Scrutatio

Sabato, 11 maggio 2024 - San Fabio e compagni ( Letture di oggi)

Secondo libro dei Maccabei 4


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BIBBIA RICCIOTTIBIBBIA MARTINI
1 - Quel medesimo Simone che aveva tradito la patria e svelata l’esistenza del tesoro, sparlava di Onia, quasi avesse egli istigato Eliodoro, e fosse stato causa di quei mali1 Ma il già detto Simone, che aveva in danno della patria dato l'indizio di quel tesoro, parlava male di Onia, come se egli avesse istigato Eliodoro a far tali cose, e fosse egli stato la cagione del male:
2 e così osava chiamar insidiatore del regno quegli che era la provvidenza della sua città, il difensore della sua nazione, lo zelatore della legge di Dio.2 E al protettore della città, al difensore della nazione, allo zelator della legge divina ardiva di apporre, che macchinasse contro del regno.
3 Ora, poiché le Inimicizie crescevano a tal segno che da alcuni satelliti di Simone furon anche commessi omicidi,3 Ma avanzandosi i dissapori fino a tal segno, che da alcuni degli amici di Simone si facevano delle uccisioni,
4 considerando Onia il pericolo della discordia, e come Apollonio, in qualità di prefetto della Celesiria e della Fenicia, insanamente fomentava la malizia di Simone, ricorse al re,4 Considerando Onia i pericoli della discordia, e come Apollonio governatore della Celesiria, e della Fenicia colla sua imprudenza attizzava la malvagità di Simone, si portò dal re:
5 non come accusatore dei concittadini ma in vista del comune vantaggio di tutta la nazione.5 Non come accusatore de' suoi con cittadini, ma riflettendo dentro di se a quello, che alla comune utilità di tutto il popolo si conveniva.
6 Vedeva infatti che senza un intervento del re, era impossibile rimetter le cose in pace, e ritrarre Simone dalla sua empietà.6 Perocché egli vedeva, che sènza la previdenza del re non era possibile di rimettere le cose in calma, nè che Simone ponesse fine alle sue avventaggini.
7 Ma essendo morto [il re] Seleuco, ed avendo assunto il regno Antioco detto il Nobile, Giasone fratello d * Onia ambiva il sommo sacerdozio.7 Ma morto Seleuco, essendo a lui succeduto Antioco soprannominato Epifane, Giasone fratello di Onia ambiva il ponteficato:
8 Presentatosi al re, gli promise treccntosessanta talenti di argento, e su altri cespiti altri ottanta;8 E ito a trovare il re gli promise trecento sessanta talenti, e altri ottanta talenti per altri titoli,
9 inoltre, gliene prometteva altri centocinquanta, se gli dava facoltà di erigersi un ginnasio ed una efebia, e di conferire la cittadinanza antiochena a quei di Gerusalemme.9 E oltre a ciò altri cento cinquanta ne prometteva per la permissione di fondare un ginnasio, e un efebio, e per dare a quei di Gerusalemme la cittadinanza di Antiochia.
10 Avendo ciò ottenuto dal re, e conseguito il principato, subito si mise a tirar i suoi connazionali ai costumi de’gentili.10 La qual cosa essendo a lui conceduta dal re, e avendo egli conseguito il principato, cominciò subito a far prendere a' suoi nazionali i costumi gentileschi:
11 Messe da parte le concessioni che i re avevan fatto a titolo di benevolenza a’ Giudei, per mezzo di Giovanni, padre di quell’ Eupolemo che fu mandato ambasciatore ai Romani per far con loro società ed alleanza, calpestando i legittimi diritti de’cittadini, introduceva usanze perverse.11 E tolta via la maniera di vivere approvata dalla umanità dei re in favor de' Giudei, mediante gli ufficj di Giovanni padre di Eupolemo (il quale fu poi mandato pubblico Ambasciadore a Roma a rinnovare la confederazione, e l'amicizia) egli distruggendo i diritti de' cittadini stabiliva leggi perverse.
12 Ardi infatti di istituire un ginnasio sotto la stessa cittadella, e di mettere nei lupanari i giovinetti migliori.12 Imperocché ebbe ardimento di fondare sotto la stessa cittadella un ginnasio, e di mettere ne' lupanari il fior della gioventù.
13 Questo non era già il principio ma una conseguenza ed un accrescimento del modo di vivere gentilesco e straniero, dovuto alla nefanda ed inaudita scelleratezza dell’empio falso sacerdote Giasone.13 Ed era questo non un principio, ma un avanzamento, e progresso della maniera di vivere gentilesca, e straniera introdotta con infame, e inaudita malvagità dal non sacerdote, ma empio Giasone:
14 Talmente che i sacerdoti non attendevano agli uffici, correvano a prender parte a’ giuochi della palestra, alle sue illecite attrattive, ed agli esercizi del disco;14 Onde avvenne, che i sacerdoti non erano più intenti al ministero dell'altare, ma disprezzato il tempio, e messi in non cale i sagrifizj, correvano alla palestra, e ai premj indegni, e ad esercitarsi al disco.
15 e reputando per nulla quel che i loro padri avevano onorato, stimavano migliori le glorie dei Greci.15 E non facendo verun conto di quel, che era in pregio tra i padri loro, migliori stimavano le glorie della Grecia:
16 Per amor delle quali facevano tra di loro pericolose gare, volendo emulare le istituzioni e farsi in tutto simili a quelli ch’erano stati i loro nemici e distruttori.16 Delle quali l'acquisto si disputavan tra loro non senza pericolo, e le usanze di quelli emulavano, e a quelli volevano in tutto esser simili, i quali erano stati loro nemici, e distruttori.
17 Agire invero da empii contro le leggi divine, non si fa impunemente, ed il tempo avvenire lo dimostrerà.17 Imperocché non rimane senza gastigo l'operare empiamente contro le leggi divine: ma ciò verrà in chiaro ne' tempi che sieguono.
18 Celebrandosi dunque in Tiro i giuochi quinquennali alla presenza del re,18 Ma celebrandosi a Tiro i giuochi quinquennali, ed essendovi presente il re,
19 l’empio Giasone mandò da Gerusalemme uomini iniqui, a portarvi trecento dramme d’argento, per sacrifizi ad Ercole; quelli però che le avevano portate, chiesero che non andassero spese nei sacrifizi, non stando ciò bene, ma fossero destinate ad altro uso.19 Mandò il facinoroso Giasone da Gerusalemme uomini perversi a portare trecento di dramme d'argento pel sagrifizio d'Ercole; ma quelli, che le portavano chiesero, che non si spendessero pè sagrifizj, perché ciò non era conveniente, ma si impiegassero in altri usi.
20 Erano veramente state offerte per il sacrifizio di Ercole, da chi le avevano mandate; ma per riguardo ai latori furon impiegate nella costruzione di navi triremi.20 Onde veramente dal donatore furono offerte pel sagrifizio di Ercole; ma in grazia dei latori furono impiegate nella fabbrica delle triremi.
21 Antioco poi, avendo Inviato in Egitto Apollonio figlio di Mnesteo a causa della prima proclamazione come re del re Tolomeo Filometore, accortosi d’esser ormai considerato estraneo agli affari di quel regno, per provveder al proprio vantaggio se ne parti, e venne in Joppe, e quindi in Gerusalemme.21 Ma Antioco avendo spedito in Egitto Apollonio figliuolo di Mnesteo a trattare co' grandi della corte del re Tolomeo Filometore, vergendo come era stato escluso dagli affari di quel regno, pensando a' proprj vantaggi, si parti di là, e andò a Joppe, e indi a Gerusalemme.
22 Accolto magnificamente da Giasone e dai cittadini, entrò al lume delle fiaccole e tra canti di lode. Di li poi volse l’esercito nella Fenicia.22 E accolto grandiosamente da Giasone, e dalla città, vi entrò a lumi accesi, in mezzo ai canti; e indi tornò coll'esercito nella Fenicia.
23 Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del sopra nominato Simone, al re, a portargli danari e riceverne risposta su affari importanti.23 Tre anni dopo Giasone mandò Menelao fratello del mentovato Simone a portar denari al re, e riportarne gli ordini sopra altari di importanza.
24 Ma quegli, ingraziositosi il re con l’esaltare la sua potenza, ed offrendo trecento talenti d’argento più che Giasone, ritorse su se medesimo il sommo pontificato,24 Ma quegli acquistatosi il favore del re coll'esaltare la sua potenza tirò a se il sommo Sacerdozio, dando trecento talenti d'argento più di Giasone.
25 e ricevutane dal re l'investitura tornò, nulla avendo di degno del sacerdozio, e portando anzi in sè le disposizioni di un crudele tiranno, e l’ira d’una bestia selvaggia.25 E ricevuti gli ordini del re se ne tornò. Or ei nulla aveva che fosse degno del sacerdozio, ma portava un cuor di tiranno crudele, e la rabbia di una fiera selvaggia.
26 Giasone pertanto, che aveva soppiantato il proprio fratello, tradito ora egli stesso e fuggiasco, fu cacciato nel paese degli Ammoniti.26 E Giasone, che avea tradito il proprio fratello, ingannato egli stesso fu cacciato esule nel paese degli Ammoniti.
27 Menelao poi ebbe si il principato; ma di dare al re le somme promesse non fece nulla, quando le richiese Sostrato prefetto della cittadella,27 Or Menelao ottenuto il principato non veniva a capo di trovare i denari promessi al re, benché facesse l'esazione Sostrato, che era governatore della cittadella.
28 al quale spettava l’esazione delle tasse. Perciò furon ambedue citati davanti al re.28 (Perocché a lui spettava l'esigere i tributi): e furono perciò ambedue chiamati a comparire dinanzi al re.
29 Menelao fu rimosso dal sacerdozio, succedendogli Lisimaco suo fratello. Sostrato poi fu mandato prefetto a Cipro.29 E Menelao fu deposto dal ponteficato, nel quale ebbe per successore Lisimaco suo fratello; e Sostrato fu mandato al governo di Cipro.
30 Mentre queste cose accadevano, avvenne che i cittadini di Tarso e di Mallo si ribellarono, perchè erano stati assegnati in dote ad Antiochide concubina del re.30 Or mentre succedevano queste cose accadde, che quei di Tharso, e quelli di Mallo si mossero a sedizione, perché erano stati soggettati ad Antiochide concubina del re.
31 Venne dunque in fretta il re a sedarli, lasciando a sostituirlo Andronico, uno del suoi compagni.31 Onde il re si mosse in fretta per sedarli, lasciando a far le sue veci Andronico, uno de' suoi amici.
32 Menelao allora, giudicando esser venuto per lui il momento opportuno, sottratti dal tempio alcuni arredi d’oro, li dette ad Andronico, ad altri ne vendè in Tiro ed in città vicine.32 Allora Menelao persuaso, che quello fosse il tempo per lui, rubati alcuni vasi di oro dal tempio, ne fece dono ad Andronico, avendone venduti degli altri in Tiro, e nelle vicine città.
33 Il che avendo con tutta certezza risaputo Onta, ne lo rimproverava, stando però In luogo sicuro a Dafne presso Antiochia.33 Della qual cosa avendo avuta Onia sicura notizia, ne fece rimproveri a lui, tenendosi egli però in Antiochia, in luogo sicuro presso Daphne.
34 Menelao dunque ricorse ad Andronico, e gli chiese che mettesse a morte Onia. E quegli venuto ad Onia, e datesi con giuramento le destre, sebbene gli fosse sospetto, lo persuase ad uscire dal luogo d’asilo, e subito l’uccise senza riguardo alla giustizia.34 Per la qual cosa Menelao andò a trovar Andronico, pregandolo di far uccidere Onia. E quegli fece visita ad Onia, e presolo per mano, e giuratagli fede lo indusse (benché ei non se ne fidasse interamente) a uscir dell'asilo, e subito senza alcun riguardo per la giustizia, lo uccise.
35 Della qual cosa s’indignarono non solo i Giudei, ma anche le altre genti, e non potevan sopportare l'ingiusta uccisione d’un tant’uomo.35 Per la qual cosa non solo i Giudei, ma anche le altre nazioni furono scandalizzate, e commosse per la ingiusta morte di sì grand' uomo.
36 Perciò, tornato il re dai luoghi dalla Cilicia, gli si presentarono insieme In Antiochia e Giudei e Greci, protestando contro l’iniqua uccisione d'Onia.36 Quindi tornato che fu il re dalla Cilicia, i Giudei, e gli stessi Greci si presentarono a lui per querelarsi della iniqua uccisione di Onia:
37 Contristato dunque nell’animo Antioco a causa d'Onia e mosso a compassione, pianse su lui ricordando la saviezza e modestia del defunto;37 E il re afflitto nell'animo compassionando il caso di Onia non trattenne le lagrime, ricordandosi della sobrietà, e della modestia del defunto:
38 poi, acceso di sdegno, comandò che Andronico spogliato della porpora fosse condotto in giro per tutta la città, e che nel luogo stesso ove il sacrilego aveva commesso sopra Onia quell'iniquità, fosse messo a morte, ricevendo cosi da Dio la meritata pena.38 E acceso di sdegno ordinò che Andronico spogliato della porpora fosse menato attorno per tutta la città, e che al sacrilego fosse tolta la vita nello stesso luogo dove avea commessa l'empietà contro Onia. Cosi il Signore rendè a lui il meritato gastigo.
39 Ora, essendo stati perpetrati da Lisimaco nel tempio molti sacrilegi ad istigazione di Menelao e sparsane la voce, il popolo insorse contro Lisimaco che aveva già trafugato molt’oro.39 Ma avendo Lisimaco fatti molti sacrilegj nel tempio a istigazione di Menelao, e divulgatasi la fama del molto oro, che egli ne avea cavato, si radunò il popolo contro Lisimaco.
40 Tumultuando la turba, ed essendo irritati gli animi, Lisimaco armò circa tremila uomini, con a capo un certo tiranno avanzato del pari in età e in malizia, e cominciò a far violenze.40 E principiando la turba a fare tumulto, essendo gli animi pieni di ira, Lisimaco armati tre mila uomini sotto la condotta di un certo tiranno avanzato egualmente nell'età, e nella stoltezza, cominciò a fare delle violenze.
41 Ma quando gli altri videro il tentativo di Lisimaco, chi prese sassi e chi nodosi bastoni, e chi gettava contro Lisimaco della polvere.41 Ma quelli conosciuti i disegni di Lisimaco si armarono chi di sassi, e chi di buoni bastoni; e alcuni gettavan sopra di lui della cenere.
42 Così molti furon feriti, molti anche uccisi, e tutti gli altri messi in fuga; lui stesso, il sacrilego, fu ucciso presso l’erario.42 E molti furon feriti, e alcuni ancora uccisi, e tutto il resto messi in fuga; e lo stesso sacrilego rimase ucciso presso all'erario.
43 Di tutte queste cose fu cominciato ad accusare Menelao.43 Or di tutte queste cose si cominciò ad accusar Menelao.
44 E venuto il re in Tiro, a lui fu deferito l’affare da tre uomini spediti a ciò dagli anziani [di Gerusalemme].44 Ed essendo giunto il re a Tiro andarono a parlare con lui di questi affari tre uomini deputati da' seniori.
45 Menelao, vistosi a mal partito promise a Tolomeo di dargli molti danari se riuscisse a persuadere il re [in suo favore].45 E Menelao ridotto a mal partito promise una grossa somma di denaro a Tolomeo, perché svolgesse il re in suo favore.
46 Tolomeo dunque, se ne andò dal re in un vestibolo come per prender aria, e lo rimosse dalla sua sentenza ;46 E Tolomeo andò a trovare il re, che se ne stava in un porticato a prendere il fresco; e lo fece cambiar di parere:
47 ed il re assolvè da ogni delitto quel Menelao reo d’ogni iniquità, e quei [tre] miseri, i quali, anche se avessero perorato la loro causa innanzi agli Sciti, sarebbero stati giudicati innocenti, li condannò a morte.47 Onde Menelao reo di tutto il male fa da lui pienamente assoluto; ma quei infelici, i quali in un tribunale eziandio di Sciti sarebbono stati dichiarati innocenti, li condannò alla morte.
48 Così senza indugio subirono l’ingiusta pena quelli che avevan difesa la causa della loro città e nazione, e de’ sacri arredi.48 Furon pertanto in fretta puniti ingiustamente quelli, i quali sostenevan la causa del popolo, e della città, e la venerazione dei vasi sacri.
49 Della qual cosa indignati gli stessi cittadini di Tiro, dettero loro una magnifica sepoltura.49 Della qual cosa stomacati quelli di Tiro spesero largamente in onorare la loro sepoltura.
50 Menelao intanto, per l’avarizia di quelli ch'erano al potere, si manteneva In autorità, e cresceva in malizia a danno de' cittadini.50 Ma Menelao stante l'avarizia dei potenti, conservò l'autorità crescendo in malizia a danno dei cittadini.