Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Sadducei


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Una delle principali "sette" o "gruppi", in cui appare diviso il giudaismo al principio della nostra era. Nemici naturali dei Farisei. Il nome è ravvicinato all'aggettivo saddiq (= giusto) ma esso deve derivare dal patronimico Sadoc, sommo sacerdote al tempo di Salomone (1Reg. 2, 35). Talvolta negli scritti rabbinici sono chiamati anche Boetusei dal capostipite del principale casato dei sommi sacerdoti.
Nella storia si parla la prima volta dei S. al tempo di Giovanni Ircano (cf. Flavio Giuseppe, Ant. XIII, 296 ss.), che sarebbe passato al loro partito abbandonando il fariseismo. La loro posizione fu molto influente al tempo di Alessandro Ianneo, acerrimo nemico dei Farisei, ma in genere la loro autorità, in quanto detentori del sommo sacerdozio, fiorì in modo particolare sotto l'occupazione romana. Erode il Grande li perseguitò, perché sostenitori di Aristobulo II. I S., che avevano le loro aderenze principali fra l'aristocrazia e l'alto clero, scomparvero con la catastrofe del 70, mentre i Farisei, ben visti dal popolo, si assicurarono il monopolio nella guida spirituale del giudaismo posteriore.

I S. si distinguevano per una maggiore tolleranza verso l'ellenismo e la cultura straniera in genere, manifestando anche minore avversione alla dominazione romana. Dai testi di Flavio Giuseppe, amante di ravvicinare le varie correnti giudaiche con quelle filosofiche greche, si può dedurre che i S. erano equiparati agli Epicurei. In linguaggio moderno si potrebbero chiamare con una certa elasticità "materialisti". Essi, infatti, che senza dubbio credevano all'esistenza di Dio, non ammettevano né Angeli né altri esseri spirituali (At. 23·, 8) ed inoltre negavano la risurrezione (cf. Mt. 22, 23; Mc. 12, 18; Lc. 20, 27) e l'immortalità dell'anima. La negazione di quest'ultima verità è documentata meno apertamente dalle fonti, ma essa risulta con sicurezza da varie affermazioni di Flavio Giuseppe (Bell. II, 165; Ant. XVIII, 16), dei Padri (Egesippo, Tertulliano, Filastrio, Girolamo) e di alcuni testi rabbinici Del resto tale posizione dottrina le sembra supposta in modo chiaro dal ragionamento di Gesù Cristo contro i S., quando prova la risurrezione (Mt. 22, 29-33). Secondo Flavio Giuseppe (Bell. II, 164; cf. Ant. XIII, 173) i S. avevano una concezione puramente materialistica della storia, escludendo l'intervento divino: «Essi negano del tutto il destino ed escludono che Dio faccia o guardi alcunché di male», facendo dipendere tutto dalla volontà umana. Infine fonte di frequenti contrasti con i Farisei era il loro ripudio in blocco delle tradizioni orali (Ant. XIII, 297). Ma non è provato quanto si legge in alcuni Padri (Ippolito Romano, Philosophumena IX, 29; Origene, Contra Celsum I, 49; Girolamo, In Matthaewm 22, 31), che i S. riconoscessero solo il Pentateuco come libro ispirato. Nell'interpretazione e nell'applicazione delle leggi, i S. avevano fama di essere più severi dei Farisei. Anche per questo essi erano impopolari. Fra le divergenze liturgiche è degna di rilievo quella circa l'offerta del primo manipolo delle primizie, che da non pochi esegeti è invocata per risolvere la difficoltà circa la data della Pasqua, risultante dai testi dei Vangeli sinottici e da quelli di s. Giovanni. I S. affermavano che l'offerta andava fatta il giorno successivo al "sabato" (cf. Lev. 23, 11) e non necessariamente il 16 Nisan, come volevano i Farisei, che identificavano il sabato con il giorno di Pasqua (15 Nisan). La differenza naturalmente incideva sulla data di Pentecoste fissata al cinquantesimo giorno dall'offerta del manipolo (ivi, 23, 15 s.). Si sa, però, che per evitare inconvenienti pratici i S. procuravano fraudolentemente che il 16 Nisan iniziasse la settimana, specialmente quando ciò si poteva ottenere con lo spostamento di un sol giorno del calendario. Altre piccole differenze sono segnalate anche per il rituale della festa delle Capanne e per il giorno dell'Espiazione (Kippur). In caso di coincidenza della Pasqua col sabato i S. sostenevano il principio: «La Pasqua non annulla il sabato», vietando di eseguire i riti preparatori appena incominciato il riposo sabatico al tramonto del venerdì.
[A. P.]

BIBL. - J, M. VOSTÉ, De sectis Iudaeorum tempore Christi, Roma 1929, Pp. 11-28; M. J. LAGRANGE, Le Judaisme avant Jésus-Christ, 3a ed.. Parigi 1931, pp. 56, 159- 268 ss. 301-306. 333-353 s. 419.

Autore: Sac. Angelo Penna
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora