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Giovedi, 25 aprile 2024 - San Marco ( Letture di oggi)

Capitolo 1: la promessa si compie: visioni sugli antenati della Madonna

Beata Anna Caterina Emmerick

Capitolo 1: la promessa si compie: visioni sugli antenati della Madonna
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1 In generale sui progenitori della Madonna e di Sant'Anna

Visioni rivelate al "pellegrino" la mattina del 27 giugno 1819.

Stanotte ho ricevuto di nuovo visioni sui progenitori dell'amata Vergine Maria. Si sono susseguite dinanzi alla mia vista interiore lentamente e per lungo tempo. Mentre le visioni si susseguivano, sentivo le mie pene diminuire e trovavo molto sollievo. Adesso posso raccontarle al "pellegrino", che sarà felice di ascoltarle. La storia della Madonna ha avuto per me sempre un'attrazione particolare, fin da bambina mi sono sentita intimamente fedele alla storia della Madre di Dio a tal punto da contestare chiunque mi raccontasse la medesima in modo diverso: No! Non è così! rispondevo, volendo attestare con tutta la forza quello che avevo visto. Tempo dopo, quando il mondo mi rese insicura, preferii tacere per meglio custodire nel mio intimo quella verità che avevo ricevuto dalle mie visioni. Stanotte con tanta gioia le ho riviste fin nei minimi particolari. Nella mia infanzia rivolgevo spesso i pensieri al presepe con il bambino Gesù e la Madre di Dio. Non riuscivo a comprendere perché non si raccontasse nulla e si scrivesse così poco dei parenti e degli antenati della Santa Vergine. Quando scrutavo nel mio essere interiore mi sentivo ferita per queste mancanze. Rinchiusi alla fine in me questa mia grande sete di conoscenza sulla vita della Beata e Santa Vergine Maria. Questa sete lentamente si trasformò in profonda nostalgia e all'improvviso presero a fluire dinanzi ai miei occhi interiori le numerose visioni degli antenati della Madonna, fin dalla quarta o quinta generazione. Li vidi come persone pure e innocenti che vivevano con una celata e straordinaria nostalgia per la promessa della venuta del Messia. I progenitori della Santa Vergine mi sembrarono differenti dalle altre persone dal portamento e dall'agire selvaggio. Nel notare questa profonda differenza nacque in me un grande timore per loro e riflettei, assorta nel silenzio della mia contemplazione: come potevano, essi che erano così pieni di grazia e silenziosi, vivere tra queste persone così rozze e aggressive? Fui presa da ansia e preoccupazione e mi assalì l'impulso di cercarli per aiutarli, portandoli lontano dal pericolo, desideravo metterli al riparo in un bosco. Li vidi vivere con tanta abnegazione e spesso anche da sposati si separavano per qualche tempo, come lo facevano da fidanzati. Quest'usanza mi colmò di letizia pur senza capirne il motivo. Usavano pure separarsi in occasione delle celebrazioni religiose, delle funzioni con incensamento e preghiere. In queste cerimonie riconobbi alcuni di loro mentre espletavano le funzioni di sacerdoti. Gli antenati di Maria, per non essere turbati nella loro quiete dalla gente cattiva e rozza, erano costretti spesso ad emigrare da un luogo all'altro, lasciando grandi beni e possedimenti per adattarsi ad altri minori. Per costoro il bene supremo erano la pace e la quiete, poiché erano animati da una devozione mistica che ardeva nei loro cuori, tanto che quest'impulso li spingeva a correre spesso nei campi solitari supplicando Dio. Li vidi di giorno strapparsi perfino gli abiti dal petto ai raggi cocenti del sole, come per invitare Dio a divampare nel loro cuore; oppure, di notte, alla luce lunare o al chiarore delle stelle, come a voler saziare la sete di realizzazione della profezia antica. Queste visioni mi si manifestavano mentre solitaria mi trovavo al pascolo per custodire il gregge, o di notte, sui pascoli più alti, quando mi inginocchiavo per le orazioni; oppure nel tempo dell'Avvento, a mezzanotte, mentre mi recavo sulla neve ad assistere alla funzione religiosa nella chiesa di San Giacomo a Coesfeld, distante quasi un ora di cammino dalla nostra comunità contadina. Qualche altra volta volli imitare i progenitori di Maria e correvo chiamando il Messia, così giunsi sempre in tempo a Coesfeld per assistere alla Messa mattutina dell'Avvento, sebbene le care anime del Purgatorio mi avessero guidato per lungo tempo attraverso tutte le stazioni della Via Crucis. Le figure dei progenitori della Santa Vergine, affamate di Dio, mi apparvero, per il comportamento e il modo di vestire, estranee, lontane e antiche, ma d'altra parte anche così chiaramente vicine al mio cuore da averne spesso l'immagine impressa dinanzi agli occhi. In seguito a queste visioni pensavo: "Tutto ciò che vedo di quel tempo antico è già successo, eppure essi sono qui, ne avverto la presenza. Io sono con loro!". Queste brave persone erano molto precise ed esatte in tutte le loro azioni, in tutti i discorsi e specialmente nella funzione religiosa e mai si lamentavano per le sofferenze.

Notizie personali della Veggente

Di sera, e anche nella notte, prego diligentemente per le povere anime che, forse, non avevano risvegliato abbastanza, nella vita terrena, il desiderio per la salvezza dell'anima loro, e si erano abbandonate invece ai desideri per le creature ed i beni del mondo. Tali anime, cadute durante questa vita nelle varie mancanze, adesso languiscono nello struggimento per la redenzione. Per questo dedico loro la mia preghiera e la mia supplica a Dio Redentore, mi offro volentieri a Lui per espiare io stessa queste colpe. Con tale misericordia ne traggo anche un piccolo vantaggio personale: godo il conforto della loro gratitudine e inoltre vengo svegliata in tempo per le preghiere salvifiche in loro favore e non passo il tempo dormendo. Un giorno, in particolare, queste anime mi si manifestarono librandosi a differenti altezze nell'aria; esse, come piccole, silenziose e deboli luci, si avvicinarono al mio letto, svegliandomi in tempo. Grazie al loro aiuto potei così anche quel giorno implorare Dio con le orazioni del mattino, poi spruzzai su di me e su di loro dell'acqua benedetta, mi vestii e mi recai sulla strada. Vidi le piccole e povere lucignole accompagnarmi sul cammino ordinate come in processione. Commossa dalla loro tristezza e toccata dalla forte nostalgia per il Divino, presi a cantare con il cuore supplicante: "Cielo! Sciogli il Giusto, nuvole fatelo piovere!"

2 I Progenitori di Sant'Anna: gli Esseni Abiti sacerdotali presso gli Esseni Le scuole del tempio i fiorellini di San Luca Notizie attorno agli Esseni

Visioni rivelate nel periodo giugno agosto del 1821.

In questo periodo ho visto molto sui progenitori della madre della Santa Vergine, Anna. Ieri mi è sembrato di essere quasi tutto il giorno tra questa gente ma, siccome ho ricevuto alcune visite, ho dimenticato tanto. Voglio raccontare però ciò che mi ricordo: ho visto Anna che viveva a Mara, nella zona del monte Oreb. Aveva relazioni spirituali ed era affiliata con un genere di Israeliti molto pii e devoti a Dio. Quei religiosi si chiamavano Esseni. Costoro però ebbero nei tempi più antichi altri due nomi: il primo nome, Escareni, prende origine da Eskara o Askarah, come viene chiamato l'incenso odoroso e l'offerta del grano macinato rivolta a Dio. Il secondo da Chassidim, che significa "misericordioso" (compassionevole) e devoto. Da dove altro provenga la parola "Esseni" non lo so più. Questi religiosi hanno la loro origine nel tempo di Mosè e Aronne, e cioè di quei sacerdoti che portarono l'Arca dell'antica Alleanza. Essi mantennero nel periodo di tempo tra Isaia e Geremia le loro precise regole religiose di vita quotidiana. All'inizio gli Esseni non erano molti, poi aumentarono e andarono ad abitare, organizzati in comunità, nella terra promessa, in una regione che era in lunghezza pari a 48 ore di cammino e 36 in larghezza. Più tardi giunsero fino alla zona del Giordano. La maggior parte di essi abitò il monte Oreb e il Carmelo, dove dimorò Elia. Io vidi che gli Esseni erano divisi in tre comunità con ordinamenti e costituzioni differenti. Quella che viveva sul monte Oreb ebbe una guida spirituale assai valida nel vecchio profeta dal nome Archas o Arkas. La loro costituzione era molto simile alla regola di un ordine spirituale dei nostri giorni: i candidati ammessi dovevano superare un noviziato di un anno e solo quando essi avevano provato di avere sufficiente temperanza venivano accettati, per un periodo lungo o breve, secondo i risultati dei supremi vaticmi profetici. Li vidi praticare il più stretto celibato.

In un'altra comunità di Esseni, alla quale poi appartennero anche i nonni di Sant'Anna, era permesso invece il matrimonio. Costoro, pur vivendo al di fuori dell'ordine religioso del monte Oreb, avevano stabilito nel proprio ambiente lo stesso comportamento e le medesime abitudini educative dei primi. Tra i due tipi di comunità intercorreva un rapporto, così come lo è oggi tra i cosiddetti Terziari (Terzo Ordine) e il clero regolare. Infatti questa comunità di coniugati si consultava spesso, per le conduzioni spirituali e coniugali, con il profeta della cosiddetta Montagna di Dio. Il terzo genere di Esseni che vidi erano anch'essi coniugati, costoro commisero molti errori perché portarono all'esasperazione tutti gli insegnamenti e perciò non erano tollerati dagli altri. Essi finirono per costituire una propria comunità. In particolare, gli Esseni dell'ordine religioso erano molto abili e inclini in cose profetiche, ed il profeta della Montagna era spesso nella caverna di Elia, partecipe alle manifestazioni divine relative alla venuta del Messia. Egli aveva ricevuto dai suoi oracoli profonde conoscenze della Famiglia dalla quale sarebbe dovuta provenire la madre del Messia.

Quando Archas predisse gli avvenimenti relativi ai progenitori di Sant'Anna, in relazione alle loro nozze, vide anche che la venuta del Messia si approssimava proprio con queste unioni. Egli però non sapeva dire, a causa dei peccati, quanto tempo ancora sarebbe occorso e quali impedimenti ci sarebbero stati per la nascita della Madre del Salvatore. Questo sarebbe dipeso dalla volontà espiatoria dei progenitori e di tutti gli Esseni. Il profeta, in seguito al suo vaticinio, esortò perciò ancor più tutta la comunità alla preghiera e ai sacrifici espiatori di purificazione per favorire la venuta del Messia. Vidi questi pii Israeliti essere fin dai tempi più antichi molto diligenti nella vita devozionale e nelle mortificazioni. Essi vivevano isolati e dispersi prima che Isaia li riunisse e desse loro un regolare statuto. Li vidi sempre con le stesse vesti che non cambiavano e non rammendavano mai finché, lacere e consumate, cadevano dal corpo. Gli Esseni combatterono con eccellente abilità il malcostume e, nella comunità degli sposati, le coppie vivevano tra loro come nella vita consacrata: spesso con lunghe astensioni, in capanne molto distanti tra i coniugi, partecipando alla vita coniugale, e in particolare al rapporto intimo, solo con l'intenzione di creare una discendenza sacra che avrebbe favorito l'arrivo del Salvatore. Vidi gli uomini prendere i pasti separati dalle loro mogli; solo quando l'uomo lasciava il tavolo, allora la donna prendeva il suo posto.

Tra questa comunità di devoti coniugati c'erano i predecessori di Sant'Anna e altra santa gente. Geremia era in contatto religioso e spirituale con alcuni di questi ed in particolare con quelli che erano chiamati "i profeti minori". Tali profeti vivevano nel deserto, intorno alla Montagna di Do e sul Carmelo. In altre visioni ne vidi anche molti in Egitto, ma questo dev'essere accaduto successivamente all'epoca in cui vissero i progenitori di Anna. Ho visto anche molti Esseni scacciati dal monte Oreb per un periodo di tempo e poi riunirsi sotto nuove guide. Mi apparvero tra costoro i Maccabei. Gli Esseni ebbero una grande venerazione per Mosè, al punto tale da usare quale oggetto di culto devozionale un sacro lembo di stoffa tolto da una sua veste. Questo lembo era stato dato da Mosè ad Aronne ed era divenuto per loro una reliquia santa. In un'altra visione mi apparvero quindici Esseni che subivano il martirio in difesa di questo sacrario. Vidi anche com'era profonda la conoscenza dei santi misteri dell'Arca dell'Alleanza presso i loro profeti superiori. Quelli non sposati, del monte Oreb, riuscivano a conservarsi illibati ed emanavano un'aurea di indescrivibile purezza e religiosità. Avevano il compito di educare i fanciulli ad una profonda santità interiore. L'Ordinamento di questi Esseni era molto severo: non si poteva sperare di essere accolti nell'Ordine prima dei 14 anni; coloro che erano già stati esaminati preliminarmente con esito favorevole erano ammessi come neofiti a un anno di prova, poi dovevano superare due anni di noviziato per divenirne membri. I membri dell'Ordine non potevano commerciare per i loro bisogni, ma solo scambiare i prodotti del loro campo per lo stretto fabbisogno. Se qualcuno degli Esseni cadeva in un peccato grave veniva emessa una sentenza di esilio dal superiore.

La guida spirituale riconosceva i simboli della colpa dagli Oracoli e poteva ben identificare il peccatore e scomunicarlo. Tale scomunica aveva un potere come quella che ebbe Pietro su Anania. Per tutti i peccati minori gli Esseni ricevevano solo penitenze, come per esempio dovevano restare in piedi vestiti di una tunica rigida, le cui maniche immobili e allargate in forma crocifissa erano piene di spilli. Abitavano in celle naturali, cioè in piccole grotte sul monte Oreb. In una grotta più grande era stata costruita con intrecci di canne una sala in cui i religiosi si riunivano ogni giorno alla stessa ora, le undici, per mangiare. Vidi che ognuno aveva dinanzi a sé un piccolo pezzo di pane e un bicchiere. Dopo che il superiore aveva benedetto il pane, si mangiava. Poi tutti ritornavano nelle loro singole celle. In questa sala per il pasto comune si trovava pure un altare e sopra, coperti, c'erano pani benedetti, questi erano considerati come qualcosa di sacro. Io penso che poi venissero distribuiti ai poveri. Gli Esseni allevavano e addomesticavano molte colombe, che si cibavano sulle loro mani e con le quali avevano un'usanza misteriosa: dicevano qualcosa e subito le colombe si levavano in volo. Vidi anche che essi adoperavano la stessa funzione con i capretti che lasciavano andare nel deserto, dopo aver detto loro qualcosa. Ebbi la percezione che gli animali assumessero in se stessi i peccati di questa gente. Vidi gli Esseni recarsi al tempio, a Gerusalemme, tre volte all'anno. I sacerdoti sul monte Oreb pulivano e confezionavano i paramenti sacri. Li vidi prodigarsi nella cura degli allevamenti; dell'agricoltura e specialmente dell'orticoltura.

Questa montagna era piena di giardini e alberi da frutta che stavano tra le capanne degli Esseni. La comunità non produceva la seta, occorrente per esempio per i paramenti sacerdotali, ma veniva scambiata con altri prodotti e smerciata a matasse. A Gerusalemme gli Esseni dell'Ordine avevano una loro zona particolare riservata per abitare e commerciare, così nel tempio avevano anche un proprio spazio separato dagli altri. A causa dei loro costumi severi, si attiravano l'avversione dei Giudei. Li vidi inviare molti doni per i sacrifici del tempio, per esempio giganteschi grappoli d'uva appesi a lunghe aste e portate da due uomini, come anche l'offerta di molti agnelli, non per farli uccidere, bensì per lasciarli correre liberi nei giardini del tempio. Non ho mai visto che gli Esseni compissero sacrifici cruenti per il tempio. Si recavano in questo luogo di preghiera con portamento molto serio, in spirito contemplativo, orazione, digiuno e penitenza; perfino preparati precedentemente da autoflagellazioni. Ma se qualcuno di questi non aveva espiato abbastanza per le sue colpe e commetteva l'errore di recarsi ancora carico di peccati al tempio e inoltrarsi fino al Santissimo, moriva improvvisamente. Quando sul cammino verso Gerusalemme gli Esseni incontravano qualche ammalato, oppure persone bisognose d'aiuto, interrompevano il viaggio per soccorrere costoro con tutte le cure del caso. Li vidi prodigarsi con guarigioni prodigiose. Questa gente raccoglieva soprattutto erbe medicinali e preparava bevande e lozioni per gli infermi. In un'altra visione ebbi chiaramente alcune immagini su delle persone dai lineamenti spirituali che adagiavano gli ammalati su una lettiera di erbe medicinali e li curavano con infusi di erbe e misture di fiori, oppure con l'imposizione delle mani sul capo e sulle differenti parti del corpo. Li ho veduti anche guarire in lontananza, in un modo meraviglioso. Solo tempo dopo appresi che costoro erano gli Esseni del monte Oreb.

I fiorellini di San Luca

Questa visione di Anna Caterina Emmerick è legata ad un episodio particolare che sarebbe opportuno spiegare dettagliatamente: la figlioletta del fratello della pia Emmerich era stata mandata da lei nell'inverno del 1820 da Coesfeld. La fanciulla si ammalò di convulsioni, dal tono forte e ripugnante, che si man?festavano in certe determinate ore della sera e spesso duravano fino a mezzanotte. Le pene della nipote, che dormiva proprio vicino a lei, portarono Suor Emmerick a comprenderne il motivo, come spesso fu capace di capire la provenienza delle malattie degli altri. Anna Caterina invocò il Signore, prostrata in ginocchio, affinché le fosse donata la grazia di essere messa a conoscenza di un rimedio adatto a guarirla; allora improvvisamente vide un fiore, a lei già noto per averne visti raccogliere da San Luca contro l'epilessia. In seguito alla precisissima descrizione di questo fiore fatta da Suor Emmerick, il dottor Wesener, suo medico curante, lo trovò nelle vicinanze di Dtilmen.

La Veggente riconobbe subito i fiorellini con la pianta, comunemente chiamata "astranzina", appartenente alle specie di Cerastium arvense Linnaei oppure Holosteum caruophylleum veterum (specie di erbe con piccoli fiorellini bianchi). Rilevai poi che anche il libro antico sulle erbe medicinali "Tabermontantani" cita l'uso di questa pianta contro l'epilessia. Nel pomeriggio del 22 maggio 1821, in uno stato di sopore estatico, Suor Emmerick disse: "Mi è stato comunicato interiormente che dovrei far bere alla ragazza una pozione di Ruta graveoleus (che lei aveva già precedentemente adoperato) e tre fiori di questa pianta, il tutto spruzzato con acqua benedetta e ben spremuto; la ragazza deve bere il succo dalle mie mani. Questa comunicazione l'ho ricevuta per tre volte, non posso più attendere". Lo scrittore Clemente Brentano, desiderando che Caterina gli comunicasse qualcosa di più preciso su questo rimedio curativo, avvolse in una carta alcune erbette dei fiori medicinali come una reliquia e di sera applicò il mazzettino con uno spillo al suo farsetto. Lei si svegliò e subito disse: "Questa non è una reliquia ma un' astranzina". Con tutto ciò Suor Emmerich volle mantenere per tutta la notte l'astranzina appuntata al suo farsetto; la mattina del 23 maggio 1821, la Veggente così raccontò al "pellegrino ": "Ero stesa su un campo pieno di astranzine e vidi anche ogni specie di utilizzazione di quest'erba medicinale, poi udii una voce che mi disse: Se gli uomini venissero a conoscenza degli effetti curativi di questa pianta non sarebbe più tanto facile entrarne in possesso. Vidi pure diverse utilizzazioni di questi fiori già in un'epoca antichissima. Infine mi apparve un grandissimo campo dove Gesù sfamava cinquemila persone là accampate. Un po' più appartati, non lontani dalla massa di popolo, sotto una grande tettoia di foglie, vidi molti infermi distesi su giacigli fatti di fiorellini, i quali erano rivolti verso l'interno dei giacigli stessi, mentre gli steli e le foglie al contrario erano rivolte all'infuori. Vidi i poveri ammalati soffrire £on convulsioni e tremori, quasi tutti avevano sotto il capo questi fiorellini.

Ai piedi gonfi di alcuni di loro, venivano applicati pure impacchi dei medesimi. Vidi perfino alcuni ammalati mangiarne e berne un infuso. I guaritori, o uomini di medicina, portavano una lunga veste di seta con la cintola. Prima di adoperare le erbe con i fiori vidi che queste venivano benedette dai sacerdoti. I fiori e la pianta che essi adoperavano, pur essendo della stessa specie che avevo usato, erano più delicati, con le foglie rotonde, più robuste e più succose. Questa pianta è molto rara e cresce su un suolo molto più fertile. Credo che venga detta comunemente "la consolazione degli occhi". La vidi presso Dernekamp e ne constatai le proprietà più forti dei fiorellini". Anna Caterina diede, come abbiamo già detto, alla fanciulla malata tre di questi fiorellini, la seconda volta cinque. Poi la Veggente disse della fanciulla: "Vedo la natura interiore di questa ragazza come un abito lacerato che esige una pezzuola per ogni buco".

Questi devoti praticavano il culto delle sacre reliquie dell'antichità che conservavano in stoffe pregiate di seta e di cotone. Erano le ossa dei profeti e dei figli d'Israele che erano periti in quelle zone. I sacri resti erano custoditi nelle nicchie con inferriate, costruite appositamente nelle caverne dagli Esseni del monte Oreb. La venerazione delle reliquie era assai profonda, i vasi con le erbe sempre verdi ne erano la testimonianza devozionale. Gli Esseni non ammogliati osservavano l'assoluta castità, le loro vesti erano lunghe e, anche se lacere, apparivano di un candore straordinario. Sembravano quasi creature angeliche pellegrine sulla terra. Sul monte Oreb appariva di tanto in tanto il supremo sacerdote per la celebrazione solenne, quando il suo paramento sacerdotale scintillava al sole, egli sembrava come avvolto in una veste di luce, in una nube di fuoco sacro.

Ma appena egli si spostava, ed i raggi del sole non investivano più direttamente la lunga veste, allora essa si rivelava non più così lucente e magnifica svelando la povertà di quella gente. Quella veste sembrava senza taglio e fatta ad imitazione di quella del supremo pontefice di Gerusalemme. Era composta da Otto pezzi. Sul petto e sul dorso del sacerdote si mostrava uno scapolare: un'importante reliquia la cui tradizione si riportava a Mosè e ad Aronne che l'avevano portata sul petto nudo, poi trasmessa agli Esseni. Quando il capo spirituale del monte Oreb profetava, indossava sul torace nudo questo scapolare; la parte inferiore del corpo era cinta solo da una fascia. Lo scapolare era composto da un doppio triangolo intagliato superiormente con un foro all'altezza del collo. Aveva la forma di una chitarra senza manico, la stoffa era assai ruvida e sembrava fosse composta da capelli umani.

Sul petto e sul dorso era trapunta una figura triangolare, vedevo anche delle lettere trapuntate con piccoli chiodi che terminavano in acuti uncini e tormentavano il petto del sacerdote. Precisamente non so cosa contenessero questi triangoli. Il supremo sacerdote degli Esseni, nelle grandi cerimonie e ricorrenze, indossava sullo scapolare una lunga camicia grigia di lana e al disopra la lunga veste bianca, che era allacciata da una cintura assai alta ed adornata di lettere. Intorno al collo portava una specie di stola. Mentre la parte anteriore era un po' più corta, la parte posteriore della lunga veste scendeva fino a terra con due campanelle alle estremità del lembo, le quali richiamavano il popolo a raccolta per il servizio divino mentre il sacerdote camminava. La barba del sacerdote scendeva sul bavero del collo della sacra veste, il quale era rigido e alto, appuntato da uncinetti. L'acconciatura del capo era come un turbante imbottito al cui centro si mostrava una piccola lamina d'oro guarnita di pietre preziose. Una piuma di seta era appuntata sul turbante.

Notizie intorno agli Esseni

Anche questa volta le visioni della Veggente di Dulmen vengono convalidate dalle ricerche degli storici e dei ricercatori: secondo le fonti dell'antichità, per esempio Flavio Giuseppe (Guerra giud., Il, 119161), Filone Plinio ed altri, consultate e raccolte dal Ricciotti (Op. cit. pag. 51 e 52), gli Esseni esistevano già nella seconda metà del Il secolo a.C. in vari luoghi della Palestina e particolarmente intorno al Mar Morto. Erano quattromila. Quest'associazione di religiosi era molto simile agli ordini monastici del Cristianesimo. Per esservi ammessi bisognava fare un noviziato di un anno, alla fine del quale si riceveva un battesimo; seguivano altri due anni di probandato, poi avveniva l'affiliazione definitiva mediante solenni giuramenti. Tra gli affiliati e i novizi esisteva gran differenza quanto a dignità e a purezza legale, tantoché se un novizio toccava per caso un affiliato, costui con traeva una certa impurità da cui doveva purificarsi. I beni materiali erano posseduti in perfetta comunità ed amministrati da ufficiali eletti a tale scopo; tutti lavoravano, specialmente nell'agricoltura, e i proventi andavano nel fondo comune.

Erano proibiti il commercio, la fabbricazione di armi, la schiavitù. Il celibato era lo stato normale: il solo Flavio Giuseppe da notizia di un particolare gruppo di Esseni i quali contraevano matrimonio sotto condizioni speciali (Guerra giud., Il, 160161), ma il fatto non è ben certo, e ad ogni modo non sarà stata che una limitata eccezione alla norma comune, secondo Plinio, gli Esseni sono una "gens in qua meno nascitur" (in Natur. hist., v, 17). Questa mancanza di procreazione faceva sì che accettassero a scopo di proselitismo anche fanciulli come probabili candidati all'associazione. La giornata era divisa fra il lavoro e la preghiera. Di prima mattina una preghiera comune era rivolta al sole. I pasti, consumati in comune, avevano un carattere di cerimonia sacra perché erano presi in un luogo speciale e dopo aver praticato particolari abluzioni e indossato abiti sacri, inoltre erano preceduti e seguiti da particolari preghiere; i cibi, semplicissimi, erano preparati da sacerdoti secondo regole speciali. In tutta la giornata si osservava abituale silenzio. Il rispetto per il riposo del sabato era di un rigore singolare: tanto che per questo rispetto, come pure per un accresciuto riguardo alla purezza legale, in detto giorno non si soddisfaceva alle necessità corporali maggiori.

Per Mosè si aveva somma venerazione e chi ne bestemmiava il nome era punito con la morte. Di sabato si leggeva in comune la Legge di lui, e se ne davano spiegazioni; ma oltre ai libri di Mosè, l'associazione usava altri libri segreti, che erano studiati ugualmente durante la consacrazione del sabato. D'altra parte non tutte le prescrizioni di Mosè erano praticate, al tempio di Gerusalemme gli Esseni inviavano offerte di vario genere, ma non sacrifici cruenti di animali. Salvo il giuramento per l'affiliazione, ogni sorta di giuramento era rigorosamente proibito; ci si dice infatti: "Ogni loro detto ha più forza d'un giuramento"; ma dal giurare 5 'astengono considerandolo peggiore dello spergiuro, giacché dicono che risulta già condannato colui che non è creduto (Guerra giud., Il, 135). È probabile che nelle consuetudini degli Esseni e nelle loro dottrine, il cui fondo principale proveniva certamente dal patrimonio ebraico, si fossero infiltrati elementi stranieri: tali ad esempio la dottrina loro attribuita della preesistenza delle anime, ignota all'ebraismo, e la pratica del celibato mai tenuto in onore presso gli Ebrei.

Ma la precisa provenienza di questi elementi non ebraici rimane dubbia, nonostante le molte congetture che si sono fatte in proposito. Sembra che gli Esseni esercitassero un'influenza scarsissima sul restante del giudaismo contemporaneo, dal quale erano segregati anche materialmente da tante norme di vita pratica. Essi dovevano apparire come un "hortus conclusus", che si ammirava volentieri ma rimanendone al di fuori; tuttavia, oltre a coloro che entravano stabilmente nell'associazione, v'erano taluni che ne seguivano solo per qualche tempo il tenore di vita, mossi da un vago desiderio ascetico, come narra d'aver fatto nella prima giovinezza Flavio Giuseppe (Vita, 1012). Di questioni politiche gli Esseni ordinariamente non si occupavano, mostrandosi ossequenti verso le autorità costituite. Tuttavia nella grande rivolta contro Roma, alcuni di essi si lasciarono vincere dall'entusiasmo e presero le armi: un Giovanni Esseno è ricordato con funzioni di comando tra i Giudei insorti (Guerra giud., Il, 567; III 11, 19). Dai vincitori Romani essi ebbero a soffrire gravissimi tormenti (ivi, lì, 152153), ma non per questo violarono i giuramenti della loro associazione. Dopo qualche tempo scomparvero del tutto dalla storia. È da ricordare che importanti scoperte relative agli Esseni sono state fatte dal 1947 in poi a Khirbet Qumran, lungo le sponde settentrionali del Mar Morto: le scoperte hanno portato alla luce l'insediamento principale degli Esseni con molto materiale archeologico, compresi scritti (biblici, essenici, profani, ecc.).

3 La nonna di Anna si consulta con il profeta del monte Oreb L'approssimarsi della nascita della Santa Vergine Maria

Una visione mi portò alla conoscenza di Chariot; era un Esseno dedito ad una vita contemplativa e di espiazione. Aveva la sua dimora nelle vicinanze di Gerico e visse circa cento anni prima di Gesù Cristo Redentore. Vidi poi che gli Esseni avevano un modo di vivere molto austero e misurato: essi mangiavano per la maggior parte solo la frutta che cresceva nei loro giardini. Anche Arcos mangiava della frutta amara e gialla. Il vecchio profeta del monte Oreb, guidò gli Esseni per novant'anni. Sembra strano che questo veggente abbia profetizzato sempre la nascita di creature di genere femminile e che i progenitori di Anna e quest'ultima stessa ebbero per la massima parte una discendenza femminile. Vidi la nonna di Anna consultano in merito alle sue nozze. Sembra che questo profeta rivolgesse tutte le sue preghiere e devozioni a Dio, affinché benedicesse le pie madri dalle quali sarebbe discesa la famiglia della Vergine Maria, la Madre del Salvatore, e le famiglie dei servi e dei discepoli di Gesù Cristo. Anche il luogo di preghiera e dei vaticini del profeta era situato sul monte Oreb, nella grotta che era stata la dimora di Elia.

Questa grotta era posta lungo una salita sul Monte e vi si accedeva per un'entrata scomoda, dopo aver disceso alcuni gradini naturali scavati nella roccia. Arcos ci andava sempre solo. Quando il profeta si recava in questo luogo assumeva lo stesso significato del supremo sacerdote del tempio quando si recava nel Santissimo, poiché nella grotta di Elia si trovava il Santissimo degli Esseni. In questo posto erano celati alcuni misteri sacrali, che non si possono svelare e perciò non posso nemmeno ricordare. Spiegherò poi quello che è nelle mie possibilità. Come dissi, ebbi una visione nella quale la nonna di Anna, prossima alle nozze, si recò dal profeta Arcos per avere un consiglio. Questa pia donna abitava nel deserto, a Mara, con la sua famiglia che faceva parte della comunità degli Esseni coniugati e aveva in questo luogo dei beni. Udii una voce che mi disse il nome di questa antenata: Moruni o Emorun. La voce mi disse che significava "buona madre" o "sublime madre " Quando giunse il tempo per prendere marito, furono in molti a chiedere la sua mano, ed ella si recò sul monte Oreb per consultare il supremo sacerdote, affinché l'aiutasse nella scelta consultando gli Oracoli.

Le donne potevano parlare in udienza privata con il sacerdote solo attraverso un'inferriata, in un angolo riservato nella grande sala delle adunanze. Vidi Archos, con addosso i sacri paramenti, salire molti gradini, e giunto alla cima del Monte ne discese altri che lo condussero alla soglia deUa grotta di Elia. Entrò e chiuse dietro di sé la piccola porta della caverna. L'interno, ordinato e riempito di sacri arredi, era immerso in una luce crepuscolare con venature azzurre. Alcuni vasi contenevano delle erbe basse dalle proprietà terapeutiche e miracolose. Saranno le stesse che cresceranno e si rinvigoriranno al passaggio del lembo della veste di Gesù Io conosco quest'erba, cresce anche presso di noi, sebbene di costituzione più debole. Serviva alle rivelazioni profetiche di Archos perché col fiorire o con l'appassire forniva gli indizi negativi o positivi degli Oracoli. Il simbolismo è chiaro. Tra queste erbe vidi un piccolo alberello con le foglie giallicce rivolte in alto a forma di spirali. Alla mia vista interiore apparvero tante piccole immagini sulle foglie dell'alberello, mi sembrò che fosse il tronco di Jesse o l'albero genealogico che mostrava quanto fosse vicina la venuta della Madre di Dio. Archos teneva sempre nelle mani il bastone di Aronne, particolarmente quando pregava nella grotta di Elia. Lo vidi con questo bastone durante il vaticinio del matrimonio dei progenitori della Santa Vergine.

Egli chiese alla divina Provvidenza se il matrimonio contribuisse positivamente alla venuta del Messia, allora il bastone fiorì alcuni virgulti e fu chiaro che, secondo la volontà di Dio, la specie doveva continuare in quella direzione. Vidi Archos che, osservando in che modo si sviluppavano i virgulti, profetava, interpretando quel vivo simbolismo. Gli Esseni possedevano pure un'altra preziosa reliquia nella caverna di Elia sul monte Oreb; era una parte del più sacro segreto dell'Arca dell'Alleanza. Il sacro oggetto era celato da un velo nell'Arca. Solamente i più santi sacerdoti e profeti ne conoscevano il mistero. Questa reliquia era un mistero divino che preannunciava la venuta della Santa Vergine piena di grazia, nella quale per volontà dello Spirito Santo si sarebbe incarnato il Verbo fattosi uomo. Gli Esseni conservavano parte di quella santissima reliquia in un calice lucente fatto di pietre preziose; prima della schiavitù babilonese era stata custodita nell'Arca dell'Alleanza. Vidi che da questo sacro calice crescevano talvolta dei piccoli fiori. Archos pregò rivolto verso un'apertura in alto da dove entrava la luce, poi si gettò a terra col viso rivolto al suolo. In questo momento Archos aveva ricevuto un'estasi e una rivelazione profetica: egli vide crescere sotto il cuore di Emorum, che gli aveva domandato consiglio, un bastone di rose con tre rami, ciascuno dei rami portava una rosa.

La rosa del secondo ramo era ornata di una lettera, credo che fosse la N o la M. Il sacerdote poi vide un Angelo che scriveva delle lettere, potè leggere e capirne subito il significato. Subito dopo uscì dalla caverna ed annunciò alla progenitrice di Anna, la quale lo aveva interrogato, che si sarebbe maritata col sesto pretendente al matrimonio e avrebbe partorito una bambina eletta da Dio, contraddistinta da un segno. Emorum infatti sposò Stolano, che era anch'egli un Esseno ma non di Mara, dopo il matrimonio assunse il nome di Garescha o Sarzirius. Stolano ed Emorum ebbero tre figlie: Ismeria, Emerenzia e Enue. La famiglia si trasferì da Mara a Ephroa. Ho visto Ismeria diventare la madre di Sant'Anna, e non Emerenzia come fu detto da alcuni. Emerenzia invece sposò Aphras o Ophras, un levita. Dalla coppia nacque Elisabetta, la madre di Giovanni il Battista. Un'altra figlia si chiamò Enue come la zia, e all'epoca della nascita di Maria Santissima era già diventata vedova. La figlia primogenita di Ismeria e di Eliud si chiamava Sobe ma, siccome in questa fanciulla non si era manifestato il segno della promessa, la coppia ne era assai afflitta e perciò i coniugi si recarono dal profeta del monte Oreb. Archos li consigliò di pregare, di offrire sacrifici, e supplicare insistentemente Dio. Ismeria rimase sterile per diciotto anni poi fu di nuovo benedetta da Dio, che le diede una visione notturna: vide un Angelo scrivere sulla parete vicino al suo letto la lettera "M".

Quando la coppia si svegliò scorse il segno realmente sulla parete. Dopo nove mesi Ismeria diede alla luce Sant'Anna che portava la lettera sul petto. A cinque anni la bambina fu inviata alla scuola del tempio, come farà anche Maria. Dodici anni dopo ritornò a casa e trovò una sorellina di nome Maraha. Un anno dopo Ismeria si ammalò gravemente. Dal letto di morte diede alcune istruzioni e ammonizioni ai suoi parenti, raccomandò loro Anna, come futura madre della famiglia. Infine volle parlare solo con Anna, la consigliò di sposarsi e di lasciarsi guidare dal profeta del monte Oreb; le raccomandò di prepararsi a divenire un vaso della Grazia divina. Poi lasciò questo mondo. I genitori di Anna erano ricchi, ma donavano moltissimo ai bisognosi e tenevano per loro solo una piccolissima parte. Li avevo già visti, insieme a devoti e religiosi, portare l'Arca dell'Alleanza, la quale emanava una luce maestosa che presagiva il prossimo evento delle sacre nascite di Sant'Anna e della Santa Vergine Maria. Sobe, la sorella maggiore di Anna, si maritò con un certo Salomone e generò due figli: Eliud e la figlia Maria Salome, la quale si sposò con Zebedeo e partorì Giacomo il Maggiore. Anna aveva ancora una terza sorella, molto povera ma che era molto saggia. Sant'Anna era nata a Betlemme, tempo dopo i suoi genitori si erano trasferiti a Sephoris poco distante da Nazareth. Essi avevano poderi e terreni nella valle di Zabulon.

Dopo la morte della consorte, il padre della Santa decise di ritirarsi in questo podere con il resto della famiglia. Così entrò in amicizia con i genitori di Gioacchino, della tribù di David. Il padre di Gioacchino, che pure si era stabilito da tempo in quella valle, si chiamava Matthat ed era il fratello minore di Giacomo, il padre di San Giuseppe. Sebbene Anna non fosse bellissima, sembrava la più bella tra le altre ragazze. Semplice ed innocente. Sua figlia, Maria Santissima, sarà la più bella di tutte. Anna si conservò per tutta la vita semplice ed innocente. Non voleva prendere marito e rifiutava tutti i giovani che la chiedevano in sposa. Ne aveva subito allontanati almeno sei. Secondo la tradizione di famiglia e la volontà di sua madre, Anna si recò a chiedere consiglio agli Esseni e seppe che era giusto che sposasse un certo Gioacchino; lei però non lo aveva mai conosciuto e mai ne aveva sentito parlare. Quando il padre di Anna si trasferì nella valle di Zabulon, Matthat chiese la mano di Anna per conto di suo figlio. Così avvenne che la futura madre di Maria Santissima conobbe Gioacchino. Questi era un giovane molto pio ma non era bello, e San Giuseppe non era più tanto giovane, però era molto più bello di lui. Il modo di chiedere moglie era semplice: accomodata la cosa con i genitori, si faceva la promessa nella sinagoga del paese. il sacerdote pregava sul santo luogo dove erano i sacri Libri della Legge, mentre i genitori pregavano a casa loro. Poi il sacerdote accettava la dichiarazione degli sposi, i loro patti e le loro intenzioni. Il giorno seguente venivano congiunti con numerose cerimonie che si svolgevano all'aperto. Quando Anna si sposò aveva circa diciannove anni. Un solo sacerdote assisté alla cerimonia.

Essi andarono ad abitare a casa di Eliud, il padre di Anna, la cui casa era poco distante da Sephoris; vi abitarono per sette anni. Il loro aspetto era chiaramente ebraico, ma lasciava intravedere tratti somatici fini ed insoliti. La serietà e la compostezza che sprigionava dal loro atteggiamento e dai costumi di vita erano assai rari. Nonostante fossero giovani, mostravano una maturità e una saggezza da persone più che anziane. Come i loro antenati, essi donavano quasi tutti i loro averi al tempio, ai poveri e ai parenti bisognosi; vivevano con molta temperanza, donando il superfluo ai più bisognosi. Vidi spesso che quel poco che la coppia tratteneva per sé, dopo poco si moltiplicava per essere diviso ancora. Per questo da ragazza pensavo che chi dà, riceve sempre il doppio. In ogni occasione parlavano con grande ansia dell'attesa del Messia. Spesso li vedevo, insieme ad amici e parenti, seduti al suolo in cerchio, parlare di cose sante. Tra i parenti bisognosi vidi alcuni malvagi che, invidiosi ed arroganti, chiedevano solo doni. Nonostante quest'atteggiamento, costoro ricevevano molto e venivano trattati bene. A causa di una disgrazia in famiglia, Anna partorì una bambina prematuramente, non era quella dell'antica Promessa perché non ci furono i segni. Sant'Anna ritenne per questo di aver peccato e temendo che fosse stata la conseguenza del castigo di Dio, divenne molto triste.

Malgrado ciò furono felici per la nascita della fanciulla che venne chiamata Maria. Essi amarono questa bambina ma, non avendo ricevuto il tanto atteso santo frutto, erano contemporaneamente inquieti e tristi. Vissero in reciproca astinenza e penitenza per un lungo periodo di tempo. Anna diventò sterile e ritenendo ciò come conseguenza dei suoi peccati, aumentò le sue opere buone. Vidi le sue preghiere solitarie e gli sposi vivere divisi per molto tempo. Le loro offerte al tempio furono quasi raddoppiate. Decisero di vivere in solitudine per guadagnarsi di nuovo la benedizione di Dio, allora lasciarono la casa del padre Eliud e si recarono in un podere nei dintorni di Nazareth, un lascito dei genitori di Gioacchino. I parenti. di Anna prep ararono tutte le cose occorrenti: divisero il gregge, sortirono le stoffe, impacchettarono i vasi fragilissimi, e le tante altre cose che occorrono alla partenza definitiva di una famiglia che è vissuta sette anni in una stessa casa con i parenti. Vidi i parenti dare in una borsa alla coppia in partenza un piccolo oggetto, ma pesante, simile ad un pezzo di metallo prezioso.

Quando tutto fu pronto, Anna e Gioacchino presero commiato da quella brava gente con profonda commozione. Il corteo di servi e ancelle che spingevano avanti il bestiame, si mosse per primo, seguito da Anna e Gioacchino seduti sugli asini. Nella colonna, tra la polvere alzata dai buoi, gli asini e le pecore, scorsi pure il viso di Maria Heli, la prima figlia di Anna, dell'età di circa cinque o sette anni. La nuova abitazione si trovava a circa un'ora di cammino da Nazareth e si erigeva su una collina circondata da prati, era tra la valle di Nazareth e quella di Zabulon. La casa era fatta di pietra. Più avanti si erigeva una tettoia e le stalle per il bestiame, non lontani si trovavano gli alloggi della servitù. Vicinissimo alla casa vidi un albero molto strano, era grandissimo e i suoi rami scendevano fino a terra, mettevano radici e spuntavano da queste nuovi alberi più piccoli. L'interno della casa aveva la struttura di una chiesa non tanto grande, era suddiviso molto bene in numerose stanze con pareti mobili, fatte di intrecci di vimini, che non giungevano fino al soffitto, le pareti erano alte poco più di una persona. C'era la grande sala del banchetto e un'antisala, alcune separazioni di vimini potevano servire all'occorrenza per formare piccolissime stanze da letto per numerosi ospiti, per esempio in occasione di un grande banchetto nuziale di più giorni.

Al centro della casa si trovavano quattro stanze da letto a destra e quattro a sinistra, tutte erano formate con lo stesso sistema delle pareti di vimini. Dalle medesime si penetrava nella terza parte della casa, la posteriore, che finiva con la forma di mezzo cerchio come il coro di una chiesa. Al centro di questo spazio si trovava il grande focolare davanti al quale al soffitto era appeso un candelabro con cinque candele. Dietro al focolare alcuni arazzi coprivano ancora due locali: quello in cui la famiglia pranzava e il luogo di preghiera e di meditazione, l'oratorio. Fuori della casa c'era un giardino meraviglioso con un bel frutteto, dietro apparivano i campi di grano e un grande bosco che si estendeva fino ai piedi di un monte. Quando la pia famiglia giunse nella nuova dimora trovò tutto in ordine perché la servitù aveva già provveduto ad organizzare e pulire la casa. I servi furono di grande aiuto, erano coscienti e intelligenti, come lo era la servitù in quell'epoca. In poco tempo tutto fu in ordine ed ebbe inizio la nuova vita. Vidi i membri della famiglia spesso seduti in cerchio sul tappeto con altre persone mentre discorrevano della santa attesa.

Essi continuavano a donare buona parte dei loro averi ai poveri e al tempio mentre ritenevano solo la parte minore e peggiore di tutte le loro sostanze. Miracolosamente, quanto più li vidi donare gran parte del raccolto e delle mandrie, tanto più tutto si moltiplicava improvvisamente. Spesso vidi dormire Anna e Gioacchino in stanze separate. Vivevano nella più grande continenza e spirito di abnegazione. Vidi Gioacchino pregare mentre pascolava le pecore e gli agnelli. La tristezza di questa coppia andava sempre aumentando perché Anna era sterile da diciannove anni, da quando era nata la loro prima figlia. Sebbene lei si vergognasse di non essere feconda, era fiduciosa nella venuta del Messia per mezzo di qualche sua parente. La gente cattiva del vicinato parlava male di loro perché non avevano altri figli. Anna frattanto si sforzava con Gioacchino di raggiungere una sempre maggiore purezza. Vidi Gioacchino, di costituzione piccola e robusta, recarsi a Gerusalemme col bestiame destinato al tempio. Anna era divenuta molto debole e infossata nelle guance, che però mantenevano il colore roseo.

4 Gioacchino, disprezzato nel tempio, ritorna al suo gregge

Passarono così molti anni invocando la benedizione del Signore sulla loro unione; Gioacchino si approssimava ad offrire un ennesimo sacrificio al tempio. Alcuni giorni prima di quest'offerta, la coppia si era ritirata in orazione rivestita di dolorosi cilici. L'ultima notte in particolare rimasero prostrati al suolo. All'alba, Gioacchino si incamminò con i suoi servi verso il tempio: portavano colombi, uccelli di varie specie, agnelli ed altre cose da sacrificare e offrire a Dio. Li vidi su un prato verde grandissimo che si trova a mezza strada tra Betania e Gerusalemme, sul quale vidi in altre occasioni anche Gesù. Prima di entrare nel tempio lasciarono i loro asini nelle stalle adiacenti, vicino al mercato del bestiame. Il gruppo salì le scale e varcò la soglia del sacro luogo. Mentre i servi consegnavano le vittime, Gioacchino attraversò le diverse sale del tempio, anche quella dove si trovava il bacino dell'acqua in cui si lavavano tutte le vittime prima del sacrificio.

Poi attraversò un lungo corridoio ed entrò in una sala posta alla sinistra dello spazio dell'altare su cui ardevano le vittime, dove c'era la tavola del pane di propiziazione ed il candelabro dalle sette braccia. In questo luogo vidi come Gioacchino fu messo alla prova dal sacerdote Ruben, il quale disprezzò i doni sacrificali del pio uomo gettandoli in un canto e non mettendoli con gli altri in mostra sotto le inferriate sul lato destro della sala. Inoltre Ruben rimproverò Gioacchino dinanzi a tutti gli astanti a causa della sua infecondità. Il pover'uomo si mise per la vergogna in un angolo in cui vi era uno steccato chiuso da sbarre. Poi se ne andò addolorato riprendendo la via del ritorno. Passando per Betania, nella zona di Machàrus, si recò ad una riunione di Esseni per rinvigorirsi alle loro parole e ricevere consigli e consolazione. In questa stessa casa vivrà il profeta Manachem che predisse ad Erode i suoi misfatti. Poi Gioacchino, passando il Giordano, si ritirò tristemente sul monte Hermon, che da un lato è illuminato dal sole, verdeggiante e coperto di alberi rigogliosi di frutta, mentre dall'altro lato è ricoperto di neve. Sull'Hermon Gioacchino aveva un gregge di pecore. era il più lontano dalla sua abitazione.

5 Anna accoglie l'annuncio della fecondità e si reca al tempio L'Angelo del Signore scrive il nome "Maria"

Gioacchino non fece sapere ad Anna che si era ritirato sull'Hermon. Dopo l'offesa al tempio, egli si sentiva frustrato ed afflitto al punto che non poteva parlare con nessuno e non voleva mostrarsi nemmeno a sua moglie. Anna seppe da altre persone della vicenda del tempio e si senti profondamente rattristata. Vidi la pia donna piangere col volto chinato al suolo e fortemente preoccupata perché non sapeva dove era finito Gioacchino. Egli restò per cinque mesi presso il suo gregge ritirato in questo modo. Una sera Anna ebbe un alterco con una sua ancella che voleva recarsi alla festa dei Tabernacoli. Per vari motivi fu costretta a rimandare quest'ancella a casa dei genitori. Inviperita per l'affronto, la serva le rinfacciò la sterilità e l'abbandono del marito. Dopo quest'offesa, Anna si senti malissimo e si ritirò nelle sue stanze a meditare e a bussare alla porta di Dio. In seguito a queste preghiere, seguendo la voce Celeste, andò in giardino e, avvolgendosi interamente in un ruvido panno che le copriva pure la testa, si pose sotto il grande e strano albero che formava una specie di pergolato. Accese una lampada, appesa in una specie di cassetta fissata all'albero, e si dispose a leggere delle preghiere scritte su un papiro. I rami di quest'albero grandissimo cadevano fin sul terreno e sul muro circostante e vi mettevano perfino radici. Queste radici producevano nuovi rami, che a loro volta cadevano al suolo e facevano crescere altri rami; così si era formato un lunghissimo viale di pergolati.

Quest'albero era molto raro, era della stessa specie di quello del frutto proibito del Paradiso terrestre. Produceva della magnifica frutta che pendeva dai rami, credo che fossero grandi pere assai succose. Le foglie poi erano grandissime, direi quasi enormi, della stessa fattezza di quelle che usarono Adamo ed Eva per coprirsi dopo il peccato. Gli Ebrei adoperavano le foglie specialmente in occasione della festa dei Tabernacoli per adornare le pareti, disponendole a scaglie. Anna, seduta sotto l'albero, s'immerse in una preghiera profonda e pregò Dio, che se anche l'avesse condannata alla sterilità, almeno le facesse ritrovare Gioacchino. Mentre pregava in questo modo, scese dalla sommità dell'albero un Angelo di Dio che le apparve improvvisamente e le annunciò che l'Onnipotente avrebbe esaudito tutte le sue suppliche e le avrebbe dato tutto quanto abbisognava. Infine la esortò a recarsi al tempio con due ancelle e a portarvi un sacrificio di due colombe. Le annunciò che avrebbe incontrato Gioacchino sotto la "porta d'oro", poiché anch'egli era stato avvertito che era entrato nella grazia del Signore. Poi le disse che presto avrebbe saputo il nome della figlia che era prossima per volontà celeste.

Subito dopo l'Angelo scomparve. Anna si senti riempita di grazia, e colma di gioia, ringraziò Dio onnipotente e misericordioso. La pia donna rientrò subito nelle sue stanze in uno stato di felicità estatica. Vidi che, dopo essersi svestita, si avvolse dalla testa ai piedi in un lenzuolo molto ampio. Quindi si mise a letto, pregò e si sdraiò sul fianco destro. Dormi alcune ore, improvvisamente un Angelo luminoso scese su di lei, mentre tutta la stanza fu avvolta da una luce potente. Vidi che l'Angelo stese su di lei la mano e scrisse sulle grandi pareti luminose il nome "Maria". Poi la santa presenza scomparve nella luce. Anna era rimasta come rapita in un sogno estatico. Ripresa conoscenza si sedette sul letto e pregò fervidamente; poi ricadde in un sonno profondo. A mezzanotte, come per una chiamata interiore, Anna si svegliò e vide con immensa gioia del cuore, lo scritto alla parete.

Erano come grandi lettere rosse, dorate e luminose; Anna le contemplò fino all'alba, quando disparvero con il fascio luminoso. La santa Donna era divenuta bellissima e sembrava ringiovanita, la visita dell'Angelo e il nome di sua figlia l'avevano rigenerata nelle più intime profondità del cuore. Vidi che Anna era divenuta un vaso per contenere la volontà di Dio, la donna scelta per essere la madre della Santa Madre era stata trasformata in un tabernacolo vivente e miracoloso per accogliere e custodire degnamente una tale santità. Credo che Anna avesse a quel tempo quarantatré anni. La futura madre di Maria, riempita di spirito e di santità, si alzò, accese la lampada, pregò e preparo il suo viaggio verso Gerusalemme con i doni sacrificali. Quella mattina tutta la casa sembrava più luminosa e la servitù si dimostrava inebriata da una gioia meravigliosa, sebbene nessuno avesse appreso la notizia o avesse visto apparire l'Angelo.

6 Gioacchino consolato dall'Angelo si reca ancora una volta al tempio con nuove offerte sacrificali

Vidi Gioacchino sul monte Hermon in grande tristezza mentre si preparava per la festa dei Tabernacoli. I pastori, suoi dipendenti, non sapevano della sua storia e non sospettavano nemmeno il motivo per cui egli si era ritirato sul monte vicino al Giordano. Guardava i capretti saltellare vicino alle loro mamme e si rattristava pensando che non poteva aver mai più figli. Mentre pregava e si sentiva scoraggiato di recarsi come al solito a Gerusalemme per l'offerta al tempio, gli apparve l'Angelo che lo consolò, esortandolo ad andare al tempio poiché le sue offerte questa volta sarebbero state ben accolte e le sue preghiere esaudite. Egli si sarebbe congiunto con la sua sposa sotto la "porta d'oro" del tempio. Allora vidi Gioacchino illuminarsi dalla gioia e suddividere il gregge in tre parti: la minore per lui, la migliore agli Esseni e la più bella parte, quella scelta con accuratezza, la inviò al tempio per mezzo dei suoi servi. Egli giunse a Gerusalemme il quarto giorno della festa dei Tabernacoli e si diresse subito al tempio. Nello stesso giorno arrivò anche Anna e andò ad alloggiare presso i parenti al mercato del pesce.

Quando Anna e Gioacchino si incontrarono sotto la "porta d'oro" era l'ultimo giorno della festa. Entrambi si riempirono di luce. Vidi come questa volta i sacerdoti accolsero bene le offerte del sant'uomo, addirittura alcuni di essi gli andarono incontro nel vestibolo appena egli fu annunciato. La sua offerta sacrificale al tempio di Gerusalemme consisteva in due agnelli e tre animali graziosi, credo che fossero capretti. Molte persone che lo conoscevano si complimentarono con lui per la buona accettazione dei suoi doni sacrificali. Vidi il tempio tutto aperto e luminoso a causa della festa, era adornato di ghirlande di foglie e frutta, una capanna di frasche veniva addobbata dove c'erano otto colonne ancora libere. Gioacchino percorse la stessa via dell'ultima volta e vide le sue bestie uccise e bruciate sull'altare sacrificale del tempio. Qualcosa di queste vittime era stato già bruciato a destra del vestibolo, vicino alla grande cattedra. Vidi i sacerdoti nel Santo tenere un sacrificio incruento con l'incenso odoroso. Furono anche accese le sette candele nei sette bracci del candelabro d'oro, ma non contemporaneamente. Ho visto spesso infatti che le candele disposte nel candelabro vengono accese in momenti particolari e non tutte insieme, poiché ogni braccio ha il suo significato particolare. Quando il sacrificio fu consumato e sali al cielo vidi un raggio di luce scendere sui sacerdoti nel Santo e, contemporaneamente, Gioacchino, che era fuori nella sala, fu anch'egli riempito della medesima luce. Seguendo un comando celeste vidi due sacerdoti dirigersi improvvisamente nella sala dove si trovava il pio uomo, lo presero e lo portarono con loro attraverso le sale laterali fino all'altare d'oro dei sacrifici odorosi. Il sacerdote allora sciolse sull'altare una miscela di ingredienti che appartengono alla tradizione religiosa Giudea dei sacrifici odorosi quotidiani. Da questo mucchio di erbe aromatiche si alzò un odore acre e penetrante, che dall'incensiere d'oro dell'altare dei sacrifici raggiunse il vestibolo del Santissimo.

Poi i sacerdoti se ne andarono, lasciando Gioacchino solo nel Santo. Mentre il sacrificio odoroso si consumava, egli rimase prostrato in ginocchio con le braccia aperte e sollevate in stato di profonda adorazione. Improvvisamente calò su lui la figura di un Angelo avvolta in un fascio di luce radiosa che gli diede un foglietto sul quale lessi tre nomi scritti con lettere luminose: Elia, Anna, Myriam. Vicino a quest'ultimo nome vidi l'immagine di una piccola Arca dell'Alleanza oppure di un Tabernacolo. Gioacchino depose con cura questo foglietto sul petto, sotto la sua veste. L'Angelo gli disse che la sua infecondità del momento si sarebbe rivelata per lui una gloria e non una vergogna poiché l'attesa avrebbe presto fruttificato quello che la sua sposa doveva accogliere: il Frutto immacolato della Benedizione Divina, la massima benedizione di Abramo. Siccome Gioacchino non poteva comprendere quanto gli diceva l'Angelo, quest'ultimo lo guidò dietro una tenda non lontana dall'inferriata del Santissimo. Vidi poi l'Angelo avvicinarsi all'Arca dell'Alleanza e prendervi qualcosa che diede al sant'uomo. Era una sfera luminosa o un cerchio di luce, l'Angelo gli ordinò di alitarci sopra e guardare. L'alitare di Gioacchino produceva delle immagini nel cerchio di luce, egli le guardava con meraviglia e silenziosa devozione. Il suo alito non rendeva opaca la sfera.

L'Angelo allora gli disse: "Come è rimasta pura questa sfera dal tuo alito, così verrà accolta la bambina da Anna". L'Angelo allora innalzò la sfera di luce nell'aria ed io vidi, attraverso un apertura laterale della medesima, susseguirsi un carosello di immagini sacre e di simboli: dalla caduta fino alla redenzione dell'umanità. L'una dopo l'altra, si susseguirono le molteplici immagini relative allo sviluppo dell'umanità. Furono talmente numerose che le ricordo solo confusamente. Ricordo però che su tutte le immagini si stagliava la Trinità, sotto e dilato vedevo il Paradiso. Vidi Adamo ed Eva, il peccato, la promessa della redenzione, e così tutte le immagini legate alla Promessa: Noè, il diluvio, l'Arca, la Benedizione di Abramo, la tradizione della Benedizione che si trasmetteva al primogenito, da Abramo a Isacco, da Isacco a Giacobbe; poi vidi quando la Benedizione venne presa da Giacobbe e quest'ultimo lottare con l'Angelo; indi mi fu mostrato come essa raggiunse Giuseppe in Egitto e come entrò in lui e nella sua sposa in un'altissima solennità spirituale. Vidi pure le reliquie di Giuseppe e Asenet, sua moglie; e come, per mezzo di Mosè, il sacrario della Benedizione venne portato fuori dall'Egitto e divenne il Santissimo dell'Alleanza, la sede del Dio vivente tra i suoi popoli.

Vidi ancora il servizio e la condotta del popolo di Dio in relazione al Sancta Sanctorum e il succedersi della santa generazione che avrebbe procreato la Santa Vergine e il Salvatore; la loro presenza eterna nella storia del mondo e dei profeti. Vidi tutto questo, roteare in una giostra di immagini simboliche all'interno del cerchio di luce, e anche sotto e sopra di esso: grandi città, torri, palazzi, troni, portoni, giardini, fiori e tutte le immagini e i simboli collegati armonicamente tra loro da fasci di luce. Tutto era però turbato e minacciato da animali feroci e da figure orrende. Queste fiere mostruose simbolizzavano i molteplici turbamenti e le lotte attraverso le quali si sviluppava la stirpe della Santa Vergine, da cui Dio si farà carne per divenire uomo. Mi ricordo di aver visto anche un magnifico giardino circondato da una fitta siepe di spine la quale era ricolma di serpenti e di altri animali ripugnanti. Essi non riuscivano a penetrare nel luogo meraviglioso, nonostante l'assediassero e facessero di tutto per invaderlo. Vidi anche una torre attaccata da tutte le parti da guerrieri che poi, una volta conquistata, precipitavano da essa. Vidi molte immagini e simbolismi in stretta relazione con la storia della Santa Vergine e i suoi progenitori; i passaggi e i ponti, che tutto collegano, significano la vittoria sui turbamenti e sugli ostacoli alla salvezza.

"Vedo una carne pura e un sangue purissimo che erano stati offerti dalla misericordia di Dio per la salvezza dell'umanità. Questa carne e questo sangue entrarono, disperdendosi, nel torrente oscuro del mondo terreno, in quel torrente che tendeva sempre più a straripare e ad intorbidirsi. Intanto, per mezzo delle innumerevoli grazie di Dio e delle fedeli devozioni offerte dagli uomini, con immensa fatica furono ritrovati gli elementi dispersi di questa carne e questo sangue ed uscì, finalmente, fuori dal torrente placato, la Santa Vergine dalla quale il Verbo si è fatto carne ed ha abitato tra noi".

Tra quello che vidi nella sfera di luce c'erano anche le immagini che conosco da tempo, esse si riferiscono alle Litanie lauretane; quando prego la Madonna con queste Litanie le contemplo con la vista del cuore. Come ho detto, le migliaia di immagini si susseguirono nella sfera fino al compimento di tutta la misericordia di Dio e alla caduta dell'umanità. La sfera luminosa mostrò inoltre l'altra parte del Paradiso di fronte alla Gerusalemme Celeste ai piedi del Trono di Dio. Quando tutto scomparve, mi resi conto che la sfera non era altro che un punto di luce meravigliosa in cui si erano avvicendate le immagini della rivelazione dell'Angelo.

7 Gioacchino riceve la benedizione dell'Alleanza

Adesso vidi che l'Angelo con la punta del suo pollice e dell'indice segnava oppure ungeva la fronte di San Gioacchino e gli metteva qualcosa nella bocca, mentre un raggio di luce rendeva luminoso il bocconcino; poi, da un piccolo calice irrorato di luce splendente, gli diede da bere un liquido chiaro. Gioacchino afferrò il calice con due dita e bevve. Il calice era simile a quello usato da Gesù nell'ultima Cena, solo che mancava la parte inferiore. Mi sembrò che l'Angelo, con quel bocconcino, gli avesse dato una piccola spiga di grano luminosa e dell'uva luccicante. Subito dopo questa funzione, tutte le colpe, le voglie peccaminose e le impurità di Gioacchino scomparvero. Compresi interiormente che l'Angelo aveva fatto partecipe Gioacchino del santissimo fiorire di quella benedizione, all'origine data da Dio ad Abramo e che finalmente da Giuseppe in poi era divenuta il sacrario dell'Alleanza, la sede di Dio tra i suoi popoli. L'Angelo diede a Gioacchino questa benedizione nello stesso modo come l'aveva ricevuta Abramo. Il benedicente Angelo di Abramo la prese dal suo stesso petto, mentre con Gioacchino fu presa dal Tabernacolo del Santissimo come fosse trasmessa ad un sacerdote nel quale il Verbo si incarna. Dio introdusse la tradizione di questa grazia con la benedizione di Abramo, e così la medesima si tramandò attraverso tutti i Padri del suo futuro popolo. Fin dalla mia prima gioventù, nelle molteplici contemplazioni sull'Antico testamento spesso ho visto nell'Arca dell'Alleanza la base per la fondazione di una Chiesa perfettissima ma molto austera. Mai vidi le Tavole della Legge, ma tantissime altre cose.

8 Gioacchino ed Anna si incontrano sotto la "porta d'oro"

Quando l'Angelo scomparve, Gioacchino, guidato da un'intuizione Divina, si diresse verso un vestibolo sotterraneo santificato che si trova sotto il pavimento del tempio e la "porta d'oro". Ho avuto visioni sul significato e l'esistenza di questo vestibolo sotterraneo del tempio e anche sulla sua funzione: seppi che era santificato per la benedizione degli infecondi. In questo luogo si usava praticare, dietro determinate condizioni, la purificazione e la propiziazione del Cielo, l'assoluzione dai peccati e così via. Così la devota coppia si ricongiunse e fu riempita di luce. Maria Santissima stava per essere concepita senza peccato. Questo vestibolo, dove Gioacchino era entrato per una piccola porta, era meraviglioso: all'inizio la sala era in discesa e stretta poi si allargava sempre più; le pareti irradiavano una luce dorata con venature verdine, come se fossero state coperte d'oro. Dall'alto appariva una luce vermiglia. Dappertutto c'erano magnifiche colonne. Gioacchino percorse più della metà della grande sala e, giunto ad una colonna che raffigurava un albero di palma con foglie ricurve e frutti, incontrò Anna. Essi si abbracciarono colmi di santa letizia manifestandosi reciprocamente la felicità interiore che li pervadeva. Li vidi avvolti come da una nuvola luminosa. Vidi su questa nuvola una schiera di Angeli, la quale portava una torre alta e piena di luce che si librava su Anna e Gioacchino.

Questa torre d'avorio era simile a quella di David delle Litanie lauretane. Infine, quando la torre scomparve, i due rimasero circondati da un'aureola raggiante di strali lucenti. Vidi allora, in seguito alla benedizione ricevuta, svilupparsi la Concezione di Maria pura e pulita dal peccato originale. Ebbi una visione indicibile: su di loro si aprì il Cielo magnifico e si manifestò la gioia della Santa Trinità, degli Angeli e di tutte le Sante Anime partecipanti alla benedizione segreta dei genitori di Maria. Lodando Dio, Anna e Gioacchino si diressero in alto verso la "porta d'oro". Giunsero sotto un arco bellissimo e alto come una specie di cappella illuminata da candelieri e dal fuoco di numerose torce. Qui vennero accolti dai sacerdoti che li guidarono all'uscita del tempio. Passarono per la sala del Sinedrio, sita giusto sopra la sala sotterranea dell'incontro. Così Gioacchino ed Anna si trovarono presto fuori dal tempio, al più esterno margine della montagna, verso la valle di Giosafat dove non si può andare avanti ma bisogna voltare a destra oppure a sinistra. Dopo aver fatto visita ad una dimora di sacerdoti, la coppia si incamminò sulla via del ritorno.

Giunti a Nazareth, Gioacchino tenne un allegro banchetto dove sfamò molti poveri e distribuì loro elemosine. Spesso questa pia coppia dedicò sinceramente a Dio copiose lacrime di gratitudine. Il profondo sentimento religioso di Anna e Gioacchino agi fortemente sui figli facendo lievitare in loro la sincera devozione per Dio; la Santa Vergine crebbe quindi in un clima di lucente purezza e massimo rispetto verso le leggi divine. Vidi come tutte le astinenze e le moderatezze di questa coppia, particolarmente dopo il Concepimento di Maria Santissima, allontanarono dal frutto i numerosi germogli dei peccati. Con queste visioni ebbi occasione di capire sempre più come fosse smisurata la radice dei peccati e la loro deformità negli esseri umani.

Nota esplicativa alle visioni sulla Concezione della Santissima Vergine Maria

Le visioni che seguono furono raccontate dalla venerabile Suor Emmerick nell'ottava delle celebrazioni della Concezione di Maria. Le visioni gettano una luce magnifica sul mistero dell'elezione, della preparazione e della venerazione del Vaso della grazia. La Veggente le raccontò in modo frammentario al poeta Brentano perché era afflitta da molteplici sofferenze. Lo scrittore cercò di dare loro una forma discorsiva e unitaria.

9 La rigenerazione dell'umanità mostrata da Dio agli Angeli

Ebbi una meravigliosa visione di Dio, il quale dopo la caduta dell'uomo mostrava agli Angeli in che modo intendeva rigenerare l'umanità. A prima vista io non compresi quella visione ma poco dopo essa mi apparve chiarissima. Vidi il trono di Dio e la Trinità Santissima, e contemporaneamente le Tre Persone che La compongono; i nove Cori degli Angeli e l'indicibile giubilo che ricevettero quando il Signore annunciò loro il modo in cui voleva fosse rigenerata l'umanità avvilita. Le intenzioni benefiche del Signore per l'uomo mi si aprirono allo sguardo interiore con un molteplice simbolismo. Vidi questi simboli manifestarsi dinanzi ai nove Cori degli Angeli formando una specie di storia generale del destino dell'umanità. Gli Angeli si erano predisposti all'accoglienza di quelle immagini con la contemplazione più profonda. Non mi è possibile ricordare l'ordine in cui si svolsero queste visioni, ma mi affiderò a Dio nella narrazione. Comparve dinanzi al trono del Signore un monte di pietre preziose con dei gradini; lo vidi crescere finché assunse la forma definitiva di una torre contenente tutti i tesori spirituali e tutti i doni della Grazia Celeste.

La torre era circondata dai nove Cori angelici. Allora vidi apparire in cielo una figura simile ad una Vergine che si posò prima sulla torre e poi scomparve in essa. La torre era molto larga ed aveva alla sommità una piattaforma aperta dalla parte posteriore, per la quale mi parve fosse entrata la Vergine. Non era la Santa Vergine Maria nel tempo materiale, bensì nell'eternità Celeste e in Dio. La sua figura si trasformava a poco a poco, dinanzi alla Santissima Trinità, in una piccola nube che usciva dall'alito di Dio. A questo punto della visione scorsi tra i Cori degli Angeli un Vaso della Santissima Trinità che si ricoprì a poco a poco di numerosi simboli dal significato più diverso; ai lati stavano due figure che si tendevano la mano. Il Vaso si ingrandiva divenendo sempre più splendido e magnifico. Allora la piccola nuvoletta luccicante fu inviata dall'alito di Dio in quel Vaso, dove ivi giunta disparve dentro. La nuvoletta, leggerissima, che aveva attraversato i nove Cori degli Angeli, era la benedizione pura che recava la Grazia Divina alla sacra discendenza affinché potesse procreare spiritualmente senza peccato. Vidi poi una schiera di figure simboliche sinistre, rappresentanti gli spiriti del peccato e dell'errore, emergere dalle più basse profondità della terra per bloccare il piano universale salvifico deciso dall'Onnipotente.

Ma gli Angeli combatterono contro di esse e le ricacciarono. Vidi ancora sorgere dal basso una chiesa falsa perché non aveva il campanile. Infatti gli Angeli la respinsero e vidi che, crollando, si rovesciava su di un solo lato. Gli Angeli prepararono un calice che aveva una forma simile a quello della santa Cena e lo inviarono dalla Santa Vergine. Vidi altresì comparire una casa o torre mozza dalle molte porte. Grandi masse di gente vi entravano, e nella folla mi parve di riconoscere le figure di Abramo e dei figli d'Israele. Credo che si alludesse alla loro schiavitù, e la torre, rotonda e fatta a gradini, simbolizzava l'Egitto. Fu respinta pure dagli Angeli e crollò da un lato. Poi vidi erigere un tempio egiziano alla cui estremità scorsi degli idoli e l'immagine di una vergine velata. Vidi il messo di Elia descrivere ai sacerdoti il simbolo della nascita della Santa Vergine che il profeta aveva visto sul monte Carmelo, di cui parlerò più avanti.

Questo tempio venne pure allontanato dagli Angeli e fu messo in posizione obliqua come gli altri. Vidi infine fiorire fra i Cori degli Angeli, alla destra della santa torre, un ramo che si trasformò in un vero albero genealogico con molte piccole figure d'uomo e di donna che si porgevano la mano. L'albero terminava con una piccola mangiatoia dove giaceva un bambino. Infine comparve un tempio grande e magnifico. Tutte queste immagini erano legate tra loro da una meravigliosa armonia e da un legame misterioso. La descrizione dei simboli sembra quasi impossibile. Credo che le apparizioni malvagie e di cattivo significato, come la torre rotonda e la falsa chiesa, respinte dagli Angeli, dovevano servire alla purificazione del mondo terreno. Erano tutti simboli relativi alla salvezza e all'approssimarsi della venuta della Santa Vergine sulla terra.

10 Un'immagine simbolica di Maria Santissima in Egitto prima di Elia

Molto tempo prima di Elia, in una parte remota dell'antico Egitto piuttosto lontana dalla Terra Promessa, vidi un avvenimento simbolico legato alla venuta della Santa Vergine: un idolo assai strano era stato consacrato a un tempio pagano, un'immagine sacrificale e crudele con la testa che non aveva né la forma di un uomo e neppure di un bue e mostrava tre corna delle quali una sporgeva in mezzo alla fronte. L'idolo era cavo internamente per bruciarvi dentro le vittime. I piedi avevano la forma di zanne. In una mano teneva una pianta che sorge dall'acqua, simile ad un giglio che si apre e si chiude sempre rivolto al sole, mentre nell'altra teneva una spiga di grano. Vidi poi vicino all'idolo un'orribile ed oscura apparizione; ma fui però immediatamente illuminata dalla visione di un grande Angelo simile a quello che comparve a Giovanni l'Evangelista.

L'Angelo batté col bastone il dorso della figura oscura e questa, che era il diavolo in persona, dovette inchinarsi e parlare dall'idolo dicendo al popolo che doveva consacrare il tempio non a lui ma ad una Vergine che sarebbe apparsa sulla terra; disse inoltre che bisognava crederle perché si doveva a Lei ogni vittoria sugli spiriti del male. Allora quel popolo si convinse ed eresse un nuovo tempio, consacrandolo all'immagine di una vergine alata che fu posta sulla parete. L'immagine raffigurava una vergine che si librava su una navicella in cui giaceva un bambino in fasce. La navicella si posava su una piccola colonna. Due figure indistinte ponevano alcune cose in una bilancia che pendeva da una delle due braccia che la vergine teneva aperte. La navicella, nella quale riposava il fanciullo, era simile a quella in cui era stato posto Mosè sul Nilo, con la sola differenza che era tutta aperta nella parte superiore mentre quella di Mosè, meno una piccola apertura, era interamente chiusa.

 

11 - Elia ha una visione della Santa Vergine e apprende i misteri relativi alla sua venuta

Vidi la Terra Promessa languire per mancanza di piogge, ed Elia, accompagnato da due servi, ascendere il monte Carmelo e pregare il Signore per la grazia di una pioggia ristoratrice. Salirono un'erta scoscesa, poi, salendo altri gradini scavati nelle rupi, arrivarono ai piedi di un'altura sulla quale si ergeva un salita di grossi massi con in cima una caverna. Elia raggiunse quella cima mentre i servi, seguendo il suo ordine, erano rimasti sul pianoro ai piedi dell'altura; ad uno di essi era stato affidato il compito di osservare il lago di Galilea, che si presentava in uno stato deplorevole: quasi prosciugato con fosse piene di acqua stagnante e di scheletri imputriditi. Elia si genuflesse al suolo, chinò il capo fra le ginocchia e supplicò ardentemente il Signore di mandare la grazia della pioggia per far cessare tutta quell'aridità. Quindi domandò per sette volte al servo se avesse visto qualche nube.

Per sei volte il servo rispose sempre negativamente, alla settima vide sollevarsi una piccola nube sul lago e lo annunciò ad Elia che, appena apprese la notizia, spedì immediatamente il servo dal re Achab. Subito dopo vidi al centro del lago formarsi un bianco vortice, che poi divenne una nuvoletta nella quale vidi stagliarsi la piccola figura luminosa di una Vergine con il capo circondato da un'aureola luminosissima. Aveva le braccia aperte nel simbolo della croce e da una delle sue mani pendeva una corona, simbolo di vittoria salvifica. Portava una lunga veste fin sotto ai piedi. Mi sembrò che la Vergine volesse distendere le braccia su tutta la Terra Promessa. La nuvoletta si sciolse lentamente in gocce di rugiada che vidi cadere sopra alcuni luoghi santi e benedetti dove abitavano uomini pii e desiderosi dell'eterna salvezza. Mi fu rivelato che la benedizione della rugiada su quei luoghi era il simbolo della grazia. In questo modo la terra veniva resa feconda e preparata ad accogliere la nascita della Madonna. Feci poi un sogno nel quale vidi i misteri relativi alla venuta della Santa Vergine nel mondo. Poiché Ella apparve alla settima chiamata, Elia ne dedusse che sarebbe comparsa sulla terra nella settima età dell'universo.

Egli vide pure la genealogia dalla quale la Vergine avrebbe avuto origine: scorse il simbolo di un albero genealogico assai basso e molto largo, mentre dalla parte opposta gli apparve un altro albero largo assai alla radice, il quale si assottigliava verso la cima ed inchinava la sua sommità verso il primo. Con questa visione Elia comprese come e quando sarebbe stata concepita la futura Madre del Salvatore. Dopo questa rivelazione, allargò la spelonca in cui pregava e cercò di stabilire una diversa disciplina devozionale tra i figli dei profeti. Tra questi ci furono alcuni che diedero origine alla devozione della Vergine supplicando Dio per la sua venuta. La devozione continuò durante tutta l'esistenza di Maria Santissima sulla terra, prima da parte degli Esseni e poi tra gli eremiti, dai quali provennero i monaci Carmelitani. Questi portarono avanti il culto della Madonna fino ai giorni nostri.

12 - Chiarimenti intorno alla visione di Elia

Vidi il popolo in gran tumulto dinanzi al tempio di Gerusalemme: gente agitata correre di qua e di là, dappertutto vidi parlare e crearsi piccole assemblee di popolo. Tutti pregavano e invocavano Dio per la pioggia, si cercava Elia in ogni luogo. Frattanto l'Angelo del deserto lo dissetava con un bariletto lucente, a strisce bianche e rosse. Vidi Elia con Achab, il sacrificio sul Carmelo, la sconfitta dei sacerdoti idolatri, le sue preghiere per ottenere l'acqua e la formazione delle nubi. Il profeta invocò con le sue suppliche la grazia divina, dopo di che si addensarono le nubi che egli suddivise e dispose secondo il contenuto interno, altrimenti ne sarebbe derivato un acquazzone rovinoso. I sette interrogativi, da lui rivolti al servo prima che comparisse il simbolo della grazia, accennavano a sette epoche o generazioni che dovevano succedersi prima che la vera benedizione ponesse ferme radici in Israele. Nella prima nube che comparve vide egli stesso un simbolo della Santa Vergine e vi riconobbe parecchi misteri che erano relativi alla famiglia ed alla prossima apparizione sulla terra della Madre di Dio. Vidi quelle nuvole piene di rugiada costeggiare il Giordano ed addensarsi su alcune zone; vidi anzi che i vortici rilucenti cadevano particolarmente sopra Ainon, davanti a Salem, sui luoghi che più tardi avrebbero dovuto essere testimoni del Santo Battesimo.

Domandai al mio Angelo il significato degli orli variopinti che si vedevano nelle nubi rugiadose: questi mi spiegò la cosa col paragone di una conchiglia marina, la quale porta i colori dell'iride alle estremità ed esposta al sole ne assorbe le tinte fin nelle viscere, dove nasce la perla candida e bella.. Il riferimento simbolico era abbastanza chiaro. Mi fu pure detto che senza quella rugiada e quella pioggia ristoratrice la venuta della Santa Vergine sarebbe stata ritardata di un secolo; invece la terra così inumidita e benedetta avrebbe ristorato e nutrito la gente con i suoi frutti, e la carne si sarebbe nobilitata ricevendo la grazia. Scorsi la luce della rugiada fecondatrice passare di generazione in generazione fino alla Madonna. Vidi anche che prima di Elia il terreno e la carne languivano inariditi per la mancanza d'acqua, come lo spirito degli uomini prima del battesimo di Giovanni. Questa visione raffigurava chiaramente la condizione dell'umanità prima di San Giovanni Battista. Quelle angustie, quel languore, le preghiere per ottenere con la pioggia un refrigerio ed un conforto, la ricerca dappertutto di Elia, altro non erano che il vivo desiderio con cui l'umanità stanca ed avvilita dalla cecità della Sinagoga, aspettava la luce e l'acqua del battesimo, la rigenerazione dall'ignoranza, e l'inizio della missione di Giovanni.

13 - L'immagine della Santa Vergine in Egitto

Secondo la visione che ebbi, il messaggio salvifico fu diffuso in Egitto nel modo che segue. Elia ricevette il comando divino di convocare da levante, da settentrione e da mezzogiorno tutte le devote famiglie che vivevano disperse, a questo scopo scelse tre discepoli a cui affidò la missione di annunciare questa convocazione. La scelta dei legati fu molto difficile perché i messi dovevano essere capaci di evitare le numerose insidie e le difficoltà a cui andavano incontro. Quando venne il segnale, l'uno si diresse verso settentrione, l'altro verso levante ed il terzo verso mezzogiorno. Quest'ultimo doveva attraversare l'Egitto dove gli Israeliti correvano il concreto pericolo di essere uccisi. Il messo di Elia fece la stessa via che più tardi percorrerà la Santa Famiglia nella sua fuga in Egitto; infatti lo vidi passare nelle vicinanze di On dove sarà condotto tempo dopo Gesù bambino.

Vidi il messo passare trafelato dinanzi ad un tempio idolatra che si ergeva sopra una vasta pianura ed era circondato da prati e da molti edifici. Quando passò per questo luogo i pagani stavano proprio in quel momento adorando un toro vivente. Nel tempio avevano l'immagine di un toro e di parecchi altri idoli. I loro sacrifici erano orrendi, uccidevano anche tutti i bambini nati deformi. Il discepolo del Profeta, appena fu visto dagli adoratori del toro, fu afferrato e condotto dinanzi ai sacerdoti. Per la forte curiosità di sapere chi era non pensarono di ammazzano subito, invece gli domandarono chi fosse e perché fosse passato per quel luogo. Egli rispose loro sinceramente che stava per nascere una Vergine da cui sarebbe provenuta la salvezza dell'universo per mezzo della quale sarebbero stati distrutti tutti gli idoli. La sua dichiarazione impressionò profondamente i pagani; così essi lo lasciarono andare senza arrecargli alcun male. Dopo aver discusso a lungo tra loro decisero di scolpire l'immagine di una vergine con le braccia aperte, che assicurarono al centro del soffitto del tempio. Questa figura era piuttosto simile a tutti gli altri idoli del loro tempio: metà donna e metà leone.

La vergine portava sulla testa un canestro da frutta, piccolo ma alto; la parte superiore delle braccia fino al gomito era parallela, quasi unita al corpo; la parte inferiore sporgeva fuori e impugnava delle spighe di grano. Aveva tre mammelle, una molto grossa nel mezzo del petto; le altre due più piccole stavano ai lati. La parte inferiore del corpo era avvolta in una lunga veste, i piedi erano assai piccoli in proporzione alla persona e terminavano in una forma appuntita. Sulle braccia si mostravano delle ali fatte di finissime penne intrecciate tra loro. Così pure lungo i fianchi si vedevano penne intrecciate che scendevano fino alla metà del corpo. La veste non formava pieghe di sorta. Il popolo pagano adorava quest'immagine e le offriva sacrifici di ringraziamento affinché non distruggesse il dio Apis e tutti gli altri dei della loro tradizione. Ma nonostante il nuovo culto istituito, essi continuarono i loro riti orrendi. Scolpirono la figura della vergine descritta dal discepolo di Elia secondo la loro immaginazione.

14 - Maria Santissima annunciata ai mistici pagani

Vidi allora che il Signore, nella sua infinita misericordia, volle che si annunciasse ai devoti pagani la futura nascita del Messia per mezzo di una Vergine della Giudea. Una stella del firmamento fu il segnale che rivelò questo avvenimento ai Caldei, popolo che studiava intensamente il corso degli astri e da cui provennero i Santi tre Magi. I Caldei ne trassero i vaticini. I simboli che esistono nei loro templi mi mostrarono in che modo essi fossero pervenuti alla conoscenza della Santa Vergine. Dì questo ne ho parlato esaurientemente quando ho raccontato le visioni sul viaggio di Gesù dopo che Egli richiamò Lazzaro in vita.

15 - Apparizione della Santa Madre Anna e della Madonna alla Veggente

Nel pomeriggio del 26 luglio 1819, dopo aver narrato molte cose intorno alla vita di San t'Anna, Suor Emmerick si addormentò. Il giorno seguente così disse:

"Nel dormiveglia vidi una ragazzina avvicinarsi al mio letto, l'avevo già vista altre volte nei sogni e nelle meditazioni: era vergine, graziosa e bella; il suo capo era coperto da una benda candida che si allacciava sulla nuca e vi teneva raccolti i capelli; la lunga veste che la ricopriva era di lana bianca con le maniche chiuse ma alquanto rigonfie vicino al gomito. Sopra portava un mantello lungo di lana scura, credo fosse di cammello. Si avvicinò ancor più al letto, dicendomi laconicamente: - Tu hai parlato assai di me, ora devi osservarmi e tenermi presente, - allora le chiesi: - Ho parlato troppo? - No! - rispose seccamente, quindi spari. Rimasi assopita in una specie di estatica letizia, quando ad un tratto apparve innanzi al mio letto un'anziana ebrea di circa cinquant'anni. Aveva la testa un po' inclinata e le guance infossate. Sebbene avesse una figura assai macilenta, era di gradevole aspetto. Mi stavo chiedendo appunto cosa volesse da me quella donna anziana quando mi parlò così: - Non ti devi spaventare giacché intendo mostrarmi a te come effettivamente ero quando ho generato la Madre del Signore. - Allora le domandai: - Dov'è Maria, quell'amabile bambina? - ed Anna così mi rispose: - Non è più con me. -Le domandai ancora: - Quanti anni ha adesso? - Quattro! - mi fu risposto. La pregai di aiutarmi a non parlar troppo di loro. Sant'Anna non mi rispose e scomparve. Un simbolo bellissimo da contemplare apparve subito dopo ai miei occhi interiori, ma poiché fui assalita da dolori lancinanti ne persi subito la memoria".