Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Bona Giovanni


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I. Vita e opere. Nato a Mondovì (CN) il 10 ottobre 1609 da Giovanni Battista, appartenente alla nobile famiglia delfinate dei Bonne de Landisguières e da Laura Zugano, di umili origini, B. si sente ben presto chiamato alla vita religiosa, ottenendo pertanto di essere accolto quindicenne nella Congregazione cistercense di S. Bernardo, dove pronuncia i voti il 2 agosto 1626, prendendo il nome di Giovanni di S. Caterina.
Compiuti gli studi filosofici ad Asti, si reca a Roma nel 1633 per studiare teologia, e riceve, nello stesso anno, l'ordinazione sacra. Professore di teologia nel 1636 al santuario di Mondovì, viene quindi destinato al monastero di S. Andrea in Torino, dove rimane finché non è nominato priore ad Asti (1643), divenendo successivamente abate di Vico (1647) ed infine abate generale del suo Ordine nel 1651. Trasferito a Roma, pubblica un trattato sull'Ufficio divino Psallentis Ecclesiae harmonia (1633), completato in una nuova edizione uscita nel 1663 a Parigi con il diverso titolo di De divina psalmodia. Nello stesso periodo esercita anche impegnative funzioni presso la Curia Romana in qualità di membro o consultore di talune Congregazioni cui rende, peraltro, segnalati servizi con la sua profonda dottrina in materia storica, teologica, liturgica ed agiografica, che attira su di sé l'ammirata attenzione di molti eminenti eruditi del suo tempo con i quali ha relazioni di amicizia e di cultura.
Declinata l'offerta del vescovato di Asti, auspice il duca Carlo Emanuele II di Savoia, deve tuttavia accettare la porpora cardinalizia conferitagli il 29 novembre 1669 da Clemente IX ( 1669), alla morte del quale il B. è uno dei papabili, tanta è la stima di cui gode per la sua bontà e santità di vita. Appartiene agli anni del cardinalato la pubblicazione, tra l'altro, del suo capolavoro scientifico Rerum liturgicarum libri duo (Roma 1671 e più volte ristampato in seguito), in cui tratta esclusivamente della Messa, studiata nella sua storia e nei suoi riti, opera che suscita, nondimeno, accese polemiche per la novità di talune tesi. Sta attendendo alla revisione finale del trattato De preparatione ad mortem quando cessa di vivere dopo breve malattia, il 28 ottobre 1674 in Roma, dove viene sepolto nella chiesa di S. Bernardo alle Terme. Scrittore soprattutto di spiritualità e rigorista, il B. è ingiustamente accusato di filogiansenismo, per una certa avversione da parte sua per gli antigiansenisti, di cui condanna gli eccessi.
Delle numerose opere ascetiche, liturgiche e teologiche da lui lasciate, ben diciannove (comprese le tre succitate) sono quelle edite, in vita e postume, ultima delle quali l'Hortus caelestium deliciarum, pubblicato nel 1918 da M. Vattasso nella collana Studi e testi (n. 32) della Biblioteca Apostolica Vaticana. Alcune di tali opere, divenute ormai classiche nel loro genere, sono state più volte ristampate e tradotte in varie lingue. Tra queste vanno segnalate: Manuductio ad coelum (Roma 1658), De sacrificio Missae (1668), De discretione spirituum (1672), Principia et documenta vitae christianae (1674), Cursus vitae spiritualis (1674), pregevole trattato di teologia ascetica pubblicato, tuttavia, sotto il nome del suo confratello Carlo Giuseppe Morozzo, Horologium asceticum (Parigi 1676), Analecta liturgico sacra, pubblicati dal p. Roberto Sala in appendice alle Epistolae selectae (Torino 1755) del B. Si hanno anche varie edizioni di Opera omnia, curate in Italia e fuori, da quelle di Parigi del 167778, Anversa e Colonia a quelle di Torino del 1747 e Venezia del 1752 e 1764. Rimangono nondimeno inedite altre dodici opere, poesie e numerose lettere, conservate tutte nella Biblioteca Vaticana.

II. Dottrina spirituale. Le opere del B. evidenziano una personalità tipica del suo tempo. Egli si presenta come un monaco molto legato alla spiritualità tradizionale che vive in prima persona, prima ancora di insegnarla agli altri. Maestro di vita ascetica, più che di mistica, egli insiste sul distacco progressivo da ogni attaccamento naturale o spirituale e soprattutto su una crescente purificazione interiore per raggiungere l'unione con Dio. Egli insegna che non si può vivere in pienezza la carità se non si dominano prima le passioni. Solo un'ascesi rigorosa può condurre all'acquisizione della carità, alimentata dall'uso frequente di giaculatorie, espressione di una profonda vita di orazione. L'unione con Dio, infatti, è non solo dono, ma frutto di una vita di ascesi e di orazione.

Bibl. E. Baccetti, s.v., in DES I, 374 375; J. M. Canivez, s.v., in DSAM I, 1762 1766; L. Ceyssens, s.v., in DizBiogr XI, 442 445, con bibl.; G.B. Francesia, Il principe degli asceti del sec. XVI, Torino 1910; A. Lerda, Notizie e curiosità nelle lettere private del monregalese Bona, in Bollettino della Società per gli Studi Storici, 91 (Cuneo 1984), 175 180; G.B. Ressia, Il card. Bona maestro di vita cristiana, Mondovì (CN) 1910.

Autore: N. Del Re
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)