Scrutatio

Sabato, 27 aprile 2024 - Santa Zita ( Letture di oggi)

Cavalca Domenico


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I. Vita e opere. Nasce a Vico Pisano intorno al 1270. Si sa molto poco della sua giovinezza e dei suoi studi. Entra quindicenne nel convento domenicano di S. Caterina Martire in Pisa, dove riceve una solida formazione spirituale e culturale. In quel convento, il C. trascorre tutta la sua esistenza interamente dedito alle lettere e ad un fervido apostolato in favore dei poveri, dei carcerati e specialmente degli infermi languenti negli ospedali, che soccorre meritando l'appellativo di « Domenico l'ospedaliero ». Particolari cure egli rivolge ad alcuni monasteri femminili, tra cui quelli di S. Anna al Renaio e della Misericordia. Fonda, nel 1342, il monastero di S. Maria per accogliervi le donne traviate pentite, molte delle quali convertite dalla sua efficace opera di persuasione. Religioso austero, ricercato e abile predicatore, nonché sereno direttore spirituale, C. si spegne nell'ottobre 1342.
Oltre che alla fama di santità, per cui è stato onorato del titolo di beato dal culto popolare, il nome di C. è affidato soprattutto alla sua vasta produzione letteraria, comprendente soprattutto opere ascetiche e mistiche, che lo collocano non solo tra i più fini scrittori religiosi della prima metà del Trecento, ma anche tra i padri della prosa italiana, apprezzato per la compostezza e la vivacità del suo stile.
E autore di un libero adattamento dal latino delle Vite dei Santi Padri, degli Atti degli Apostoli, come anche del Dialogo di s. Gregorio Magno.
Opere più strettamente spirituali dell'autore domenicano, derivate quasi tutte dalla Summa virtutum ac vitiorum del confratello francese Guglielmo Peyraut,1 per alcune delle quali non è ormai più in discussione la paternità messa talora in dubbio,2 sono nell'ordine di elaborazione: 1. Specchio della Croce, l'opera decisamente più originale del C. e più densa di misticismo in cui vuol dimostrare come Cristo crocifisso presenti ogni sua perfezione in contrapposizione a ogni umano difetto. Il trattato è corredato da dodici sonetti che sintetizzano o riassumono l'argomento svolto; 2. Medicina del cuore, ovvero Trattato della pazienza, in due libri, dedicato il primo all'ira e il secondo alla pazienza; 3. Specchio dei peccati, un manuale per confessori, redatto sulla falsariga di simili trattati provenzali; 4. Pungilingua, contro i peccati della lingua, quelli ovvero che si possono commettere parlando; 5. Frutti della lingua in cui vengono esaltati i pregi della lingua allorché è impiegata per pregare o a fin di bene e ne sono rappresentati i guai se usata invece nella maldicenza; 6. Disciplina degli spirituali, dove il C. procede ad una severa disamina dei vizi che si possono riscontrare nelle persone spirituali « più di vista che di fatti »; 7. Trattato delle trenta stoltizie.
La maggiore diffusione delle opere cavalchiane si registra nel Quattrocento, trovando poi una notevole reviviscenza nel sec. XVIII, attestata dalle due particolari edizioni di D.M. Manni limitatamente alle Vite dei Santi Padri (Firenze 1731 35), e di G. Bottari di quasi tutti gli altri lavori dello scrittore domenicano (Roma 1738 64).

II. Dottrina spirituale. C. pone a fondamento della vita ascetica il mistero della croce come rivelazione dell'amore di Cristo e stimolo a rispondere a tale amore. « Per la croce » si può pervenire al vero « conoscimento di Dio e di noi », perché siamo impregnati di amor proprio e dominati dalle passioni. La vita spirituale, infatti, è considerata un'impresa cavalleresca in cui il cristiano è chiamato a combattere le sue passioni e i suoi vizi. Per vincere occorrono le mortificazioni, ma senza esagerazioni perché la perfezione non consiste nella mortificazione, bensì nell'amore. Per crescere nell'amore è utile la « memoria » della passione del Cristo che ravviva le virtù teologali e apre all'azione dello Spirito con i suoi doni. Questi induce a praticare le opere di misericordia e colloca l'anima sulla via delle beatitudini evangeliche.
C. ignora gli sviluppi mistici della preghiera contemplativa, perciò insiste sulla preghiera di adorazione perché, a suo avviso, la vita attiva deve precedere e aiutare la contemplazione successiva.

Note: 1 Cf al riguardo A. Zacchi, Di Fra Domenico Cavalca e delle sue opere, in MDom 37 (1920), 272 281, 308 320, 431 439; 2 Cf G. Volpi, La questione del Cavalca, in Archivio storico italiano, ser. V, 36 (1905), 302 318.

Bibl. I. Colosio, s.v., in DSAM II, 373 374; C. Delcorno, s.v. in DizBiogr XXII, 577 586, con tutta la bibliografia precedente; I.P. Grossi, s.v., in DES I, 490 491; A Levasti, Mistici del Duecento e del Trecento, Milano 1935, 1001 1003; Id., Fra Domenico Cavalca, in MDom 66 (1949), 330 343; T. Taddei, s.v., in EC III, 1193 1194.

Autore: N. Del Re
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)