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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Sapienza (Libro della)


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Libro didattico-poetico del Vecchio Testamento, denominato nella Bibbia greca *** e in quelle latine Liber Sapientiae o Sapientia. Si distinguono tre parti.

I. (cc. 1-5). Ammonimento a praticare la giustizia o la religione; motivo per farlo; opposizione fra la sorte finale dei buoni e dei cattivi, premio dei giusti e castigo degli empi nella vita futura.

II. (cc. 6-9). Natura della s. e beni che apporta. L'autore spiega cos'è la s., parlando a nome di Salomone, il saggio per eccellenza.

III. (cc. 10-19). Conosciamo la s. e la sua azione nelle anime: il suo ruolo nel corso della storia d'Israele, cui è contrapposta quella dei Cananei e degli Egiziani, puniti severamente da Dio (11-12). Segue un lungo studio sul politeismo; l’Idolatria è descritta nelle sue origini e nelle sue manifestazioni: animismo (13, 1-9), feticismo (13, 10-14, 11), apoteosi di uomini illustri (14, 12-21); corruzione ad essa connessa (14, 22-31) e superiorità del monoteismo ebraico (15 1.19). Il libro si chiude (16, 1-19, 22) con un nuovo paragone fra Israeliti ed Egiziani, riepilogando quanto è narrato nell'Esodo su la partenza dei primi dall'Egitto e la loro vita nel deserto.

Le tre parti si distinguono anche per i diversi aspetti sotto cui è considerato e svolto il concetto della "s.". Nella prima predomina la s. quale virtù morale, identificata quasi con la giustizia (cf. 1, 1.15; 3, 1; 5, 6); nella seconda parte oltre ad essere madre di ogni virtù (8, 7.9-10; 9, 9-18), è personificata quale attributo divino (7, 22-27); nella terza parte si insiste sul carattere oggettivo della s. come fonte di immensi beni per gli uomini.

Importantissime alcune precisazioni dottrinali, qui esplicitamente insegnate. S. Paolo nel descrivere il divin Verbo incarnato adopera espressioni e concetti di cui si serve l'autore del nostro libro per la s., attributo di Dio (Hebr. 1, 6; I Cor 2, 7-16 e Sap. 9, 11-19); così ancora nel Nuovo Testamento per la descrizione della vita eterna dei giusti (Mt. 13, 4,3 e Sap. 3, 7; Rom. 8, 18 e Sap. 3, 5; I Cor 6, 2 e Sap. 3, 8; Mt. 24, 29 s.; 25, 34 e Sap. 5, 15- 23); la conoscibilità di Dio attraverso le creature (Sap. 13, 4-9 e Rom. 1, 20), la provvidenza divina (Sap. 12, 12-15; 15, 7 e Rom. 9, 19-23), la corruzione del paganesimo (14, 22-27 e Rom. 1, 22-32).

Invano alcuni protestanti han voluto trovarvi errori provenienti dall'influsso della filosofia greca: Sap. 8, 20 non parla di preesistenza di anime, ma afferma recisa mente la superiorità dell'anima sul corpo; in Sap. 11, 17 la materia amorfa (***) non è la materia eterna, ma quella (creata: Gen. 1, 1) preesistente all'intervento ordinatore di Dio (Gen. 1, 2).

Il libro fu composto per gli Ebrei dimoranti in Egitto: le molteplici allusioni, comprensibili solo da Ebrei, alla storia dell'Esodo dall'Egitto, la descrizione dell'idolatria (si pensi alla zoolatria: Sap. 12, 24; 15, 18!), il continuo paragone fra la sorte degli Israeliti e degli Egiziani, è un indice perspicuo che il libro era diretto alla diaspora ebraica della Vallata del Nilo. Le varie allusioni (Sap. 2, 1-20; 15, 14) ad un forte pericolo di apostasia ed' uno stato di oppressione e di persecuzione degli Ebrei, fa porre la composizione del libro al tempo di Tolomeo Alessandro (106-88 a. C.) e Tolomeo Dioniso (80-52 a. C.): tra 1'88 e il 50. L'autore non è Filone (20 a. C. - 40 d. C.; cf. Girolamo, PL 28, 1307-08 e qualche moderno: Fr. Perez, B. Motzo); le dottrine e lo stile sono notevolmente diversi da quelli di Filone; né si può dire che i Romani prima di Vespasiano (70 d. C.) avessero «tiranneggiato il popolo di Dio» (Sap. 15, 14).

«È ben vero che nei cc. 7-9 l'autore parla e scrive come se fosse Salomone, re di Israele..., ma è quello un innocuo artificio letterario usato nelle antiche letterature, una specie di prosopopea, per dare al discorso più attrattiva ed efficacia» (A. Vaccari). «Non ci può esser dubbio, che il libro fu scritto primitivamente in lingua greca, la lingua usata dai Giudei in Egitto, specialmente ad Alessandria. Vi si nota, non soltanto il colore affatto greco della lingua e dello stile, ma il riflesso altresì delle scuole filosofiche e dei costumi della dotta Grecia pagana» (A. Vaccari).
[A. P - F. S.].

BIBL. – La Sacra Bibbia, 6), Torino 1938, pp. 245-344; J. WEBER, Le livre de la Sagesse (La Ste Bible, ed. Pirot-Clamer, 6), Parigi 1946, pp. 365-528.

Autore: Sac. Angelo Penna; Mons. Francesco Spadafora
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora