Scrutatio

Giovedi, 18 aprile 2024 - San Galdino ( Letture di oggi)

Conversione


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Moto di ritorno a Dio per chi se ne è allontanato col peccato. Per ottenere il perdono è necessario che l'uomo si umili davanti a Dio, riconosca la propria colpa, si allontani dal peccato e protenda la sua attività verso l'azione salvifica di Dio (2Sam 12,; 1Reg. 21, 27 ss.; Lev. 5, 5; 16, 21; 1Sam. 7, 5 s. ecc.; nei Ps. penitenziali 25, 7; 32, 5; 38, 19; 41, 5; 51, 6 ss.; 65, 4; 130, 1 ss.). Le espressioni più comuni adoperate per siffatti moti dell'animo sono: cercare Iahweh (2Sam 12, 16; 21, l; Os 5, 6; Sof. 2, 3), chiedere di Lui (Am. 5, 4.6; Os. 10, 12; Is. 55, 6), confessarsi a Lui (I Reg. 8, 33, 35). Identico concetto esprimono le forme esteriori di pianto, lamentazioni, ecc., ma contro ogni facile illusione, i Profeti ripetono il richiamo, ai sentimenti interiori: cuore sincero (Am. 5, 5; Os 7, 14; Is. 1, 10 ecc.), dirigersi verso il bene ed allontanarsi dal male (Am. 5, 14; Is. 1, 17; Ps. 34, 15; 37, 27), cambiare tenor di vita (Ier. 7, 3; 26, 13), formarsi un cuore nuovo (Ez. 18, 31), od ancora, nella lingua figurata del culto, lavare il cuore (Ier. 4, 14), lavarsi e purificarsi (Is. 1, 16; Ez. 36, 25). È un'intima azione personale che è necessaria all'uomo per trovare e ricongiungersi al suo Dio. Tutte le precedenti circumlocuzioni per questo mutamento profondo sono sintetizzate nel verbo ebraico subh (ritornare) donde subhah (= conversione, convertirsi); allontanamento dalla direttiva morale finora seguita, e la nuova direzione secondo il volere divino. È in questo termine che si concentra uno dei pensieri dominanti dei Profeti (Am. 4, 6.3 ss.; Os 5, 4; ecc.). La c. ha sempre il significato di un ritorno (cf. Os 14, 2-5; Ier. 3, 12.22; 18, 11; 25, 5 ecc.). Essa deve scaturire da una decisione della volontà dell'uomo: essendo una lotta dell'uomo per Dio ed in nome Suo (Is. 31, 6; Os 14, 2 s.; Ier. 3, 14.22; 4, 1; Ez. 14, 6; 18, 30; Zach. 1, 3). Is. (44-45) trascura quasi l'aspetto negativo della c., per rilevare eminentemente quello positivo, l'unione a Dio (così già Os.). La c. non è un atto, ma una condotta (cf. Ez. 18) di vita.

L'uomo da solo non può operare la sua c.: è di estrema importanza l'insistenza sull'iniziativa divina: «Convertimi, ed io sarò convertito: Tu infatti sei il Mio Dio» (Ier. 31, 18), «Sanami, e sarò sanato» 17, 14; (cf. Lam. 5, 21; Ps. 80, 4.8.20; Zach. 1, 3); è Dio che deve operare la c. dell'uomo perché questa possa essere reale ed efficace; cf. Os 6, 11; 11, 3-11: è Lui che crea il cuore nuovo ed infonde il nuovo spirito (Ier. 24, 7; 31, 31; 32, 39; 15, 19; 17, 14; Ez. 11, 19 s.; 36,26 s.). Duplice aspetto, divino ed umano della c.: «Se ti convertirai, io ti convertirò...» (Ier. 15, 19), e «Convertici a Te, o Signore, e ci convertiremo» (Lam. 5, 21). La c. ha ancora un carattere escatologico: non tratta si semplicemente di una duplice azione divino-umana che si esaurisce quaggiù, ma del perdono-salvezza, di una unione che sorpassa il tempo e diviene perenne, già fin d'ora ancorata nella divina bontà (Ier. 3, 19-4, 4; 31, 18 ss. ecc.). La c., nel suo aspetto più profondo, è quindi il ristabilimento totale della primitiva armonica unione dell'uomo col suo Dio.

Nel Nuovo Testamento l'invito alla c. riassume tutta la predicazione del Precursore (Mt. 4, 17; Mc. l, 14; Lc. 3, 8); e in esso Gesù incentra la sua (Lc. 5, 32; Mt. 9, 13; Mc. 2, 17). Gli Apostoli invitano i compatrioti alla c. (Mc. 6, 12). Anche nel N. T. la c. appare nel suo duplice aspetto negativo (At. 3, 19; 5, 31; 14, 15; 26, 18) e positivo (At. 9, 35; 10, 43; 11, 18.21; 13, 38; 15, 19; 20, 21; 26, 20): pentirsi, volgersi al Signore (Gesù C.), darsi a Lui, credere. Si giunge così alla «nuova creazione» (v. Rigenerazione) nella partecipazione della morte e della risurrezione del Redentore (Gal. 6, 15; Rom. 6, 4 ss.; 7, 6; Eph. 4, 22.24). Nel suo significato pieno e profondo - congiunta cioè con la fede - la c. unisce il fedele a G. Cristo comunicando la vita della grazia, la vita divina. Il tema profetico ha cambiato aspetto nella predicazione di Gesù e degli Apostoli, ma le linee fondamentali sono sempre uguali. In Io. (Vangelo e lettere) mai la parola c. o il verbo convertirsi; la c. per lui si identifica con «il credere» (cf. 3, 15-18; 5, 25; 6, 40.47; 9, 21-41; 12, 37-40.46 ecc.). La consegna di Gesù Cristo agli apostoli, è c. di tutti i popoli (Lc. 24, 47): per essa si compie la restaurazione totale dell'umanità; «convertirsi e credere» (Mc. l, 15). La c. è il primo passo ed il compimento della palingenesi dell'umanità e del creato in N. S. Gesù Cristo.
[L. M.]

BIBL. - P. HEINISCH, Teologia del Vecchio Testamento, Torino 1950, p. 289 ss.: J. BONSIRVEN, Les Enseignements de Jésus-Christ, Parigi 1950. p. 125 SS.; ID., Teologia del Nuovo Testamento, Torino 1952.

Autore: Padre Luigi Moraldi
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora