Scrutatio

Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

XLIII - De la utilita de le temptazioni, e come ogni anima ne la extremita de la morte vede e gusta el luogo suo, prima che essa anima sia separata dal corpo, cioè o pena o gloria che debba ricevere.

Santa Caterina da Siena

XLIII - De la utilita de le temptazioni, e come ogni anima ne la extremita de la morte vede e gusta el luogo suo, prima che essa anima sia separata dal corpo, cioè o pena o gloria che debba ricevere.
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— Egli è facto giustiziere mio dalla mia giustizia per tormentare l’anime che miserabilmente hanno offeso me. E in questa vita gli ho posti a temptare molestando le mie creature; non perché le mie creature siano vente, ma perché esse vencano e ricevano da me la gloria della victoria, provando in loro le virtú.

E neuno in questo debba temere per veruna bactaglia né temptazione di dimonio che lo’ venga, però che lo gli ho facti forti, e dato lo’ la fortezza della volontà, fortificata nel sangue del mio Figliuolo. La quale volontà né dimonio né creatura ve la può mutare, però che ella è vostra e data da me.

Voi dunque col libero arbitrio la potete tenere e lassare, secondo che vi piace. Ella è Tarme la quale voi ponete nelle mani del dimonio, e drictamente è uno coltello col quale egli vi percuote e con esso v’ucide. Ma se l’uomo non dá questo coltello della volontà sua nelle mani del dimonio, cioè che egli consenta a le temptazioni e molestie sue, giamai non sarà offeso di colpa di peccato per veruna temptazione. Anco el fortifica colà dove egli apra l’occhio de l’intellecto a vedere la carità mia. La quale caritá permecte che siate temptati solo per farvi venire a virtú e a provare la virtú.

A virtú non si viene se non per lo cognoscimento di se medesimo e per cognoscimento di me. El quale cognoscimento piú perfettamente s’acquista nel tempo della temptazione: Perché alora cognosce sé non essere, non potendosi levare le pene e le molestie le quali vorrebbe fuggire; e me cognosce nella volontà (la quale è fortificata per la bontá mia) che non consente a esse cogitazioni: e perché ha veduto che la mia caritá le concede perché ‘l dimonio è infermo e per sé non può tavelle se non quanto Io gli do; e Io el permetto per amore e non per odio, perché vènciate e non siate venti, e perché veniate ad perfetto cognoscimento di voi e di me, e acciò che la virtú sia provata, però che ella non si pruova se non per lo suo contrario.

Dunque vedi che sonno miei ministri a crociare i dannati ne l’inferno, e in questa vita ad exercitare e provare la virtú ne l’anima. Non che la intenzione del dimonio sia per farli provare in virtú, perché egli non ha carità, ma per privarli de la virtú, e questo non può fare se voi non volete.

Or vedi quanta è la stoltizia de l’uomo, che si fa debile colà dove Io l’ho facto forte, ed esso medesimo si mette nelle mani delle dimonia. Unde Io voglio che tu sappi che nel punto della morte, essendo entrati nella vita loro sotto la signoria del dimonio (none sforzati, però che non possono essere sforzati come detto t’ho, ma volontariamente si sonno messi nelle mani loro), giognendo poi a l’extremità della morte con questa perversa signoria, essi non aspettano altro giudicio, ma essi medesimi ne sonno giudici con la coscienzia loro e come disperati giongono a l’etterna dannazione. Con l’odio strengono l’inferno in su la extremità della morte; e prima che egli l’abbino, essi medesimi co’ loro signori dimoni pigliano per prezzo loro l’inferno.

Si come e’ giusti vissuti in caritá morendo in dileczione, quando viene l’extremità della morte, se egli è vissuto perfettamente in virtú illuminato del lume della fede, con l’occhio della fede, con perfetta speranza del sangue de l’Agnello, vegono el bene il quale lo l’ho aparecchiato e con le braccia de l’amore l’abracciano,stregnendo con estrecte d’amore me, sommo e etterno Bene, ne l’ultima extremità della morte. E cosí gustano vita etterna prima che abbino lassato el corpo mortale, cioè prima che sia separato dal corpo.

Altri che fussero passati nella vita loro con una caritá comune, che non fussero in quella grande perfeczione e giognessero a l’extremità, costoro abracciano la misericordia mia con quello lume medesimo della fede e della speranza che ebbero quelli perfetti; ma hannola imperfetta. Ma perché costoro erano imperfetti, strinsero la misericordia mia, ponendo maggiore la misericordia mia che le colpe loro.

Gl’ iniqui peccatori fanno el contrario, vedendo con la disperazione el luogo loro, e con l’odio l’abracciano, come detto t’ho. Si che non aspettano d’essere giudicati né l’uno né l’altro; ma partonsi di questa vita, e riceve ogniuno el luogo suo, come detto t’ho. Gustanlo e possegonlo prima che si partano dal corpo nella extremità della morte: e’ dannati co’ l’odio e disperazione, e i perfetti con l’amore e col lume della fede e con la speranza del Sangue. E gl’imperfetti con la misericordia e con quella medesima fede giongono al luogo del purgatorio.