Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Memoria


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Se si interrogasse la Bibbia sulla memoria dell‘uomo, si potrebbe trarne alcune annotazioni psicologiche, come il ricordo di un beneficio (Gen 40, 14) o la dimenticanza dei consigli paterni (Tob 6, 16); ma ciò che qui ci interessa è il senso religioso della memoria, la sua funzione nella relazione con Dio- La Bibbia parla della memoria di Dio per l‘uomo e della memoria dell‘uomo per Dio. Ogni ricordo reciproco implica avvenimenti passati in Cui si era stati in relazione l‘uno con l‘altro; richiamando questi avvenimenti, ha per effetto di rinnovare la relazione. Tale è appunto il caso tra Dio e il suo popolo. La memoria biblica si riferisce ad incontri avvenuti nel passato, nei quali si è stabilita l‘alleanza. Ricordando questi fatti primordiali, essa rafforza l‘alleanza; porta a vivere l‘«oggi» con l‘intensità di presenza che deriva dall‘alleanza. Il ricordo qui è tanto più idoneo, in quanto si tratta di avvenimenti privilegiati che decidevano del futuro e lo contenevano in anticipo. Soltanto il fedele ricordo del passato può assicurare il buon orientamento del futuro. 1. La fioritura del ricordoa) I fatti. - Il fatto primario è la creazione, segno sempre offerto all‘uomo per ricordarsi di Dio (Eccli 42, 15 - 43, 33; Rom 1, 20 s). L‘uomo stesso è più di un segno, è immagine di Dio; perciò può ricordarsi di lui. Le successive alleanze di Dio con l‘uomo (Noè, Abramo, Mosè, David), procedettero dalla memoria di Dio: allora egli si è ricordato ed ha promesso di ricordarsi (Gen 8, 1; 9, 15 ss; Es 2, 24; 2 Sam 7), per salvare (Gen 19,29; Es 6,5). Ed il fatto salvifico che orienterà per sempre la memoria del popolo di Dio è la Pasqua (Os 13, 4 ss). b) II ricordo dei fatti. - La memoria ha molti modi di prolungare nel presente l‘efficacia del passato. In ebraico, i sensi del verbo zkr, nelle sue diverse forme, ne danno qualche idea: ricordarsi, rammentare, menzionare, ma anche conservare ed invocare, sono altrettante azioni Che svolgono una delle funzioni più importanti nella vita spirituale e nella liturgia. L’invocazione del nome è inseparabile dal ricordo della Pasqua (Es 20, 2), perché proprio rivelando il suo nome Jahve ha i.naugurato la Pasqua (Es 3), e la salvezza attuale che questa invocazione domanda (Sal 20, 8) è intesa come il rinnovamento dei prodigi antichi (Sal 77; Gioe 3). Il culto Comporta anche un aspetto di memoriale risvegliando il «ricordo della sua alleanza»; questa espressione, cara alla tradizione sacerdotale, mette chiaramente in evidenza Che Dio si ricorda del suo popolo e il popolo deve ricordarsi di Dio nei riti ciclici del culto (feste, sabato) o nei luoghi in cui si incontrano (pietra, altare, arca, tenda, tempio). Fondata sui fatti salvifici, la preghiera è necessariamente immersa nel ringraziamento, tonalità normale del ricordo dinanzi a Dio (Es 15; Sal 136). La conservazione dei ricordi è assicurata dalla trasmissione della parola, orale o scritta (Es 12, 25 ss; 17, 14), specialmente nei libri della legge (Es 34, 27; Deut 31, 19 ss). La meditazione della legge è allora nel fedele la forma Correlativa del ricordo (Detti; Gios 1, 8); quest‘attenzione vigile dà accesso alla sapienza (Prov 3, 1 ss). L’obbedienza ai comandamenti è, in definitiva, l‘espressione autentica di questo ricordo che consiste nel «Custodire le vie di Jahve» (Sai 119; Sap 6, 18; Is 26, 8). 2. Il dramma della dimenticanza. - Ma proprio qui la memoria dell‘uomo si rivela debole, mentre Dio non dimentica né la sua parola, né il suo nome (Ger 1, 12; Ez 20, 14). Nonostante Che il Deuteronomio metta in guardia (Deut 4, 9; 8, 11; 9, 7): «Guardati dal dimenticare Jahve tuo Dio..., ricordati...», il popolo dimentica il suo Dio ed ecco il suo peccato (Giud 8,34; Ger 2,13; Os 2,15). Allora Dio, secondo la logica dell‘amore, sembra dimenticare la sposa infedele, sventura Che la dovrebbe far ritornare (Os 4, 6; Mi 3,4; Ger 14, 9). Di fatto, ogni miseria dovrebbe ravvivare nell‘uomo il ricordo di Dio (2 Cron 15, 2 ss; Os 2, 9; 5, 15). Vi si aggiunge la predicazione profetica, che è un lungo «richiamo» (Mi 6, 3 ss; Ger 13, 22-25) destinato a rimettere il cuore dell‘uomo nello stato di ricettività in cui Dio può realizzare la sua Pasqua (Ez 16, 63; Deut 8, 2 ss).Il pentimento, oltre che ricordo delle colpe, è appello alla memoria di Dio (Ez 16, 61 ss; Neem 1, 7 ss), e, nel perdono, Dio, la cui memoria è quella dell‘amore, si ricorda dell‘alleanza (1 Re 21, 29; Ger 31,20) e dimentica il peccato (Ger 31, 34). 3. Dal ricordo all‘attesa- - Ed ecco il paradosso: la Pasqua, passata, è ancora futura. Il popolo si ricorda di tutto ciò che Jahve ha fatto per lui: il passato prova la fedeltà di Dio. Ma il presente è deludente. Nel futuro quindi, in un «tempo che verrà» si adempiranno le promesse già parzialmente realizzate. Fedeltà e delusione aprono la coscienza del popolo di Dio alla prospettiva degli «ultimi tempi» decisivi. Questa percezione vivissima del futuro attraverso il passato caratterizza la memoria del popolo dopo il ritorno dall‘esilio; c‘è qui una specie di mutamento. Il ricordo diventa attesa, e la memoria sfocia nell‘immaginazione apocalittica. Il caso tipico è quello di Ezechiele (40 - 48), seguito da Zaccaria, Daniele, il quarto evangelista e l‘autore dell‘Apocalisse. Dal punto di vista della comunità, il passato glorioso costituisce, in mezzo alla miseria presente, il segno della liberazione (Is 63,15-64,11; Sal 77; 79; 80; 89). Dal punto di vista personale, il povero, in apparenza dimenticato da Dio (Sai 10, 12; 13, 2), deve sapere che è tuttavia presente al suo amore (Is 66, 2; Sal 9, 19). La prova ravviva la memoria (1 Mac 2, 51; Bar 4, 27), e ciò per prepararla al nuovo evento (Is 43,18s). 4. Dalla presenza la trasparenza. a) Quando «Jahve è presente» (Ez 48,35; Mt 1, 23), la memoria coincide Con il presente, ed è il compimento. Il ricordo delle promesse e dell‘alleanza passa all‘atto nell‘evento di Cristo che ricapitola il tempo (2 Cor 1, 20; Lc 1, 54. 72). In lui si risolve il dramma delle due dimenticanze con il ritorno dell‘uomo ed il perdono di Dio (Col 3, 13). Poiché, in Cristo, Dio è 11 a ricordarsi dell‘uomo, l‘uomo non deve più cercare Dio nel passato, ma oggi, in Cristo (Gv 14, 6 s; 2 Cor 5,16s). Gesù Cristo, infatti, è l‘uomo definitivamente presente a Dio, e Dio definitivamente presente all‘uomo. Il Cristo- sacerdote ci fa accedere al Padre (Ef 2, 18; Ebr 10, 19) e il suo Spirito ci mette in comunione con lui (Rom 8, 15-16. 26-27). b) Ma il tempo non è ancora consumato e se Dio è ormai presente in un‘alleanza nuova ed eterna, l‘uomo è spesso assente per il suo Dio ed ha bisogno di ricordarsi. Per questo Spirito «richiama» il mistero di Cristo, non come un libro, ma nell‘attualità personale della parola vivente: la tradizione (Gv 14, 26; 16, 13). Lo Spirito realizza il mistero di Cristo nel suo Corpo, non come un semplice memoriale, ma nell‘attualità sacramentale di questo corpo ad un tempo risorto e presente al mondo (LC 22,19 s; 1 Cor 11, 24 ss): la liturgia. Questa «ri- presentazione» della Pasqua, proprio come nel VT, è ordinata all‘azione, alla vita: la memoria cristiana consiste nel «custodire le vie di Jahve», nel Conservare il testamento del Signore, cioè nel rimanere nell‘amore (Gv 13, 34; 15, 10 ss; 1 Gv 3, 24). Infine, ultimo accordo della memoria dell‘uomo con quella di Dio, quanto più lo Spirito compenetra la vita del Cristiano, tanto più lo rende vigilante, attento ai «segni dei tempi», testimone che lascia trasparire la presenza attiva del Signore e rivela l‘approssimarsi del suo avvento (Apoc 3, 3; Fil 3, 13 s; 1 Tess 5,1-10).

Autore: J. Corron
Fonte: Dizionario teologico biblico