao.43 Or di tutte queste cose si cominciò ad accusar Menelao.
44 Giunto il re a Tiro, tre uomini inviati dal Consiglio degli anziani fecero la loro requisitoria contro di lui.44 Ed essendo giunto il re a Tiro andarono a parlare con lui di questi affari tre uomini deputati da' seniori.
45 Menelao, vedendosi già battuto, promise somme rilevanti a Tolomeo, figlio di Dorimene, perché persuadesse il re.45 E Menelao ridotto a mal partito promise una grossa somma di denaro a Tolomeo, perché svolgesse il re in suo favore.
46 Tolomeo allora, condotto il re sotto un porticato come per fargli prendere aria, gli fece cambiare parere.46 E Tolomeo andò a trovare il re, che se ne stava in un porticato a prendere il fresco; e lo fece cambiar di parere:
47 Così egli mandò assolto dalle accuse Menelao, che era la causa di tutto quel male; condannò invece a morte quegli infelici i quali, anche se avessero parlato davanti agli Sciti, sarebbero stati prosciolti come innocenti.47 Onde Menelao reo di tutto il male fa da lui pienamente assoluto; ma quei infelici, i quali in un tribunale eziandio di Sciti sarebbono stati dichiarati innocenti, li condannò alla morte.
48 Immediatamente subirono l'ingiusta pena coloro che avevano parlato in difesa della città, del popolo e dei vasi sacri.48 Furon pertanto in fretta puniti ingiustamente quelli, i quali sostenevan la causa del popolo, e della città, e la venerazione dei vasi sacri.
49 Per questo motivo perfino gli abitanti di Tiro, che avevano sdegno per il male commesso, provvidero magnificamente all'occorrente per la loro sepoltura.49 Della qual cosa stomacati quelli di Tiro spesero largamente in onorare la loro sepoltura.
50 Ma Menelao, grazie alla cupidigia dei potenti, rimase al potere, crescendo in malvagità e facendosi grande insidiatore dei concittadini.50 Ma Menelao stante l'avarizia dei potenti, conservò l'autorità crescendo in malizia a danno dei cittadini.