Scrutatio

Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Circoncisione


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Dal latino circumcido "taglio intorno"; greco ***; ebraico mulah. È l'ablazione totale o parziale o anche semplice incisione del prepuzio negli uomini e taglio della clitoride nelle donne. È una pratica largamente diffusa in vari popoli dell'antichità e tuttora esistente presso una parte considerevole dell'umanità. In epoca antichissima è attestata presso gli Egiziani da scrittori (Erodoto II, 36, 37, 108; Diodoro Siculo I, 28; Filone, De circumc. I; ecc.) e da mummie e monumenti a cominciare dalla 4a dinastia (c. 2400 a. C.). Era in uso particolare presso la classe sacerdotale e saltuariamente presso altre classi sociali. Era praticata pure presso i Colchi e gli Etiopi (Erodoto II, 104), Ammoniti, Moabiti, Idumei e Madianiti con l'esclusione dei Semiti orientali (Assiri- babilonesi). Oggi è in vigore in numerose tribù primitive in Australia, Polinesia, America centrale (Messico, Nicaragua, Yucatan) e meridionale, Amazzoni) e specialmente in Africa; in modo particolare presso gli Arabi islamici che l'hanno mutuata dagli antenati preislamici. Il rituale ed il metodo variano secondo i diversi popoli; ancora più varia l'età, che oscilla tra il settimo giorno dalla nascita fino al 150 anno, con grande preferenza per l'età della pubertà. Il significato originario fondamentale sembra essere di iniziazione al matrimonio, conferente attitudine alla vita sessuale normale e di iniziazione giovanile nel passaggio dalla società infantile a quella degli adulti e dei guerrieri, in qualità di membri effettivi del clan. Significato aggiunto è il religioso, non facilmente precisabile ma evidente nella c. dei sacerdoti nell'antico Egitto e nella c. dei musulmani.

La c. fu prescritta da Dio a suggello dell'alleanza tra Dio e Abramo con tutta la sua discendenza (Gen. 17, 10-14); da compiersi 1'80 giorno sui neonati maschi (è sconosciuta agli Ebrei la c. femminile), compresi gli schiavi nati in casa o acquistati, anche se di altra razza. È un rito di fondamentale importanza il cui significato religioso-etnico (segno di alleanza con Dio; atto di aggregazione al popolo eletto; atto di purificazione) non trova riscontro presso nessun popolo. Il simbolismo del rito (consacrazione, rinascita spirituale) risalta anche dalla circostanza che il bambino viene circonciso 1'80 giorno dalla nascita. La c. fu praticata da Abramo su se stesso all'età di 99 anni; sul figlio Ismaele di 13 anni e su tutti i suoi servi (Gen. 17, 25 ss.); su Isacco, 8 giorni dopo la nascita (Gen. 21, 4). Generalizzatasi nel popolo d'Israele, sembra che la pratica sia andata alquanto in disuso O almeno non sia stata sempre osservata durante il soggiorno in Egitto. Anche Mosè, trovato in difetto per non aver circonciso il figlio, dietro avvertimento divino, lo fece circoncidere da sua moglie Sefora (Ex. 4, 25). Il precetto della c. venne implicitamente richiamato da Mosè quale condizione necessaria per mangiare l'agnello pasquale (Ex. 12, 44.48) e poi, espressamente, nella legislazione sinaitica (Lev. 12, 3; cf. Io. 7, 22). Gli Ebrei, nati nei 40 anni del deserto, rimasero incirconcisi (Ios. 5, 4.7) e la mancanza di rimprovero divino per questa omissione autorizza alla conclusione di una sospensione della legge per volere divino, forse a motivo delle continue infedeltà dissolvitrici dell'alleanza. Appena in Canaan, a Galgala, non lungi da Gerico, si compì una seconda c. (Ios. 5, 4) a sanzionare la realizzazione del patto e a togliere "l'obbrobrio dell'Egitto" (Ios. 5, 9); e quindi fu universalmente osservata: la sua mancanza era motivo di disonore e di ignominia (Iudc. 14, 3; 15, 18; I Sam 14, 6; 17, 26.36; Ez. 28, 10; 31, 18; 32, 19 ss.). Era segno di distinzione dagli altri popoli vicini, in gran parte incirconcisi, specialmente dai Filistei, gli "incirconcisi" ('arelim) per antonomasia.

Il sabato e la c. furono i due massimi distintivi del Giudaismo durante l'esilio di Babilonia e nell'epoca ellenistico-romana, quando la c. divenne argomento di dileggio da parte dei pagani, tanto da indurre pochi disertori, frequentatori dei pubblici ginnasi, ad occultare (mediante operazione) i segni della c. (I Mach. 1, 15).
È sempre obbligatoria per gli Ebrei. Vien compiuta da uno speciale operatore (mohel "circoncisore"), che si è sostituito nell' operazione delicata al padre (o alla madre); all'8° giorno dalla nascita, anche se cade di sabato, secondo l'antica tradizione (cf. Io. 7, 22). Il rito, che si svolge nella casa paterna o nella sinagoga, è accompagnato da una duplice benedizione, pronunciata, l'una dal mohel, l'altra dal padre del neonato; seguono gli auguri di felicità e l'imposizione del nome ed infine una più lunga benedizione, celebrante l'alleanza divina con Abramo ed il suo segno sacro ch'è la c. Il bimbo è tenuto sulle ginocchia da una specie di padrino (sandiqos), assiso sulla sedia del profeta Elia, creduto invisibilmente presente ad ogni c. e chiamato popolarmente "l'angelo dell'alleanza" (cf. Mal. 3, 1; 4, 5).

Anche Giovanni il Battista e Gesù si sottoposero alla c. (Lc. 1, 58 ss.; 2, 21). U1n l'istituzione del Battesimo cristiano cessò l'obbligo della c. Chiara la posizione degli apostoli nel convegno di Gerusalemme (At. 15, l ss.) contro i giudaizzanti che volevano esigere la c. di tutti i convertiti dalla gentilità; in particolare chiara la posizione di s. Paolo che a più riprese dimostrò l'inutilità del rito, dopo la morte redentrice di Cristo (Gal. 5, 2 ss.; 6, 12 ss.; Col. 2, 11 ss.). I Giudeo-cristiani continuarono a praticare la c., senza valore per la salvezza, e gli apostoli, per non urtarli, si conformarono talvolta a questo uso (Gal. 2, 3 ss.; cf. invece At. 16, 3). La vera c. è la purificazione dello spirito, sottomissione a Dio (Rom. 2, 28 s.; Col. 2: 11; Phil. 3, 3): condizione già richiesta nel V. T. (Deut. 30, 6; Ier. 4, 4; Lev. 26, 41) per partecipare ai benefici delle promesse.
[A. R.]

BIBL. - A. VACCARI, in VD, 2 (1922) 14-18: A. DEIMEL, in VD, 5 (1925) 5-11; E. BARAS, La circoncision, Parigi 1936; P. VAN IMSCHOOT. Théologie de l'Ancien Testament, II, Parigi-Tournai 1956. pp. 161-166.

Autore: Sac. Armando Rolla
Fonte: Dizionario Biblico diretto da Francesco Spadafora