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Giovedi, 28 marzo 2024 - San Castore di Tarso ( Letture di oggi)

Creazione


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I. IL CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA

Leggendo i primi testimoni della letteratura biblica, si ha l‘impressione che gli antichi Israeliti considerassero più volentieri Dio come il salvatore di Israele e l‘autore dell‘alleanza che come il creatore del mondo e dell‘uomo. P tuttavia certo che l‘idea della creazione risale in Israele alla più remota antichità. Di fatto, nell‘ambiente orientale dove si è affermata la rivelazione biblica, essa esisteva ben prima dell‘epoca di Abramo. In Egitto il racconto della creazione da parte di Atum era scolpito sulle pareti delle piramidi. In Mesopotamia testi accadici, dipendenti già da tradizioni sumeriche, riferivano parecchi racconti della creazione. A Ugarit il Dio supremo El era chiamato il «creatore delle creature». Indubbiamente, in questi tre casi, l‘origine del mondo era legata a concezioni politeistiche. In Mesopotamia essa si collegava organicamente alla guerra degli dèi, che la mitologia poneva nel tempo primordiale. Nonostante tutto, i miti stessi attestavano preoccupazioni e nozioni che non potevano essere estranee ad Israele. Si è supposto che il nome divino, Jahve, avesse primitivamente un senso causativo: «Colui che fa essere», quindi «il creatore». E una ipotesi verosimile. Ma la Genesi ci fornisce un punto di riscontro ancor più significativo. Melchisedech benedice Abramo «da parte del Dio altissimo che creò il cielo e la terra» (Gen 14, 19): l‘espressione si ritrova per l‘appunto nei testi fenici. Ora Abramo prende anche egli a testimone «il Dio altissimo che creò il cielo e la terra» (Gen 14,22). Così nel Dio creatore del re di Salem i patriarchi ritrovavano il loro proprio Dio, anche se il politeismo ne aveva sfigurato i lineamenti.

II. LA RAPPRESENTAZIONE BIBLICA DELLA CREAZIONE

Due racconti complementari della creazione aprono il libro della Genesi. Vi stanno come una prefazione all‘alleanza con Noè, Abramo, Mosè, o meglio, come il primo atto del dramma che, attraverso le manifestazioni varie della bontà di Dio e della infedeltà degli uomini, costituisce la storia della salvezza.

1. Il racconto più antico (Gen 2, 4-25) si diffonde soprattutto sulla creazione della prima coppia umana e della cornice in cui essa deve vivere. Dio fa uscire dal suolo l‘umidità che lo feconderà, e vi pianta il giardino di Eden, il paradiso; con la polvere del suolo modella il corpo dell‘uomo, poi quello degli animali; dal corpo dell‘uomo trae la donna. Tutto ciò che esiste risulta così dalla sua attività personale, ed il racconto sottolinea a suo modo il carattere concreto di questa attività: come un artigiano, Dio lavora a modo umano. Ma la sua opera è di colpo perfetta: l‘uomo è creato per vivere beato, con gli animali per servi, e con una compagna, altro se stesso. Soltanto il peccato introdurrà il disordine e la maledizione in un mondo che all‘origine è buono.

2. Nel racconto sacerdotale (Gen 1) il quadro è più grandioso- All‘inizio Dio trae l‘universo (cielo e terra) dal caos primitivo (1, 1); vi fa poi apparire tutto ciò che ne costituisce la ricchezza e la bellezza. L‘autore è stato colpito dall‘ordine della creazione: regolarità del movimento degli astri, distinzione dei regni, leggi della riproduzione. Tutto ciò è opera del creatore, che, mediante la semplice parola, ha messo al suo posto ogni cosa (Sal 148,5). E questa opera culmina nella creazione dell‘uomo che sarà ad immagine, a somiglianza di Dio, e che deve dominare l‘universo. Infine, terminata la sua opera, Dio si riposò e benedl il settimo giorno ormai destinato al riposo. Quest‘ultimo tratto fornisce il senso della cornice temporale in cui è posta la creazione, quello della settimana, che dà alla vita dell‘uomo un ritmo sacro: l‘attività creatrice di Dio è il modello di ogni lavoro umano. I tratti, che questo secondo racconto ha in comune con le tradizioni babilonesi (vittoria sull‘abisso, separazione delle acque superiori e delle inferiori, creazione degli astri), non presentano alcuna traccia di mitologia. Dio agisce solo e delibera soltanto con se stesso. La sua vittoria sul caos non è l‘esito di un vero combattimento. L‘abisso (tehom) non è una divinità cattiva come la Tiamat babilonese; non si tratta più di mostri, né di demoni vinti o incatenati da Dio. La creazione è l‘azione spontanea di un Dio onnipotente, che agisce secondo un disegno stabilito in favore dell‘uomo creato a sua immagine.

3. La tradizione biblica. - La concezione della creazione, attestata da queste due diverse rappresentazioni, ha dominato il pensiero israelitico ancor prima di prendere forma nei racconti biblici attuali. I profeti vi fanno appello nelle loro polemiche contro gli idoli, quando rimproverano loro di essere oggetti senza vita, fatti dalla mano d‘uomo, incapaci di salvare (Ger 10, 1-5; Is 40, 19 s; 44, 9-20), mentre Jahve è il creatore del mondo (Am 4, 13; 5, 8 s; 9, 5 s; Ger 10, 6-16; Is 40,21- 26). Dopo l‘esilio, i sapienti vanno oltre nella riflessione teologica. Non contento di affermare che Dio ha creato il mondo con sapienza, intelligenza e scienza (Prov 3, 19 s; cfr. Sal 104, 24), l‘editore dei Proverbi mostra nella sapienza personificata la prima opera di Dio generata fin dall‘inizio (Prov 8, 22 ss). Essa era presente quando tutte le cose furono create, in funzione di architetto (Prov 8, 2430); si ricreava nell‘universo prima di compiacersi nel frequentare gli uomini (Prov 8, 31). Nutrito di questa dottrina, il Siracide insiste a sua volta sulla creazione della sapienza prima di tutte le cose (Eccli 1, 9; 24, 9). Similmente il libro della Sapienza vede in essa l‘artefice dell‘universo (Sap 8, 6; cfr. 9, 9). In una linea di pensiero molto affine, i salmisti attribuiscono la creazione alla parola ed allo spirito di Dio personificati (Sal 33, 6; 104, 30; cfr. Giudit 16, 14). Queste nuove prospettive hanno la loro importanza perché preludono alla rivelazione del Verbo e dello Spirito Santo. Infine, nell‘epoca greca, si giunge all‘ídea esplicita di un mondo tratto dal nulla: «Considera il cielo e la terra, e vedi ciò che è in essi, e sappi che Dio li ha fatti dal nulla, e che la razza degli uomini è fatta allo stesso modo» (2 Mac 7, 28). Ma a questa epoca, la teologia della creazione si congiunge all‘apologetica giudaica: di fronte ad un mondo pagano per il quale tutto era Dio, salvo Dio stesso, Israele afferma la grandezza del Dio unico, che si lascia scorgere attraverso alle sue opere (Sal 13, 1-5).

III. LA CREAZIONE NEL DISEGNO DI DIO

1. Creazione e storia. - VT non s'interessa alla creazione per soddisfare la curiosità umana risolvendo il problema delle origini. Vi vede innanzitutto il punto di partenza del disegno di Dio e della storia della salvezza, il primo dei grandi atti divini la cui serie continua nella storia di Israele. Potenza creatrice e padronanza della storia sono correlative: come créatore e padrone del mondo Jahve può scegliere Nabuchodonosor (Ger 27,4-7) o Ciro (Is 45, 12 s) per eseguire i suoi disegni quaggiù. Gli avvenimenti non si compiono mai se non in dipendenza da lui; alla lettera, egli li crea (Is 48, 6 s). Ciò vale specialmente per gli avvenimenti principali che hanno determinato il corso del destino di Israele: elezione del popolo di Dio, creato e formato da lui (Is 43, 1-7), liberazione dell‘esodo (cfr. Is 43,16-19). Perciò nelle loro meditazioni sulla storia sacra, i salmisti li uniscono alle meraviglie della creazione per comporre un quadro completo dei miracoli di Dio (Sal 135, 5-12; 136, 4-26). Inserito in una simile cornice, l‘atto creativo sfugge totalmente alle concezioni mitiche che lo sfiguravano nell‘Oriente antico. Perciò, per darne una rappresentazione poetica, gli autori sacri possono riprendere impunemente le immagini dei vecchi miti: esse hanno perso il loro veleno- Il creatore diventa l‘eroe di un combattimento gigantesco contro le bestie che personificano il caos, Rahab o Leviathan. Questi mostri sono stati schiacciati (Sal 89,11), trafitti (Is 51,9; Giob 26,13), spezzati (Sal 74,13). Non sono definitivamente distrutti, ma assopiti (Giob 3, 8), incatenati (Giob 7,12; 9,13), relegati nel mare (Sal 104,26); la creazione fu per Dio la sua prima vittoria. Nella storia continua la serie dei combattimenti che le stesse immagini possono servire a rappresentare: l‘esodo non comportò una nuova vittoria sul mostro del grande abisso (Is 51, 10) Così, mediante l‘interpretazione dei simboli, si ritrova sempre la stessa assimilazione dei grandi atti storici di Dio al suo grande atto originale.

2. Salvezza e nuova creazione. - La storia sacra non si ferma al presente: cammina verso un termine evocato dalla escatologia profetica. Anche qui si impone un riferimento all‘atto creativo di Dio, se si vuol comprendere esattamente ciò che sarà la salvezza finale. La conversione di Israele sarà una vera ri-creazione: «Jahve crea nuovamente sulla terra: la donna ricerca il proprio marito» (Ger 31, 22). Così pure la futura liberazione (Is 45, 8), che sarà accompagnata dai prodigi di un nuovo esodo (Is 41, 20); la nuova Gerusalemme, dove il nuovo popolo troverà una felicità paradisiaca (Is 65, 18); e la stabilità delle leggi fissate da Dio nell‘universo sono un pegno sicuro che questo ordine nuovo durerà in eterno (Ger 31, 35 ss). Infine l‘intero universo parteciperà al rinnovamento della faccia delle cose: Jahve creerà cieli nuovi ed una nuova terra (Is 65, 17; 66, 22 s). Prospettiva grandiosa in cui il termine dei disegni di Dio raggiunge la perfezione delle origini dopo la lunga parentesi aperta dal peccato umano. Senza usare esplicitamente il verbo «creare», Ezechiele vi si conformava già quando mostrava Jahve che negli ultimi tempi cambia il cuore dell‘uomo per reintrodurlo nella gioia dell‘Eden (Ez 36, 26-35; cfr. 11, 19)- Perciò il salmista, appoggiandosi su una simile promessa, può supplicare Dio di «creare in lui un cuore mondo» (Sal 51, 12): in questo rinnovamento del suo essere egli presenta a giusto titolo una anticipazione concreta della nuova creazione che avverrà in Gesù Cristo.

IV. L’UOMO DINANZI AL CREATORE

1. Situazione dell’uomo. - La dottrina biblica della creazione non è una speculazione di teologia astratta. È una nozione religiosa che impone un atteggiamento dell‘anima. Attraverso l‘opera l‘uomo scopre l‘artefice (cfr. Sap 13, 5), e ne risulta in lui un sentimento profondo di ammirazione e di riconoscenza. In taluni salmi la contemplazione della bellezza delle cose porta ad una lode entusiastica (Sal 19, 1-7; 89, 6-15; 104). Altrove l‘uomo è come schiacciato dalla grandezza divina, che scopre attraverso a queste meraviglie stupende. Tale è il senso dei discorsi di Dio nel libro di Giobbe (38 - 41); così richiamato alla realtà, come non si inabisserebbe Giobbe in una umiltà profonda (42, 1-6)? Alla fine l‘uomo si pone al suo vero posto di creatura. Dio lo ha plasmato, impastato, modellato come l‘argilla (Giob 10, 8 ss; Is 64, 7; Ger 18, 6). Che cosa è egli dinanzi a Dio, la cui misericordia gli è così necessaria (Eccli 18, 8-14)? Invano cercherebbe di fuggire la presenza divina; in ogni istante è tra le mani del suo creatore, e nulla di ciò che fa gli sfugge (Sal 139). Questo è il sentimento fondamentale, sul quale si può edificare una pietà autentica; di fatto esso dà il tono a tutta la pietà del VT.

2. Prendendo così coscienza della sua vera situazione dinanzi a Dio, l‘uomo può trovare la via della fiducia. Infatti, come ripete Isaia, lo stesso Dio che ha creato il cielo e la terra intende pure annientare i nemici del suo popolo, dargli la salvezza, restaurare la nuova Gerusalemme (la 44,24- 28; cfr. Is 51,9 sa). Il fedele deve eliminare ogni paura: il soccorso gli viene dal Signore che fece il cielo e la terra (Sal 121, 2).

NT

Elaborata nel VT, la dottrina del Dio creatore conserva nel NT il suo posto essenziale, anzi vi giunge a compimento.

1. Eredita del VT. - Creando il mondo con la sua parola (cfr. 2 Cor 4, 6), Dio chiamò il nulla all‘esistenza (Rom 4,17). Egli continua questa operazione primaria vivificando le sue creature: in lui noi abbiamo la vita, il movimento, l‘essere (Atti 17,28; 1 Tim 6, 13). Egli ha creato il mondo «e tutto ciò che esso racchiude» (Apoc 10, 6; Atti 14, 15; 17,24); tutto esiste per mezzo suo e per lui (1 Cor 8,6; Rom 11,36; Col 1,16; Ebr 2, 10). Perciò ogni creatura è buona: tutto ciò che è di Dio è puro (1 Cor 10, 25 s; cfr. Col 2, 20 ss). Perciò anche le leggi dell‘ordine naturale devono essere rispettate dall‘uomo: il divorzio, ad es., contraddice al disegno di colui che creò l‘uomo e la donna all‘inizio (Mt 19,4-8). Questa dottrina occupa naturalmente un posto importante nella predicazione cristiana rivolta ai pagani: su questo punto la Chiesa primitiva non fa che sostituire il giudaismo (Atti 14, 15; 17, 24-28). Infatti, «con la fede non comprendiamo che i mondi sono stati formati con una parola di Dio» (Ebr 11, 3) e allo stesso modo le perfezioni invisibili di Dio traspaiono a tutti gli sguardi, se si sa scoprire il senso delle creature (Rom 1, 19 s). Nel credente la stessa dottrina finisce in lode (Apoc 4, 8-11) e crea la fiducia (Atti 4, 24). 2. Gesù Cristo e la creazione- - Su un punto fondamentale il NT porta a compimento le virtualità del VT. Il Dio creatore, che Israele conosceva, si è rivelato ora come il Padre di Gesù Cristo. Strettamente associato al Padre nella sua attività creatrice, Gesù è «il solo Signore per mezzo del quale tutto esiste e per mezzo del quale noi siamo» (1 Cor 8, 6), il principio delle opere di Dio (Apoc 3,14). Essendo la sapienza di Dio (1 Cor 1, 24), «fulgore della sua gloria ed effigie della sua sostanza» (Ebr 1, 3), «immagine del Dio invisibile e primogenito di ogni creatura» (Col 1, 15), egli è colui che «sostiene l‘universo per mezzo della sua parola potente» (Ebr 1, 3), perché in lui sono state create tutte le cose ed in lui sussistono (Col 1,16 s). Essendo la parola di Dio, il Verbo che esisteva fin dall‘inizio con Dio prima di farsi carne alla fine dei tempi (Gv 1, 1 s. 14), egli ha fatto tutto e dall‘inizio è vita e luce nell‘universo (Gv 1, 3 s). Così la dottrina della creazione trova il suo culmine in una contemplazione del Figlio di Dio, per mezzo della quale si vede in lui l‘artefice, il modello e il fine di tutte le cose.

II. LA NUOVA CREAZIONE

1. Nel Cristo. - Più ancora del VT, il NT ha coscienza del dramma introdotto nella creazione, così bella, a causa del peccato umano. Sa che il mondo attuale è chiamato a dissolversi ed a sparire (1 Cor 7, 31; Ebr 1, 11 s; Apoc 6,12 ss; 20, 11). Ma in Cristo una nuova creazione è già stata inaugurata, quella stessa che gli oracoli profetici annunziavano. Ciò vale anzitutto per l‘uomo rinnovato internamente mediante il battesimo ad immagine del suo creatore (Col 3, 10), divenuto in Cristo «nuova creatura» (Gal 6, 15): in lui l‘essere vecchio è sparito, un essere nuovo è presente (2 Cor 5,17). Ciò vale pure dell‘universo; infatti il disegno di Dio è di ricondurre tutte le cose sotto un solo capo, Cristo (Ef 1, 10), e in lui riconciliarle con se stesso (2 Cor 5, 18 s; Col 1, 20). Così, parlando della funzione di Cristo nei confronti del mondo, si passa insensibilmente dalla sua azione nella creazione originale alla sua azione nella ricreazione escatologica delle cose. Creazione e redenzione si congiungono: noi siamo «l‘opera di Dio, creata in Cristo Gesù in vista delle buone opere» (Ef 2, 10).

2. Dalla prima creazione all’ultima. - È possibile precisare meglio il modo secondo cui è effettuata questa creazione di una nuova umanità (cfr. Ef 2,15; 4,24) in Gesù Cristo. Esiste infatti un parallelismo sorprendente tra la prima creazione e l‘ultima. Alle origini Dio aveva fatto di Adamo il capo della sua razza, e gli aveva affidato il mondo affinché lo dominasse. Alla fine dei tempi il Figlio di Dio fatto uomo è entrato nella storia come il nuovo Adamo (1 Cor 15, 21. 45; Rom 5, 12. 18). Dio ha fatto di lui il capo dell‘umanità redenta, che è il suo corpo (Col 1,18; Ef 1, 22 s); gli ha dato ogni potere in terra (MI 28, 18; Gv 17, 2), ha rimesso tutto nelle sue mani e lo ha stabilito erede di tutte le cose (Ebr 1, 2; 2, 6-9), per modo che tutto deve essere instaurato in Cristo, sia gli esseri celesti che i terrestri (Ef 1, 10). Infatti Cristo, avendo in- sé la pienezza dello Spirito (Mc 1, 10 par.; Lc 4, 1), lo comunica agli altri uomini per rinnovarli interiormente e fare di essi una nuova creatura (Rom 8, 14-17; Gal 3, 26 sa; cfr. Gv 1, 12). a) Crescita del male nel mondo. - Il male, non soltanto è presente nella creazione, ma continua a crescere; la guerra mette l‘uno

3. Nell’attesa della vittoria. - Tuttavia questa. - contro l‘altro i fratelli e l‘innocente perisce nuova creazione, inaugurata nella Pentecoste, non ha ancora raggiunto il suo termine. L‘uomo, ricreato internamente, geme nell‘attesa della redenzione del suo corpo nel giorno della risurrezione (Rom 8, 23). Attorno a lui l‘intera creazione, attualmente soggetta alla vanità, aspira ad essere liberata dalla schiavitù della corruzione per accedere alla libertà della gloria dei figli di Dio (Rom 8,18-22). La storia cammina verso questo termine, verso questi cieli nuovi e questa nuova terra, già annunziati dalle Scritture (2 Piet 3, 13), e di cui l‘Apocalisse dà in anticipo una splendida evocazione: «Il primo cielo e la prima terra sono spariti... Allora colui che siede in trono dichiarò: Ecco, faccio nuove tutte le cose» (Apoc 21, 1-5). Tale sarà la creazione finale di un universo trasfigurato, dopo la vittoria definitiva dell‘agnello. (Gen 4,8); lo spirito d1 vendetta aumenta smisuratamente e moltiplica i crimini (Gen 4, 24); la malvagità invade la terra; se vari castighi denunciano la malizia degli empi (Gen 6,13; 11,9; 19, 24 s), questi molto spesso vedono accrescersi la loro prosperità (Sal 73,3-12; Ger 12,1) e la loro posterità (Giob 21, 7 s). Dio, non soltanto tollera questo scandalo, ma impedisce ai suoi servi di opporsi alla crescita del male pretendendo di estirpare i malvagi (Mt 13, 30). Il suo metodo è quello di trionfare del male col bene (Rom 12,21); là dove il peccato abbonda, bisogna che sovrabbondi la grazia (Rom 5,20). b) Crescita del popolo eletto. - In mezzo al mondo peccatore, Dio si sceglie un popolo, nato da Giacobbe. Poiché ha dato ad esso il mandato di moltiplicarsi (Gen 35, 11), si compiacerà di far crescere il suo popolo, purché questi sia fedele all‘alleanza; in caso diverso ne decreterebbe la rovina (Lev 26, 9; Deut 28,63; 30,16). È vero che Dio, nella sua bontà, non si comporta con Israele come con gli altri popoli: lo corregge prima che i peccati abbiano raggiunto la misura colma (2 Mac 6, 12-16); e lo scopo di questo castigo è una conversione che apre i cuori alla salvezza; allora Dio concederà al suo popolo di progredire in numero e in gloria (Ger 30,19; Ez 36, 10 s. 37 s; ls 54, 1 ss).

Autore: P. Auvray
Fonte: Dizionario di Teologia Biblica