Scrutatio

Venerdi, 26 aprile 2024 - San Marcellino ( Letture di oggi)

Davidico Lorenzo


font righe continue visite 687
I. Vita e opere. Castellino Paolo Lorenzo De David detto Davidico, nasce nel 1513 a Castelnovetto (da qui il nome di Castellino), borgo della provincia di Pavia, in diocesi di Vercelli. Figlio di De David e di Giovanna, è avviato agli studi ecclesiastici, conseguendo la laurea in teologia e in utroque iure e divenendo sacerdote. Nel 1536 si aggrega all'Ordine dei barnabiti. Nonostante sia stimato dallo Zaccaria ( 1539) e si riveli zelante e intraprendente, è dimesso dai barnabiti nel 1547 perché considerato incorreggibile nella sua condotta gravemente difettosa. Egli, infatti, è segnato da una personalità disarmonica e ambigua. Da un lato si presenta, al dire dei contemporanei, come « omo de Dio spirituale, prete et predicatore christianissimo »,1 così da ricevere da Giulio III ( 1555) il titolo di « praedicator apostolicus » (1550) e da diventare commissario dell'Inquisizione presso il Sant'Uffizio. Dall'altro lato, attira su di sé le più infamanti accuse di menzogna, malversazioni, furti, abusi, violenza, addirittura sodomia, bestemmia, simonia, superstizione. Sono in lui evidenti una smisurata ambizione e una tenace volontà di protagonismo, che si alternano con il rigorismo ascetico e gli slanci mistici. Il suo è un temperamento ambivalente, secondo gli antichi confratelli 2 e come ebbe egli stesso a riconoscere: « Se di fora mi esercito, la vanagloria mi tende da ogni parte la rethe; se mi retiro in tutto l'accidia mi mangia ».3 Ambivalenza che si riflette sul piano fisico, alternando stagioni di attività febbrile con depressione e perfino collassi.
Lasciati i barnabiti, alla cui porta spesso tornerà a bussare, comincia per il D. un'estenuante peregrinazione che registra oltre trenta spostamenti di città in città al Nord e al Centro Italia, per terminare i suoi giorni in Vercelli, il 29 agosto 1574.
Non indugiamo su quest'aspetto della sua vita, in parte dovuto alla missione di predicatore e di inquisitore, qualifica quest'ultima che lo vede sul banco degli imputati nel 1555, quando è costretto a quattro anni di prigionia nelle carceri romane, dalle quali esce nel 1559 in seguito all'incendio del palazzo dell'Inquisizione. Egli dichiara nel memoriale difensivo del 1556: « Ho operato, confirmando secondo il talento a me dato li catholici, impugnando li heretici, eccitando li tepidi et esponendomi per la fede de Christo... a evidentissimi pericoli della vita ».4 Né diversamente rivendicherà la rettitudine del suo operato nel Testamentum spirituale del 30 luglio 1560, successivamente pubblicato in un'opera, Columba animae, del 1562 dedicata a Pio IV ( 1572). Infatti, l'attività oratoria del D., che il Boffito 5 definisce « grafomane della mistica », si riversa in una pubblicistica nutritissima, che comprende ventiquattro opere superstiti e sessanta andate perdute o rimaste inedite.6

II. Accenni di dottrina. Il D. redige in volgare le sue opere, in cui emerge il parlato della predicazione più che lo scritto di un'organica riflessione e che offre a un'ampia cerchia di lettori anche non dotti. L'urgenza della riforma si accompagna a un'implacabile denuncia della corruzione soprattutto del clero e con il martellante invito al rigore ascetico e alla pratica dell' orazione dai gradi più elementari a quelli più elevati. E costante il richiamo all'ortodossia e alla disciplina ecclesiastiche e non mancano i toni minacciosi per distogliere i peccatori dal male, ma anche gli eretici dai loro smarrimenti.

Diretto ispiratore del D. è senz'altro fra Battista da Crema, il domenicano guida spirituale di Gaetano Thiene ( 1547) e Antonio M. Zaccaria. Gli stessi contemporanei ritengono che lo spirito del Cremense si sia trasferito in lui, che ne condivide il volontarismo ascetico, l'importanza dell'intenzione, l'amore del paradosso nel presentare la dottrina teologica, l'accentuazione dei diversi gradi del vivere spirituale fino alle vette della mistica (la « quiete mentale » che immerge nella contemplazione unitiva), cui solo gli iniziati possono accedere. A questo si aggiunga la pratica di spettacolari penitenze e dell'accusa pubblica dei propri difetti, mutuata dai seguaci dello Zaccaria, per rendersi conto di come si articoli l'azione catechetica e formativa del D., nella quale, secondo il Firpo, si nasconderebbe, almeno inizialmente, la tendenza attribuita a fra Battista e ai suoi seguaci, di tendere verso un cristianesimo carismatico ed esoterico, con il pericolo di un'illusoria impeccabilità una volta raggiunti i sommi gradi della vita spirituale e il concomitante rischio di sfuggire a qualunque controllo ecclesiastico. Sta di fatto, come riconosce lo stesso Firpo, che nella vicenda del nostro personaggio si verifica quell'involuzione controriformistica che avrebbe poi assicurato tanto successo alle sue opere. In queste è martellante il richiamo al disprezzo del mondo, all'esercizio ascetico, alla pratica devozionale, alla frequentazione dell' Eucaristia, all'imitazione del Crocifisso con il conseguente ricupero della positività della sofferenza e della prova, alla docilità verso la Chiesa e al rifiuto dell'eresia.

E difficile presentare una sintesi ragionata delle opere del D., stante il carattere per lo più « orale » e occasionale della loro provenienza e stante le chiare dipendenze dalla sua fonte primaria. Quella forse che merita maggiore attenzione è l'Anatomia dei vizi, del 1550, che lo avvicina al clima riformistico respirato negli anni della frequentazione barnabitica.

Note: 1 Cit. in M. Firpo, Nel labirinto del mondo, Firenze 1992, 103; 2 « Hora se trova infatigabile et hora confuso », si legge negli Atti capitolari, cit. da Firpo, 61; 3 Ibid., 213; 4 D. Marcatto, Il processo inquisitoriale di Lorenzo Davidico (1555 1560), Firenze 1992, 60; 5 Biblioteca barnabitica, I, 574; 6 L'elenco in M. Firpo, Nel labirinto... o.c., 237 258.

Bibl. Opere: Oltre alle opere citate, si possono ricordare il Trattato circa la Comunione, Firenze 1550; Sperone de tepidi, Perugia 1552; Laberintho di pazzi, Venezia 1556; Specchio interiore, Vercelli 1571. Studi: P. Bailly, s.v., in DSAM III, 50 51; G. Boffito, Scrittori Barnabiti... Biografia, Bibliografia, I, Firenze 1933, 574 585; M. Firpo, Nel labirinto del mondo. Lorenzo Davidico tra santi, eretici, inquisitori, Firenze 1992; C. von Flüe, s.v., in DBI XXXIII, 157 160; A. Levasti, I mistici, I, Firenze 1925, 266 271; D. Marcatto, Il processo inquisitoriale di Lorenzo Davidico (1555 1560). Ed. critica, Firenze 1992; O. Premoli, s.v., in ScuCat 40 (1912), 164 187 e 282 297.

Autore: A. Gentili
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)