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Lunedi, 27 maggio 2024 - Sant´Agostino di Canterbury ( Letture di oggi)

24-36 Agosto 18, 1928 Le pene nel Fiat sono stille e si giunge a rapirle. Esempio. Come le verità sulla Divina Volontà sono vite divine e stanno tutte in aspettativa per fare il loro ufficio.

La Divina Volontà - Libro 24°

24-36 Agosto 18, 1928 Le pene nel Fiat sono stille e si giunge a rapirle. Esempio. Come le verità sulla Divina Volontà sono vite divine e stanno tutte in aspettativa per fare il loro ufficio.
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(1) Stavo facendo il mio solito giro nelle opere della Redenzione, e soffermandomi ora ad una pena ora ad un’altra che Gesù e la Celeste Regina avevano sofferto, pensavo tra me: “Chi sa come i loro cuori restavano affogati nelle loro pene, e pene non piccole, la Vergine che giungeva a sacrificare il proprio Figlio, ed il Figlio la sua stessa vita”. Ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:

(2) “Figlia mia, siccome in Me e nella Madre mia regnava il Fiat Divino, si comprendeva che significava fare e soffrire un’atto in Esso ed il gran bene che si acquistava, onde in virtù del grande acquisto la pena ci pareva piccola, come una stilla di acqua nell’immenso mare, e per fare altri acquisti si sospirava altre occasioni d’opere e di pene, perché un’atto nella mia Volontà Divina non c’è pena, neppure il sacrificio della propria vita, che può eguagliare un’acquisto sì grande. Noi ci trovavamo nelle condizioni di una persona che le vien offerto il bene d’un lavoro, sebbene faticoso, ma il guadagno è tanto grande che metterebbe la propria vita per avere occasione d’avere altri simili lavori, perché innanzi ai grandi acquisti, le pene si sospirano, si agognano, e si giunge fino a rapirle; se per il lavoro di una giornata si potesse guadagnare un regno, rendersi lui e tutta la sua patria felice, chi non farebbe il lavoro d’un giorno? Sebbene per Me e per la Celeste Signora la patria era già nostra, eravamo più che felici, perché chi possiede il Fiat Divino non è soggetto ad alcuna infelicità, tutto era nostro; ma siccome le nostre opere e pene nel nostro Voler Divino servivano per l’acquisto del regno all’umana famiglia, ed ogni pena in più raddoppiava i diritti ad essi per un sì grande acquisto, l’amore per loro e per vederli felici, ci sentivamo gloriosi, vittoriosi, che la giornata della nostra vita quaggiù fosse zeppa di pene e di opere per causa loro, e poi non solo per questo, cioè per il bene delle creature, ma perché l’operare nel Fiat dà campo a fare operare ad un Voler Divino, ed operando in Esso sono cieli che corrono in quell’atto, sono soli che si racchiudono, sono beni immensi che sorgono, insomma è quel Fiat Divino che tutto può e tutto possiede”.

(3) Onde continuavo il mio abbandono nel Supremo Volere e pensavo alle tante verità che il mio amato bene Gesù mi ha detto sul Fiat, e Lui sospirando ha soggiunto:

(4)Figlia mia, quante verità ti ho manifestato a riguardo del mio Volere, tante vite divine di Volontà mia ho messo fuori per bene delle creature. Or, queste vite esistono e sono tante, che potrebbero riempire tutto il mondo di vita di Volontà Divina, e portare il bene in mezzo alle creature che esse contengono, e siccome non sono conosciute vivono nascoste, inoperose, senza portare il bene che ciascuna vita possiede, esse stanno tutte in aspettativa, aspettando con pazienza divina chi li apra le porte per farle uscire, e questo lo faranno coloro che si occuperanno a far conoscere al mondo che queste vite esistono, ché aprendole le porte le mettono in via in mezzo alle creature per farle fare a ciascuna l’ufficio che tengono, e farle porgere la luce, il bene che posseggono, perché ora si trovano che queste vite hanno piedi e non camminano, mani e non operano, bocca e non parlano, qual conto mi daranno chi tiene inoperose tante vite? Guardale figlia mia come stanno tutte in atto ché vogliono camminare, operare, parlare, e siccome non le fanno conoscere stanno come se non avessero piedi, mani, e senza voce”.

(5) Io ho guardato ed oh! com’era commovente vedere il numero di queste vite, ch’era sì grande che io non potevo numerarle, tutte in atto che volevano muoversi, parlare, inchinarsi sopra di ciascuna creatura per darle la mano e farle ascoltare la loro lezione e porgerle il bacio, il bene del Fiat Divino.