Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Pane


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Il pane, dono di Dio, è per l‘uomo una sorgente di forza (Sal 104, 14 s), un mezzo di sussistenza così essenziale Che, mancare di pane, significa mancare di tutto (Am 4, 6; cfr. Gen 28, 20); nella preghiera, che Cristo insegna ai suoi discepoli, il pane sembra quindi riassumere tutti i *doni che ci sono necessari (Lc 11, 3); più ancora, esso è stato preso come segno del maggiore dei doni (Mc 14, 22).

I. IL PANE QUOTIDIANO

1. Nella vita corrente si caratterizza una situazione dicendo il gusto che essa dà al pane. Colui che soffre e che Dio sembra abbando nare mangia un pane «di lacrime», di angoscia o «di cenere» (Sal 42,4; 80,6; 102, 10; Is 30, 20); chi è lieto lo mangia nella gioia (Eccle 9, 7). Del peccatore si dice che mangia un pane di empietà o di menzogna (Prov 4, 17) e del pigro, un pane di ozio (Prov 31, 27). D‘altra parte il pane non è soltanto un mezzo di sussistenza: è destinato ad essere diviso. Ogni *pasto suppone una riunione e quindi ima *comunione. Mangiare il pane regolarmente con uno, significa essergli *amico, quasi intimo (Sal 41, 10 = Gv 13, 18). Il dovere dell‘*ospitalità è sacro e fa del pane di ognuno il pane del viandante mandato da Dio (Gen 18, 5; Le 11, 5. 11). Soprattutto a partire dall‘*esilio, l‘accento è posto sulla necessità di condividere il proprio pane con l‘affamato: la *pietà giudaica trova qui l‘espressione migliore della carità fraterna (Prov 22,9; Ez 18,7. 16; Giob 31, 17; Is 58, 7; Tob 4, 16). Paolo, quando raccomanda ai Corinti la colletta in favore dei «santi», ricorda loro Che ogni dono viene da Dio, a cominciare dal pane (2 Cor 9, 10). Nella Chiesa cristiana, la «frazione del pane» designa infine il rito eucaristico spezzato in favore di tutti: il corpo del Signore diventa la fonte stessa dell‘unità della Chiesa (Atti 2, 42; 1 Cor 10, 17). 2. Il pane, dono di Dio- - Dio, dopo aver creato l‘uomo (Gen 1,29), e nuovamente dopo il diluvio (9, 3), gli fa conoscere ciò che può mangiare; e l‘uomo peccatore si assicurerà il necessario a prezzo di una dura fatica: «Mangerai il pane Col sudore della tua fronte» (3, 19). Da quel momento abbondanza o penuria di pane avranno valore di segno: l‘abbondanza sarà *benedizione di Dio (Sal 37,25; 132, 15; Prov 12, 11), e la penuria *castigo del peccato (Ger 5, 17; Ez 4, 16 s; Lam 1, 11; 2, 12). L‘uomo deve quindi chiedere umilmente il suo pane a Dio ed aspettarlo con fiducia. A questo riguardo i racconti di moltiplicazione dei pani sono significativi. II miracolo compiuto da Eliseo (2 Re _4, 42 ss) esprime bene la sovrabbondanza del dono divino: «Si mangerà e se ne avanzerà». L‘umile fiducia è quindi la prima lezione dei racconti evangelici; desumendo da un salmo (78, 25) la formula: «Tutti mangiarono e furono sazi» (Mt 14, 20 par.; 15, 37 par.; cfr. Gv 6, 12), essi evocano il «pane dei forti» Con cui Dio saziò il suo popolo nel deserto. In un identico contesto di pensiero Gesù ha invitato i suoi discepoli a chiedergli «il pane quotidiano» (Mt 6, 11), come figli che con fiducia attendono tutto dal loro Padre celeste (cfr. Mi 6, 25 par.). Infine il pane è il dono supremo dell‘epoca escatologica, sia per ciascuno in particolare (Is 30, 23), sia nel banchetto messianico promesso agli eletti (Ger 31, 12). I *pasti di Gesù Con i suoi erano così preludio al banchetto escatologico (Mi 11, 19 par.), e soprattutto il pasto *eucaristico in Cui il pane che Cristo dà ai suoi discepoli è il suo *corpo, vero dono di Dio (Le 22, 19).

II. IL PANE NEL CULTO

1. La legislazione sacerdotale accorda una grande importanza ai pani «di proposizione», posti nel tempio su una mensa Con i vasi destinati alle libagioni (1 Re 7, 48; 2 Cron 13, 11; cfr. Es 25, 23-30). La loro origine sembra antica (1 Sain 21, 5 ss). Forse è un riflesso dell‘antico sentimento religioso Che offriva il *nutrimento alla divinità. Per Israele, il cui Dio rifiuta ogni nutrimento (Giud 13, 16), questi pani diventano il simbolo della *comunione tra Dio ed i suoi fedeli; saranno consumati dai sacerdoti (Lev 24,5-9). 2. Il pane delle primizie faceva parte dell‘offerta presentata alla festa delle settimane (Lev 23, 17). La formula «in atto di presentazione» fa vedere che esso significa la riconoscenza del dono divino Come ogni liturgia delle *primizie (cfr. Es 23, 16. 19). Spetta naturalmente al sacerdote, rappresentante di Dio (Lev 23, 20; cfr. Ez 44, 30; Num 18, 13). Una intenzione di riconoscenza ispira pure l‘offerta del pane e del vino fatta dal resacerdote Melchisedec al Dio Creatore (Gen 14, 18 ss). 3. Già nei codici più antichi i pani azzimi accompagnano i sacrifici (Es 23, 18; 34, 25) e costituiscono il nutrimento di Israele durante la festa di primavera (23, 15; 34,18). Il fermento era escluso dalle offerte Cultuali (Lev 2, 11); forse vi si vedeva un simbolo di corruzione. In ogni caso, quando la festa agricola degli azzimi fu unita alla immolazione della *Pasqua, l‘uso del pane senza lievito fu posto in relazione Con l‘uscita dall‘Egitto: doveva ricordare la partenza affrettata che aveva impedito di far fermentare la pasta (Es 12, 8. 11. 39). Forse l‘origine del rito è semplicemente un uso della vita nomade, scomparso nella vita sedentaria in Canaan. In seguito vi è stata congiunta l‘idea di un rinnovamento: il vecchio fermento deve sparire (12, 15). S. Paolo riprende questa immagine per convincere i battezzati a vivere come uomini *nuovi (1 Cor 5,7 s). L‘uso del pane nel Culto trova il suo *compimento nell‘*eucaristia: dopo aver moltiplicato i pani con atti liturgici (Mt 14, 19 par.), Gesù durante la Cena comanda di rinnovare l‘azione mediante la quale egli fece del pane il suo corpo sacrificato ed il sacramento dell‘unità dei fedeli (1 Cor 10, 16- 22; 11, 23-26).

III. IL PANE DELLA PAROLA

Annunziando la fame della *parola di Dio, il profeta Amos (8, 11) paragona il pane alla parola (cfr. Deut 8, 3 a proposito della manna). In seguito, nella evocazione del banchetto messianico, profeti e sapienti parlano del pane che designa la parola viva di Dio (Is 55, 1 ss), la sapienza divina in persona (Prov 9, 5 s; Eccli 24, 19-22; cfr. 15, 1 ss). Anche per Gesù il pane evoca la parola divina di cui si deve vivere ogni giorno (Mt 4,4). Al desiderio del pane mangiato nel regno escatologico (Le 14, 15), Gesù risponde con la parabola degli invitati, Che ha di mira anzitutto l‘accettazione della persona e del suo messaggio. Inserendo il primo racconto della moltiplicazione dei pani in un contesto di insegnamento, sembra che Marco voglia suggerire che questi pani sono il simbolo della parola di Gesù e nello stesso tempo del suo corpo offerto (Mc 6, 30. 34): Secondo S. Giovanni, Gesù rivela il senso di questo miracolo affermando di essere il vero pane (Gv 6, 32 s). Egli si presenta anzitutto come la parola alla quale bisogna credere (6, 35-47). Poiché questa parola incarnata si offre in sacrificio, l‘adesione di fede comporterà necessariamente la comunione con questo sacrificio nel rito eucaristico (6, 4958). Alimento necessario e dono di Dio nella sua stessa materialità, il pane richiesto ogni giorno dal fedele al suo Dio può significare, con lo sviluppo della fede, la parola divina e la persona stessa del salvatore immolato, che è il vero pane del cielo, il pane di vita, vivo e vivificante (6, 32. 35. 51).

Autore: D. Sesbouè
Fonte: Dizionario teologico biblico