Scrutatio

Martedi, 23 aprile 2024 - San Giorgio ( Letture di oggi)

Manna


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La manna è il cibo che Dio diede ad Israele durante la marcia nel deserto (Gios 5, 12); l‘importante non è tanto definirne la natura quanto Coglierne il valore simbolico; l‘interpretazione del suo nome: «Che è questo?» (ebr. man hú: Es 16,15) ne sottolinea il carattere misterioso: di fatto Dio vuole provare il suo popolo, pur facendolo sussistere (16,4.28). Questo dono meraviglioso ha suscitato nella tradizione numerosi commenti, di cui sono testimonianza i racconti del Pentateuco (Es 16; Num 11, 4-9), i Salmi ed il libro della Sapienza (Sap 16, 20-29); ha preparato in tal modo la rivelazione del vero pane del cielo, di Cui era l‘annunzio e la figura (Gv 6, 21 s)- 1. La manna e la prova del deserto. - Di fronte alla condizione precaria in cui si trova nel deserto, il popolo incredulo intima a Dio di agire: «Jahve è in mezzo a noi, oppure no?» (Es 17, 7); Dio gli risponde manife stando la sua gloria, tra l‘altro, con il dono della manna (16, 7. 10 ss). La manna, a sua volta, è una questione che Dio pone al suo popolo per educarlo mettendolo alla prova: «Riconoscerete finalmente che io sono il vostro Dio, Conformandovi ai miei ordini?» (cfr. 16, 4. 28). Dando ad Israele questo mezzo di sussistenza, Dio di fatto gli notifica la sua presenza efficace (16, 12); e questo segno è così espressivo che si dovrà conservarne il ricordo, ponendo nell‘arca un vaso di manna Con le tavole della legge (16, 32 ss; cfr. 25, 21; Ebr 9,4). Ora, ogni segno esige una risposta; il dono della manna è accompagnato da prescrizioni destinate a provare la fede di Israele in colui che la concede: bisogna raccoglierla giorno per giorno senza metterne in serbo per il domani, eccetto la vigilia del sabato in cui la raccolta si farà per due giorni, allo scopo di rispettare il riposo sabbatico; in tal modo la manna è per il popolo il mezzo di dimostrare la sua obbedienza a Dio e la sua fiducia nella sua parola (Es 16, 16-30). C‘è di più: le focacce di manna bollita, senza essere insipide (Num 11, 8), hanno sempre lo stesso gusto; Israele se ne stanca e mormora, disconoscendo la prova e la sua lezione: invece che sui soli Cibi terreni (11, 4 ss), l‘uomo deve fare assegnamento innanzitutto su quelli che vengono dal Cielo, sul misterioso nutrimento di Cui la manna è il simbolo: la parola di Dio (Deut 8, 2 s). 2. La manna e l’attesa escatologica. - Meditando il suo passato dinanzi a Dio nella preghiera, Israele canta il beneficio della manna: «frumento e pane del cielo», «pane dei forti», degli angeli Che abitano in cielo (Sal 78, 23 ss; 105, 40; Neem 9, 15). Celebrando questo dono miracoloso, i sapienti immaginano le qualità che deve avere un nutrimento Celeste, quello Che il Creatore darà ai suoi figli nel banchetto escatologico; a questo nutrimento, oggetto dell‘attesa di Israele, pensa l‘autore della Sapienza, nel suo commento ispirato (midrash) dell‘esodo. La manna del futuro si adatterà al gusto di ognuno ed ai desideri dei figli di Dio. Questi, gustandola, gusteranno ancora di più la dolcezza (cfr. mitezza) del Creatore, che pone la creazione al servizio di coloro Che Credono in lui (Sap 16, 20 s. 25 s). L‘Apocalisse parla di questa stessa manna, che è promessa a coloro Che la fede e la testimonianza avranno resi vincitori di Satana e del mondo (Apoc 2, 17; cfr. 1 Gv 5, 4 s). 3. La manna ed il vero pane di Dio. - Cristo, nel deserto, conferma vivendola la lezione del VT: «l‘uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,14 par.; cfr. Deut 8, 3). Rinnova questo insegnamento nutrendo il popolo di Dio con un pane miracoloso. Questo pane che sazia il popolo (Mt 14, 20; 15, 37 par.; cfr. Sal 78, 29) suscita un entusiasmo senza rapporto con la fede Che Gesù esige (Gv 6, 14 s); i discepoli non Comprendono meglio della folla il senso del dono e del miracolo; quanto agli increduli, Farisei e Sadducei, essi esigono in questo momento «un segno che venga dal cielo» (Mt 16, 1-4 par.; cfr. Gv 6, 30 s; Sal 78, 24 s). Ora, il vero pane «venuto dal cielo» non è la manna che lasciava morire, bensì Gesù stesso (Gv 6, 32 s) che si riceve mediante la fede (6,35-50): è la sua carne, data «per la vita del mondo» (6,51-58). Anche Paolo vede questo «alimento spirituale» prefigurato dalla manna del deserto (1 Cbr 10, 3 s). A buon diritto quindi la liturgia eucaristica riprende le immagini bibliche che concernono la manna. Con la partecipazione al pane misterioso del pasto eucaristico, apparentemente sempre le stesso come la manna, il cristiano risponde ad un segno di Dio ed attesta la propria fede nella sua parola discesa dal cielo; perciò, fin d‘ora, egli è «nutrito con il pane degli angeli, divenuto il pane dei viandanti» (Lauda Sion), che soddisfa tutti i loro bisogni e risponde a tutti i loro gusti, durante il nuovo esodo del popolo di Dio; più ancora, il credente è già vincitore nella lotta Che deve sostenere durante il suo viaggio, perché è già nutrito del pane di Dio stesso e vive della sua vita eterna (Gv 6, 33. 54. 57 s; Apoc 2, 17).

Autore: M.F. Lacan
Fonte: Dizionario teologico biblico