Scrutatio

Sabato, 20 aprile 2024 - Beata Chiara Bosatta ( Letture di oggi)

Malattia - Guarigione


font righe continue visite 1119
La malattia, con il suo corteo di sofferenze, pone un problema agli uomini di tutti i tempi. La loro risposta dipende dall‘idea che essi si fanno del mondo in Cui vivono e delle forze che li dominano. Nell‘Oriente antico si considerava la malattia Come un flagello causato da spiriti malefici o mandato da divinità irritate da una Colpa cultuale. Per ottenere la guarigione si praticavano esorcismi destinati a scacciare i demoni, e si implorava il perdono degli dèi mediante suppliche e sacrifici; la letteratura babilonese conserva formulari delle due specie. Perciò la medicina dipendeva innanzitutto dai sacerdoti; per una parte, rimaneva vicina alla magia. Bisognerà attendere lo spirito osservatore dei Greci per vederla svilupparsi in modo autonomo Come una scienza positiva. Partendo da questo stato di cose, la rivelazione biblica lascia da parte l‘aspetto scientifico del problema; considera esclusivamente il significato religioso della malattia e della guarigione nel disegno di salvezza. Tanto più che attraverso la malattia si manifesta già il potere della morte sull‘uomo (cfr. 1 Cor 11, 28-32); deve quindi avere un significato analogo.

VT

1. La salute suppone una pienezza di forza vitale; la malattia è Concepita innanzitutto Come uno stato di debolezza e di iaccbezza (Sai 38, 11). Al di là di questa Constatazione empirica, le osservazioni mediche sono molto sommarie; si limitano a ciò Che si vede: affezioni della pelle, ferite e fratture, febbre ed agitazione (così nei salmi di ammalati: Sal 6; 32; 38; 39; 88; 102). La classificazione delle diverse affezioni rimane vaga (ad es. per la lebbra). Le cause naturali non sono neppur ricercate, ad eccezione di quelle che sono ovvie: le ferite, una caduta (2 Sam 4, 4), la vecchiaia, di Cui Qohelet descrive con tetro umorismo la decadenza (Eccle 12, 1-6; cfr. Gen 27, 1; 1 Re 1, 1-4; e per contrasto Deut 34, 7). Di fatto, per l‘uomo religioso l‘essenziale è altrove: Che significa la malattia per colui che ne è Colpito? 2. In un mondo in Cui tutto dipende dalla causalità divina, la malattia non fa eccezione; è impossibile non vedervi una percossa di Dio che colpisce l‘uomo (Es 4,6; Giob 16, 12 ss; 19, 21; Sal 39, 11 s). Sempre in dipendenza da Dio, vi si può riconoscere anche l‘intervento di esseri superiori all‘uomo: l‘angelo sterminatore (2 Sam 24, 15 ss; 2 Re 19, 35; cfr. Es 12, 23), i flagelli personificati (Sai 91, 5 s), Satana (Giob 2, 7)... Nel giudaismo postesilico l‘attenzione si rivolgerà sempre più all‘azione dei demoni, spiriti malefici, di cui la malattia permette di intravedere l‘influsso sul mondo in cui viviamo. Ma perché questo influsso diabolico, perché questa presenza del male quaggiù, se Dio è il padrone assoluto? 3. Con un movimento spontaneo il senso religioso dell‘uomo stabilisce un legame tra la malattia ed il peccato. La rivelazione biblica non vi contraddice; precisa soltanto le condizioni in cui questo legame dev ?essere inteso. Dio ha Creato l‘uomo per la felicità (cfr. Gen 2). La malattia, come tutti gli altri mali umani, è contraria a questa intenzione profonda; non è entrata nel mondo se non come una Conseguenza del peccato (cfr. Gen 3, 16-19). È uno dei segni dell‘ira di Dio contro un mondo peccatore (cfr. Es 9,1-12). Comporta in particolare questo significato nella cornice della dottrina dell‘alleanza: è una delle maledizioni principali che colpiranno il popolo di Dio infedele (Deut 28, I. 21 s. 27 ss. 35). L‘esperienza della malattia deve quindi avere il risultato di affinare nell‘uomo la coscienza del peccato. Si constata effettivamente Che Ciò avviene nei salmi di supplica: la domanda di guarigione è sempre accompagnata da una confessione delle colpe (Sai 38,2-6; 39,9-12; 107,17). Si pone tuttavia la questione di sapere se ogni malattia ha Come causa i peccati personali di Colui che ne è Colpito. Qui la dottrina è più imprecisa. Il ricorso al principio della responsabilità collettiva non fornisce Che una risposta insufficiente (cfr. Gv 9,2). Il VT non intravede soluzione se non in due direzioni. La malattia, quando talvolta colpisce i giusti, come Giobbe o Tobia, può essere una prova provvidenziale destinata a dimostrare la loro fedeltà (Tob 12,13). Nel caso del giusto sofferente per eccellenza, il servo di Jahve, essa assumerà un valore di espiazione per le Colpe dei peccatori (Is 53,4s).

II. LA GUARIGIONE

1. Il VT non vieta affatto il ricorso alle pratiche mediche: Isaia le usa per guarire Ezechia (2 Re 20, 7), e Raffaele per Curare Tobia (Tob 11, 8. 11 s). L‘uso di taluni rimedi semplici è Corrente (cfr. Is 1,6; Ger 8, 22; Sap 7, 20) ed il Siracide fa anche un bell‘elogio della professione medica (Eccli 38, 1-8. 12 s). Ciò che è vietato, sono le pratiche magiche legate ai culti idolatrici (2 Re 1, 1-4), che contaminano sovente la stessa medicina (cfr. 2 Cron 16, 12). 2. Ma bisogna ricorrere soprattutto a Dio, perché egli è il padrone della vita (Eccli 38, 9 ss. 14). lui Che Colpisce e che guarisce (Deut 32, 39; cfr. Os 6, 1). Egli è il medico per eccellenza dell‘uomo (Es 15, 26): così l‘angelo inviato per guarire Sara si chiama Raffaele (= «Dio guarisce») (Tob 3, 17). Gli ammalati si rivolgono perciò ai suoi rappresentanti, i sacerdoti (Lev 13, 49 ss; 14, 2 ss; cfr. Mt 8, 4) ed i profeti (1 Re 14, 1- 13; 2 Re 4, 21; 8, 7 ss). Confessando umilmente i loro peccati, implorano la guarigione Come una grazia. Il salterio li presenta Che espongono la loro miseria, implorano l‘aiuto di Dio, supplicano la sua onnipotenza e la sua misericordia (Sai 6; 38; 41; 88; 102...). Mediante la fiducia in lui si preparano a ricevere il favore richiesto, che talvolta giunge loro sotto la forma di un miracolo (1 Re 17,17-24; 2 Re 4,18- 37; 5). In ogni modo esso ha valore di segno: Dio si è chinato sull‘umanità sofferente per alleviarne i mali. 3. Infatti la malattia, anche se ha un senso, rimane un male. Perciò le promesse escatologiche. dei profeti prevedono la sua-soppressione nel mondo nuovo in cui Dio porrà i suoi negli ultimi tempi: non più infermi (Is 35,5s), non più sofferenza né lacrime (25, 8; 65, 19)... In un mondo liberato dal peccato devono scomparire le conseguenze del peccato che pesano solidalmente sulla nostra razza. Quando il giusto sofferente avrà su di sé le nostre malattie, noi saremo guariti in virtù delle sue piaghe (53, 4 s). NT 1. Durante il suo ministero, Gesù trova ammalati sulla sua strada. Senza interpretare la malattia in una prospettiva di retribuzione troppo stretta (cfr. Gv 9, 2 s), egli vede in essa un male di cui soffrono gli uomini, una Conseguenza del peccato, un segno del potere di Satana sugli uomini (LC 13,16). Ne prova pietà (MI 20, 34), e questa pietà guida la sua azione. Senza soffermarsi a distinguere ciò Che è malattia naturale da Ciò che è possessione diabolica, «egli scaccia gli spiriti e guarisce coloro Che sono ammalati» (Mt 8, 16 par.). Le due cose vanno di pari passo. Manifestano entrambe la sua potenza (cfr. Lc 6,19) ed hanno infine lo stesso senso: significano il trionfo di Gesù su Satana e la instaurazione del regno di Dio in terra, conformemente alle Scritture (cfr. Mt 11, 5 par.). Non già Che la malattia debba ormai sparire dal mondo, ma la forza divina Che infine la vincerà è fin d‘ora in azione quaggiù. Perciò, dinanzi a tutti gli ammalati Che gli esprimono la loro fiducia (MC 1, 40; MI 8,2-6 par.), Gesù non manifesta che una esigenza: Credere, perché tutto è possibile alla fede (Mt 9, 28; Mc 5, 36 par.; 9, 23). La loro fede in lui implica la fede nel regno di Dio, ed è questa fede a salvarli (Mt 9, 22 par.; 15, 28; MC 10, 52 par.)- 2. I miracoli di guarigione sono quindi in qualche misura un‘anticipazione dello stato di perfezione che l‘umanità ritroverà infine nel regno di Dio, Conformemente alle profezie. Ma hanno pure un significato simbolico relativo al tempo attuale. La malattia è un simbolo della stato in cui si trova l‘uomo peccatore: spiritualmente, egli è cieco, I. GESÙ DINANZI ALLA MALATTIA sordo, paralitico... Quindi la guarigione del malato è anche un simbolo: rappresenta la guarigione spirituale che Gesù viene ad operare negli uomini. Egli rimette i peccati del paralitico e, per dimostrare che ne ha il potere, lo guarisce (Mc 2,1-12 par.). Questa portata dei miracoli-segni è messa in rilievo soprattutto nel quarto vangelo: la guarigione del paralitico di Bezatha significa l‘opera di vivificazione compiuta da Gesù (Gv 5, 1-9. 19-26), e quella del Cieco nato fa vedere in lui la luce del mondo (Gv 9). I gesti che Gesù compie sugli ammalati preludono così ai sacramenti cristiani. Egli infatti è venuto quaggiù come il medico dei peccatori (Mc 2,17 par.), un medico che, per togliere le infermità e le malattie, le prende su di sé (MI 8, 17 = Is 53, 4). Tale sarà di fatto il senso della sua passione: Gesù parteciperà alla condizione dell‘umanità sofferente, per poter trionfare infine dei suoi mali.

II. GLI APOSTOLI E LA CHIESA DINANZI ALLA MALATTIA

1- Il segno del regno di Dio, costituito dalle guarigioni miracolose, non è rimasto confinato nella vita terrena di Gesù. Egli aveva associato i suoi apostoli, sin dalla loro prima missione, al suo potere di guarire le malattie (Mt 10, 1). Al momento della missione definitiva promette loro una realizzazione continua di questo segno per accreditare l‘annunzio del vangelo (Mc 16,17s). Perciò gli Atti notano a più riprese le guarigioni miracolose (Atti 3, 1 ss; 8, 7; 9, 32 ss; 14, 8 ss; 28, 8 s) Che mostrano la potenza del nome di Gesù e la realtà della sua risurrezione. Così pure Paolo, tra i carismi, ricorda quello di guarigione (1 Cor 12, 9. 28. 30): questo segno permanente continua ad accreditare la Chiesa di Gesù facendo vedere che lo Spirito Santo agisce in essa. Tuttavia la grazia di Dio viene ordinariamente agli ammalati in un modo meno spettacolare. Riprendendo un gesto degli apostoli (Mc 6, 13), i «presbiteri» della Chiesa compiono su di essi, Che pregano con fede e confessano i loro peccati, unzioni con olio nel nome del Signore; questa preghiera li salva, perché i peccati sono loro rimessi ed essi possono sperare, se così piace a Dio, la guarigione (Giac 5, 14 ss). 2. Questa guarigione non avviene tuttavia in modo infallibile, come se fosse l‘effetto magico della preghiera o del rito. Finché dura il mondo presente, l‘umanità deve Continuare a portare le conseguenze del peccato. Ma «prendendo su di sé le nostre malattie» al momento della sua passione, Gesù ha dato loro un nuovo senso: come ogni sofferenza, esse hanno ormai un valore di redenzione. Paolo, Che ne ha fatto l‘esperienza a più riprese (Gal 4, 13; 2 Cor 1, 8 ss; 12, 7-10), si sa che esse uniscono l‘uomo a Cristo sofferente: «Portiamo nei nostri corpi le sofferenze di morte di Gesù, afúnché la vita di Gesù sia anch‘essa manifestata nel nostro Corpo» (2 Cor 4, 10). Mentre Giobbe non arrivava a comprendere il senso della sua prova, il cristiano si rallegra di «completare nella sua carne ciò Che manca alle prove di Cristo per il suo corpo, Che è la Chiesa» (Col 1, 24). Nell‘attesa Che giunga questo ritorno al paradiso dove gli uomini saranno guariti per sempre dai frutti dell‘albero della vita (Apoc 22, 2; cfr. Ez 47, 12), la malattia stessa è inserita, Come la sofferenza e come la morte, nell‘ordine della salvezza. I\Ion che essa sia facile da portare: rimane una prova, ed è Carità aiutare il malato a sopportarla, visitandolo e consolandolo. «Portate le malattie di tutti», Consiglia Ignazio di Antiochia. Ma servire gli ammalati significa servire Gesù stesso nelle sue membra sofferenti: «Ero ammalato e mi avete visitato», dirà nel giorno del giudizio (Mi 25, 36). Il malato, nel mondo cristiano, non è più un maledetto dal quale ci si scosta (cfr. Sal 38, 12; 41, 6-10; 88, 9); è l‘immagine ed il segno di Cristo Gesù.

Autore: J. Giblet e P. Grelot
Fonte: Dizionario teologico biblico