Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Altura


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Luogo di culto o santuario, costruito su un punto elevato (ebr. bamah, plur. bamoth; Volg. excelsa); ben presto, nome generico, e in senso peggiorativo, di ogni santuario anche se costruito a valle (Ier. 7, 31), in una via o in una piazza (Ez. 16, 24.31.39). I Cananei costruivano le loro a., in luoghi solitari ed elevati, presso qualche fonte, all'ombra di un grosso albero, in mezzo ad un boschetto seducente per la riposante frescura (cf. Deut. 12, 3; e per Israele: Ez. 6, 13 ecc.); ne possedevano in gran numero (gli scavi ne han ridato molte vestigia, specie a Gezer); e vi svolgevano il loro culto comodo e sensuale ai Baal e alla dea Astarte, Aserah.

L'a. constava di un altare (v.) di pietra; di una o parecchie massebah (plur. masseboth: dal v. nasal "drizzare = pietra drizzata, cippo); grosse pietre dalla statura di un uomo e anche più (a Gezer ce ne sono alte m. 3), rozze o levigate, anche per i baci e le unzioni ricevute per secoli, disposte ad intervalli uguali, spesso in direzione nord-sud. Il numero variava: le a. di campagna probabilmente ne avevano una sola. Non è chiara la loro relazione con la divinità, se dimora o simbolo di essa. Dietro e al di sopra dell'altare stavano le stele o pietre consacrate al sole (cf. Is. 17, 8 ecc.; ebr. hammanim, solo al plur.; in ebr. il sole è anche detto hamman). Infine fissate al suolo, vicino all'altare, sorpassandolo notevolmente in altezza, si drizzavano le aserim (aserah, al sing., dal nome della dea, della quale dovevano essere simbolo o richiamar la presenza); si trattava di uno o più pezzi di legno, fatti da alberi o tronchi d'alberi - tolti i rami - appena sgrossati, scolpiti sommariamente in forma umana o con gli emblemi del sesso femminile incisi in modo più o meno rudimentale. Se mancava una sorgente si scavavano nella roccia delle cisterne per l'acqua necessaria alle abluzioni dei fedeli, alla purificazione dell'altare, ecc. Delle fosse erano destinate a ricever le ceneri e i resti dei sacrifici. Le a. maggiori possedevano alcuni edifici: un piccolo tempio o "casa del dio" (I Reg. 13, 32; II Reg. 17, 29-32 ecc.), una nicchia, un baldacchino che copriva un idolo o una pietra sacra; una sala per la cena sacrificale; dei dormitori per chi cercava dei responsi nel sogno; un guardaroba per gli abiti liturgici; camere per i preti e i ieroduli; dei ricoveri per i pellegrini, dei magazzini per il vino, l'olio, la farina, l'incenso che erano venduti a quanti venivano da lontano per sacrificare. Tutto questo complesso formava un'altura; era rinchiuso in uno spazio più o meno vasto, ritenuto sacro, e delimitato da un muro o da altro.

Molte di queste a. cananee, non distrutte al momento della conquista, nonostante l'ordine formale di Iahweh (Num. 32, 52; Deut. 12, 2·5), furono occupate dagli Ebrei, restando quasi tali e quali. Inoltre, gli Ebrei elevarono, in onore di Iahweh, dei santuari che senza dubbio rassomigliavano parecchio a quelli cananei, col loro altare, la stele, l'albero sacro; i più importanti, con la loro sala per la cena (I Sam 9, 22). Queste a., ereditate dai pagani o erette sul loro modello, perdettero talvolta abbastanza presto il significato originale.

Rimanevano i riti, gli oggetti sacri, consacrati all'uso secolare, ma era mutata la destinazione, il senso dei riti, il significato delle offerte: le forme esteriori della religione dei Baal cananei erano adoperate per il culto a Iahweh. Un po', come molti templi pagani, sono stati trasformati in chiese cristiane. Alcune a. furono così frequentate da zelanti iahwisti (Samuele a Cabaa; Salomone a Gabaon: I Sam 9, 22; 10,5; 22, 16; I Reg. 3, 4). Lo stesso frazionamento, e talvolta isolamento delle tribù minori, seguito alla discontinua occupazione di Canaan, con la conseguente difficoltà di spostarsi e concentrarsi, rendeva naturale questo moltiplicarsi di a. per il culto a Iahweh. Non era più possibile, come prima, nel deserto, adunarsi intorno all'arca (v.), unico simbolo sensibile della presenza divina. Non era possibile allora attuare il disegno di Mosè, sulla unicità del luogo di culto (Deut. 12; cf. per il deserto Lev. 17, 8 s.). Questo trasferimento delle a. cananee al culto di Iahweh costituiva un gravissimo pericolo per la purezza del iahwismo. La massa, infatti, si lasciò vincere dalla tentazione di avvicinare i Baal a Iahweh, di frequentare talvolta le a. tenute dai Cananei, di abbracciare con le forme esterne, riti e pratiche, propriamente idolatriche e condannate dalla legge (cf. Iudc. 2, 11 s.; 3, 7; 6, l; 10, 6). Era l'inizio fatale di quel lungo movimento sincretico, ora lento ora veloce, deviazione dalla religione legittima (cf. Os 9, 10; 10, l; 11, 1 ss.; 13, 5 ss.; Ier. 2, 1 ss.; Ez. 20, 28), che raggiungerà la sua perversa perfezione nell'VIII sec., prima in Samaria e poi in Giuda; e che Dio castigherà con la distruzione e l'esilio (v. Religione Popolare). Nelle a. si svolgeva allora e si svolgerà la maggior parte della pietà d'Israele, e col passar degli anni e dei secoli, Israele s'attacca sempre più fortemente ad esse. Lo stesso tempio di Salomone, con tutta la sua splendida grandezza, non staccherà il popolo dalle sue vecchie a. Lo scisma, con la politica religiosa di Ieroboam e dei suoi successori farà leva su questo secolare attaccamento (a. di Bethel, Dan, ecc.; I Reg. 14, 9; cf. ibid. 15, 14; 22, 44; II Reg. 12, 4; 14, 4; 15, 4.35); mentre si completa la trasformazione in a. idolatriche con tutte le annesse pratiche abominevoli. I profeti (Am. 5, 21-26; 7, 9; Os 2, 5- 13.16 s.; 3, 4 in Israele; gli altri in Giuda, cf. Ier. 2, 20; 3, 6.13) protesteranno energicamente contro esse, ma non saranno ascoltati. Il pio re Iosia (2 Reg. 23, 8-20; 2Par. 34,-35) le distruggerà; ma ben presto saranno ricostruite, dal fanatismo del popolo, secondato dai sacerdoti interessati a riprendere sulle proprie a., la libertà e i guadagni. Sarà necessario che lo stesso Iahweh scateni sul paese la desolazione della guerra come sapevano farla gli Assiri e i Caldei, perché le a. rovinate, seppellite nella polvere dei detriti, sperdute sotto i rovi, siano finalmente dimenticate (Ez. 6, 3-6.13; 16, 23-31. 39 ss.; 20, 28 s.).

BIBL. - L. DESNOYERS, Histoire du peuple hébreu, I, Parigi 1922, pp. 230-36.274-86; F. SPADAFORA, Ezechiele, 2a ed., Torino 1951, pp. 62 S5. 66, 81 s., 205 S.; in DAR, v. sanctuaires, achéra; A. G. BARROIS, Manuel d'archéologie biblique, II, Paris 1953, pp. 342-75; R. DE VAUX, Les institutions de l'Ancien Testament, II, Parigi 1960, pp. 107-114.

Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora