4-141 Agosto 10, 1902 Privazioni, lamenti e necessità dei castighi.
La Divina Volontà - Libro 4°

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(1) Trovandomi sommamente afflitta per la perdita del mio sommo bene, il mio povero cuore è lacerato continuamente e subisce una morte continua. Ora venendo il confessore stava dicendogli il mio povero stato, e Lui ha incominciato a chiamarlo ed a mettere intenzione, ma che, la mia mente lasciava sospesa, per qualche istante vedeva come un lampo e sfuggiva e ritornava in me stessa senza vederlo. Oh! Dio, che pena, ma sono pene che neppure si sanno esprimere. Onde, dopo d’aver molto stentato, finalmente è venuto, ed io querelandomi con Lui, mi ha detto:
(2) “Figlia mia, se non sapessi la causa della mia assenza, avresti forse qualche ragione di lamentarti della mia assenza; ma sapendo che non vengo perché voglio castigare il mondo, a torto ti lamenti”.
(3) Ed io: “Che c’entra il mondo con me”.
(4) E Lui: “Sì c’entra, perché nel venire tu mi dice: Signore, voglio soddisfarvi io per loro, voglio soffrire per loro, ed Io essendo giustissimo non posso ricevere dall’uno e dall’altro la soddisfazione d’un debito, e volendo prendere da te la soddisfazione, il mondo non farebbe altro che imbaldanzire sempre più. Mentre in questi tempi di ribellione sono tanti necessari i castighi, e se ciò non facessi, si faranno tante dense le tenebre, che tutti resterebbero accecati”.
(5) Mentre ciò diceva, mi sono trovata fuori di me stessa e vedevo la terra tutta piena di tenebre, appena qualche strascico di luce; che ne sarà del povero mondo, dà molto da pensare alle cose tristissime che succederanno.