Scrutatio

Giovedi, 18 aprile 2024 - San Galdino ( Letture di oggi)

Adamo


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1. Il senso delle parole.
Contrariamente a quel che è suggerito dalle traduzioni della Bibbia, il termine Adamo è estremamente diffuso e presenta una vasta gamma di significati. Quando pronunziava questa parola, l‘ebreo era ben lungi dal pensare anzitutto al primo uomo: fuori del racconto della creazione in cui l‘espressione è ambigua, Adamo non designa certamente il primo uomo se non in cinque passi (Gen 4,25; 5, 1. 3 ss; 1 Cron 1,1; Tob 8,6). Abitualmente, e giustamente, il termine è reso con uomo in genere (Giob 14, 1), la gente (Is 6, 12), qualcuno (Eccle 2, 12), «uno» (Zac 13, 5), nessuno (1 Re 8, 46; Sal 105, 14), l‘essere umano (Os 11; 4; Sal 94, 11). Il senso collettivo predomina nettamente. La stessa cosa vale per l‘espressione figli di Adamo, che non ha mai di mira un discendente dell‘individuo Adamo, ma è in parallelismo con uomo (Giob 25,6; Sal 8, 5), designa una persona (Ger 49, 18. 33; cfr. Ez 2,1.3 ...) o una collettività (Prov 8, 31; Sal 45, 3; 1 Re 8, 39. 42). Usata in opposizione a Die; l‘espressione sottolinea, come il termine «carne», la condizione mortale e debole dell‘umanità: «Jahve scruta dall‘alto dei cieli, vede tutti i figli di Adamo» (Sal 33, 13; cfr. Gen 11, 5; Sal 36, 8; Ger 32, 19). I «figli di Adamo» sono dunque gli uomini nella loro condizione terrestre. È quel che insinua l‘etimologia popolare della parola, che la fa derivare da ‘adamab=suolo: Adamo è il terrestre, colui che fu fatto dalla polvere del suolo. Questo prospetto semantico ha una portata teologica: non ci si pub accontentare di vedere nel primo Adamo un individuo tra gli altri. Lo implica il passaggio sorprendente dal singolare al plurale della frase del Dio creatore: «Facciamo Adamo a nostra immagine... ed essi dominino...» (Gen 1, 26). Qual era dunque l‘intenzione del narratore dei primi capitoli della Genesi?

2. Verso il racconto della creazione e del peccato di Adamo. - I primi tre capitoli della Genesi costituiscono come una prefazione all‘insieme del Pentateuco. Ma non hanno un‘origine unica; sono stati scritti in due tempi da due redattori successivi, il jahvista (Gen 2-3) e il sacerdotale (Gen 1).

I. ADAMO ED I FIGLI DI ADAMO

D‘altra parte è abbastanza sorprendente il constatare che la letteratura anteriore al sec. II a. C. non fa mai un esplicito riferimento a questi passi; soltanto allora, all‘origine della morte dell‘uomo, l‘Ecclesiastico denuncia la donna (Eccli 25,24) e la Sapienza il demonio (Sap 2, 24). Tuttavia questi stessi racconti condensano un‘esperienza secolare, lentamente elaborata fin da prima del sec. u, di cui si possono ritrovare alcuni elementi nella tradizione profetica e sapienziale. a) La credenza nella universalità del peccato vi si afferma sempre più; il salmista descrive in qualche modo la condizione adamitica quando dice: «peccatore mi ha concepito la madre mia» (Sal 51, 7). Altrove il peccato dell‘uomo è descritto come quello di un essere meraviglioso collocato, come un angelo, nel giardino di Dio, e decaduto per una colpa d‘orgoglio (Ez 28, 13-19; cfr. Gen 2,10-15; 3, 22 s). b) La fede nel Dio creatore e redentore non è meno viva. Come un vasaio Dio nodella l‘uomo (Ger 1, 5; Is 45, 9; cfr. Gen 2, 7), e lo fa ritornare alla polvere (Sal 90, 3; Gen 3,19). «Cos‘è dunque l‘uomo perché tu ti ricordi di lui, il figlio di Adamo perché tu te ne interessi? Lo hai reso poco da meno di Dio, coronandolo di gloria e di splendore; lo hai fatto signore delle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi» (Sal 8, 5 ss; cfr. Gen 1, 26 ss; 2, 19 s). Dopo il peccato Dio non appare soltanto come il Signore magnifico (Ez 28, 13 s; Gen 2,10- 14) che detronizza l‘orgoglioso e lo restituisce alle sue modeste origini (Ez 28, 16-19; Gen 3, 23 s), ma è pure il Dio paziente, che educa lentamente il figlio suo (Os 11, 3 s; Ez 16; cfr. Gen 2, 8 - 3, 21). Così anche i profeti hanno annunciato una fine dei tempi simile al paradiso antico (Os 2, 20; Is 11, 6-9); la morte sarà soppressa (la 25, 8; Dan 12, 2; cfr. Gen 3, 15), e persino un misterioso figlio d‘uomo di natura celeste apparirà vincitore sulle nubi (Din 7,13 s).

3. Adamo, nostro capostipite. - In funzione delle tradizioni che sono state abbozzate, ecco, a grandi linee, gli insegnamenti dei racconti della creazione. In un primo sforzo per immaginare la condizione umana, il jahvista, convinto che il capostipite include in sé tutti i suoi discendenti, annunzia a tutti gli uomini che, creato buono da Dio, l‘uomo che ha peccato dev‘essere un giorno redento. Dal canto suo il racconto sacerdotale (Gen 1) rivela che l‘uomo è creato ad immagine di Dio; poi, mediante genealogie (Gen 5; 10), mostra che tutti gli uomini formano, al di là di Israele, una unità: il genere umano.

II. IL NUOVO ADAMO

1. Verso la teologia del nuovo Adamo. - Il NT ripete che gli uomini discendono tutti da uno solo (Atti 17, 26), o che i progenitori sono il prototipo della coppia coniugale (MI 19, 4 s par.; 1 Tim 2, 13 s) che deve essere restaurata nella nuova umanità. L‘originalità del suo messaggio risiede nella presentazione di Gesù Cristo come il nuovo Adamo. Gli apocrifi avevano attirato l‘attenzione sulla ricapitolazione di tutti gli uomini peccatori in Adamo; soprattutto, Gesù stesso s‘era presentato come il figlio dell‘uomo, volendo dimostrare nello stesso tempo che apparteneva alla razza umana e che doveva compiere la profezia gloriosa di Daniele. I sinottici tracciano in modo più o meno esplicito un accostamento tra Gesù e Adamo. Marco descrive il soggiorno di Gesù con le bestie (Mc 1, 13); Matteo evoca Gen 5, 1 nel «Libro della Genesi di Gesù Cristo» (Mi 1, 1); per Luca, colui che ha trionfato della tentazione è «figlio di Adamo, figlio di Dio» (Lc 3,38), vero Adamo, che ha resistito al tentatore. Senza dubbio anche dietro un inno paolino (Fil 2,6-11) si può riconoscere un voluto contrasto tra Adamo, che cercò di impadronirsi della condizione divina, e Gesù che non la ritenne gelosamente per sé. A queste evocazioni si possono aggiungere accostamenti espliciti.

2. L’ultimo e vero Adamo. - In 1 Cor 15, 45-49, Paolo oppone con vivezza i due tipi secondo i quali noi siamo costituiti; il primo uomo, Adamo, è stato fatto anima vivente, terrestre, psichico; «l‘ultimo Adamo è uno spirito che dona la vita», perché è celeste, spirituale. Al quadro delle origini corrisponde quello della fine dei tempi, ma un abisso separa la creazione seconda dalla prima, lo spirituale dal carnale, il celeste dal terrestre. In Rom 5, 12-21, Paolo dice esplicitamente che Adamo era «la figura di colui che doveva venire». Fondandosi sulla convinzione che l‘atto del primo Adamo ebbe un effetto universale - la morte (cfr. 1 Cor 15, 21 s) -, afferma allo stesso modo l‘azione redentrice di Cristo, secondo Adamo. Ma nota nettamente le differenze: di Adamo, la disobbedienza, la condanna e la morte; di Gesù Cristo, l‘obbedienza, la giustificazione e la vita. Più ancora, con Adamo il peccato è entrato nel mondo; con Cristo, che ne è la sorgente, ha sovrabbondato la grazia. Infine l‘unione feconda di Adamo ed Eva annunciava l‘unione di Cristo e della Chiesa; questa a sua volta diventa il mistero che sta alla base del matrimonio cristiano (Ef 5, 25-33; cfr. 1 Cor 6, 16).

3. Il cristiano e i due Adami. - Figlio di Adamo per nascita e rinato in Cristo per la fede, il cristiano conserva con il primo e con l‘ultimo Adamo una relazione duratura, anche se di natura e di portata diversa. Fedele al vero significato del racconto delle origini, non adduce a propria discolpa il peccato del primo uomo, ma si rende conto che Adamo è lui stesso, con la sua fragilità, il suo peccato ed il suo dovere di svestirsi dell‘uomo vecchio, secondo la frase di Paolo (Ef 4, 22 s; Col 3, 9 s). E questo per «rivestirsi di Gesù Cristo, l‘uomo nuovo»; in tal modo l‘intero suo destino si inserisce nel dramma dei due Adami. O meglio, egli trova in Cristo l‘uomo per eccellenza: secondo il commento che Ebr 2, 5-9 fa al Sai 8, 5 ss, colui che fu provvisoriamente abbassato al di sotto degli angeli per meritare la salvezza di tutti gli uomini, ha ricevuto la gloria promessa al vero Adamo.


Autore: Join Lambert e X. Leon Dufour
Fonte: Dizionario di Teologia Biblica