Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

CXXXVI - Come Dio providde dando la speranza ne le sue creature. E come chi piú perfectamente spera, piú perfectamente gusta la providenzia sua.

Santa Caterina da Siena

CXXXVI - Come Dio providde dando la speranza ne le sue creature. E come chi piú perfectamente spera, piú perfectamente gusta la providenzia sua.
font righe continue visite 84

— Anco gli ho dato el refrigerio della speranza, se col lume della sanctissima fede raguarda el prezzo del Sangue che è pagato per lui, el quale gli dá ferma speranza e certezza della salute sua. Negli obrobri di Cristo crocifixo gli è renduto l’onore; ché se con tucte le membra del corpo suo egli offende me, e Cristo benedecto, dolcissimo mio Figliuolo, in tucto el Corpo suo ha sostenuti grandissimi tormenti, e con la sua obbedienzia ha levata la vostra disobbedienzia. Dalla quale obbedienzia tucti avete contracto la grazia, si come per la disobbedienzia tucti contraeste la colpa.

Questo v’ha conceduto la mia providenzia, la quale, dal principio del mondo infino al di d’oggi, ha proveduto e provederà, infino a l’ultimo, a la necessità e salute dell’uomo in molti e diversi modi (secondo che Io, giusto e vero medico, veggo che vi bisogna a le vostre infermità), secondo che n’ha bisogno per renderli sanità perfecta o per conservarlo nella sanità. La mia providenzia non mancarà mai, a chi la vorrà ricevere, in quegli che perfectamente sperano in me. E chi spera in me, bussa e chiama in veritá, non solamente con la parola, ma con affetto e col lume della sanctissima fede, gustaranno me nella providenzia mia; ma non coloro che solamente bussano e suonano col suono della parola, chiamandomi: — Signore, Signore! — Dicoti che, se essi con altra virtú non m’adimandano, non saranno conosciuti da me per misericordia, ma per giustizia. Si che lo ti dico che la mia providenzia non mancarà a chi in veritá spera in me, ma in chi si dispera di me e spera in sé.

Sai che speranza in due cose contrarie non si può ponere. Questo volse dire a voi la mia Verità nel sancto Evangelio, quando dixe: «Veruno può servire a due signori»; ché, se serve a l’uno, è incontempto a l’altro. Servire non è senza speranza, però che ‘l servo, che serve, serve con esperanza che ha nel prezzo e utilitá chese ne vede trare, o con esperanza che egli ha di piacere al signore suo. Onde al nemico del suo signore punto non servirebbe; el quale servizio fare non potrebbe senza alcuna speranza. Onde, servendo e sperando, si vederebbe privare di quello che aspectava dal signore suo. Or cosí pensa, carissima figliuola, che adiviene a l’anima: o egli si conviene che ella serva e speri in me, o serva e speri nel mondo e in se medesima: però che tanto serve al mondo, Cuore di me, di servizio sensuale, quanto serve e ama la propria sensualità; del quale amore e servizio spera d’avere dilecto, piacere e utilitá sensitiva. Ma, perché la speranza sua è posta in cosa finita, vana e transitoria, però gli viene meno, e non giogne in effecto di quel che desiderava. Mentre che egli spera in sé e nel mondo, none spera in me: perché ‘l mondo, cioè i desidèri mondani dell’uomo sono a me in odio, e in tanta abominazione mi furono che Io diei l’unigenito mio Figliuolo a l’obrobriosa morte della croce; onde il mondo non ha conformità meco, né Io con lui. Ma l’anima, che perfectamente spera in me e serve con tucto el cuore e con tucto l’affecto suo, subbito per necessità, per la cagione decta, si conviene che si disperi di sé e del mondo, di speranza posta con propria fragilità.

Questa vera e perfecta speranza è meno e piú perfecta, secondo la perfeczione de l’amore che l’anima ha in me. E cosí, perfecta e imperfecta, gusta della providenzia mia: piú perfettamente la gustano e la ricevono quegli che servono e sperano di piacere solamente a me, che quegli che servono con esperanza del fructo e per dilecto che trovassero in me. Questi primi sonno quegli che, ne l’ultimo stato de l’anima, Io ti narrai della loro perfeczione. E questi, che Io ora ti conto, sonno e’ secondi e i terzi, che vanno con esperanza del diletto e del fructo, e sonno quegli imperfecti de’ quali Io ti contai narrandoti degli stati de l’anima.

Ma, in veruno modo, a’ perfetti e agli imperfecti non mancarà la mia providenzia, purché l’uomo non presummi né speri in sé. El quale presummere e sperare in sé, perché esce da l’amore proprio, obfusca l’occhio de l’intelletto, .traendone el lume della sanctissima fede. Unde non va con lume di ragione, e però non cognosce la mia providenzia, non che egli non ne pruovi. Però che neuno è, né giusto né peccatore, che non sia proveduto da me, perché ogni cosa è facta e creata da la mia bontá, però che Io so’ Colui che so’, e senza me veruna cosa è facta, se non solo el peccato che non è. Si che essi ricevono bene della mia providenzia, ma non la intendono, perché non la cognoscono: non’cognoscendola, non l’amano: e però non ne ricevono fructo di grazia. Ogni cosa veggono torta, dove ogni cosa è dricta. E, si come ciechi, ogni cosa vegono in tenebre, e la tenebre in luce, perché hanno posta la speranza e il servizio loro nella tenebre, unde caggiono in mormorazione e vengono ad impazienzia.

E come sonno tanto macti? Doh, carissima figliuola, come possono essi credere che Io, somma ed etterna bontá, possa volere altro che il loro bene nelle cose piccole che tucto di Io permecto per salute loro, quando pruovano che Io non voglio altro che la loro sanctificazione nelle cose grandi? Ché, con tucta la loro ciechità, non possono fare che almeno con uno poco di lume naturale non veggano la bontá mia e il benefizio della mia providenzia, la quale truovano (e non la possono dinegare) nella prima creazione e nella ricreazione che ha ricevuto l’uomo nel Sangue, ricreandolo a grazia, si come detto t’ho. Questa è cosa si chiara e manifesta che non possono dire di no. Poi mancano e vengono meno a l’ombra loro, perché questo lume naturale non è stato exercitato in virtú. El macto uomo non vede che di tempo in tempo Io ho proveduto generalmente al mondo, e in particulare a ogniuno secondo el suo Stato. E perché veruno è che in questa vita stia fermo, ma sempre si muta di tempo in tempo insino che egli è gionto a lo stato suo fermo, sempre il provego di quel che gli bisogna nel tempo che egli è.