Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

IV - Come el desiderio e la contriczione del cuore satisfa a la colpa e a la pena in sé e in altrui, e come tale volta satisfa a la colpa e none a la pena.

Santa Caterina da Siena

IV - Come el desiderio e la contriczione del cuore satisfa a la colpa e a la pena in sé e in altrui, e come tale volta satisfa a la colpa e none a la pena.
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Hotti mostrato, carissima figliuola, come la colpa non si punisce in questo tempo finito per veruna pena che si sostenga, puramente pur pena. E dico che si punisce con la pena che si sostiene col desiderio, amore e contrizione del cuore: non per virtú della pena, ma per la virtú del desiderio de l’anima. Si come il desiderio e ogni virtú vale ed ha in sé vita per Cristo crocifixo unigenito mio Figliuolo in quanto l’anima ha tracto l’amore dallui e con virtú séguita le vestigie sue.

Per questo modo vagliono, e non per altro; e cosí le pene satisfanno a la colpa col dolce e unitivo amore acquistato nel cognoscimento dolce della mia bontá, e amaritudine e contrizione di cuore, cognoscendo se medesimo e le proprie colpe sue. El quale cognoscimento genera odio e dispiacimento del peccato e della propria sensualità. Unde egli si reputa degno delle pene e indegno del fructo. Si che — diceva la dolce Verità — vedi che, per la contrizione del cuore, con l’amore della vera pazienzia e con vera umilità, reputandosi degni della pena e indegni del fructo, per umilità portano con pazienzia. Si che vedi che satisfa per lo modo decto.

Tu mi chiedi pene acciò che si satisfacci a l’offese che sonno facte a me dalle mie creature, e dimandi di volere cognoscere e amare me che so’ somma Verità. Questa è la via a volere venire a perfecto cognoscimento e volere gustare me Verità etterna: che tu non esca mai del cognoscimento di te; e abbassata che tu se’ nella valle de l’umilità, e tu cognosce me in te. Del quale cognoscimento trarrai quello che t’è necessario. Neuna virtú può avere in sé vita se non dalla caritá. E l’umilità è baglia e nutrice della caritá. Nel cognoscimento di te t’aumiliarai vedendo te per te non essere, e l’essere tuo cognoscerai da me che v’ho amati prima che voi fuste; e per l’amore ineffabile che lo v’ebbi, volendovi ricreare a grazia v’ho lavati e ricreati nel sangue de l’unigenito mio Figliuolo sparto con tanto fuoco d’amore.

Questo sangue fa cognoscere la veritá a colui che s’ha levata la nuvila de l’amore proprio per lo cognoscimento di sé; ché in altro modo non la cognoscerebbe. Allora l’anima s’accenderà in questo cognoscimento di me con uno amore ineffabile; per lo quale amore sta in continua pena, non pena afiliggitiva che affligga né disecchi l’anima, anco la ingrassa; ma perché ha cognosciuta la mia veritá e la propria colpa sua e la ingratitudine e ciechità del proximo, ha pena intollerabile; e però si duole perché m’ama, ché se ella non m’amasse non si dorrebbe.

Subbito che tu e gli altri servi miei avarete, per lo modo decto, cognosciuta la mia veritá, vi converrà sostenere infine a la morte le molte tribolazioni e ingiurie e rimprovèri in decto e in facto per gloria e loda del nome mio. Si che tu portarai e patirai pene.

Tu dunque e gli altri miei servi, portate con vera pazienzia, con dolore della colpa e amore della virtú, per gloria e loda del nome mio. Facendo cosí, satisfarò le colpe tue e degli altri miei servi, si che le pene che sosterrete saranno sufficienti, per la virtú della carità, a satisfare e a remunerare in voi e in altrui. In voi ne ricevarete fructo di vita, spente le macchie delle vostre ignoranzie, e Io non mi ricordarò che voi m’offendeste mai. In altrui satisfarò per la caritá e affecto vostro, e donarò secondo la disposizione loro con la quale ricevaranno. In particulare a coloro che si dispongono umilemente e con reverenzia a ricevere la doctrina de’ servi miei, lo’ perdonarò la colpa e la pena. Come? Che per questo verranno a questo vero cognoscimento e contrizione de’ peccati loro. Si che con lo strumento de l’orazione e desiderio de’ servi miei riceveranno fructo di grazia, ricevendo essi umilemente, come decto è, e meno e piú, secondo che vorranno exercitare con virtú la grazia.

In generale, dico che per li desidèri vostri riceveranno remissione e donazione. Guarda giá che non sia tanta la loro obstinazione che eglino vogliano essere riprovati da me per disperazione, spregiando el Sangue che con tanta dolcezza gli ha ricomprati. Che frutto ricevono? El frutto è che Io gli aspetto, costretto da l’orazioni de’ servi miei, e dollo’ lume, e follo’ destare il cane della coscienzia, e follo’ sentire l’odore della virtú, e dilettargli della conversazione de’ miei servi. E alcuna volta permetto che ‘l mondo lo’ mostri quello che egli è, sentendo variate e diverse passioni acciò che cognoscano la poca fermezza del mondo e levino il desiderio a cercare la patria loro di vita etterna. E cosí per questi e molti altri modi, e’ quali l’occhio non è sufficiente a vedere né la lingua a narrare né il cuore a pensare quante sonno le vie e’ modi che Io tengo, solo per amore e per riducerli a grazia, acciò che la mia veritá sia compita in loro.

Costrecto so’ di farlo da la inextimabile caritá mia con la quale lo li creai, e da l’orazioni e desidèri e dolore de’ servi Iniei; perché non so’ spregiatore della lagrima, sudore e umile orazione loro, anco gli accepto, però che lo so’ colui che gli fo amare e dolere del danno de l’anime. Ma non lo’ dá satisfaczione di pena a questi cotali generali, ma si di colpa, perché non sonno disposti dalla parte loro a pigliare con perfetto amore l’amore mio e de’ servi miei. Né non pigliano el loro dolore con amaritudine e perfecta contrizione della colpa commessa; ma con amore e contrizione imperfecta, e però non hanno né ricevono satisfaczione di pena come gli altri, ma si di colpa; perché richiede disposizione da l’una parte e da l’altra, cioè da chi dá e da chi riceve. Perché sonno imperfecti, imperfettamente ricevono la perfeczione de’ desidèri di coloro che con pena gli offerano dinanzi da me per loro.

Perché ti dixi che ricevevano satisfaczione, e anco l’era donato. Cosí è la veritá, che per lo modo che Io t’ho decto, per li strumenti di quello che di sopra contiammo (del lume della coscienzia, e de l’altre cose), l’è satisfacto la colpa; cioè cominciandosi a ricognoscere, bomicano il fracidume de’ peccati loro, e cosí ne ricevono dono di grazia.

Questi sonno coloro che stanno nella caritá comune. Se essi hanno ricevuto per correczione quello che hanno avuto, e non hanno fatta resistenzia alla clemenzia dello Spirito sancto, ricévonne vita di grazia estendo della colpa. Ma se essi, come ignoranti, sonno ingrati e scognoscenti verso di me e verso le fadighe de’ servi miei, esso facto lo’ torna in ruina e a giudicio quello che era dato per misericordia; non per difetto della misericordia né di colui che impetrava la misericordia per lo ingrato, ma solo per la miseria e durizia sua, il quale ha posto, con la mano del libero arbitrio, in sul cuore la pietra del diamante che, se non si rompe col Sangue, non si può rompere. Anco ti dico che, non obstante la durizia sua, mentre che egli ha il tempo che può usare il libero arbitrio, chiedendo il sangue del mio Figliuolo, con essa medesima mano e pongalo sopra la durizia del cuore suo, lo spezzarà e riceverà il frutto del Sangue che è pagato per lui. Ma se egli s’indugia, passato el tempo, non ha rimedio veruno, perché non ha riportata la dota che gli fu data da me: dandoli la memoria perché ritenesse i benefizi miei, e lo ‘ntellecto perché vedesse e cognoscesse la veritá, e l’affecto perché egli amasse me, veritá etterna, la quale lo ‘ntellecto cognobbe.

Questa è la dota che io vi diei, la quale debba ritornare a me Padre. Avendola venduta e sbaractata al demonio, el demonio con esso lui ne va e portane quello che in questa vita acquistò, empiendo la memoria delle delizie e ricordamento di disonestà, superbia, avarizia e amore proprio di sé; odio e dispiacimento del proximo, perseguitatore de’ miei servi. In queste miserie obfuscano lo ‘ntellecto per la disordinata volontà; cosí ricevono, con le puzze loro, pena etternale, infinita pena, perché non satisfecero a la colpa con la contrizione e dispiacimento del peccato.

Si che hai come la pena satisfa alla colpa per la perfecta contrizione del cuore, non per le pene finite. E non tanto la colpa, ma la pena che séguita doppo la colpa, a questi che hanno questa perfeczione. E a’ generali, come decto è, satisfa a la colpa, cioè che, privati del peccato mortale, ricevono la grazia; e non avendo sufficiente contrizione e amore a satisfare a la pena, vanno alle pene del purgatorio, passati dal secondo e ultimo mezzo.

Si che vedi che satisfa per lo desiderio de l’anima unito in me, che so’ infinito Bene; poco e assai, secondo la misura del perfecto amore di colui che dá l’orazione e il desiderio e di colui che riceve. Con quella medesima misura che colui dá a me e l’altro riceve in sé, con quella l’è misurato dalla mia bontá. Si che cresce il fuoco del desiderio tuo, e non lassare punto di tempo che tu non gridi con voce umile e con continua orazione dinanzi da me per loro. Cosí dico a te e al padre de l’anima tua che Io t’ho dato in terra, che virilmente portiate, e morta sia ogni propria sensualità.