Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Nutrimento


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Come tutti gli esseri viventi, l‘uomo per sussistere è obbligato a nutrirsi, e questa dipendenza nei confronti del mondo è un segno essenziale della sua inconsistenza, ma è pure un appello a nutrirsi di Dio che solo ha Consistenza. Per insegnare all‘uomo che il suo vero nutrimento è, come quello del Signore, la volontà del Padre suo (Gv 4, 34), la Bibbia gli presenta gli atti della nutrizione in tre stadi diversi, quello della creazione e dell‘obbedienza, quello dell‘alleanza e della fede, quello del vangelo e della Carità.

I. DIO PROVVEDE IL NUTRIMENTO ALLE SUE CREATURE

«Io vi do ogni sorta di graminacee produttrici di semente... ogni sorta di alberi in cui vi sono frutti... A tutte le fiere della terra io do come nutrimento le erbe verdi» (Gen 1, 29 s). Dio, avendo creato l‘uomo ed avendolo fatto signore della creazione, gli dà il nutrimento, Come a tutto il mondo animale. In questa età aurea e di pace universale, nessun animale mangiava la carne dell‘altro; ma quando, dopo il diluvio, Dio «mette in potere dell‘uomo» tutti gli animali viventi perché siano suo nutrimento, usa lo stesso linguaggio: «Tutto questo vi do come già le erbe verdi» (9, 2 s). In questo linguaggio appare la dipendenza dell‘uomo nei confronti della natura senza la quale non può vivere, e nello stesso tempo la sua autonomia. L‘animale si nutre dell‘erba Che trova o della preda che insegue; l‘uomo si nutre dei frutti e delle piante che Coltiva, degli animali Che gli appartengono e Che alleva: si nutre del prodotto della sua coltura, del suo lavoro (3, 19), dell‘«opera delle sue mani» (Deut 14, 29). Si corre tuttavia il rischio di usare di questo nutrimento Con eccesso e di cadere nella golosità o nell‘ubriachezza che possono condurre alla miseria (Prov 23, 20 s; 21, 17). Viceversa, l‘uomo può utilizzarlo con egoismo e Cadere nel lusso (Am 6, 4) fino allo sfruttamento dei poveri (Prov 11, 26), dimenticando Che ogni nutrimento è dono di Dio. Se una solida tradizione sapíenziale è Capace di conservare l‘equilibrio, di riconoscere ad un tempo che «il mangiare ed il bere ed il divertimento nel lavoro» costituiscono una larga parte della felicità umana (Eccle 2, 24; 3, 13; ecc.), e che tuttavia «val più una porzione di legumi con l‘amore che un bue grasso Con l‘odio» (Prov 15, 17; cfr. 17, 1), si è perché questa tradizione, anche nello scettico e diffidente Qohelet, non dimentica mai Che «tutto ciò viene dalla mano di Dio» (Eccle 2, 24). Secondo il vangelo, la regola d‘oro è rimettersi alla Provvidenza per la cura del proprio nutrimento (Mt 6, 25-33; LC 12, 22-31). Bisogna quindi richiederlo ogni giorno al Padre celeste nella preghiera (Mi 6, 11; Lc 11, 3). A conservare la coscienza viva di essere in tal modo nutriti dalle mani di Dio hanno contribuito in modo decisivo i sacrifici e le offerte da una parte, i divieti alimentari dall‘altra. I buoni pasti, i pasti festivi si celebrano quando si è saliti al santuario per immolare un animale, per offrire le prime spighe ed i frutti più belli del raccolto (Deut 16, 1-17). La proibizione degli animali ímpuri (Lev 11), fondata sul principio «A popolo santo, cibo santo» (cfr. Deut 14,21), 787 mantiene, nella zona così importante della esistenza umana qual è il nutrimento, il rispetto della volontà sovrana di Dio.

II. DIO NUTRE IL SUO POPOLO CON LA SUA PAROLA

Con l‘alleanza, Dio si assume la responsabilità dell‘esistenza del suo popolo. La manna, venuta «dal cielo» (Es 16, 4), Cibo procurato direttamente da Dio (16, 15) e sul quale il lavoro ed i Calcoli dell‘uomo non hanno presa (16, 4 s), è il segno di questa nuova Condizione. Ma essa suppone la fede: la manna è fatta per nutrire il corpo e per nutrire la fede, per insegnare ad Israele ad attendere la sua sussistenza e la sua sopravvivenza dalla parola «che esce dalla bocca di Jahve» (Deut 8, 3; Sap 16, 26; cfr. Mi 4, 4), e procura allegria (Ger 15, 16). 1 suoi comandamenti sono più dolci del miele (Sal 19, 10 s). Non si tratta più di nutrirsi di diverse specie di frutti, ma della parola del Signore (Sap 16,26). Il profeta Ezechiele (Ez 3, 1 ss) e l‘apostolo Giovanni (Apoc 10, 8 ss), prima di trasmettere il proprio messaggio, fanno propria questa parola divina sotto il simbolo di un rotolo da svolgere. Al tempo della nuova alleanza, i cristiani continueranno a nutrirsi degli oracoli di Dio (Ebr 5, 12 ss; cfr. 1 Cor 3, 1 s; 1 Piet 2, 2) a mangiare un alimento spirituale e a dissetarsi a una roccia spirituale Che è Cristo (1 Cor 10, 3 s).

III. DIO; NUTRIMENTO DEI SUOI FIGLI

L‘uomo, essendo figlio di Dio, può fare a meno di tutti i Cibi di questo mondo e nello stesso tempo servirsi di tutti. «Uccidi e mangia!» dice a Pietro la voce dal Cielo (Atti 10, 13): il Cristiano non conosce più distinzione tra animali puri ed impuri; non è più «asservito agli elementi del mondo», ha «l‘adozione filiale» (Gal 4, 3 s) e tutto gli appartiene nell‘universo (1 Cor 3, 22), anche le Carni immolate agli idoli (8,4; 10, 26), a condizione di ricordarsi che appartiene egli stesso a Cristo, come Cristo a Dio (3, 23). Allora, qualunque Cosa egli mangi o beva, tutto è per lui fonte di ringraziamento (10, 30 s; 1 Tim 4, 3 s). Ora Cristo, per far vedere che Dio gli basta e Che il suo cibo è la volontà del Padre suo (Gv 4, 34), digiuna quaranta giorni e quaranta notti (Mt 4,1-4). Non già 788 Che egli disprezzi il cibo: mangia come i suoi discepoli (Gv 4,31), accetta gli inviti ai pasti che gli sono ricolti (Mi 11, 19), raccomanda ai suoi discepoli di prendere tutto ciò che viene loro offerto (Le 10,8); moltiplica i pani per impedire alla gente di soffrire la fame (Mt 15,32 par.). Con questo miracolo Cristo fa vedere che il Padre, protettore degli uccelli del Cielo (Mt 6,26), ha Cura ancor maggiore dei suoi figli, ma vuole soprattutto insegnare Che egli è «il pane di Dio, quello che discende dal cielo e dà la vita al mondo» (Gv 6, 32 s). Come nel discorso della montagna invitava a «non preoccuparsi del cibo» (Mi 6, 25) ed a «cercare prima il regno di Dio» (Mt 6, 33), così qui invita a cercare altra cosa che «il cibo che perisce» (Gv 6, 27; cfr. Rom 14, 17) e propone la sua carne come vero nutrimento e il suo sangue, Come vera bevanda (Gv 6, 55). L‘eucaristia, nella quale il pane della terra diventa il Corpo di Cristo, rende l‘uomo, diventato figlio di Dio, capace di nutrirsi in ogni circostanza, di Gesù Cristo, delle sue parole, dei suoi atti, della sua vita.

Autore: P.M. Galopin e J. Guillet
Fonte: Dizionario teologico biblico