Scrutatio

Martedi, 16 aprile 2024 - Santa Bernadette Soubirous ( Letture di oggi)

Beatitudini


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Otto proclamazioni (Mt. 5, 3-10) che iniziano il discorso (v.) del monte enunciando le condizioni migliori per entrare nel Regno messianico, considerato nella doppia fase terrena e celeste. Ognuna delle otto b. è una massima rito mica che consta di due stichi: una lode al presente, cui segue un'apodosi introdotta da *** (piuttosto asseverativo, come l'ebr. ki con il senso di ***) che è la spiegazione e la giustificazione della protasi ed è costituita da una categorica promessa che pur riferendosi al futuro è attualizzata dalla fede e dalla speranza (cf. Rom. 5, 3 ss.; Hebr. 11, 1). Il Signore dichiara fin d'ora "felicissimi", fortunati coloro che seguendo Lui, pur fra le spine, avranno in cielo la loro piena ricompensa. Coloro che hanno o si acquistano le disposizioni migliori per entrare nel Regno, per accogliere cioè la sua dottrina, Gesù dichiara beati, veramente degni di lode e davvero felici.

1. Beati i poveri *** (= che son tali nell'animo). Non c'è alcun dubbio: si tratta dei veri poveri, di coloro che son privi dei beni materiali, come appare chiaramente da Lc. 6, 20- 24, dove alla tesi, per dir così, fa seguire l'antitesi: guai a voi ricchi. Il dativo ***, che fa le veci dell'accusativo di relazione (Abel, Gram. du Grec. bibl., § 43 K), specifica come non sia sufficiente l'esser povero, ma sia necessaria la accettazione volontaria di un tale stato. La povertà è come l'incastonatura; la gemma è la disposizione dell'animo che accetta dalle mani di Dio la sua miseria. Né può essere diversamente. Nel Regno dello spirito, dove non si entra senza una nuova nascita (Io. 3, 3), non c'è posto per classi, per situazioni dipendenti dalla fortuna, o comunque estrinseche all'intelletto e alla volontà.
Il Signore proclama beati i meno favoriti dalla fortuna, i quali, non cupidi della ricchezza di cui san privi, senza brame di quei piaceri che non possono procurarsi, si trovano nella condizione migliore di accettare il suo invito: chi vuol venire dietro di me, pigli la sua croce assidua e mi segua (Mt. 16, 26; Lc. 9, 23). Si trovano nella disposizione migliore di cercare altrove, nei beni dello spirito, la loro felicità.
Beati, «perché di essi è il regno dei cieli». Ad essi è destinato il regno di Dio: la Chiesa quaggiù, l'eterno gaudio nella comunità dei Santi, presso Dio.

2. Beati i miti: ***, coloro cioè che soffrono pazientemente le avversità, le ingiuste oppressioni.

3. Beati gl'infelici, gli oppressi (coloro che piangono, Lc. 6, 21; che sono colpiti dal dolore, Mt. 6, 5).
Qui la sofferenza è la cornice; il quadro è dato dalla volontà benevola che sopporta pazientemente il dolore, con gli occhi rivolti al cielo. Tutti costoro, ammaestrati dal più persuasivo e più sapiente maestro degli uomini, il dolore; conoscendo per esperienza la vana fugacità dei beni di questa terra, e la fallacia di ogni promessa, di ogni aiuto da parte dell'uomo, sono nella migliore condizione di avvicinarsi, di affidarsi unicamente a Colui che così ci invita: «Venite a me voi tutti affaticati dal lavoro e oppressi da ogni sorte di miserie ed io vi darò la riposante quiete. Prendete su di voi il mio giogo, divenite discepoli di me che sono mansueto e umile di cuore; e troverete la vostra pace, la vostra gioia; perché il mio giogo è dolce, il mio carico è leggero» (Mt. 11, 28 ss.).
Condizione necessaria, dunque, a tutti gli oppressi e sofferenti, per godere dei beni del Cristo, è che bandiscano ogni odio; imparino da Gesù la mansuetudine, cioè la virtù di trattare con carità ed umiltà anche coloro che ci fan soffrire. Solo in questo caso essi sono beati e «possederanno in diritto ereditario la terra», il regno di Dio, di cui la terra promessa del Vecchio Testamento era simbolo.

4. Beati gli affamati e gli assetati (Mt. 5, 6; Lc. 6, 21). Anche qui, non c'è dubbio, si tratta di indigenza materiale; cf. l'antitesi di Lc. 6, 25: «guai a voi, satolli». Se Mt. aggiunge «di giustizia», è per specificare e sottolineare, come nella prima b., che l'aver fame o sete non è titolo sufficiente per il Regno, quando si disprezza o si ignora il cibo dello spirito. *** = aver fame, ed egualmente «mancar di tutto». Questi affamati non sono dunque che dei poveri in condizioni particolarmente pietose. Ritorniamo pertanto alla prima b., e identico ne è il senso.

Gesù promette loro che «abbonderanno d'ogni bene», o saranno satolli, sempre nel regno di Dio, che è il suo regno. Non c'è cibo che qui tolga la fame per sempre, o bevanda che estingua una volta per tutte la nostra sete; eppure Gesù ha offerto un'acqua viva che ha tal potere (Io. 4, 13 ss.): l'adesione a Lui, la totale adesione a Lui, che ci concede la partecipazione alla vita stessa di Dio. Vita cristiana che è sostanzialmente la stessa vita beata che ha inizio appena dopo la morte e che è la continuazione della prima, sia pure in modo più perfetto e completo.

5. Beati i misericordiosi, che, ad imitazione di Gesù (Hebr. 2, 17; Col. 3, 12), partecipano, compatiscono ai dolori, alle afflizioni degli altri.

6. Beati coloro che han l'anima monda da ogni colpa; ad essi è promessa la visione di Dio (cf. Ps. 11, 7; 17, 3, 15), l'unione con Dio, la sua piena conoscenza quaggiù (Io. 17, 3) e l'eterna contemplazione in cielo (I Cor 13, 12).

7. Beati gli apportatori di pace (***), che han pace (ordine con Dio e con gli uomini) in se stessi, e la procurano agli altri.
È la missione di Gesù, degli Apostoli, in tal modo veri figli di Dio, zelatori e diffonditori della salvezza messianica.

8. Beati i perseguitati per tale causa, cioè per Gesù e il suo Regno; che saranno odiati dal mondo (Mt. 10, 16-22; Io. 15, 18.25).

«La musica delle b. è sensibile a tutti; ma ciò che essa nasconde, l'opera più sublime dell'universo, la trasformazione dell'uomo, nessuno è capace di sentirla, all'infuori di colui che l'attua in sé. Cercate prima di tutto e al di sopra di tutto il regno di Dio: i beni spirituali che lo caratterizzano, e la giustizia, la perfezione morale che Dio ha manifestata per mezzo di Gesù, e il Padre celeste vi darà in aggiunta tutto il resto, ciò che è necessario alla vita. Si tratta di un respiro celeste: i cristiani, fin dai primi secoli, han capito che il "Discorso del Monte", del quale le b. costituiscono il proemio, è la parola che viene dall'alto, la parola più celeste di quante mai siano state pronunziate al mondo» (Merezkovskij, La missione di Gesù, 42 s.).
[F. S.]

BIBL. - L. PIROT, in DBs, I, coll. 927-39: D. Buzy, S. Matthieu (La Ste Bible, ed. Pirot, 9), Parigi 1946, pp. 52-58: L. MARCHAL S. Luc (ibid . 10), 1946, p. 87 ss.: SIMON-DORADO, N.T., I, 6a ed., Torino 1944, pp. 511-27; A. ROMEO, in. Enc. Catt. It., II, coll. 1100-1107; F. SPADAFORA. Temi di Esegesi, Rovigo 1953, PP. 320-31; D. J. DUPONT, Les Béatitudes. Le problème littéraire. Le message doctrinal, Lovanio 1954; ID., Les Béatitudes. 1. Le problème littéraire, ivi. 1958: completa mutazione nelle valutazioni critiche, nei confronti con l'edizione precedente!

Autore: Mons. Francesco Spadafora
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora