SCRUTATIO

Dienstag, 26 August 2025 - Madonna di Czestochowa ( Letture di oggi)

Secondo libro de' Maccabei 4


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1 E il predetto Simone, manifestatore della pecunia e della patria, diceva molto male di Onia, come se lui avesse istigato Eliodoro a dire queste cose, e anco lui fosse inventor di questi mali.1 Ma il già detto Simone, che aveva in danno della patria dato l'indizio di quel tesoro, parlava male di Onia, come se egli avesse istigato Eliodoro a far tali cose, e fosse egli stato la cagione del male:
2 Ed era auso di dire quello il quale era provisore della sua città, e difensore della sua gente, e zelatore della legge e di Dio, esser insidiatore del regno.2 E al protettore della città, al difensore della nazione, allo zelator della legge divina ardiva di apporre, che macchinasse contro del regno.
3 Ed essendo molto cresciute le inimicizie, intanto che per alcuni amici di Simone si facesse molti omicidii;3 Ma avanzandosi i dissapori fino a tal segno, che da alcuni degli amici di Simone si facevano delle uccisioni,
4 considerando Onia il pericolo della contenzione, e Appollonio impazzire, cioè il duca di Celesiria e di Fenicia, da esser cresciuta la malizia di Simone, se n' andò al re,4 Considerando Onia i pericoli della discordia, e come Apollonio governatore della Celesiria, e della Fenicia colla sua imprudenza attizzava la malvagità di Simone, si portò dal re:
5 non come accusatore de' cittadini, ma considerando la comune utilitade, appresso sè stesso, di tutta la moltitudine.5 Non come accusatore de' suoi con cittadini, ma riflettendo dentro di se a quello, che alla comune utilità di tutto il popolo si conveniva.
6 Però ch' egli vedea ch' era impossibile (di provvedere) sanza la providenza regale (e) dar pace alle cose, nè Simone poter cessare dalla pazzia sua.6 Perocché egli vedeva, che sènza la previdenza del re non era possibile di rimettere le cose in calma, nè che Simone ponesse fine alle sue avventaggini.
7 Ma dopo lo eccesso della vita di Seleuco, avendo ricevuto il regno Antioco, il qual si appellava Nobile, desiderava Iasone, fratello di Onia, il sommo sacerdozio7 Ma morto Seleuco, essendo a lui succeduto Antioco soprannominato Epifane, Giasone fratello di Onia ambiva il ponteficato:
8 dal detto re, promettendogli trecento sessanta talenti d'ariento, e delle altre rendite ottanta talenti.8 E ito a trovare il re gli promise trecento sessanta talenti, e altri ottanta talenti per altri titoli,
9 E oltre di questo li promettea altri centocinquanta, se li fosse concessa la podestà sopra il luogo dove si ammaestrava la gente nella sua legge e sopra il postribulo de' giovani, e di scrivere quelli Antiocheni li quali sono in Ierusalem.9 E oltre a ciò altri cento cinquanta ne prometteva per la permissione di fondare un ginnasio, e un efebio, e per dare a quei di Gerusalemme la cittadinanza di Antiochia.
10 E avendo il re consentito, e ottenuto il principato, subito comandò che quelli della tribù sua si transferisse al rito de' gentili.10 La qual cosa essendo a lui conceduta dal re, e avendo egli conseguito il principato, cominciò subito a far prendere a' suoi nazionali i costumi gentileschi:
11 E ammote quelle cose le quali erano state ordinate dalli re ai Giudei per umanità, per lo mezzo di Giovanni padre di Eufolemo, lo qual fu ambasciatore alli Romani per concluder (unione e) l'amicizia e la compagnia loro, disfacendo le leggi legittime dei cittadini, ordinava prave leggi.11 E tolta via la maniera di vivere approvata dalla umanità dei re in favor de' Giudei, mediante gli ufficj di Giovanni padre di Eupolemo (il quale fu poi mandato pubblico Ambasciadore a Roma a rinnovare la confederazione, e l'amicizia) egli distruggendo i diritti de' cittadini stabiliva leggi perverse.
12 Ed ebbe tanto ardire, ch' egli ordinò uno luogo sotto alla torre, e tutti gli ottimi degli belli giovani poner nel postribulo.12 Imperocché ebbe ardimento di fondare sotto la stessa cittadella un ginnasio, e di mettere ne' lupanari il fior della gioventù.
13 E questo non era principio, ma era uno augumento e uno profetto di una istrana conversazione de' gentili, per cagione della scelerità iscomunicata e inaudita di Iasone, empio, non sacerdote;13 Ed era questo non un principio, ma un avanzamento, e progresso della maniera di vivere gentilesca, e straniera introdotta con infame, e inaudita malvagità dal non sacerdote, ma empio Giasone:
14 per tal modo che sacerdoti già non erano solleciti circa l'ufficio dell' altare, ma disprezzato il tempio, e non si curando delli sacrificii, sollecitavano di esser partecipi (del combatter) della palestra, e della sua dazion ingiusta, e nelli esercizii delli giuochi da gittar le pietre in alto.14 Onde avvenne, che i sacerdoti non erano più intenti al ministero dell'altare, ma disprezzato il tempio, e messi in non cale i sagrifizj, correvano alla palestra, e ai premj indegni, e ad esercitarsi al disco.
15 Non avendo alcuna cosa delli onori della patria, pensavano le glorie greche esser ottime.15 E non facendo verun conto di quel, che era in pregio tra i padri loro, migliori stimavano le glorie della Grecia:
16 Per la qual cosa era tra loro una pericolosa contenzione, e seguitavano li loro instituti, e in tutto cercavano esser simili a coloro, i quali aveano avuto per nemici e distruttori.16 Delle quali l'acquisto si disputavan tra loro non senza pericolo, e le usanze di quelli emulavano, e a quelli volevano in tutto esser simili, i quali erano stati loro nemici, e distruttori.
17 Però che empiamente operare contro le leggi divine non passa sanza pena; ma questo il seguente tempo il dichiarerà.17 Imperocché non rimane senza gastigo l'operare empiamente contro le leggi divine: ma ciò verrà in chiaro ne' tempi che sieguono.
18 Conciosia cosa che ogni capo de' cinque anni. si facesse in Tiro uno giuoco ovver una contenzione, e il re fosse presente;18 Ma celebrandosi a Tiro i giuochi quinquennali, ed essendovi presente il re,
19 mandò Iasone, operatore di molti mali, di Ierusalem uomini peccatori (e malvagi), i quali portavano trecento dramme d'ariento alli sacrificii di Ercole, le quali dimandarono quelli che le portarono, acciò ch' elle non fussero date alli sacrificii, però che non bisognasse, ma esser deputate in altre spese.19 Mandò il facinoroso Giasone da Gerusalemme uomini perversi a portare trecento di dramme d'argento pel sagrifizio d'Ercole; ma quelli, che le portavano chiesero, che non si spendessero pè sagrifizj, perché ciò non era conveniente, ma si impiegassero in altri usi.
20 Ma queste furono offerte da colui che le mandava, nel sacrificio di Ercole; e per cagione di quelli ch' erano presenti furono date in fabbrica di navi, le quali hanno tre ordini di remi.20 Onde veramente dal donatore furono offerte pel sagrifizio di Ercole; ma in grazia dei latori furono impiegate nella fabbrica delle triremi.
21 E mandato in Egitto Apollonio, figliuolo di Mnesteo, per cagione delli principi di Tolomeo, amator della madre del re, avendo conosciuto Antioco esser fatto alieno dalle facende del regno, prendendo consiglio dalle proprie utilità, partito di quel luogo venne in Ioppen, e da Ioppen se ne venne in Ierusalem.21 Ma Antioco avendo spedito in Egitto Apollonio figliuolo di Mnesteo a trattare co' grandi della corte del re Tolomeo Filometore, vergendo come era stato escluso dagli affari di quel regno, pensando a' proprj vantaggi, si parti di là, e andò a Joppe, e indi a Gerusalemme.
22 E ricevuto magnificamente da Iasone e dalla cittade, entrò con molte flaccole accese e con molta laude; e di là rivolse lo esercito suo (e mandollo) in Fenicia.22 E accolto grandiosamente da Giasone, e dalla città, vi entrò a lumi accesi, in mezzo ai canti; e indi tornò coll'esercito nella Fenicia.
23 E dopo tre anni mandò Iasone Menelao, fratello del sopradetto Simone, il qual portava le pecunie del re, e avea in commissione di portar risposta delle faccende necessarie.23 Tre anni dopo Giasone mandò Menelao fratello del mentovato Simone a portar denari al re, e riportarne gli ordini sopra altari di importanza.
24 E Menelao, avendosi raccomandato al re, dopo ch' egli ebbe magnificato la faccia della maiestate sua, rivolsesi (e accettò) il sommo sacerdozio in sè stesso, sopraponendo (e promettendoli) al tributo gli dava Iasone, talenti CCC di ariento.24 Ma quegli acquistatosi il favore del re coll'esaltare la sua potenza tirò a se il sommo Sacerdozio, dando trecento talenti d'argento più di Giasone.
25 E avuta la risposta dal re per comandamento, se ne venne, non avendo alcuna cosa degna. di sacerdozio, ma era di animo di crudele tiranno, e avea cuore di crudele bestia selvaggia.25 E ricevuti gli ordini del re se ne tornò. Or ei nulla aveva che fosse degno del sacerdozio, ma portava un cuor di tiranno crudele, e la rabbia di una fiera selvaggia.
26 E Iasone, il quale avea cattivato il proprio fratello, essendo ingannato, fu iscacciato nella regione degli Ammaniti in esilio.26 E Giasone, che avea tradito il proprio fratello, ingannato egli stesso fu cacciato esule nel paese degli Ammoniti.
27 E Menelao certamente ottenne il principato; ma delle pecunie promesse al re non facea alcuna cosa, essendo esattore Sostrato, il quale era capitano della ròcca.27 Or Menelao ottenuto il principato non veniva a capo di trovare i denari promessi al re, benché facesse l'esazione Sostrato, che era governatore della cittadella.
28 Però che a costui si appartenea di scuotere li tributi; per qual cagione ciascuno di loro furono chiamati al re.28 (Perocché a lui spettava l'esigere i tributi): e furono perciò ambedue chiamati a comparire dinanzi al re.
29 E Menelao fue rimosso dal sacerdozio, succedendogli Lisimaco suo fratello; e Sostrato fu mandato presidente in Cipro.29 E Menelao fu deposto dal ponteficato, nel quale ebbe per successore Lisimaco suo fratello; e Sostrato fu mandato al governo di Cipro.
30 E trattandosi queste cagioni, addivenne che quelli di Tarso e quelli di Mallo moverono sedizione, per ch' erano dati in dono alla concubina dello re Antioco.30 Or mentre succedevano queste cose accadde, che quei di Tharso, e quelli di Mallo si mossero a sedizione, perché erano stati soggettati ad Antiochide concubina del re.
31 E subitamente venne il re a quietare loro, rimanendo sostituto Andronico, uno delli suoi prìncipi.31 Onde il re si mosse in fretta per sedarli, lasciando a far le sue veci Andronico, uno de' suoi amici.
32 E (dopo questo) pensò Menelao, e prese a sè il tempo comodo, e rubò alcuni vasi di oro del tempio, degli quali alcuni donò ad Andronico, e il resto vendette in Tiro e per le città vicine.32 Allora Menelao persuaso, che quello fosse il tempo per lui, rubati alcuni vasi di oro dal tempio, ne fece dono ad Andronico, avendone venduti degli altri in Tiro, e nelle vicine città.
33 La qual cosa avendola certissimamente intesa Onia, lo riprendeva, essendosi lui ridotto in Antiochia, in luogo sicuro senza danno.33 Della qual cosa avendo avuta Onia sicura notizia, ne fece rimproveri a lui, tenendosi egli però in Antiochia, in luogo sicuro presso Daphne.
34 Onde Menelao se ne andò ad Andronico, e pregavalo ch' egli uccidesse Onia. Il quale essendo venuto a Onia, e avendogli data la fede con giuramento, avvenga che gli fosse sospetto, gli persuase ch' egli uscisse del tempio; il qual uscito, sùbito l'uccise, non avendo rispetto alla giustizia.34 Per la qual cosa Menelao andò a trovar Andronico, pregandolo di far uccidere Onia. E quegli fece visita ad Onia, e presolo per mano, e giuratagli fede lo indusse (benché ei non se ne fidasse interamente) a uscir dell'asilo, e subito senza alcun riguardo per la giustizia, lo uccise.
35 Per la qual cagione non solamente i giudei, ma anco l'altre nazioni s'erano indignate, e con grande molestia sosteneano la ingiusta morte di uno tanto uomo.35 Per la qual cosa non solo i Giudei, ma anche le altre nazioni furono scandalizzate, e commosse per la ingiusta morte di sì grand' uomo.
36 Ed essendo ritornato il re de' luoghi di Cilicia, andarono i Giudei in Antiochia, e anco con esso loro i Greci, lamentandosi della iniqua morte di Onia.36 Quindi tornato che fu il re dalla Cilicia, i Giudei, e gli stessi Greci si presentarono a lui per querelarsi della iniqua uccisione di Onia:
37 La qual cosa udita, Antioco attristossi nell'animo per cagione di Onia; e provocato a misericordia pianse, riduttosi a memoria la integrità e modestia del morto.37 E il re afflitto nell'animo compassionando il caso di Onia non trattenne le lagrime, ricordandosi della sobrietà, e della modestia del defunto:
38 E acceso nell' animo, comandò che fusse preso Andronico, e spogliatogli la vestimenta di rosato, fusse menato per tutta la città, e in quel medesimo luogo, nel quale egli avea commesso contro Onia tal empietade, fusse privato della vita, come uomo sacrilego, dandogli il Signore la pena a lui condegna.38 E acceso di sdegno ordinò che Andronico spogliato della porpora fosse menato attorno per tutta la città, e che al sacrilego fosse tolta la vita nello stesso luogo dove avea commessa l'empietà contro Onia. Cosi il Signore rendè a lui il meritato gastigo.
39 E avendo commessi Lisimaco molti sacrilegii per consiglio di Menelao, essendo già divulgata la loro mala fama, congregossi la moltitudine contro a Lisimaco, avendo lui già tolto molto oro.39 Ma avendo Lisimaco fatti molti sacrilegj nel tempio a istigazione di Menelao, e divulgatasi la fama del molto oro, che egli ne avea cavato, si radunò il popolo contro Lisimaco.
40 E levandosi le turbe, avendo li loro animi pieni d'ira, Lisimaco insieme quasi con tremilia uomini armati cominciò a ferire le turbe, essendogli duca uno tiranno provetto di etate e di pazzia40 E principiando la turba a fare tumulto, essendo gli animi pieni di ira, Lisimaco armati tre mila uomini sotto la condotta di un certo tiranno avanzato egualmente nell'età, e nella stoltezza, cominciò a fare delle violenze.
41 Ma intendendo le turbe la violenza d'esso Lisimaco e il suo sforzo, alcuni pigliorono le pietre; alcuni, bastoni forti; e alcuni gettavano la cenere contra di Lisimaco.41 Ma quelli conosciuti i disegni di Lisimaco si armarono chi di sassi, e chi di buoni bastoni; e alcuni gettavan sopra di lui della cenere.
42 Onde che essendo alcuni feriti, alcuni suffocati, tutti si voltorono in fuga; intanto che anco esso Lisimaco sacrilego ucciderono appo lo erario.42 E molti furon feriti, e alcuni ancora uccisi, e tutto il resto messi in fuga; e lo stesso sacrilego rimase ucciso presso all'erario.
43 Di queste cose adunque si cominciò anco litigare in giudizio contro Menelao.43 Or di tutte queste cose si cominciò ad accusar Menelao.
44 Ed essendo venuto il re alla città di Tiro, tre uomini gli quali erano de' più antichi furono mandati a deponere questa cagione dinanzi a lui.44 Ed essendo giunto il re a Tiro andarono a parlare con lui di questi affari tre uomini deputati da' seniori.
45 Ed essendo superato Menelao (in giudicio), promèsse a Tolomeo di darli molta pecunia, acciò ch' egli persuadesse al re in favore suo.45 E Menelao ridotto a mal partito promise una grossa somma di denaro a Tolomeo, perché svolgesse il re in suo favore.
46 Essendo veramente Tolomeo in una sala per pigliare alquanto di refrigerio, (partissi e) andossene al re, e revocò il re dalla sentenza.46 E Tolomeo andò a trovare il re, che se ne stava in un porticato a prendere il fresco; e lo fece cambiar di parere:
47 E (con sue persuasioni) fece liberare Menelao, pieno d'ogni malizia, dagli mali ch' egli avea commessi; e quegli miseri, i quali se anco appresso i Sciti avessono dedutta questa causa. sarebbono stati giustificati, furono condannati a morte.47 Onde Menelao reo di tutto il male fa da lui pienamente assoluto; ma quei infelici, i quali in un tribunale eziandio di Sciti sarebbono stati dichiarati innocenti, li condannò alla morte.
48 Subito adunque a coloro, i quali aveano agitata la cagione per il popolo e i vasi sacri, gli fu data la ingiusta pena.48 Furon pertanto in fretta puniti ingiustamente quelli, i quali sostenevan la causa del popolo, e della città, e la venerazione dei vasi sacri.
49 Per la qual cosa, essendo quegli di Tiro indignati, dimonstrorono grande liberalità alla loro sepultura.49 Della qual cosa stomacati quelli di Tiro spesero largamente in onorare la loro sepoltura.
50 Ma Menelao per cagione della avarizia di coloro i quali reggevano, rimase in (autorità e) podestà, crescendo in malizia e in insidie de' cittadini.50 Ma Menelao stante l'avarizia dei potenti, conservò l'autorità crescendo in malizia a danno dei cittadini.