Scrutatio

Venerdi, 29 marzo 2024 - Santi Simplicio e Costantino ( Letture di oggi)

Jahve


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Jahve è il nome che Dio stesso si è dato. Non è per lui l‘unico modo di rivelarsi: anche fuori di Israele l‘uomo può raggiungere il vero Dio, ed egli si riconosce in un nome Come‘El `Eljón, che si ritrova tale e quale nelle vicine religioni. Ma, con il nome di Jahve Dio fa di più: per primo a suo modo, pronuncia il nome ripreso dal suo popolo nella preghiera e nel culto, e ne fornisce egli stesso il significato (Es 3, 13-15; 34, 6). Lo fa in una cornice e in un momento Che mettono in luce nello stesso tempo la profondità misteriosa di questo nome e la salvezza Che apporta. Mentre le manifestazioni di El ai patriarchi si verificano in un paese familiare, sotto forme semplici ed usuali, Jahve si rivela a Mosè nella Cornice selvaggia del deserto e nella miseria dell‘esilio, sotto la terribile figura del fuoco. Ma è precisamente il Dio che, al colmo della sventura e del peccato, vede e sente la miseria del suo popolo (3, 7), perdona la colpa e la trasgressione, perché è «Dio di tenerezza e di pietà» (34, 6 s). 1. Il nome e le sue origini. - Anche per la Bibbia, le origini del nome divino, al di là della presentazione schematica di Es 3, presuppongono un processo complesso- Per una serie di testi, Jahve conduceva la sua opera fin dalle origini dell‘umanítà e si faceva conoscere, in modo sempre più preciso, tramite la discendenza dei patriarchi. Questo è il punto di vista dello storico jahvista (Gen 4, 26; 9, 26; 12, 8...) Che conferma e completa la storia sacerdotale (Es 6, 3). Un altro punto di vista fa risalire al tempo di Mosè la forma definitiva della religione di Israele e la fa coincidere con la rivelazione del nome di Jahve. Questo modo di vedere orienta la tradizione sacerdotale (6,2-8); si basa sul racconto elohista (3, 13-15) e si trova in certo qual senso confermato dal racconto jahvista (33, 19). È naturale che gli storici moderni abbiano cercato la preistoria di questo nome, che non dovette certo imporsi di colpo né senza riferimento a un‘esperienza precedente. In effetti, la genealogia di Mosè attribuisce a sua madre il nome teoforo J6kebed, dove J6 potrebbe essere l‘equivalente di Jau e rappresentare il nome divino, associato alla radice KBD, che evoca la gloria. La stessa forma Jau designa a Babilonia, in particolare al tempo dei patriarchi, in nomi parimenti teofori, il Dio invocato dal portatore di questo nome- Ora Jau indubbiamente deriva da una forma pronomínale e significa «fl mio». «Il mio» è il nome che il fedele attribuisce al Dio che si incarica di proteggerlo. Questo Dio, di cui si vuole rispettare il mistero, pur sottolineando nettamente il legame che l‘unisce al suo servo, è effettivamente sulla linea del Dio di Abramo, ha già alcuni tratti caratteristici di Jahve. E la continuità è abbastanza normale tra Jau e Jabu, forma abbreviata del nome divino (Geremia = Jirmejahu = Jahve costruisce). 2. Significato del nome. - La scena della rivelazione del nome a Mosè comporta almeno una reinterpretazione dell‘antico vocabolo, e senza dubbio una trasformazione materiale. Stabilisce un rapporto tra il nome jahweb (Jahve) e la prima persona del verbo bawah/ hajab: bejeh, «io sono». All‘«io sono» di Dio, l‘uomo risponde: «Egli è» o «Egli fa essere». Pdifficile dire se jahweb rappresenti un Causativo, il Che sarebbe più normale dal punto di vista grammaticale, oppure una semplice forma arcaica, il che risponderebbe meglio al movimento del testo. È certo in ogni caso che il nome divino non è più un pronome, col quale l‘uomo designa il suo Dio, né un sostantivo che lo inserisce tra gli esseri, né un aggettivo Che lo qualifica mediante un elemento caratteristico. È inteso Come verbo, è l‘eco sulle labbra dell‘uomo della parola di Dio, con la quale Dio si definisce. Questa parola è al tempo stesso un rifiuto e un dono. Rifiuto di lasciarsi rinchiudere nelle Categorie dell‘uomo: bejeh’aver heleb, «io sono chi sono» (Es 3, 14); dono della sua presenza: bejeh `immak, «io sono con te» (3, 12). Perché il verbo hajab ha un significato dinamico: designa non tanto il fatto neutro di esistere, quanto un evento, un‘esistenza sempre presente ed efficace, un adesse, più che un semplice esse. 3. Storia posteriore. - Al nome di Jahve è spesso associato Seba ‘ót. Il titolo non sembra primitivo, ma potrebbe risalire al santuario di Silo (cfr. 1 Sam 1, 3) ed essere stato attribuito in special modo all‘arca (cfr. 1 Sam 4, 4). Il significato di Seba ‘6t è incerto: forse, gli eserciti di Israele; più probabilmente il mondo dei cieli e degli astri. Questo mondo per gli antichi era un mondo di esseri viventi, e per le religioni pagane un mondo di dèi. Per Israele, il Dio unico dispone di tutte le potenze dell‘universo; se si accetta il senso Causativo di jahweb, egli dà loro l‘esistenza. Ma è anche possibile Che Seba ‘6th sia un titolo singolare di desinenza analoga a quella delle parole accadiche in -dtu e designi una funzione: Jahve - Il guerriero (?). Quando, tra l‘esilio e Cristo, per un rispetto più formalistico di quello degli antichi israeliti, ma anche per evitare profanazioni pagane, i Giudei smisero di pronunciare il nome di Jahve, continuarono a scrivere le quattro consonanti del tetragramma sacro JH- IM, ma intercalando le vocali del nome che pronunciavano al posto di Jahve,‘Adonaj, il Signore. Queste vocali a-o-a (trascritte e-o-a) hanno dato luogo alla forma Jebowah puramente artificiosa; da Cui è venuto il Geova delle antiche traduzioni nella nostra lingua. Nella traduzione dei LXX, Kyrios corrisponde all‘uso di ‘Adonaj. Attraverso questi sinonimi e queste traduzioni, se il nome di Jahve è materialmente scomparso, la sua personalità era troppo reale, troppo indipendente da tutti i possibili nomi, per poterne uscire compromessa. E in Gesù Cristo, Dio non si fa più conoscere attraverso un nome, ma attraverso colui che è al di sopra di ogni nome (Fil 2, 9).

Autore: J. Guillet
Fonte: Dizionario teologico biblico