Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Ester


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Eroina da cui s'intitola l'ottavo libro degli "scritti" o agiografi del canone ebraico, quinto delle meghilloth o "rotoli" per l'uso liturgico. Il suo nome primitivo era Hadassa, derivato dal vocabolo ebraico "hadas" = mirto; E. invece è radice indoeuropea, donde l'italiano "stella" (dal latino), ed "astro" (attraverso il greco). «Di belle forme e di aspetto avvenente, alla morte dei genitori, fu adottata per figlia dal cugino Mardocheo» (Esth. 2, 7). Erano della tribù di Beniamino, del casato di Cis. La loro famiglia fu tra i deportati in Babilonia del 597. Mardocheo nacque in esilio ed ebbe il nome babilonese derivato da quello del dio Marduk.
Il libro di E., che si svolge "con la vivacità e l'interesse di un dramma'" si divide in tre parti.

I. Il re Serse (v. Assuero), ripudiata Vasti, fa cercare altra sposa; E. entra nell'harem ed è elevata a regina (a. 7 = 484 a. C.). Mardocheo, per mezzo di lei svela al re una congiura ordita contro di lui. Il potente cortigiano Aman, detto l'agaghita in relazione ad "Agazi" distretto della Media, indispettito perché Mardocheo, conosciutolo forse già come antigiudeo, gli rifiuta gli ambiti onori, ottiene un decreto che ad un dato giorno siano messi a morte tutti i Giudei, fissando con le sorti (purim) la data dello sterminio (cc. 1-3).

II. Mardocheo, che ha continuato sempre a vegliare su E., la esorta ora a presentarsi al re e ad intercedere in favore dei suoi connazionali. E., dopo avere pregato e digiunato, invita il re perché con Aman venga al banchetto da lei preparato. Aman intanto erige la forca per Mardocheo; e il re, in una notte insonne, rilegge gli annali e apprende che Mardocheo non è stato ricompensato per avergli salvato la vita; decide pertanto di esaltarlo, e proprio Aman è costretto a contribuire all'esaltazione del suo nemico. Al banchetto quindi E. svela coraggiosamente al re la sua razza e accusa Aman che è condannato a morte (c.c. 4-7).

III. Ad Aman succedono E. negli averi, Mardocheo nelle cariche. E. ottiene dal re un decreto in favore dei Giudei, i quali sono autorizzati a difendersi e a distruggere i loro nemici; cosa che fanno nel giorno che Aman aveva stabilito per la loro rovina. Mardocheo a ricordo del lieto evento istituisce la festa dei Purim (cc. 8-10). Ebbe così inizio questa annuale festa giudaica, allegra e popolarissima, 14 e 15 di 'adhar (febbr.-marzo), ricordata in 2Mach. 15, 36 come "giorno di Mardocheo".
A questa narrazione, in sé completa, del testo ebraico, la traduzione greca aggiunge, qua e là, 7 cc. (parti "deuterocanoniche", v. Canone), che s. Girolamo raggruppa in fine alla sua traduzione dall'ebraico (cc. 11-16): il sogno di Mardocheo; l'editto di morte contro i Giudei; la preghiera di Mardocheo e di E.; E. dinanzi al re; l'editto in favore dei Giudei; la spiegazione del sogno di Mardocheo.

L'appendice speciale alla redazione greca (Volg. 10, 13) dà notizia, a maniera di poscritto, che essa sarebbe stata curata da un certo Lisimaco, probabilmente un giudeo d'Egitto domiciliatosi poi in Gerusalemme. Questa redazione (traduzione o meglio rifacimento greco) fu poi portata in Egitto l'anno 40 di Tolomeo Sotere II, il quale regnò dal 117 all'81 a. C. Per la notizia letteraria e la data, questo poscritto è da paragonare col prologo dell'Ecclesiastico.
Queste parti, che non si trovano nell'attuale Bibbia ebraica, sono egualmente ispirate (cf. s. Clemente Romano, I Cor. 55; Clemente Alessandrino, Strom. 4, 19, e Concilio di Trento).

Secondo lo studio accurato di Schildenberger (Das Buch E., Bonn 1941), il greco primitivo fu un vero rifacimento, più che una libera traduzione, dell' originale ebraico. «Si può tenere come probabile che, su un comune fondo, orale o scritto, furono dapprima composti un racconto ebraico succinto ed una più ampia redazione greca; fattasi poi la traduzione greca del racconto ebraico, questa fu adottata inserendovi a suo luogo le parti eccedenti della redazione greca, cioè le sezioni deuterocanoniche. Così si ebbe l'attuale versione greca (ed. Rahlfs) per opera sembra, di Lisimaco» (A. Vaccari). L'autore del racconto ebraico di E. ha familiari la storia e i costumi persiani; ebbe tra le sue mani gli annali persiani (2, 23; 10, 2) e gli scritti di Mardocheo (9, 20). Scrisse in Persia verso il 350-300 a. C. La stessa lingua, affine a Par. e Dan. favorisce tale data di composizione.

I moderni esegeti cattolici assegnano sia l'originale ebraico sia il greco primitivo, al genere letterario della narrazione libera, o "racconto storico liberamente abbellito", concordando con molti acattolici che ammettono nel libro di E. un nucleo storico. Assuero (v.) è Serse I (485-465 a. C.), noto per la sua infelice campagna contro la Grecia; egli ebbe la sua capitale a Susa (Esth. l, 2). Le indicazioni storico-geografiche e il carattere di Serse, dati dal libro ispirato, collimano con quanto narra Erodoto VIII-IX, e han rivelato gli scavi (Missione archeologica francese, dal 1885 in poi). La capitale risulta divisa in due parti: a sinistra del fiume (l'antico Coaspe, oggi Kercha), l'acropoli o cittadella occupata dalla reggia; a destra la città abitata dal popolo: cf. Esth. 3, 15 ecc., dove è nettamente distinta la prima (ebr. bìrah), dalla seconda ( ebr. 'ir).

Nel 483 (3,0 anno di regno), convito e preparazione alla guerra contro la Grecia (1, 3 ss.; Erodoto VII, 8-17); E. nell'harem del re (2, 8); campagna greca e sconfitta (480. 4791); E. è elevata a regina (479); il re, appena rientrato, per consolarsi della sconfitta patita, più che mai si abbandonò ai piaceri e agli amori (Erodoto IX, 108-113). Strage dei Persiani nel 473. E. è detta regina; ma per entrare dal re deve attender la chiamata (2, 14; 4, 11); abita con altre nell'harem (2, 11-14); può ben dirsi regina di secondo rango o favorita, allo stesso modo di Vasti (cf. per casi simili Erodoto III, 31.67.88; VII, 2.7.64), accanto alla vera regina Amestris, di sangue regale e moglie di Serse I, solo ricordata da Erodoto (IX, 108-113).

«Altre prove della verità storica del nostro libro, sono l'esatta conoscenza degli usi persiani, la precisa descrizione del palazzo reale di Susa, confermata dai recenti scavi, la narrazione così vivace e particolareggiata, l'assenza di ogni anacronismo» (A. Vaccari). Si abbia poi soprattutto presente il genere letterario del libro.
Quanto alla strage dei Persiani, lo stesso numero dell'ebraico (70.000) non è criticamente certo: il greco (9, 16) ha solo 15.000; e si richiamino episodi simili dell' Antico Oriente (Erodoto III, 76.79; Dione Cassio, Hist. Rom. 68, 32). L'editto concedeva ai Giudei l'appoggio delle autorità locali.

Nessuna spiegazione tentata finora, all'infuori di quella offerta dal testo sacro, circa l'origine dell'antica festa giudaica e dell'etimo purìm può presentarsi con qualche fondamento, come riconosce ad es. L. Gauthier. Le tavolette di Kultepe assicurano la derivazione dell'ebraico pùr dall'assiro puru = sorti (A. Bea, in Biblica, 21 [1940] 198 s.). Nell'elenco dei dignitari alla corte di Susa, riferito da un testo cuneiforme, si trova un Marduka tesoriere, che A. Ungnad identifica a ragione col nostro Mardocheo (in ZatW, 58 [1940-41] 243 s.; 59 [1942-43] 219).

Si è esagerato talvolta parlando di sciovinismo e di odio crudele in E., definito racconto profano. È vero, il nome divino non s'incontra mai nell'ebraico, ma è Dio che «tiene la fila degli avvenimenti e li muove come dietro le quinte. Si può pensare che il santo nome di Dio fu omesso a disegno per riverenza, quando la festa di purim, nella quale soleva leggersi il libro di E., degenerò in una baldoria profana, com'è tuttora. Ma quel silenzio è abbondantemente compensato nel di più del testo greco, dove l'elemento religioso (e cf. già l'ebraico 4, 14) è messo in piena luce e domina gli avvenimenti» (A. Vaccari). Né mancano le attenuanti quanto al lato morale; i Giudei combattono i Persiani che li attaccano (8, 11) e vogliono la loro distruzione (9, 2.5.16). Nella vendetta sono inclusi i familiari, per il principio di solidarietà, allora vigente. L'autore, d'altronde, spesso narra, senz'affatto approvare, l'operato dei personaggi del suo racconto.
[F. S.]

BIBL. - F. SPADAFORA. in Enc. Catt. It., V, col. 630 55.; A. VACCARI, La S. Bibbia, III, Firenze 1948, pp. 269-301; L. SOUBIGOU, Esther (La Ste Bible, ed. Pirot-A. Clamer, 4), Parigi 1949, pp. 579-695.

Autore: Mons. Francesco Spadafora
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora