Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Discrezione


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I. Il termine d. indica l'atteggiamento di riguardo nei confronti degli altri, ossia la capacità dell'uomo maturo ed equilibrato di astenersi da ogni forma di morbosa curiosità e di inopportuna invadenza.
Nel linguaggio cristiano d. indica due facoltà morali tra loro interagenti: discernimento e misura. Discernimento come attitudine a discernere il bene dal male, scelta ed attuazione di ciò che davvero è bene, « pressante ricerca della verità » (VS 61) cioè ricerca della volontà di Dio accolta con cordiale adesione perché essa è il vero bene perdell'uomo (cf Eb 5,14). Misura come equilibrio e buon senso nel mantenersi nei giusti limiti, come tatto e riservatezza nel trattare gli altri, come capacità di dosare - anche nel fare il bene - le realtà e le forze, senza sconti e senza eccessi.
Così intesa, la d. rimanda alla virtù della prudenza: discretio quae ad prudentiam pertinet.1
La d. alla luce della Sapienza divina (cf Prv 8,14; 1 Cor 2,6 7) si esplicita nel vivere in autentica libertà di cuore senza attaccamento smodato alle cose, in pazienza e forza d'animo nelle avversità senza pessimismo e durezza, controllando se stessi senza annullare la propria spontaneità.
La d. richiede armonia di tutte le forze (fisiche, psichiche, spirituali) dell'uomo e integrazione di esse nel progetto di santità di ciascuno (cf LG 40): essa è virtù insieme naturale e soprannaturale, acquisita attraverso lo sforzo umano e il dono della grazia di Dio.
Imparare la d. attraverso la pratica costante di atti di rispetto per gli altri e di vigile equilibrio di sé può rappresentare per i discepoli del Signore un vero « culto » (cf Rm 12,1 2) da rendere a Dio che, nel manifestare la sua volontà, si mostra come Colui che si possiede totalmente tanto da farsi dono per gli uomini (cf Mt 1,23), nel rispetto reale per la loro persona (cf Lc 11,28 30).

II. D. come virtù. La d. è, dunque, un atteggiamento fatto di attenta vigilanza, nel continuo discernimento su fatti e su parole, un discernimento possibile alla luce del regno di Dio che urge con il suo stile di verità e di pace, di dono di sé, quindi di pienezza di vita.
Come virtù, la d. si alimenta nell' umiltà di chi sa stare al proprio posto senza pigrizie e senza pretese, senza fughe e senza rigidità, nel riconoscimento sincero dei propri limiti e delle proprie possibilità. Inoltre, attinge a quel « santo timor di Dio » che non pretende di dettare condizioni a Dio chiedendogli cose e risposte lontane dalla sua logica e che, ad un tempo, non invade l'intimità degli altri valicandone il limite imposto da Dio stesso. La d. porta ad avere un senso di misura in tutto: nel corpo per non essere smodato, nel pensiero per non correre il rischio di « giudizi senza appello », nelle parole per non banalizzare la parola o servirsi di essa per ferire, nelle opere per non mascherare il proprio egoismo con una facciata di perbenismo, nella fede per non indagare presuntuosamente nelle vie di Dio quasi a costringere l'azione ai propri interessi.
Lo stesso « spogliamento » di Gesù assume la forma della d.: la d. nella fede sta nella fiducia obbediente di chi si abbandona con libera volontà nelle mani di Dio provvidente e buono (cf Lc 12,22 32); la d. nei rapporti umani è la capacità di saper favorire la crescita altrui, quindi di saper amare in modo giusto (cf 1 Cor 13,1 7).
La persona discreta conosce il valore di quel « silenzio presente » che sa farsi vicinanza, rispetto, intuizione e sintonia con il cuore altrui, compassione e accettazione, perdono e compagnia: se vuoi capire una persona « non ascoltare ciò che dice, ma ciò che non dice » (K. Gibran).
In fondo la d. è l'arte di saper comprendere per poter amare eo di saper amare per poter comprendere. Chi è discreto sa prevenire, sa comprendere. La d. si presenta, così, come una forma concreta e molto urgente di quella imitazione di Cristo, « mite ed umile di cuore » (Mt 11,29) cui tende il cristiano per giungere alla perfezione della carità, cioè all'incontro con il Dio vivente sperimentato nel quotidiano.

Note: 1 Tommaso d'Aquino, STh, In III Sent. 33,2.

Bibl. R. Assagioli, Armonia della vita, Roma 1977; A. Cabassut, s.v., in DSAM III, 1311 1330; D. Milella, s.v., in DES I, 814; A. Storr, L'integrazione della personalità, Roma 1969; Tommaso d'Aquino, STh II II, qq. 47 56.

Autore: G. Giuliano
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)