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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Bosco Giovanni (San)


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I. Cenni biografici. B. nasce in una borgata presso Castelnuovo Asti, ora Castelnuovo Don Bosco, il 16 agosto 1815 da una famiglia di povera gente, dedita al lavoro dei campi. A due anni rimane orfano di padre; cresce, pertanto, sotto le premurose cure della madre Margherita Occhiena, illetterata, ma donna di fede, vera educatrice dei figli nella pietà e nel lavoro. Giovanni inizia gli studi piuttosto tardi, ma riesce, grazie alla vivacità dell'ingegno e ad una prodigiosa memoria, a guadagnare il tempo perduto. Entrato nel seminario di Chieri nel 1835, è ordinato sacerdote nel giugno del 1841. Perfeziona i corsi di teologia morale per un triennio al convitto ecclesiastico di Torino, sotto la guida del Cafasso ( 1860).
La sua vocazione è orientata decisamente verso l'educazione dei giovani: l'esperienza iniziale, a contatto con la gioventù reclusa nelle carceri della Generala di Torino, lo stimola ad adoperarsi per prevenire tali devianze sociali. Crea, così, l'Oratorio domenicale (1841 1844) a Valdocco. Tra gli stessi giovani trova l'elemento adatto per attuare il suo programma di risanamento morale della città, avviata già a forma di industrializzazione accentuata. Dà origine alla Congregazione che prende il nome, come l'oratorio, di s. Francesco di Sales. Tra mille difficoltà, riesce ad incrementare il complesso delle opere, soprattutto con la protezione del Pontefice Pio IX ( 1878), estendendo il suo raggio d'attività anche alle missioni (1875). Con la collaborazione di s. Maria Domenica Mazzarello ( 1881) fonda l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1872) per estendere l'opera di educazione morale e religiosa anche in campo femminile. Crea, poi, l'associazione dei Cooperatori salesiani (1875) usufruendo, in tal modo, delle forze di un incipiente laicato cattolico. Devoto a Maria SS.ma e al S. Cuore, con immenso dispendio di energie fisiche e morali, riesce a costruire la basilica di Maria Ausiliatrice in Torino (1868) e il Tempio del S. Cuore al Castro Pretorio in Roma (1887).
Chiude la laboriosa giornata al servizio della Chiesa il 31 gennaio 1888.

II. L'esperienza mistica nella vita e negli scritti. 1. Nella vita. Il primo art. delle Costituzioni salesiane ha un incipit emblematico: definisce la Congregazione, ideata da B., un'opera più divina che umana, nata non tanto da progetto di uomo, quanto piuttosto per iniziativa di Dio. E questa una premessa d'intonazione mistica: l'ispirazione e l'aiuto provengono dall'alto. Don B. con la creazione della Congregazione si colloca nell'ambito della Chiesa come uno strumento della Provvidenza nell'intento di contribuire alla salvezza dei giovani. Ne è un chiaro indizio quel sogno premonitore avuto a nove o dieci anni, da lui stesso raccontato anche nelle Memorie dell'Oratorio di San Francesco di Sales (1875), su invito del Pontefice Pio IX (cf Memorie Biografiche (= MB), I, 123 4).
Nella visione gli viene assegnato dal personaggio misterioso - rivelatosi come il divin Salvatore - il suo campo d'azione: impresa difficile, ma realizzabile mediante l'aiuto della Vergine Maria. Da quel giorno, la Madonna diventa per lui la guida e la maestra: la presenza di Maria si manifesta nei modi più singolari e strepitosi nell'ambito della sua vita e del suo operato. Solo e sempre a lei don B. attribuisce ogni opera, l'esito felice di ogni tentativo: grande la fiducia nel potente e tempestivo suo intervento. La Madonna gli è accanto in ogni situazione: è chiamata la Madonna di don Bosco. All'Oratorio si cresce sotto la sua protezione, come si vive all'ombra del Santuario a lei dedicato.
All'educatore, ritenuto l'uomo di Dio per eccellenza, il Signore - quasi a convalida della sua missione intrapresa - vorrà affidare un buon numero di ragazzetti santi: piccoli veggenti che si costituiscono messaggeri della Vergine Santa, anime eucaristiche che rimangono estasiate dinanzi al tabernacolo, come Domenico Savio ( 1857), il quale resterà per sette ore in estasi, in rendimento di grazie per la Comunione del mattino. All'oratorio si vive in un clima di pietà e di grazia attraverso la frequenza dei sacramenti e il fervore delle pratiche religiose. La spiegazione di tutto questo apporto di serenità viene facilmente indicata e riscoperta in don B. stesso, fedele interprete della volontà di Dio, docile all'azione dello Spirito del Signore. Tra i doni e i frutti dello Spirito emergono in lui quelli del consiglio e dell'amorevolezza: dotato del carisma del discernimento degli spiriti, penetra i cuori e le coscienze; facilmente interpreta il futuro a favore di quanti richiedono la sua opera di ministro del Signore.
In un'attività così instancabile tutto in don B. si trasforma in preghiera: il soprannaturale traspare da ogni sua parola e da tutta la sua persona.1 2. Negli scritti. Don B., più che uno scrittore nel senso pieno della parola, è stato un intelligente divulgatore: « un bravo servo della penna » (A. Auffray). Una tendenza, quindi, più pragmatica che teorica, protesa a cogliere il dato concreto più che a preoccuparsi di strutture o di stesura di programmi in modo sistematico. Mediante le Letture Cattoliche e le Vite o cenni biografici di giovinetti santi, egli pensa di presentare la pratica cristiana nel modo più semplice e realizzabile. Nessuna trattazione specifica ascetico mistica, ma, ispirandosi alla dottrina di s. Francesco di Sales, ritiene la santità condizione per tutti, a qualsiasi età essi appartengano.
Ripete: « Fermiamoci alle cose facili, ma queste siano fatte con perseveranza » (MB VI, 9); « Vi voglio insegnare a farvi santi e beato chi incomincia a donarsi al Signore sin dalla sua fanciullezza » (Ibid. VIII, 941). Detta consigli per tutti i giovani in forma chiara nelle « Buone notti »: « E volontà di Dio che ci facciamo santi, è facile farsi santi e un gran premio è riservato a chi si fa santo » (Ibid. V, 209).
Sul piano ascetico mistico, questa è la tattica insegnata e usata da don B.: essere allegri (in grazia di Dio) per compiere il proprio dovere con costanza. Sempre alla scuola del santo vescovo di Ginevra, don B. traduce in forma concreta il concetto di « estasi della vita o orazione vitale » nella pratica dell'unione con Dio, anche lavorando: tutto per la maggior gloria di Dio nella retta intenzione e mediante l'uso continuato delle giaculatorie. Ne deriva il cosiddetto « lavoro santificato » che otterrà, in seguito, oltre l'approvazione, anche la formula indulgenziata da parte di Pio XI.
Negli scritti don B. ricorre di frequente alle pie esortazioni; emblematicamente egli considera se stesso il sarto, il giovane la stoffa: l'intento è quello di poter fare un bell'abito da regalare al Signore (cf Ibid. V, 122 124). Don B. è, in effetti, il creatore della santità giovanile: una mistica la sua a misura di giovane. Ripete: « Tutto io darei per guadagnare il cuore dei giovani, e così poterli regalare al Signore » (Ibid. VII, 250). Ed ancora umilmente riconosce: « Se io mettessi tanta sollecitudine per il bene dell'anima mia come ne metto per il bene delle anime altrui, potrei essere sicuro di salvarmi » (Ibid. VII, 250). Negli ultimi anni, questi richiami o insegnamenti sembravano assumere delle connotazioni singolari di fedele testimonianza, fortemente assorto in Dio, come risulta dal suo Testamento spirituale (1875): « Gesù Cristo è il nostro vero superiore: egli sarà sempre nostro Maestro, nostra guida, nostro modello ». « Quando, per le forze affrante, la vivezza dei sentimenti prende il sopravvento, egli celebrando ora si intenerisce visibilmente in tutto il suo essere, ora appare come pervaso da un sacro tremito, soprattutto nell'istante dell'elevazione ».2 Parla con la vita: talora può essere sorpreso « seduto allo scrittoio, con la persona eretta, con le mani giunte in atteggiamento di grande dolcezza, tutto assorto nella considerazione delle cose celesti ». « Una vita mistica, noi diremo sull'autorità di insigni maestri, da percezione immediata, amorosa del mondo della fede, in particolare della presenza eminentemente attiva di Dio nell'anima »3
Don B. appare sempre invaso dal mistero di Dio: teoria e pratica sono fuse, poiché i veri mistici sono persone di pratica e di azione: le opere da essi fondate sono vitali e durevoli, sfidano i secoli.

Note: 1 Mons. Tasso in Positio super virtutibus, 417 par. 384; 2 Ibid., 972, par. 1; 3 E. Ceria, Don Bosco con Dio, Colle Don Bosco (AT) 1952, 281 283.

Bibl. Opere: G. Bosco, Memorie dell'oratorio di s. Francesco di Sales dal 1815 al 1875 (cura di E. Ceria), Torino 1946; G.B. Lemoyne - A. Amadei - E. Ceria, Memorie biografiche di don Bosco, 19 voll., S. Benigno Canavese (TO) 1898 1939; E. Ceria (cura di), Epistolario di Don Bosco, 4 voll., Torino 1955 1959; Opere edite (ristampa anastatica), 37 voll., Roma 1976. Studi: Aa.Vv., Don Bosco nella storia della cultura popolare, Torino 1987; Aa.Vv., Don Bosco a servizio dell'umanità. Studi e testimonianze, Roma 1989; A. Ballestrero, Prete per i giovani, Torino 1987; G. von Brockhusen, s.v. in WMy, 69; F. Desramaut, s.v., in DSAM VIII, 291 303; A. Pedrini, s.v., in DES II, 1132 1144; Id., San Francesco di Sales e don Bosco, Roma 1986; Id., Don Bosco guida spirituale dei giovani. In margine al I volume dell'Epistolario (in edizione critica), in RivAM 61 (1992), 190 208; Id., La « scientia crucis » nel pensiero e nella prassi pastorale di s. Giovanni Bosco, in Aa.Vv., La croce di Cristo unica speranza, Roma 1996, 551 563.

Autore: A. Pedrini
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)