San Giovanni Paolo II: Il purgatorio: necessaria purificazione per l'incontro con Dio
Papa Giovanni Paolo II

Cerca nella documentazione. Scegli una categoria e compila la form cliccando sul pulsante Cerca.
Leggi la Bibbia. Scegli un versetto utilizzando la form qui sotto.
Lettura: 1 Gv 1,5-9
1. Come abbiamo visto nelle due precedenti catechesi, in base
all'opzione definitiva per Dio o contro Dio, l'uomo si trova dinanzi a
una delle alternative: o vive con il Signore nella beatitudine eterna,
oppure resta lontano dalla sua presenza. Per quanti si trovano in
condizione di apertura a Dio, ma in un modo imperfetto, il cammino verso
la piena beatitudine richiede una purificazione, che la fede della
Chiesa illustra attraverso la dottrina del "Purgatorio" (cfr Catechismo
della Chiesa Cattolica, 1030-1032).
2. Nella Sacra Scrittura si possono cogliere alcuni elementi che
aiutano a comprendere il senso di questa dottrina, pur non enunciata in
modo formale. Essi esprimono il convincimento che non si possa accedere a
Dio senza passare attraverso una qualche purificazione. Secondo la
legislazione religiosa dell'Antico Testamento, ciò che è destinato a Dio
deve essere perfetto. In conseguenza, l'integrità anche fisica è
particolarmente richiesta per le realtà che vengono a contatto con Dio
sul piano sacrificale, come per esempio gli animali da immolare (cfr Lv
22,22) o su quello istituzionale, come nel caso dei sacerdoti, ministri
del culto (cfr Lv 21,17-23). A questa integrità fisica deve
corrispondere una dedizione totale, dei singoli e della collettività
(cfr 1 Re 8,61), al Dio dell'alleanza nella linea dei grandi
insegnamenti del Deuteronomio (cfr 6,5). Si tratta di amare Dio con
tutto il proprio essere, con purezza di cuore e con testimonianza di
opere (cfr ivi, 10,12s).
L'esigenza d'integrità s'impone evidentemente dopo la morte, per
l'ingresso nella comunione perfetta e definitiva con Dio. Chi non ha
questa integrità deve passare per la purificazione. Un testo di san
Paolo lo suggerisce. L'Apostolo parla del valore dell'opera di ciascuno,
che sarà rivelata nel giorno del giudizio, e dice: "Se l'opera che uno
ha costruito sul fondamento [che è Cristo] resisterà, costui ne riceverà
una ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia
egli si salverà, però come attraverso il fuoco" (1 Cor 3,14-15).
3. Per raggiungere uno stato di perfetta integrità è necessaria
talvolta l'intercessione o la mediazione di una persona. Ad esempio,
Mosè ottiene il perdono del popolo con una preghiera, nella quale evoca
l'opera salvifica compiuta da Dio in passato e invoca la sua fedeltà al
giuramento fatto ai padri (cfr Es 32,30 e vv. 11-13). La figura del
Servo del Signore, delineata dal Libro di Isaia, si caratterizza anche
per la funzione di intercedere e di espiare a favore di molti; al
termine delle sue sofferenze egli "vedrà la luce" e "giustificherà
molti", addossandosi le loro iniquità (cfr Is 52,13-53,12, spec. 53,11).
Il Salmo 51 può essere considerato, secondo la visuale dell'Antico
Testamento, una sintesi del processo di reintegrazione: il peccatore
confessa e riconosce la propria colpa (v. 6), chiede insistentemente di
venire purificato o "lavato" (vv. 4.9.12.16) per poter proclamare la
lode divina (v. 17).
4. Nel Nuovo Testamento Cristo è presentato come l'intercessore, che
assume in sé le funzioni del sommo sacerdote nel giorno dell'espiazione
(cfr Eb 5,7; 7,25). Ma in lui il sacerdozio presenta una configurazione
nuova e definitiva. Egli entra una sola volta nel santuario celeste
allo scopo d'intercedere al cospetto di Dio in nostro favore (cfr Eb
9,23-26, spec. 24). Egli è Sacerdote e insieme "vittima di espiazione"
per i peccati di tutto il mondo (cfr 1 Gv 2,2). Gesù, come il grande
intercessore che espia per noi, si rivelerà pienamente alla fine della
nostra vita, quando si esprimerà con l'offerta di misericordia ma anche
con l'inevitabile giudizio per chi rifiuta l'amore e il perdono del
Padre. L'offerta della misericordia non esclude il dovere di presentarci
puri ed integri al cospetto di Dio, ricchi di quella carità, che Paolo
chiama "vincolo di perfezione" (Col 3,14).
5. Durante la nostra vita terrena seguendo l'esortazione evangelica
ad essere perfetti come il Padre celeste (cfr Mt 5,48), siamo chiamati a
crescere nell'amore per trovarci saldi e irreprensibili davanti a Dio
Padre, "al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi
santi" (1 Ts 3,12s.). D'altra parte, siamo invitati a "purificarci da
ogni macchia della carne e dello spirito" (2 Cor 7,1; cfr 1 Gv 3,3),
perché l'incontro con Dio richiede una purezza assoluta.
Ogni traccia di attaccamento al male deve essere eliminata; ogni
deformità dell'anima corretta. La purificazione deve essere completa, e
questo è appunto ciò che è inteso dalla dottrina della Chiesa sul
purgatorio. Questo termine non indica un luogo, ma una condizione di
vita. Coloro che dopo la morte vivono in uno stato di purificazione sono
già nell'amore di Cristo, il quale li solleva dai residui
dell'imperfezione (cfr Conc. Ecum. di Firenze, Decretum pro Graecis: DS
1304; Conc. Ecum. di Trento, Decretum de iustificatione: DS 1580;
Decretum de purgatorio: DS 1820). Occorre precisare che lo stato di
purificazione non è un prolungamento della situazione terrena, quasi
fosse data dopo la morte un'ulteriore possibilità di cambiare il proprio
destino. L'insegnamento della Chiesa in proposito è inequivocabile ed è
stato ribadito dal Concilio Vaticano II, che così insegna: "Siccome poi
non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il
Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della
nostra vita terrena (cfr Eb 9,27), meritiamo con Lui di entrare al
banchetto nuziale ed essere annoverati fra i beati, né ci si comandi,
come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre
esteriori, dove 'ci sarà il pianto e lo stridore dei denti' (Mt 22,13 e
25,30)" (Lumen gentium, 48).
6. Un ultimo aspetto importante che la tradizione della Chiesa ha
sempre evidenziato, va oggi riproposto: è quello della dimensione
comunitaria. Infatti coloro che si trovano nella condizione di
purificazione sono legati sia ai beati che già godono pienamente la vita
eterna sia a noi che camminiamo in questo mondo verso la casa del Padre
(cfr CCC, 1032). Come nella vita terrena i credenti sono uniti tra loro
nell'unico Corpo mistico, così dopo la morte coloro che vivono nello
stato di purificazione sperimentano la stessa solidarietà ecclesiale che
opera nella preghiera, nei suffragi e nella carità degli altri fratelli
nella fede. La purificazione è vissuta nel vincolo essenziale che si
crea tra coloro che vivono la vita del secolo presente e quelli che già
godono la beatitudine eterna.
Giovanni Paolo II
UDIENZA GENERALE - Mercoledì, 4 agosto 1999