Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Adozione Divina


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Premessa.

L'esperienza mistica che fanno i cristiani della loro filiazione divina si fonda e si radica nell'esperienza mistica, propria a Gesù, di relazioni intime con il Padre.

I. « Abbà », Padre mio e Padre vostro. Questa esperienza mistica di Cristo si lascia scoprire nel termine « Abbà », pronunciato con tanto ardore filiale nella preghiera del Getsemani. « Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu » (Mc 14,36).
Chiamando suo Padre nel modo più familiare, Gesù osa chiedergli l'allontanamento del calice, pur affermando subito la sua disposizione a compiere la volontà paterna.
La parola aramaica Abbà viene citata soltanto in questo testo evangelico, ma è abitualmente impiegata da Gesù nella sua preghiera.1 Avendo il senso di « papà », essa implica un atteggiamento essenzialmente filiale in un intimo rapporto senza riserve. Essa manifesta la coscienza che Gesù possiede della sua filiazione divina. Tale coscienza non ha cessato di svilupparsi in contatti mistici con il Padre. Pur rivelando la filiazione divina che gli appartiene a un titolo unico, Gesù fa comprendere la sua intenzione di condividere con i discepoli le sue relazioni filiali con il Padre. A più riprese egli designa questo Padre come « il Padre vostro », « il Padre vostro che è nei cieli », « il Padre loro », « il Padre tuo ».2 Quando insegna loro come pregare, raccomanda di cominciare, come fa lui, con la parola « Padre », « Abbà » (Lc 11,2). Risorto, Gesù annuncia a Maria Maddalena, nel messaggio destinato ai discepoli: « Io salgo al Padre mio e Padre vostro » (Gv 20,17). Ha cura di distinguere i due legami di filiazione: quello che caratterizza « Padre mio » e l'altro: « Padre vostro ». Ma, allo stesso tempo, esprime la loro unione: più particolarmente in virtù del dramma redentore che si consuma nella risurrezione, suo Padre è diventato nostro Padre, per cui ormai la nostra filiazione divina è implicata nella sua.

II. Generato per dare ai credenti il potere di diventare figli di Dio. Riportando il messaggio del Risorto, l'evangelista Giovanni si rende ben conto della sua portata, perché già nel prologo del suo Vangelo aveva sottolineato questa condivisione della filiazione divina come scopo dell'Incarnazione: « A quanti l'hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, lui che non dai sangui né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio fu generato » (Gv 1,12?13).3
La nascita verginale di Gesù è un'espressione della sua filiazione divina: essendo pienamente Figlio di Dio nella sua natura umana, egli comunica agli uomini la qualità di figli di Dio, con tutto il potere che significa questa filiazione.
Nell'AT Dio aveva rivelato a Israele il suo amore paterno: « Israele è il mio figlio primogenito » (Es 4,22). Questa affermazione assume un valore nuovo con l'Incarnazione: la grande novità è che il Figlio viene generato dal Padre, per mezzo dello Spirito Santo, nella sua natura umana, come primogenito dell'umanità.
Il prologo di Giovanni pone in evidenza la superiorità del dono divino nel Figlio, che viene « pieno di grazia e di verità ». « Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia » (Gv 1,14.16).
Dandoci il potere di diventare figli di Dio, egli fa abbondare in noi la grazia. E questa grazia è verità, perché la filiazione divina che ci viene offerta è pienamente vera, come partecipazione alla filiazione del Figlio unigenito. Siamo figli nel Figlio.

III. Predestinazione all'a. S. Paolo attira la nostra attenzione sull'iniziativa del Padre nell'instaurazione di questa filiazione divina. Essa è più particolarmente descritta nell'inno della Lettera agli Efesini: « Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo... predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà » (1,3?6).
Tutto proviene dal « beneplacito » (eudokia) del Padre, cioè da un amore gratuito, anteriore alla creazione, perché egli « ci ha scelti prima della creazione del mondo ».
La volontà di Dio è sovrana, ma è essenzialmente una volontà paterna, del Padre di Cristo. La sua bontà si manifesta nell'abbondanza di benedizioni spirituali.
Il Padre ci ha predestinati all'adozione filiale in Cristo. L'adozione indica la differenza fra la filiazione propria a Cristo e la nostra. Nella società civile greca, l'adozione aveva un significato giuridico. Ma questo significato viene superato: non si tratta soltanto di un titolo esterno di figlio e di erede. La filiazione comporta una trasformazione intima: « Il Padre ci ha predestinati ad essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli » (Rm 8,29). Egli ci concede la partecipazione alla vita divina di Cristo per mezzo dello Spirito. Il ruolo dello Spirito Santo consiste nella nostra elevazione allo stato di figli nel Figlio: « Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio » (Rm 8,14).
A. è, dunque, un'espressione che ha bisogno di essere precisata. La nostra filiazione divina è profondamente reale, come filiazione partecipata dalla filiazione unica del Figlio incarnato.

IV. Prima esperienza mistica. Paolo non ci fa soltanto scoprire meglio il grandioso piano del Padre all'origine dell'adozione filiale; egli ci riferisce l'esperienza vissuta dai primi cristiani.
Dopo aver detto che « Dio mandò il suo Figlio, nato da donna... perché ricevessimo l'adozione a figli », egli afferma: « E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! » (Gal 4,4?6). Questa è la testimonianza dell'esperienza mistica fondamentale, esperienza che - secondo la constatazione di Paolo - è la dimostrazione della filiazione divina propria alla vita cristiana. Questa filiazione divina non è soltanto oggetto di fede; essa è sentita e vissuta nel grido « Abbà », che viene dallo Spirito Santo. Lo Spirito fa pronunciare ai cristiani la parola del Figlio, quella che Gesù non aveva cessato di ripetere nelle sue preghiere: « Abbà ». Nella Lettera ai Romani, Paolo accenna ancora a questa esperienza piena di significato, sottolineando che la coscienza della filiazione allontana la paura dinanzi a Dio. « Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: «Abbà, Padre!» Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio » (8,15?16). Per i cristiani non si tratta soltanto di ripetere la parola « Abbà », che aveva caratterizzato la rivelazione della filiazione divina di Gesù. Si tratta, per essi, di entrare nel mistero di questa filiazione divina e di riprodurre in essi, nella loro vita, l'esperienza di comunione filiale con il Padre che aveva dato un senso superiore a tutta l'esistenza terrena del Cristo. Il grido « Abbà », che lo Spirito Santo fa scaturire per sviluppare le disposizioni filiali di Gesù, esprime il contatto mistico con il Padre, lo slancio di un'anima pervasa di meraviglia davanti all'amore del Padre. E in effetti il Cristo che, per mezzo del suo Spirito, ci apre « l'accesso al Padre » (Ef 2,18).

V. Dottrina della divinizzazione e prospettiva filiale. La dottrina enunciata da s. Giovanni e da s. Paolo, è all'origine della teologia della divinizzazione, che si svilupperà nell'epoca patristica, soprattutto presso i Padri greci. Ci basta citare s. Ireneo: « Il Verbo di Dio si è fatto uomo e il Figlio di Dio si è fatto figlio dell'uomo, perché l'uomo, unito al Verbo, ricevesse l'adozione e diventasse figlio di Dio... ».4 E nel pieno sviluppo di questa dottrina, s. Cirillo d'Alessandria scrive: « Siccome il Verbo di Dio abita in noi per mezzo dello Spirito, siamo elevati alla dignità dell'adozione filiale avendo in noi il Figlio stesso, cui siamo resi conformi, per la partecipazione al suo Spirito e, salendo a un livello uguale di libertà, osiamo dire: « Abbà, Padre » ».5

E importante ritornare incessantemente alla dottrina della Scrittura per apprezzare meglio il quadro nel quale si opera questa divinizzazione. E il quadro delle relazioni filiali con il Padre. L'esperienza mistica primitiva ha avuto, in Gesù e poi nei primi cristiani, una caratteristica essenzialmente filiale, che si esprimeva nella parola « Abbà ».

Questa prospettiva filiale è stata sufficientemente mantenuta e sviluppata, in seguito, nella tradizione mistica? Ci si può porre la domanda, specialmente a motivo del fatto che, spesso, le esperienze mistiche si esprimono in termini di contatti con Dio piuttosto che di contatti con il Padre. La figura del Padre non sembra aver ricevuto tutta l'attenzione che merita; essa non è stata riconosciuta in tutto il valore del suo ruolo paterno. Si potrebbe auspicare che l'esperienza della filiazione divina ponga maggiormente in evidenza il volto di colui che Cristo ci ha insegnato a chiamare « Padre ».

Note: 1 Cf J. Jeremias, Théologie du Nouveau Testament, Paris 1973, 82; W. Marchel, Abba Père! La prière du Christ et des chrétiens, Roma 1963, 132?138; 2 « Il Padre vostro »: Mt 6,3.15; 10,20.29; 23,9; Lc 6,36; 12,30.32; Gv 8,42; 10,17; « Il Padre vostro che è nei cieli »: Mt 5,16.45.48; 6,1.14.26.32; 7,11; Mc 11,25; Lc 11,13; « Il Padre loro »: Mt 13,43; « Il Padre tuo »: Mt 6,4.6.18; 3 Sul singolare nel v. 13 come versione autentica: cf J. Galot, Etre né de Dieu, Jean 1,13, Roma 1969; Egli non fu generato dai sangui (Gv 1,13), in Asprenas, 27 (1980), 153?160; Maternità verginale di Maria e paternità divina, in CivCat 139 (1988)3, 209?222; R. Robert, La leçon christologique en Jean 1,13, in RevThom 87 (1937), 5?22; 4 Ireneo, Adv. Haer. III, 19,1: SC 211,374; 5 Cirillo di Alessandria, Thesaurus 33: PG 75, 569cd.

Bibl. Ch. Baumgartner, Grâce, I. Sens du mot; II, Mystère de la filiation divine, in DSAM VI, 701?726; I. Blinzler, Figliolanza, in DTB, 538?551; A. De Sutter - M. Caprioli, s.v., in DES I, 32?35; G. Gennari, Figli di Dio, in NDS, 655?674; P. Grelot, Figlio, in DTB, 350?354; P. van Imschoot, Figlio di Dio. Figliolanza divina, in DB, 367?369; H.M. Oger, Théologie de l'adoption, in NRTh 84 (1962), 495?516; A. Royo Marin, Somos hijos de Dios, Madrid 1977; M. Ruiz Azúcar, Dios es Padre, Madrid 1968.

Autore: J. Galot
Fonte: Dizionario di Mistica (L. Borriello - E. Caruana M.R. Del Genio - N. Suffi)