Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

LX - De la inperfeczione di quelli che amano e servono Dio per propria utilita e diletto e consolazione.

Santa Caterina da Siena

LX - De la inperfeczione di quelli che amano e servono Dio per propria utilita e diletto e consolazione.
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Alquanti sonno che sonno fatti servi fedeli, cioè che fedelmente mi servono, senza timore servile (servendo solo per timore della pena), ma servono con amore. Questo amore, cioè di servire per propria utilitá o per diletto o piacere che truovino in me, è imperfetto. Sai chi lo’ ‘l dimostra che l’amore loro è imperfetto? quando sonno privati della consolazione che trovavano in me. E con questo medesimo amore imperfetto amano el proximo loro: E però non basta né dura l’amore: anco allenta, e spesse volte viene meno. Allenta inverso di me quando alcuna volta Io, per exercitargli nella virtú e per levarli dalla imperfeczione, ritrago a me la consolazione della mente e permetto lo’ battaglie e molestie. E questo fo perché vengano ad perfetto cognoscimento di loro, e conoscano loro non essere, e neuna grazia avere da loro. E nel tempo delle battaglie rifuggano a me, cercandomi e cognoscendomi come loro benefattore, cercando solo me con vera umilità. E per questo lo’ do e ritrago da loro la consolazione, ma non la grazia.

Questi cotali alora allentano, voltandosi con impazienzia di mente. Alcuna volta lassano per molti modi e’ loro exercizi, e spesse volte sotto colore di virtú, dicendo in loro medesimi : — Questa operazione non ti vale, — sentendosi privati della propria consolazione della mente. Questi fa come imperfetto che anco non ha bene levato el panno de l’amore proprio spirituale della pupilla de l’occhio della sanctissima fede. Però che, se egli l’avesse levato in veritá, vedrebbe che ogni cosa procede da me e che una foglia d’arbore non cade senza la mia providenzia; e che ciò che Io do e permetto, do per loro sanctificazione, cioè perché abbino el bene e il fine per lo quale lo vi creai.

Questo debbono vedere e cognoscere, che Io non voglio altro che il loro bene, nel sangue de l’unigenito mio Figliuolo, nel quale sangue sonno lavati dalle iniquità loro. In esso sangue possono cognoscere la mia veritá, che, per dar lo’ vita etterna, lo gli creai a la imagine e similitudine mia, e ricreai a grazia, col sangue del Figliuolo proprio, loro, figliuoli adoptivi. Ma perché essi sonno imperfetti, servono per propria utilitá e allentano l’amore del proximo.

E’ primi vi vengono meno per timore che hanno di non sostenere pena. Costoro, che sonno e’ secondi, allentano, privandosi de l’utilitá che facevano al proximo, e ritragono a dietro da la caritá loro, se si vegono privati della propria utilitá o d’alcuna consolazione che avessero trovata in loro. E questo l’adiviene perché l’amore loro non era schietto; ma, con quella imperfeczione che amano me (cioè d’amarmi per propria utilitá), di quello umore amano loro.

Se essi non ricognoscono la loro imperfeczione col desiderio della perfeczione, impossibile sarebbe che non voltassero el capo indietro. Di bisogno l’è, a volere vita etterna, che essi amino senza rispetto: non basta fuggire il peccato per timore della pena né abracciare le virtú per rispetto della propria utilitá, però che non è sufficiente a dare vita etterna; ma conviensi ché si levi del peccato perché esso dispiace a me, e ami la virtú per amore di me.

È vero che quasi el primo chiamare generale d’ogni persona è questo; però che prima è imperfetta l’anima che perfetta. E da la imperfeczione debba giognere a la perfeczione: o nella vita mentre che vive, vivendo in virtú col cuore schietto e liberale d’amare me senza alcuno rispetto; o nella morte, riconoscendo la sua imperfeczione con proponimento che, se egli avesse tempo, servirebbe me senza rispetto di sé.

Di questo amore imperfetto amava sancto Pietro el dolce e buono Iesú, unigenito mio Figliuolo, molto dolcemente sentendo la dolcezza della conversazione sua. Ma, venendo el tempo della tribolazione, venne meno; tornando a tanto inconveniente che, non tanto che egli sostenesse pena in sé, ma, cadendo nel primo timore della pena, el negò, dicendo che mai non l’aveva cognosciuto.

In molti inconvenienti cade l’anima che ha salita questa scala solo col timore servile e con l’amore mercennaio. Debbansi adunque levare ed essere figliuoli, e servire a me senza rispetto di loro. Benché Io, che so’ remuneratore d’ogni fadiga, rendo a ciascuno secondo lo stato ed exercizio suo. E se costoro non lassano l’exercizio de l’orazione sancta e de l’altre buone operazioni, ma con perseveranzia vadano aumentando la virtú, giogneranno a l’amore del figliuolo.

E Io amarò loro d’amore filiale, però che con quello amore che so’ amato lo, con quello vi rispondo: cioè che, amando me si come fa el servo el signore, Io come signore ti rendo el debito tuo, secondo che tu hai meritato. Ma non manifesto me medesimo a te, perché le cose secrete si manifestano a l’amico che è facto una cosa con l’amico suo.

È vero che ‘l servo può crescere per la virtú sua e amore che porta al signore, si che diventarà amico carissimo: cosí è e adiviene di questi cotali. Mentre che stanno nel mercennaio amore, Io non. manifesto me medesimo a loro; ma se essi con dispiacimento della loro imperfeczione e amore delle virtú, con odio dibarbicando la radice de l’amore spirituale proprio di se medesimo, salendo sopra la sedia della coscienzia sua, tenendosi ragione, si che non passino e’ movimenti, nel cuore, del timore servile e de l’amore mercennaio che non sieno corretti col lume della sanctissima fede; facendo cosí, sarà tanto piacevole a me, che per questo giognaranno a l’amore de l’amico.

E cosí manifestarò me medesimo a loro, si come dixe la mia Verità quando disse: «Chi m’amará sarà una cosa con meco e Io con loro, e manifestarò me medesimo, e faremo mansione insieme». Questa è la condiczione del carissimo amico, che sonno due corpi e una anima per affecto d’amore, perché l’amore si transforma nella cosa amata. Se elli è facto una anima, neuna cosa gli può essere segreta. E però dixe la mia Verità: «Io verrò e faremo mansione insieme». E cosí è la veritá.