Scrutatio

Giovedi, 23 maggio 2024 - San Giovanni Battista de Rossi ( Letture di oggi)

Secondo libro dei Maccabei 4


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BIBBIA TINTORIBIBBIA VOLGARE
1 Or il sopradetto Simone, delatore del tesoro e della patria, parlava male di Onia, come se egli avesse istigato Eliodoro a tali cose, e fosse lui l'autore dei mali:1 E il predetto Simone, manifestatore della pecunia e della patria, diceva molto male di Onia, come se lui avesse istigato Eliodoro a dire queste cose, e anco lui fosse inventor di questi mali.
2 Il provveditore della città, il difensore della sua nazione, lo zelatore della legge di Dio, ardiva dirlo insidioso nemico dello stato.2 Ed era auso di dire quello il quale era provisore della sua città, e difensore della sua gente, e zelatore della legge e di Dio, esser insidiatore del regno.
3 Siccome le inimicizie erano giunte a tal segno che da alcuni degli amici di Simone eran commessi degli omicidi,3 Ed essendo molto cresciute le inimicizie, intanto che per alcuni amici di Simone si facesse molti omicidii;
4 Onia, considerando i pericoli della discordia e l'insensato agire d'Apollonio, il quale, come governatore della Celesiria e della Fenicia favoriva la malizia di Simone, andò a trovare il re,4 considerando Onia il pericolo della contenzione, e Appollonio impazzire, cioè il duca di Celesiria e di Fenicia, da esser cresciuta la malizia di Simone, se n' andò al re,
5 non per accusare i suoi concittadini, ma per la comune utilità di tutto il popolo, a cui pensava,5 non come accusatore de' cittadini, ma considerando la comune utilitade, appresso sè stesso, di tutta la moltitudine.
6 e perchè vedeva bene che senza l'intervento del re era impossibile pacificare le cose e far cessare Simone dalle sue follie.6 Però ch' egli vedea ch' era impossibile (di provvedere) sanza la providenza regale (e) dar pace alle cose, nè Simone poter cessare dalla pazzia sua.
7 Morto Seleuco e succeduto a lui Antioco, soprannominato Ispirane, Giasone, fratello d'Onia, tramando d'usurpare il pontificato,7 Ma dopo lo eccesso della vita di Seleuco, avendo ricevuto il regno Antioco, il qual si appellava Nobile, desiderava Iasone, fratello di Onia, il sommo sacerdozio
8 andò a trovare il re e gli promise trecentosessanta talenti, e, dei redditi, altri ottanta talenti,8 dal detto re, promettendogli trecento sessanta talenti d'ariento, e delle altre rendite ottanta talenti.
9 e di più altri centocinquanta talenti per il permesso di fondar un ginnasio e un'efebia e dare a quelli di Gerusalemme la cittadinanza d'Antiochia.9 E oltre di questo li promettea altri centocinquanta, se li fosse concessa la podestà sopra il luogo dove si ammaestrava la gente nella sua legge e sopra il postribulo de' giovani, e di scrivere quelli Antiocheni li quali sono in Ierusalem.
10 Avutone dal re il permesso, ed ottenuto il principato, cominciò subito a far passare i suoi connazionali ai costumi dei pagani.10 E avendo il re consentito, e ottenuto il principato, subito comandò che quelli della tribù sua si transferisse al rito de' gentili.
11 Tolte le franchigie che l'umanità dei re (grazie ai buoni uffici di Giovanni, padre di quell'Eupolemo che fu mandato a Roma come ambasciatore per fare alleanza e amicizia) aveva concesse, egli distrusse i diritti dei cittadini, e stabilì leggi perverse.11 E ammote quelle cose le quali erano state ordinate dalli re ai Giudei per umanità, per lo mezzo di Giovanni padre di Eufolemo, lo qual fu ambasciatore alli Romani per concluder (unione e) l'amicizia e la compagnia loro, disfacendo le leggi legittime dei cittadini, ordinava prave leggi.
12 Egli ardì fondare, sotto la stessa fortezza, un ginnasio, e di mettere nei lupanari il fior della gioventù.12 Ed ebbe tanto ardire, ch' egli ordinò uno luogo sotto alla torre, e tutti gli ottimi degli belli giovani poner nel postribulo.
13 Così cominciato, tanto s'avanzò e progredì il modo di vivere alla pagana e alla straniera, in seguito all'infame e inaudita malvagità dell'empio e non sacerdote Giasone,13 E questo non era principio, ma era uno augumento e uno profetto di una istrana conversazione de' gentili, per cagione della scelerità iscomunicata e inaudita di Iasone, empio, non sacerdote;
14 che i sacerdoti non eran più intenti al ministero dell'altare, e, disprezzato il tempio, e negletti i sacrifizi, correvano a prender parte alla palestra, ai premi indegni e agli esercizi del disco.14 per tal modo che sacerdoti già non erano solleciti circa l'ufficio dell' altare, ma disprezzato il tempio, e non si curando delli sacrificii, sollecitavano di esser partecipi (del combatter) della palestra, e della sua dazion ingiusta, e nelli esercizii delli giuochi da gittar le pietre in alto.
15 Non facendo alcun caso degli onori della patria, stimavano le migliori glorie quelle greche.15 Non avendo alcuna cosa delli onori della patria, pensavano le glorie greche esser ottime.
16 A causa di esse s'abbandonavano a pericolose contese, e zelavano le usanze di quelli e desideravano essere in tutto simili a quelli che erano stati loro nemici e distruttori.16 Per la qual cosa era tra loro una pericolosa contenzione, e seguitavano li loro instituti, e in tutto cercavano esser simili a coloro, i quali aveano avuto per nemici e distruttori.
17 Non si violano mai impunemente le leggi divine. Ma ciò lo dimostrerà il tempo che segue.17 Però che empiamente operare contro le leggi divine non passa sanza pena; ma questo il seguente tempo il dichiarerà.
18 Mentre si celebravano a Tiro i giuochi quinquennali, ai quali era presente il re,18 Conciosia cosa che ogni capo de' cinque anni. si facesse in Tiro uno giuoco ovver una contenzione, e il re fosse presente;
19 il criminale Giasone mandò a Gerusalemme degli uomini perversi, a portare trecento di dramme d'argento pel sacrifizio di Ercole; ma quelli che le portarono chiesero che non fossero spese nei sacrifizi, che non era conveniente, ma fossero impiegate in altri usi.19 mandò Iasone, operatore di molti mali, di Ierusalem uomini peccatori (e malvagi), i quali portavano trecento dramme d'ariento alli sacrificii di Ercole, le quali dimandarono quelli che le portarono, acciò ch' elle non fussero date alli sacrificii, però che non bisognasse, ma esser deputate in altre spese.
20 Così erano state offerte pel sacrifizio di Ercole da chi l'aveva mandate, ma per opera di quelli che le portarono furono impiegate nella costruzione di triremi.20 Ma queste furono offerte da colui che le mandava, nel sacrificio di Ercole; e per cagione di quelli ch' erano presenti furono date in fabbrica di navi, le quali hanno tre ordini di remi.
21 Quando Antioco, dopo aver mandato in Egitto Apollonio, figlio di Mnesteo, a trattare con i grandi del re Tolomeo Filometore, s'accorse d'essere escluso dagli affari del regno, e pensando al suo interesse, partì per Ioppe e venne a Gerusalemme,21 E mandato in Egitto Apollonio, figliuolo di Mnesteo, per cagione delli principi di Tolomeo, amator della madre del re, avendo conosciuto Antioco esser fatto alieno dalle facende del regno, prendendo consiglio dalle proprie utilità, partito di quel luogo venne in Ioppen, e da Ioppen se ne venne in Ierusalem.
22 fu accolto con magnificenza da Giasone e dalla città, ove entrò in mezzo a fiaccole accese e canti di lode: indi tornò coll'esercito nella Fenicia.22 E ricevuto magnificamente da Iasone e dalla cittade, entrò con molte flaccole accese e con molta laude; e di là rivolse lo esercito suo (e mandollo) in Fenicia.
23 Tre anni dopo, Giasone mandò Menelao, fratello del sopra detto Simone, a portar dei danari al re, e a riceverne gli ordini su affari d'importanza.23 E dopo tre anni mandò Iasone Menelao, fratello del sopradetto Simone, il qual portava le pecunie del re, e avea in commissione di portar risposta delle faccende necessarie.
24 Ma Menelao, acquistatosi il favore del re coi magnificare lo splendore della sua potenza, fece venire nelle sue mani il sommo sacerdozio, dando trecento talenti d'argento più di Giasone,24 E Menelao, avendosi raccomandato al re, dopo ch' egli ebbe magnificato la faccia della maiestate sua, rivolsesi (e accettò) il sommo sacerdozio in sè stesso, sopraponendo (e promettendoli) al tributo gli dava Iasone, talenti CCC di ariento.
25 e ricevuti gli ordini del re, se ne tornò. Egli, nulla avendo degno del sacerdozio, aveva il cuore d'un crudele tiranno e la rabbia d'una fiera selvaggia.25 E avuta la risposta dal re per comandamento, se ne venne, non avendo alcuna cosa degna. di sacerdozio, ma era di animo di crudele tiranno, e avea cuore di crudele bestia selvaggia.
26 Così Giasone, che aveva ingannato il suo fratello, fu pure ingannato e cacciato in esilio nel paese degli Ammoniti.26 E Iasone, il quale avea cattivato il proprio fratello, essendo ingannato, fu iscacciato nella regione degli Ammaniti in esilio.
27 Or Menelao ottenne il principato, ma nulla faceva riguardo al danaro promesso al re, non ostante che Sostrato, governatore della cittadella, l'esigesse,27 E Menelao certamente ottenne il principato; ma delle pecunie promesse al re non facea alcuna cosa, essendo esattore Sostrato, il quale era capitano della ròcca.
28 avendo l'incarico d'esigere i tributi. Per la qual cosa tutt'e due furono chiamati davanti ai re:28 Però che a costui si appartenea di scuotere li tributi; per qual cagione ciascuno di loro furono chiamati al re.
29 Menelao fu doposto dal pontificato, nel quale ebbe per successore Lisimaco suo fratello, e Sostrato fu mandato al governo di Cipro.29 E Menelao fue rimosso dal sacerdozio, succedendogli Lisimaco suo fratello; e Sostrato fu mandato presidente in Cipro.
30 Mentre succedevano queste cose, accadde che quei di Tarso e quelli di Mallo si rivoltarono, perchè erano stati dati come dono ad Antiochide, concubina del re.30 E trattandosi queste cagioni, addivenne che quelli di Tarso e quelli di Mallo moverono sedizione, per ch' erano dati in dono alla concubina dello re Antioco.
31 Il re, partito in fretta per sedarli, lasciò a far le sue veci Andronico, uno dei grandi della sua corte.31 E subitamente venne il re a quietare loro, rimanendo sostituto Andronico, uno delli suoi prìncipi.
32 Allora Menelao, pensando d'avere scelto il tempo opportuno, rubò alcuni vasi d'oro al tempio, e ne fece un dono ad Andronico, dopo averne venduti degli altri in Tiro e nelle città vicine.32 E (dopo questo) pensò Menelao, e prese a sè il tempo comodo, e rubò alcuni vasi di oro del tempio, degli quali alcuni donò ad Andronico, e il resto vendette in Tiro e per le città vicine.
33 Saputa con certezza la cosa, Onia lo rimproverò, mettendosi però in luogo sicuro ad Antiochia presso Dafne.33 La qual cosa avendola certissimamente intesa Onia, lo riprendeva, essendosi lui ridotto in Antiochia, in luogo sicuro senza danno.
34 Per questo, Menelao, andato a trovare Andronico, lo pregò ad uccidere Onia. E (Andronico) andato a trovare Onia, dandogli la destra con giuramento, sebbene gli lasciasse dei sospetti, lo persuase a uscir dall'asilo, e subito, senza alcun riguardo alla giustizia, lo uccise.34 Onde Menelao se ne andò ad Andronico, e pregavalo ch' egli uccidesse Onia. Il quale essendo venuto a Onia, e avendogli data la fede con giuramento, avvenga che gli fosse sospetto, gli persuase ch' egli uscisse del tempio; il qual uscito, sùbito l'uccise, non avendo rispetto alla giustizia.
35 Per questo fatto, non soltanto i Giudei, ma anche le altre nazioni restarono indignate, e mal sopportarono l'ingiusta morte di sì grand'uomo.35 Per la qual cagione non solamente i giudei, ma anco l'altre nazioni s'erano indignate, e con grande molestia sosteneano la ingiusta morte di uno tanto uomo.
36 Così quando il re tornò dalla Cilicia, i Giudei d'Antiochia insieme ai Greci andarono a lamentarsi dell'iniqua morte d'Onia.36 Ed essendo ritornato il re de' luoghi di Cilicia, andarono i Giudei in Antiochia, e anco con esso loro i Greci, lamentandosi della iniqua morte di Onia.
37 Antioco ne ebbe l'animo contristato, e mosso a pietà dal caso d'Onia, versò delle lacrime, ricordando la sobrietà e la modestia del defunto;37 La qual cosa udita, Antioco attristossi nell'animo per cagione di Onia; e provocato a misericordia pianse, riduttosi a memoria la integrità e modestia del morto.
38 e, acceso di sdegno, ordinò die Andronico, spogliato della porpora, fosso menato attorno per tutta la città e che al sacrilego fosse tolta la vita nel medesimo luogo nel quale aveva commessa l'empietà contro Onia. Così il Signore gli diede il meritato castigo.38 E acceso nell' animo, comandò che fusse preso Andronico, e spogliatogli la vestimenta di rosato, fusse menato per tutta la città, e in quel medesimo luogo, nel quale egli avea commesso contro Onia tal empietade, fusse privato della vita, come uomo sacrilego, dandogli il Signore la pena a lui condegna.
39 Avendo poi Lisimaco fatti molti sacrilegi nel tempio ad istigazione di Menelao, divulgatasi la fama del molto oro portato via, si radunò il popolo contro Lisimaco,39 E avendo commessi Lisimaco molti sacrilegii per consiglio di Menelao, essendo già divulgata la loro mala fama, congregossi la moltitudine contro a Lisimaco, avendo lui già tolto molto oro.
40 e siccome le turbo tumultuavano e gli animi eran pieni d'ira, Lisimaco, armati circa tre mila uomini, capitanati da un certo tiranno, avanzato nell'età come nella demenza, cominciò a far violenze.40 E levandosi le turbe, avendo li loro animi pieni d'ira, Lisimaco insieme quasi con tremilia uomini armati cominciò a ferire le turbe, essendogli duca uno tiranno provetto di etate e di pazzia
41 Ma, conosciuti i disegni di Lisimaco, chi si armò di sassi, chi di groassi bastoni, e alcuni gettarono ad dosso a Lisimaco la cenere,41 Ma intendendo le turbe la violenza d'esso Lisimaco e il suo sforzo, alcuni pigliorono le pietre; alcuni, bastoni forti; e alcuni gettavano la cenere contra di Lisimaco.
42 molti ne ferirono, alcuni ne uccisero, tutto il resto fu messo in fuga, e lo stesso sacrilego rimase ucciso presso l'erario.42 Onde che essendo alcuni feriti, alcuni suffocati, tutti si voltorono in fuga; intanto che anco esso Lisimaco sacrilego ucciderono appo lo erario.
43 Di tutte queste cose si cominciò ad agitar la causa contro Menelao, ù43 Di queste cose adunque si cominciò anco litigare in giudizio contro Menelao.
44 e quando il re andò a Tiro, tre uomini mandati dagli anziani riferirono a lui l'affare.44 Ed essendo venuto il re alla città di Tiro, tre uomini gli quali erano de' più antichi furono mandati a deponere questa cagione dinanzi a lui.
45 Menelao, ridotto a mal partito, promise grossa somma di danaro a Tolomeo, se gli rendeva favorevole il re.45 Ed essendo superato Menelao (in giudicio), promèsse a Tolomeo di darli molta pecunia, acciò ch' egli persuadesse al re in favore suo.
46 Tolomeo andò a trovare il re mentre se ne stava sotto i portici a prendere il fresco, e gli fece cambiar sentenza.46 Essendo veramente Tolomeo in una sala per pigliare alquanto di refrigerio, (partissi e) andossene al re, e revocò il re dalla sentenza.
47 Così egli assolse Menelao dai delitti, sebbene fosse reo di tutto il male, e gl'infelici che, anche se avessero esposta la loro causa agli Sciti, sarebbero stati dichiarati innocenti, li condannò a morte.47 E (con sue persuasioni) fece liberare Menelao, pieno d'ogni malizia, dagli mali ch' egli avea commessi; e quegli miseri, i quali se anco appresso i Sciti avessono dedutta questa causa. sarebbono stati giustificati, furono condannati a morte.
48 Furono dunque in fretta puniti ingiustamente quelli che avevan sostenuta la causa della città, del popolo e dei vasi sacri.48 Subito adunque a coloro, i quali aveano agitata la cagione per il popolo e i vasi sacri, gli fu data la ingiusta pena.
49 Gli stessi Tiri ne furono indignati, e furono generosissimi per la loro sepoltura.49 Per la qual cosa, essendo quegli di Tiro indignati, dimonstrorono grande liberalità alla loro sepultura.
50 Ma intanto Menelao, per l'avarizia dei potenti, conservò l'autorità, e crebbe nella malizia a danno dei cittadini.50 Ma Menelao per cagione della avarizia di coloro i quali reggevano, rimase in (autorità e) podestà, crescendo in malizia e in insidie de' cittadini.