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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Capitolo XXI: La compunzione del cuore

Tommaso da Kempis

Capitolo XXI: La compunzione del cuore
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 1. Se vuoi fare qualche progresso conservati nel timore di Dio, senza ambire a una smodata libertà; tieni invece saldamente a freno i tuoi sensi, senza lasciarti andare a una stolta letizia. Abbandonati alla compunzione di cuore, e ne ricaverai una vera devozione. La compunzione infatti fa sbocciare molte cose buone, che, con la leggerezza di cuore, sogliono subitamente disperdersi. E' meraviglia che uno possa talvolta trovare piena letizia nella vita terrena, se considera che questa costituisce un esilio e se riflette ai tanti pericoli che la sua anima vi incontra. Per leggerezza di cuore e noncuranza dei nostri difetti spesso non ci rendiamo conto dei guai della nostra anima; anzi, spesso ridiamo stoltamente, quando, in verità, dovremmo piangere. Non esiste infatti vera libertà, né santa letizia, se non nel timore di Dio e nella rettitudine di coscienza. Felice colui che riesce a liberarsi da ogni impaccio dovuto a dispersione spirituale, concentrando tutto se stesso in una perfetta compunzione. Felice colui che sa allontanare tutto ciò che può macchiare o appesantire il suo spirito. Tu devi combattere da uomo: l'abitudine si vince con l'abitudine. Se impari a non curarti della gente, questa lascerà che tu attenda tranquillamente a te stesso. Non portare dentro di te le faccende degli altri, non impicciarti neppure di quello che fanno le persone più in vista; piuttosto vigila sempre e in primo luogo su di te, e rivolgi il tuo ammonimento particolarmente a te stesso, prima che ad altre persone, anche care. Non rattristarti se non ricevi il favore degli uomini; quello che ti deve pesare, invece, è la constatazione di non essere del tutto e sicuramente nella via del bene, come si converrebbe a un servo di Dio e a un monaco pieno di devozione.  

2. E' grandemente utile per noi, e ci dà sicurezza di spirito, non ricevere molte gioie in questa vita; particolarmente gioie materiali. Comunque, è colpa nostra se non riceviamo consolazioni divine o ne proviamo raramente; perché non cerchiamo la compunzione del cuore e non respingiamo del tutto le vane consolazioni che vengono dal di fuori. Riconosci di essere indegno della consolazione divina, e meritevole piuttosto di molte sofferenze, Quando uno è pienamente compunto in se stesso, ogni cosa di questo mondo gli appare pesante e amara. L'uomo retto, ben trova motivo di pianto doloroso. Sia che rifletta su di sé o che vada pensando agli altri, egli comprende che nessuno vive quaggiù senza afflizioni; e quanto più severamente si giudica, tanto maggiormente si addolora. Sono i nostri peccati e i nostri vizi a fornire materia di giusto dolore e di profonda compunzione; peccato e vizi dai quali siamo così avvolti e schiacciati che raramente riusciamo a guardare alle cose celesti. Se il nostro pensiero andasse frequentemente alla morte, più che alla lunghezza della vita, senza dubbio ci emenderemmo con maggior fervore. Di più, se riflettessimo nel profondo del cuore alle sofferenze future dell'inferno e del purgatorio, accetteremmo certamente fatiche e dolori, e non avremmo paura di un duro giudizio. Invece queste cose non penetrano nel nostro animo; perciò restiamo attaccati alle dolci mollezze, restiamo freddi e assai pigri. Spesso, infatti, è sorta di spirituale povertà quella che facilmente invade il nostro misero corpo. Prega dunque umilmente il Signore che ti dia lo spirito di compunzione; e di', con il profeta: nutrimi, o Signore, "con il pane delle lacrime; dammi, nelle lacrime, copiosa bevanda" (Sal 79,6).