Scrutatio

Martedi, 16 aprile 2024 - Santa Bernadette Soubirous ( Letture di oggi)

Uomo


font righe continue visite 706
Come per altre verità gli autori del Vecchio e del Nuovo Testamento non dànno una esposizione sistematico-filosofica dell'antropologia, ma parlano il linguaggio del loro tempo.

1. Nel Vecchio Testamento termini antropologici sono svariati:
1. Basar, oltre a designare secondo l'etimologia la "carne" o "parte molle e muscolosa del corpo", opposta alle ossa e al sangue (Gen. 2, 21; 9, 4; Iob 2, 5; Ex. 16, 8~12), denota spesso il corpo animato (elemento materiale) (Num 8, 7; Ex. 30, 32; 4, 7; Ps. 16), in opposizione alla materia inorganica ed inanimata (aphar "polvere": Gen 2, 7; Iob 28, 2-6; o più raramente homer "argilla"': Iob 4, 19;10, 9; Is. 64, 7). Solo per sineddoche è utilizzato per collettività di uomini od animali (Gen. 6, 13-17; 7, 15.21; Ps. 136, 25; Iob 34; 15) o di uomini soli (Gen. 6, 12; Is. 40; 5; Ioel 3, 1; Ps. 56, 5); Raramente è riferito all'u. fisicamente debole, in opposizione a Dio forte (Ps. 78, 39; Iob 10, 4; Ier. 17, 5).

2. Rùah (generalmente tradotto "spirito"), il cui significato fondamentale è "soffio" "vento" (120 volte nel Vecchio Testamento), denota l'alito, il respiro d'egli uomini e degli animali (Iob 9, ,18; 19, 17; Ps: 135, 17; Lam. 4, 20), e, metaforicamente; il principio vitale, partecipato con atto ispiratorio divino all'u., (Zach.12; 1; Ios 12, 10; cf. Ez. 37, 6 dove la vivificazione del popolo è descritta coi termini presi dalla vivificazione degl'individui). La rùah risiede in essi come principio delle attività vitali, in primo luogo della vita vegetativo- sensitiva; soltanto, per l'u., della vita intellettuale-religiosa. Non raramente equivale a "vita" stessa (Iob 10, 12: Ier. 51, 17). Alla rùah, come principio operativo, vengono attribuiti gli impulsi attivi ed i moti irascibili (ira: Ex. 15, 8; 23, 3; Prov 29, 11; 105. 3, l; Prov 18, 14). La spiritualità della rùah umana non è ,formulata chiaramente nel Vecchio Testamento, ma insinuata dall'attribuzione ad essa dell'attività psichica superiore, intellettuale-religiosa, dal profeta Ezechiele in poi. Si afferma per es. che il Signore darà nel tempo messianico una nuova rùah (Ez. 11, 19.; 18, 31; 36, 26; Ps. 51, 12); alla rùah salgono i pensieri (Ez. 11, 5); la rùah cerca, desidera il Signore (Is. 26, 9); è abbattuta (15. 66, 2; Prov 15, B); è umile (Prov. 16, 19; 29, 23), magnanime (Ps. 51, 14).

3. Ne'samah, oltre la sinonimia con rùah (alito: Is. 2, 22; Dan. 10, 17; Iob 4, 9; principio vitale: Iob 27, 3; I Reg. 17, 17; Is. 57, 16; Eccli. 9, 13; Gen. 2, 7; 7, 22), ha il significato proprio di "individuo", "persona" (Deut. 20, 16; Ios. 11, 11; I Reg. 15,29).

4. Néphes (generalmente tradotto con "anima"), che originariamente significava forse "gola" (accadico: napistu) poi il respiro che passa per la gola distinguendo il corpo vivo dal non vivo, è sinonimo di "vita", strettamente legata al corpo (toglier la nephes: "uccidere"; salvare la nephes: "liberare"); ed e molto comune l'uso di néphes al posto del pronome personale e riflessivo (Num. 23, 10; Lam. 3, 24; 15. 51, 23; Ps. 124, 7; ecc.). Come nesamah, designa pure, per metonimia, l'u. come individuo, persona (Gen. 46, 18.22; Prov 11, 25; Ex. 1, 5: circa 150 volte). Alla néphes, come principio operativo, vengono attribuiti infine le passioni (gaudio e dolore: Ps.· 35, 9; Prov 29, 17; Is. 61, 10), i moti concupiscibili (desideri: Deut. 14, 26; 18, 6; Ps. 41, 3; appetito: Ps. 17, 9; Eccle. 6, 2; soprattutto la fame: Prov. 6, 30; 23, 2; Ps. 107, 9; Prov 27, 7) e la cognizione intellettivo-religiosa (Ps. 139, 14; Deut. 30, 10; Prov 24, 14 ecc.).

Dalla distinzione tra rùah e néphes si è voluta affermare nel Vecchio Testamento una concezione tricotomica dell'u., come nel sistema platonico (***): a torto però, perché questi due termini si confondono nell'applicazione ai fenomeni psichici e designano entrambi il principio vitale e le inerenti attività fisico-psichiche, sebbene secondò diversi punti di vista (rùah è il principio vitale, dinamicamente procedente da Dio e sede degli impulsi attivi; néphes invece è il principio vitale staticamente ed intrinsecamente considerato fino all'individualizzazione e sede delle passioni e dei moti concupiscibili). In modo chiaro poi il Vecchio Testamento attesta che le parti costitutive dell'uomo sono soltanto due: l'elemento materiale (basar) e l'elemento superiore (rùah o néphes o nesamah) (Gen. 2, 7; 6, 3; 7,22; Lev. 17, 11; Ps. 104, 29 s.; Iob 27, 3; 33, 3 s.; Ez. 37, 3). La superiorità dell'u. sugli animali è basata sulla somiglianza dell'u. con Dio (Gen. 1, 26; 5, 1 ss.; 9, 6; Ps. 3, 6 s.; Eccli. 17, 3; Sap. 2, 23), la quale, essendo affermata a motivo dell'intelligenza e libera volontà, conduce alla superiorità umana per il possesso di un'anima spirituale, essenzialmente superiore all'anima dei bruti.

5. Nell'ultimo periodo del Vecchio Testamento si trova una nuova terminologia: si designa lo spirito vivificatore di Dio con *** (rùah) ed il principio superiore, interno dell'uomo, con *** (néphes) (2Mac. 6, 30; 7, 37; 14, 38; Sap. 4,14; 7, 27; 8, 19 ss.; 9, 15; 10, 16).

6. Il sangue umano, come quello animale, è sacro, perché sede della vita (Lev. 17, 11- 14; Deut. 12, 23) anzi la vita stessa (Lev. 17, 14; Deut. 12, 23). Qualunque sia la funzione fisiologica del sangue l'esperienza attesta che l'u. vive per tutto il tempo che pulsa il sangue e che, al contrario, egli muore quando il sangue è uscito dal corpo. Poiché la vita appartiene a Dio, è proibita la sunzione del sangue e l'omicidio (Gen. 9, 4 ss.; Lev. 3, 17; 7, 26 s.; 17, 10-14; 19, 26).

7. Gli organi dell'attività psicologica sono caratteristici: il cuore (leb, lebab) è l'organo dell'attività intellettiva, come per noi il cervello, mai nominato nella Bibbia (Deut. 29, 3; Is. 6, 10; I Reg. 3, 9; ecc . .). (Frequenti sono le espressioni: «dare e porre il cuore» - fare attenzione; «salire nel cuore» - venire in mente; «dire in Cuor Suo» - dire fra di sé, pensare). Al cuore, con minor frequenza, sono riferiti gli affetti e gli atti volitivi (inclinazione d'animo: Gen. 8, 21; Ex. 35, 21; amore: Iudc. 16, 15; odio: Lev. 19, 17; proposito della volontà: Ex. 7 passim; Iudc. 5, 16 ss.; decisione il Reg. 10, 30; 15. 63, 4; la gioia e la tristezza: 1Reg. 8, 66; Eccle. 9, 7; parlare al cuore - consolare Gen. 34, 3; Iudc. 18, 20; Is. 40, 2). I reni (kela-joth), raramente soli, designano il centro dei sentimenti interni (Iob 19,27) o pensieri (Ps. 16, 7; Ier. 12, 2); spesso menzionati insieme al cuore (Ps. 7, 10; 26, 2; 73, 21; Prov 23 16), costituiscono i centri dei fenomeni affettivi sensibili (reni) cd intellettuali (cuore).

Gli affetti più teneri di benevolenza e di misericordia hanno come centro le "viscere" (rahamim: Gen. 43, 30; 2Reg. 24, 14; Am. 1, 11; Os 2, 21) (me'im: Is. 16, 11; Ps. 40, 9; Iob 30, 27) od in modo più generico l’"interno" (qereb: Gen. 49, 6; Ps. 5, 10). II. Nel Nuovo Testamento. La concezione dell'u. è quella del Vecchio Testamento ed il linguaggio psicologico quello in uso nella versione greca dei Settanta. l. Come basar, *** ("carne") indica la parte carnea del corpo (Lc. 24, 39; Ap. 17, 16; 19, 18.21; ecc.); per sineddoche, l'intero corpo animato (Col. 2, 5; Gal. 2, 20; Phil. l, 24; Rom. 8, 3), la discendenza naturale (Rom. 1, 3; 4, 1) oppure la natura umana, l'u. (Io. 1, 14; Lc. 3, 6 ecc.), spesso con idea accessoria di debolezza fisica (1Cor. 15, 50; Gal. 1, 16; Eph. 6, 12 ecc.). Un'accezione caratteristica, frequente soprattutto in s. Paolo, è quella di natura umana moralmente debole, opposta, come sede della concupiscenza, allo spirito (Rom. 7- 8; Gal. 5; 2Cor 10, 2; Eph. 2, 3; Mt. 26, 41; Mc. 14, 38; Io. 1, 13; 2Pt. 2, 10.18). 2. Come la néphes, *** (anima), benché si opponga al corpo materiale (Mt. 10, 28; 26, 38) è per lo più in stretto rapporto col corpo e con la carne, come principio della vita sensibile (Lc. 12, 19.23; Ap. 18, 14). Così essa indica spesso la vita stessa, talvolta la persona vivente (Mc. 3, 4; Rom. 2,9 ecc.)· e può sostituire il semplice pronome riflessivo (Mt. 10, 39; cf. Lc. 9, 24s. ecc.); ed infine, non raramente, le sono attribuiti affetti e desideri anche razionali (Mt. 26, 38; Mc. 14, 34; Io. 12, 27; Lc. 1,46). 3. Oltre a ***, il Nuovo Testamento usa egualmente *** ("spirito"), come il Vecchio Testamento usava rùah assieme a néphes, però attribuisce allo "spirito" solo le attività propriamente spirituali (Mc. 2, 8; Lc. 10, 21; 2Cor 2, 11 ecc.). Lo "spirito" è considerato principio più che soggetto, salvo rare eccezioni giustificate dal contesto (Lc. l, 47; At. 17; 16; I Cor 14, 14); così il IV Vangelo afferma che l'anima di Cristo è turbata (Io. 12, 27) ma che Egli si turba nel suo Spirito (13, 21). Anziché poi sostituirsi all’"anima", lo "spirito" viene sovente nominato assieme, come due aspetti della medesima sostanza (1Ts. 5, 23; Hebr. 4, 12). Di conseguenza la concezione tricotomica del composto umano, appoggiata a torto dagli gnostici, e più tardi da Apollinare, su questi testi, è sconosciuta al Nuovo Testamento.

4. S. Paolo col termine ***, oltre all'attività intellettuale, designa di preferenza l'anima umana vivente della vita soprannaturale prodotta dallo Spirito Santo (1Cor 14-16; Gal. 6, 18; Phil. 4, 23, ecc.) e la persona stessa dello Spirito Santo in contesto trinitario. L'anima umana invece vivente secondo principi naturali è di preferenza da S. Paolo indicata col termine corrente del tempo *** unito a *** (Eph. 4, 23), oppure a lui contrapposto (1Cor. 14, 14-23), infine da solo per designare o l'intelligenza falsata del pagano (Rom. 1, 28; Eph. 4, 17; ecc.) o quella dell'uomo peccatore in lotta contro la carne ma non ancora rinnovato dal divino Spirito. (Rom. 7, 23 ss.). 5. Gli organi dell'attività psicologica sono gli stessi del Vecchio Testamento: il cuore (***) in particolare è il centro della vita sensitiva, intellettivo-volitiva e morale. Le viscere (***) sono poi il centro dei teneri sentimenti di affetto e di misericordia (Lc. 1, 78; Phil. 1, 8; 2, 1; Philem. 12).
[A. R.]

BIBL. - J. SCHWAB, Der Begriff der Néfes in den hl. Schriften des A. T., Monaco 1924: F. RUSCHE, Blut. Leben und Seele, Paderborn 1930, pp. 308-58; F. SALVONI, Il sangue nella letteratura biblica, in Medicina e Morale, 1946, pp. 311-318; BAUMGARTEL-BEHM, ***, in ThWNT, III, pp. 609-16; BEHM, ***, ivi IV, pp. 950-58; W. GUTBROD, Die paulinische Anthropologie, Stoccarda 1934; F. PRAT. La teologia di S. Paolo, II, 7a ed., Torino 1950. pp. 389-93; H. MERL-KOERNLEIN, L'homme selon l'apotre Paul, Neuchatel 1951; G. PIDOUX, L'homme dans l'Ancien Testament (Cahien Théologiques, 32), Neuchatel 1953; cf. Rivista Biblica, 4; (956) 34-42.

Autore: Sac. Armando Rolla
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora