La confessione sacramentale (Studio sul sacramento)
Padre Raimondo Marchioro

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INTRODUZIONE
Lasciamo ai competenti l'esame dei fenomeni socio-culturali
odierni e la conseguente formulazione di previsioni, del resto
facili, del rapido progredire della crisi dei valori di questa
società di fine millennio.
Osservando il nostro mondo
cristiano non possiamo non costatare una corsa sfrenata all'edonismo,
alla soddisfazione di ogni desiderio senza alcun discernimento e
valutazione dei limiti stabiliti da Dio all'uomo, senza alcun senso
di giustizia nei riguardi delle ansie e delle sofferenze dei
fratelli. Tutto ciò ha creato il radicale rovesciamento degli
atteggiamenti individuali e sociali nei singoli e nelle istituzioni,
prima fra tutte nella famiglia. Si nota così un pauroso
diffondersi del paganesimo e una lenta, ma costante caduta del vero
senso cristiano del peccato.
Si è arrivati a tale
situazione perché con sconcertante superficialità si
presta troppo facilmente ascolto ai mezzi di comunicazione e ai miti
della cultura, sia ecclesiastica che laicale che stanno mutando
lentamente gli eterni orizzonti di giustizia e di carità e i
valori fondamentali della vita dell'uomo.
In questo ambiente, troppo umano e poco spirituale, non fa meraviglia se, come molti altri elementi religiosi, anche il sacramento della confessione, che si fonda unicamente nel soprannaturale, è entrato in crisi e le lunghe file di fedeli che un tempo affollavano i confessionali, ora si assottigliano a vista d'occhio.
Riflettendo sulla mia lunga
esperienza di confessore e di studioso per tanti anni nella
Congregazione dei Sacramenti, ho ritenuto doveroso "portare la
mia goccia al mare", offrendo il mio contributo ai fedeli e ai
sacerdoti confessori per mettere in evidenza la bellezza e la
grandezza di questo sacramento e per collocarlo nel valore che Cristo
gli ha dato nella vita della Chiesa, essendo un prezioso strumento di
progresso spirituale sulla via della santità.
E' un grande
male sottovalutare questo canale di grazia, perché la sua
mancanza fa intiepidire l'amore verso Dio e il prossimo, facendo
aumentare nell'individuo l'egoismo, l'edonismo, il neo-paganesimo.
Ho
diviso il lavoro in due parti: la prima è riservata ai
penitenti, i quali hanno a portata di mano tutti gli elementi
richiesti per fare una buona confessione; la seconda è utile
per i sacerdoti confessori, i quali trovano in forma sintetica tutti
quegli insegnamenti richiesti per amministrare adeguatamente il
Sacramento della Penitenza.
Nella prima parte viene spiegato il significato della confessione,
mettendo in luce la sua sacramentalità e ricordandone il fine:
cancellare il peccato e donare o aumentare la grazia santificante.
Viene provata l'istituzione divina del sacramento, consegnato alla
Chiesa, che, con una certa severità, l'ha donato ai fedeli,
nei primi tempi, e tracciato la sua evoluzione lungo i secoli.
Sono
presentate le tre attuali forme di celebrazioni liturgiche,
insegnando sempre ai fedeli gli elementi necessari per fare una buona
confessione. E' inoltre studiata nei particolari, per la sua capitale
importanza, l'accusa dei peccati e l'assoluzione sacramentale.
Nella
seconda parte viene trattato tutto ciò che riguarda il
sacerdote confessore, la giurisdizione richiesta e i suoi doveri
verso i penitenti.
Poiché questa attività pastorale
è piuttosto complessa e delicata, vengono proposte delle linee
di comportamento verso alcune categorie particolari di penitenti, che
richiedono un trattamento speciale, e si stabiliscono le norme per
impartire l'assoluzione. Si considerano, infine, i rapporti tra la
Confessione e la S. Comunione. Si conclude la fatica con le
indulgenze, che servono per espiare i peccati, già perdonati
nel sacramento.
Questo volumetto è destinato a tutti i
fedeli cristiani che desiderano prepararsi bene a ricevere con
efficacia il sacramento della confessione e a tutti i sacerdoti
confessori che vogliono amministrare dignitosamente tale sacramento:
essi, infatti, in queste pagine troveranno, in sintesi, le norme
teologiche e giuridiche richieste per compiere con la debita
diligenza il proprio dovere di ministri di Dio.
E' un libretto che
presento senza pretese: volutamente ho scelto uno stile scarno,
semplice, accessibile a tutti, che mira solo all'essenzialità.
Voglio
augurarmi che questo mio modesto lavoro possa aiutare i penitenti e i
confessori a comprendere meglio e ad apprezzare di più il
sacramento del perdono, che, utilizzato con maggior frequenza ed
efficacia, possa servire a camminare più speditamente sulla
via della perfezione e della santità.
Anch'io ho portato il
mio piccolo contributo per rialzare le sorti di questo valido
strumento di grazia, perché possa prendere il posto che gli
spetta nella vita della Chiesa, che sta preparandosi al grande
Giubileo del 2000.
1) Che cos'è la Confessione Sacramentale
La Confessione Sacramentale (si chiama anche penitenza o
riconciliazione o, semplicemente, confessione) è un vero e
proprio sacramento istituito da Gesù Cristo, per mezzo del
quale, a debite condizioni, vengono rimessi i peccati commessi dopo
il Battesimo (Cfr. C.C.C. 1420-1498).
Per Confessione Sacramentale non si deve intendere qualsiasi
confessione o colloquio avuto con qualcuno, magari psicologo, o la
rivelazione dei propri segreti o problemi manifestati a qualche
amico, anche sacerdote, ma la vera accusa dei propri peccati, fatta
al sacerdote confessore con l'intenzione di ricevere da lui
l'assoluzione sacramentale al fine di ottenere il perdono di Dio.
La confessione è un sacramento, Cioè un canale di
grazia e, per la sua entità e per il suo significato, si può
definire anche con altri nomi:
sacramento della conversione, perché ogni
confessione deve essere una vera conversione;
sacramento della
penitenza, perché la penitenza è un elemento
necessario per fare una buona confessione e quindi operare in sé
una vera conversione;
sacramento della confessione,
perché il penitente deve manifestare al sacerdote confessore i
propri peccati, e anche perché una "confessione" è
un riconoscimento di essere peccatori e quindi si avverte il bisogno
di chiedere misericordia al Signore;
sacramento del perdono,
perché attraverso l'assoluzione del sacerdote Dio concede al
penitente il perdono dei peccati;
sacramento della
riconciliazione, perché in questo sacramento avviene la
riconciliazione del peccatore con Dio (2 Coro 5, 20), (Cfr. C.C.c.
1423-1424).
Le condizioni indispensabili, richieste per ottenere la remissione
dei peccati, commessi dopo il Battesimo, sono: il pentimento dei
peccati, il fermo proposito di evitarli in avvenire, la debita accusa
fatta al sacerdote confessore e l'accettazione della penitenza da lui
imposta con la sua assoluzione sacramentale.
Nel sacramento della confessione vengono rimessi i peccati
commessi dopo il Battesimo, quelli invece commessi prima vengono
cancellati dal sacramento del Battesimo. Se però il Battesimo
di un adulto è stato ricevuto senza le debite disposizioni
(fede, pentimento e proposito), i peccati commessi prima verranno
rimessi quando sarà rimosso l'ostacolo e cioè quando
subentreranno le debite disposizioni.
Tali peccati poi non saranno
materia di accusa nella Confessione Sacramentale.
2) Il Sacramento della Confessione
1) La nozione di sacramento
Il sacramento è
un segno (cosa-azione) sensibile che, per istituzione di Gesù
Cristo, ha la virtù di significare e di produrre la grazia
santificante. Il concetto di sacramento comprende quattro elementi:
1
- un segno esterno che si possa percepire con i sensi;
2 -
l'istituzione da parte di Gesù Cristo;
3 - questo segno
sensibile significa la grazia santificante;
4 - questo segno
sensibile, naturale è efficace e produce un effetto
soprannaturale, cioè la grazia santificante.
La confessione
o penitenza è un vero e proprio sacramento distinto dal
Battesimo (Cfr. Conc. Trid.: OS. 1701 e 1702).
2) II segno sensibile del sacramento della confessione
Per
formare il sacramento della confessione (e così per tutti gli
altri) si richiedono tre elementi, che il vecchio, ma sempre valido,
catechismo di S. Pio X chiama: materia, forma e ministro.
1 - La
materia, cioè una cosa sensibile, ma solamente quella
stabilita, per es. acqua naturale, olio, pane e vino; non qualsiasi
azione sensibile, ma solo quella determinata.
La materia della
confessione si ha negli atti del penitente: dolore, proponimento,
accusa dei peccati e accettazione della penitenza; questi vengono
detti dai teologi, seguaci di S. Tommaso, quasi materia, poiché
in essi manca una sostanza corporea (Cfr. Conc. Trid.: OS. 914;
C.c.c. 1450-1460).
2 - La forma, cioè la pronuncia di
alcune parole, stabilite da Cristo direttamente o dalla Chiesa,
parole che, unite alla materia, formano un unico segno
sacramentale.
La forma essenziale della Confessione si ha nelle
parole dell' assoluzione sacramentale "lo ti assolvo dai tuoi
peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".
3
- Il ministro è il sacerdote confessore, che assolve a nome di
Cristo e della Chiesa, fornito anche della debita giurisdizione, a
norma dei canoni 969, par. I e 2 e 967, par. 2.
Perché il
sacramento sia valido, nel ministro non si richiede né lo
stato di grazia né la fede, ma è sufficiente che compia
il rito nella forma prescritta e che abbia l'intenzione di fare ciò
che intende la Chiesa.
3) La confessione è un sacramento dei morti
I
sacramenti si dividono in sacramenti dei morti e sacramenti dei vivi.
I sacramenti dei morti sono il Battesimo e la Penitenza.
I
sacramenti dei vivi sono la Cresima, l'Eucaristia, l'Unzione degli
infermi, l'Ordine e il Matrimonio.
Si chiamano sacramenti dei
morti, perché coloro che li ricevono, benché vivi
fisicamente, sono generalmente morti alla vita soprannaturale per il
peccato mortale. Questi sacramenti cancellano il peccato e
conferiscono la grazia santificante (Grazia prima), che è la
vita dell'anima.
Si chiamano sacramenti dei vivi, perché chi li riceve deve
essere già vivo alla grazia e non in peccato mortale. In caso
eccezionale anche i sacramenti dei vivi possono concedere la grazia
prima, quando per es. uno riceve un sacramento dei vivi e dimentica
di aver commesso un peccato mortale del quale ha un pentimento
generale, questo gli cancella il peccato e gli conferisce la grazia
prima.
Si deve ancora ricordare che chi riceve un sacramento dei
vivi, sapendo di non essere in grazia di Dio, commette un grave
peccato di sacrilegio.
4) Efficacia del sacramento della Confessione
La
Confessione e tutti gli altri sacramenti, per volere di Gesù
Cristo, oltre che significare la grazia, la producono e la concedono
a coloro che li ricevono senza porre impedimenti, fra i quali il più
importante, dal punto di vista soggettivo, è il rifiuto del
sacramento, cioè avere la volontà di non riceverlo.
Nel
sacramento della Confessione, e in tutti gli altri, esiste un
impedimento quando manca o è gravemente difettoso, qualche
elemento essenziale nelle parti che costituiscono il sacramento e
cioè nella materia (per la Confessione: quasi-materia) nella
forma e nel ministro.
I sacramenti sono vere cause efficienti
della grazia anche se sono cause strumentali: essi operano in forza
dell'oggettivo compimento del rito sacramentale per propria ed intima
efficacia, ricevuta da Gesù Cristo ("ex opere operato").
3) Il Peccato
1) La nozione
Il peccato (c.c.C. 1846-1876) è
un'offesa fatta a Dio, trasgredendo la sua legge.
E' chiaro che
tale offesa è relativa alla conoscenza che ciascuno ha di Dio
e alla maggiore o minore responsabilità del disordine commesso
con la trasgressione della legge. Così, per esempio, diversa è
la gravità dello stesso peccato commesso da un ragazzo o da un
adulto ignorante o da un teologo o da un'anima favorita dalla
grazia.
2) La divisione
I peccati possono
essere distinti secondo il loro oggetto, come si fa per ogni atto
umano: il peccato, infatti, perché sia tale, deve essere un
vero atto umano.
Il peccato può essere originale e attuale.
Il peccato
originale (C.C.c. 385-421) è il peccato commesso da Adamo come
capo di tutta l'umanità, e da lui passa a ciascun uomo, in
quanto figlio suo, e, come tale, lo contrae per generazione naturale.
Il peccato attuale (o personale) è quello che è
commesso volontariamente da chi ha raggiunto l'uso di ragione.
Tale
peccato si può commettere in quattro modi:
1. con i
pensieri;
2. con le parole;
3. con le opere;
4. con le
omissioni; e tutto questo può avvenire contro Dio, contro il
prossimo o contro noi stessi.
Il peccato attuale (o personale) può
essere mortale o veniale
3) Il peccato mortale
Il peccato mortale è
una disubbidienza alla legge di Dio in materia grave, compiuta con
piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà,
contro la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo.
Affinché il
peccato sia mortale è necessario che l'atto compiuto sia
veramente un atto umano, e cioè che proceda dalla libera
volontà dell'uomo, il quale avverta chiaramente la bontà
o la malizia dell'atto.
Solo allora l'uomo diventa responsabile e
autore del suo atto, buono o cattivo, degno di premio o castigo. E'
una grave mancanza di amore di Dio.
4) Requisiti per il peccato mortale
Per
definire un peccato mortale si richiedono tre elementi:
1. la
materia grave, cioè una grave trasgressione della legge;
2.
la piena avvertenza della mente;
3. il deliberato consenso della
volontà.
1 - La materia grave, cioè la trasgressione
grave di una legge divina o umana, ecclesiale o civile. Diciamo qui
di seguito le principali e più comuni trasgressioni gravi di
tali leggi.
- Negare o dubitare dell'esistenza di Dio o di qualche
verità di fede insegnata dalla Chiesa.
- Bestemmiare Dio,
la Madonna o i Santi, proferendo, anche mentalmente, titoli ed
espressioni ingiuriose.
- Non partecipare alla S. Messa alla
domenica o nelle feste di precetto senza alcun motivo grave, ma solo
per pigrizia, negligenza o cattiva volontà.
- Trattare in
modo gravemente offensivo i propri genitori o i propri superiori.
-
Uccidere una persona o ferirla gravemente.
- Procurare
direttamente l'aborto.
- Commettere atti impuri: da soli con la
masturbazione o in compagnia nella fornicazione, nell'adulterio,
nell'omosessualità o in qualsiasi altra specie di impurità.
-
Impedire, in qualsiasi maniera, la concezione, nel compimento
dell'atto coniugale.
- Rubare oggetti o beni altrui di valore
rilevante o sottrarli con l'inganno e il raggiro.
- Defraudare il
fisco per una somma molto consistente.
- Recare un grave danno
fisico o morale ad una persona con la calunnia o con la bugia.
-
Coltivare pensieri e desideri impuri di quanto è proibito dal
sesto comandamento.
- Compiere gravi omissioni nell'adempimento
del proprio dovere.
- Ricevere un sacramento dei vivi (Cresima,
Eucarestia, Unzione degli Infermi, Ordine e Matrimonio) in peccato
mortale.
- Ubriacarsi o drogarsi in forma grave fino a
pregiudicare le facoltà della ragione.
- Tacere in
confessione, per vergogna, qualche peccato grave.
- Causare
scandalo al prossimo con azioni e atteggiamenti di pesante gravità.
2
- La piena avvertenza della mente, ovvero sapere e stimare che quello
che si sta per fare o per omettere è gravemente proibito o
comandato, andare cioè contro la propria coscienza.
3 - Il
deliberato consenso della volontà, cioè il voler fare
od omettere deliberatamente ciò che si sa con chiarezza che è
un male grave, che, oggettivamente, è un peccato mortale.
Per avere un peccato mortale, è necessario che questi tre
elementi esistano simultaneamente in un'azione peccaminosa. Se manca
anche uno solo di questi, o addirittura una parte di uno solo, per
esempio non c'è l'avvertenza, oppure non c'è il pieno
consenso, non abbiamo più il peccato mortale.
5) Effetti del peccato mortale
1 - Il peccato
mortale priva l'anima della grazia santificante, che è la sua
vita. Si chiama mortale perché rompe la relazione vitale con
Dio.
2 - Il peccato mortale separa Dio dall'anima, la quale è
tempio della SS. Trinità, quando è in possesso della
grazia santificante.
3 - Il peccato mortale fa perdere all'anima
tutti i meriti, acquistati in passato, finché viveva in grazia
di Dio: vengono resi inefficaci.
"Tutte le opere giuste da
lui fatte saranno dimenticate..." (Ez. 18,24).
4 - Il peccato
mortale toglie all'anima la capacità di compiere opere
meritorie per il paradiso.
5 - Il peccato mortale rende l'anima
degna dell'inferno: chi muore in peccato mortale va all'inferno per
tutta l'eternità.
Chi, una volta per sempre, ha scelto Dio
come supremo e unico Bene della vita, può rendersi colpevole
di un vero peccato mortale, commettendo un'azione grave,
oggettivamente contraria alla sua legge e, in caso di morte, meritare
l'inferno, perché la sua scelta, per quanto sincera ed
efficace, non può mai essere così radicale e definitiva
da impedire di farne un'altra capace di annullare la precedente.
La
possibilità della perversione - finché si vive - è
pari a quella della conversione, anche se questa rende quella più
difficile, quando è più totale e decisa. Solo dopo la
morte la decisione presa durante la vita sarà irrevocabile.
Il
suddetto pensiero viene confermato dalla Sacra Scrittura del A.T. in
Ezechiele 18,21-28.
6) Come si può riacquistare la grazia santificante perduta con il peccato mortale
La grazia santificante
(con tutto ciò che essa comporta) perduta con il peccato
mortale, si può riacquistare in due maniere:
1 - con una
buona Confessione Sacramentale.
2 - Con un atto di contrizione
perfetta (dolore e proposito), unito al proposito di una sollecita
confessione.
7) Il peccato veniale
Il peccato veniale è
una disubbidienza alla legge divina o umana, ecclesiale o civile in
materia leggera,o anche in materia grave, compiuta però non
con la piena avvertenza della mente o non con il pieno consenso della
volontà.
8) Effetti del peccato veniale
1 - Il peccato
veniale intiepidisce l'amore di Dio. Il peccato veniale, anche se non
toglie la grazia santificante, come il peccato mortale, tuttavia
raffredda l'amicizia che c'è fra noi e Dio.
2 - Il peccato
veniale priva l'anima di molte grazie che avrebbe ricevuto da Dio se
non avesse peccato.
3 - Il peccato veniale dispone, gradatamente,
al peccato mortale.
4 - Il peccato veniale rende l'anima degna di
pene temporali da espiare o in questa vita o nell'altra in
purgatorio.
9) Come si può cancellare il peccato veniale
Il
peccato veniale si può cancellare in varie maniere: con il
pentimento, con le buone opere (preghiere, S. Messe, S. Comunione,
elemosine, opere di misericordia spirituale e corporale, ecc.) anche
senza la Confessione sacramentale, e anche con la Confessione
sacramentale, purché vi siano le disposizioni richieste.
10) Le varie specie di peccati
La prima e
fondamentale divisione che bisogna fare fra i peccati è la
distinzione fra il peccato mortale e il peccato veniale, perché
fra i due c'è una differenza enorme: il primo toglie al
peccatore la grazia santificante, il secondo, invece, no.
Bisogna
inoltre ricordare che, come ci sono peccati veniali più o meno
leggeri, al pari, esistono peccati mortali più o meno gravi e
funesti.
Ecco le principali specie di peccati.
Peccati capitali:
1 - Superbia - E' un'esagerata stima
di sé e delle proprie cose accompagnata da disprezzo verso gli
altri.
2 - Avarizia - E' un desiderio smodato di denaro e di
averi.
3 – Lussuria - E' il disordinato appetito ed uso del
piacere sessuale completo.
4 – Ira - E' un impulso
disordinato a reagire contro qualcuno o qualche cosa che fu occasione
di patimento o contrarietà.
5 – Accidia- E' una
acconsentita svogliatezza nel compimento del proprio dovere.
6 –
Invidia - E' un sentimento di tristezza o dolore del bene del
prossimo, considerato come male proprio.
7 – Gola - E' la
ricerca eccessiva del piacere che si trova nell'uso dei cibi e delle
bevande.
Peccati contro lo Spirito Santo:
1 - Disperazione della
salvezza
2 - Presunzione di salvarsi senza merito
3 - Impugnare
la verità conosciuta
4 - Invidia della grazia altrui
5 -
Ostinazione nei peccati
6 - Impenitenza finale
Peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio:
1
- Omicidio volontario
2 - Peccato impuro contro natura
3 -
Oppressione dei poveri
4 - Defraudare la mercede agli operai
4) La Grazia di Dio
La nozione della grazia in generale
La grazia
di Dio (= beneficio o dono), è un'elargizione concessa da Lui
gratuitamente agli uomini per puro amore. (Cfr. C.C.c. 1987-2029).
La divisione della grazia
Ci sono tre specie
di grazia:
1 - grazia santificante o abituale
2 - grazia
sacramentale
3 - grazia attuale
1) - La grazia santificante o abituale
E' un
dono soprannaturale creato, inerente all'anima nostra, concesso da
Dio agli uomini, per i meriti di Gesù Cristo. Tale dono ci
rende:
I - partecipi della natura divina
II - figli adottivi di
Dio
III - tempio vivo della SS. Trinità
IV - capaci di
compiere opere meritorie per il Paradiso
V - ci dà il
diritto alla vita eterna.
Spiegazione
La grazia santificante o abituale è
un dono creato, un'elargizione che Dio ci ha concesso gratuitamente
senza alcun nostro merito. La natura umana, atteso il progetto di Dio
sull'uomo, ha solo la capacità di ricevere tale dono.
Soprannaturale, cioè che supera tutte le forze della nostra
natura umana. Noi non saremmo mai stati capaci di meritare questo
dono e perciò Dio ce lo ha concesso gratuitamente per puro suo
amore di benevolenza. Se Dio avesse voluto destinare l'uomo al solo
fine naturale, perché vi giungesse non sarebbe stato
necessario un aiuto speciale, straordinario, soprannaturale, perché
a ciò sarebbero state sufficienti le forze naturali. Se Dio
invece avesse voluto destinare l'uomo ad un fine soprannaturale, del
tutto superiore alle sue forze, in questo caso sarebbe stato
assolutamente necessario l'aiuto straordinario soprannaturale di Dio.
Portiamo due esempi.
Io posso esigere che uno, avendo gli occhi
sani, veda le cose che si devono vedere, ma se io esigo che veda i
microbi, che si muovono in una goccia d'acqua, io dovrò dargli
il microscopio. Io posso esigere che uno, in un' ora, faccia a piedi
cinque chilometri di strada, ma se pretendo che in un'ora ne faccia
cento, dovrò dargli un'auto o altro mezzo veloce. Dio,
pertanto, per elevarci allo stato soprannaturale, ci ha dato un mezzo
adeguato, la grazia santificante. Inerente all'anima nostra, cioè
un dono che pervade l'anima, una qualità congiunta alla
sostanza dell'anima,che la trasforma e la eleva in uno stato
nuovo.
La grazia è, per natura sua, permanente nell'anima
(abituale) e sta in noi finché non la perdiamo, commettendo un
peccato mortale. Con la grazia, che si dice santificante, perché
fa santo chi la possiede, vengono all'anima anche le virtù
teologali e cardinali infuse e i doni dello Spirito Santo.
Concesso
agli uomini da Dio per i meriti di Gesù Cristo. Dio avrebbe
potuto darci la grazia direttamente; invece, dopo. il peccato, ha,
voluto concederla per mezzo dei meriti di Gesù Cristo, che
Egli ha acquistato, per tutti gli uomini, durante tutta la sua vita
terrena. Questa grazia viene distribuita alle singole anime
attraverso i sacramenti, secondo le disposizioni di ciascuno.
I - La grazia santificante (abituale) è un dono che
ci rende partecipi della natura divina.
Con la grazia noi
partecipiamo alla vita di Dio. Partecipare alla vita di Dio non
significa essere uguali a Dio, perché Dio è uno solo,
ma significa avere una divina somiglianza, impressa da Dio nell'anima
nostra. La grazia è come una nuova vita innestata nella vita
naturale; questa non è distrutta. né assorbita dalla
grazia. Come l'innesto non cambia la natura della pianta, ma le
comunica una vita nuova e i frutti dei rami superiori innestati sono
frutti della vita nuova aggiunta; quelli dei rami inferiori, invece,
sotto l'innesto sono frutti della vita vecchia.
Ecco perché
l'uomo della grazia è chiamato uomo nuovo, uomo dello spirito,
mentre invece è chiamato uomo vecchio, uomo del senso, quello
che non ebbe la vita della grazia (Cfr. Gv. 15, 1-2 e 4-8)
II - Ci rende figli adottivi di Dio
La grazia
non solo ci rende giusti, santi e perciò amici di Dio, ma
addirittura ci fa diventare suoi figli adottivi, non naturali, perché
solo il Verbo è Figlio naturale del Padre. Adottare significa
assumere gratuitamente quale figlio una persona estranea con il
diritto all'eredità. Per l'adozione si richiedono tre
condizioni:
a) assumere gratuitamente quale figlio una persona;
b) questa persona deve essere estranea, cioè non deve
essere già figlio dell'adottante;
c) l'adottato deve essere
della stessa natura dell'adottante. L'uomo, per esempio, non può
adottare come figlio un cavallo, perché questo non è
della stessa natura dell'uomo e perciò non è capace di
diritti. Nei riguardi di Dio a noi mancava l'identità di
natura per essere assunti come figli adottivi e allora Dio ha
supplito creando il dono della grazia per mezzo del quale noi veniamo
a partecipare della sua stessa vita divina e abbiamo quindi la
possibilità di essere adottati da Lui.
III - Ci rende tempio vivo della SS. Trinità
Dio,
donandoci la grazia, ci ha amato così tanto che ha voluto, non
solo renderci partecipi della sua stessa natura, farci suoi figli
adottivi, ma ha voluto anche prendere la sua dimora nella nostra
anima.
S. Paolo insegna così tale verità: "Non
sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito divino abita in voi?"
(I Coro 3,16). .
Giovanni: "Se uno mi ama osserverà le
mie parole, e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui, e in
lui faremo dimora" (Gv. 14,23).
IV - Ci rende capaci di compiere opere meritorie per il
Paradiso
L'uomo, in grazia di Dio, ha la possibilità
di aumentare il grado di grazia ricevuto dal Creatore mediante le
opere buone. Affinché l'uomo possa meritare l'aumento della
grazia è necessario che sia in possesso della grazia
santificante e che lo sia in vita, perché dopo la morte non
può più meritare; che l'azione che compie sia
moralmente buona (cioè conforme per l'oggetto, l'intenzione,
le circostanze alla legge di Dio), libera (cioè compiuta
liberamente senza alcuna costrizione) e soprannaturale (cioè
compiuta per un motivo soprannaturale).
Con l'aumento dei meriti,
l'uomo aumenta la grazia e la corrispondente gloria celeste.
V - Ci dà il diritto alla vita eterna
Se
moriamo in grazia di Dio abbiamo il diritto alla vita eterna.
Abbiamo
detto che con la grazia Dio ci ha fatto suoi figli adottivi. Il
diritto principale dei figli adottivi è quello dell'eredità
del Padre, e Dio, nostro Padre, ci dà in eredità il suo
regno, se stesso, la vita eterna, il Paradiso.
VI - Come si acquista la grazia santificante
Il
bambino acquista la grazia santificante con il Santo Battesimo.
L'adulto, non battezzato, acquista la grazia santificante oltre che
con il Santo Battesimo, ricevuto con le dovute disposizioni, anche
con la sola intenzione di ricevere il Battesimo, unita al pentimento
(dolore perfetto e proposito) dei propri peccati mortali.
VII - Come si perde la grazia santificante
La
grazia santificante si perde con il peccato mortale.
VIII - Come si riacquista la grazia santificante
La
grazia santificante, perduta con il peccato mortale, si riacquista
oltre che con il sacramento della
Confessione, ricevuto con la
dovuta disposizione, anche con la sola intenzione di accostarsi,
appena possibile, alla Confessione, unita al pentimento (dolore
perfetto e proposito) dei propri peccati mortali.
IX - Necessità della grazia santificante
La
grazia santificante è assolutamente necessaria, al momento
della morte, per conseguire il Paradiso. Inoltre la grazia è
necessaria per poter meritare in ordine alla vita eterna; anche le
opere più ordinarie,
compiute in virtù della grazia,
acquistano meriti per il Paradiso.
2) - La grazia sacramentale
E' quel complesso
di aiuti speciali (grazie attuali)che ciascun sacramento concede al
momento opportuno (oltre alla grazia santificante o al suo
accrescimento), per conseguire il fine proprio per cui ciascun
sacramento è stato istituito.
3) - La grazia attuale
E' un aiuto
soprannaturale e transitorio che Dio ci dà per illuminare la
nostra intelligenza e fortificare la nostra volontà, affinché
possiamo compiere il bene ed evitare il male, compiere cioè
atti soprannaturali. La grazia attuale è assolutamente
necessaria all'uomo per ottenere la giustificazione e la grazia
santificante; è necessaria al fedele cristiano, caduto in
peccato mortale, per convertirsi e riacquistare la grazia
santificante ed è anche necessaria al giusto per ottenere la
perseveranza finale e la salvezza eterna. Con le nostre opere buone e
con la preghiera noi non meritiamo la grazia in senso rigoroso, ma ci
disponiamo, la meritiamo in senso di convenienza in quanto Dio
ascolta chi lo prega, si compiace di chi fa, o vuole fare il bene e
chiede la sua grazia, la perseveranza e la vita eterna.
Distribuzione della grazia
Dio non
distribuisce a tutti gli uomini la grazia nella stessa misura, ma ad
alcuni dà di più, ad altri di meno, secondo un suo
progetto misterioso di amore. Tutto ciò fa parte dei suoi
imperscrutabili disegni divini. Agendo così, Dio non reca
ingiuria ad alcuno, perché dei suoi doni egli può fare
quello che vuole. Questo è certo: Dio concede a tutti la
grazia necessaria, sufficiente, e molto spesso anche sovrabbondante,
perché tutti possano salvarsi.
Se la salvezza dipendesse
solo dalla grazia, tutti gli uomini si salverebbero, ma la salvezza
dipende dalla grazia e dalla libera e generosa corrispondenza
dell'uomo.
La grazia e la libertà
La grazia
rispetta pienamente la libertà umana, alla quale Dio non fa
violenza. Dio vuole la salvezza di tutti, ma esige che tutti si
salvino aderendo in piena libertà al Suo disegno di salvezza;
perciò a tutti propone la via del bene, mediante la grazia, ma
tutti possono anche rifiutarla, e percorrere quella del male, che
conduce alla rovina e alla perdizione.
La grazia e la Confessione
Tutti i sacramenti
producono o aumentano la grazia santificante e ogni sacramento
conferisce pure una grazia specifica o sacramentale, che è un
sicuro aiuto divino per conseguire il fine speciale per cui è
stato istituito ogni sacramento. Inoltre, il diverso grado delle
disposizioni soggetti ve nell'adulto importa anche una misura diversa
di grazia prodotta dal sacramento.
L'effetto principale della
Confessione Sacramentale è la riconciliazione del peccatore
con Dio, che elargisce la remissione dei peccati, mediante
l'infusione della grazia santificante. Questa viene restituita o,
se
non era perduta per il peccato mortale, aumentata.
Con la
colpa è anche rimessa la pena eterna, men tre le pene
temporali non sempre vengono rimesse completamente. Con la grazia
santificante (restituita o aumentata) viene concessa anche la grazia
sacramentale (ci aiuta a produrre veri frutti di penitenza e ad
evitare in avvenire i peccati) e la reviviscenza dei meriti perduti
con il peccato mortale. Il sacramento della confessione produce
inoltre, come effetto secondario, grande pace e serenità della
coscienza e profonda consolazione spirituale.
5) L'istituzione della Confessione Sacramentale
Gesù Cristo istituì il Sacramento della
Penitenza
La Confessione Sacramentale (Sacramento della
Penitenza o della Riconciliazione) fu istituita da Gesù
Cristo, come Figlio di Dio e Redentore di tutti gli uomini (c.c.C.
1440-1449). Il Verbo, obbediente al Padre, assunse la natura umana
per redimere e salvare il genere umano. Dal primo istante della sua
concezione nel seno purissimo di Maria SS. fino all'ultimo respiro
sul calvario, Egli celebrò la Sua Messa, che offrì al
Padre per espiare i peccati di tutti gli uomini passati, presenti e
futuri. L'opera redentrice di Cristo diventa efficace solo quando a
questa si unisce la cooperazione di ogni singola anima con il
pentimento e la conversione.
Tutte le grazie che Gesù
acquistò durante la sua vita terrena, vengono distribuite ai
singoli uomini, secondo le disposizioni di ciascuno, attraverso il
ministero della Chiesa: attraverso l'azione degli Apostoli e dei
sacerdoti per mezzo della predicazione della Parola di Dio e
dell'amministrazione dei Sacramenti: specialmente del Battesimo e
della Penitenza.
Il potere della Chiesa di rimettere i peccati
1
- Dio solo può rimettere i peccati."Chi può
rimettere i peccati se non Dio solo?"(Mc.2,7). Poiché
Gesù è il Figlio di Dio, Egli dice di se stesso: "Il
Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati"
(Mc. 2,10).
Gesù esercita questo potere divino: "Figliuolo,
ti sono rimessi i tuoi peccati" (Mc. 2,5). Gesù promette
a Pietro e a tutti gli Apostoli il potere di legare e di sciogliere
sulla terra. "E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non
prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del Regno dei
Cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato
nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà
sciolto nei cieli" (Mt. 16, 18-19). "In verità vi
dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato
anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà
sciolto anche in cielo" (Mt. 18,18).
2 - Gesù in virtù della sua autorità divina,
concede agli Apostoli e ai loro successori il potere di rimettere i
peccati, affinché lo esercitino nel suo nome. "Gesù
disse loro di nuovo: 'Pace a voi! Come il Padre ha mandato me,
anch'io mando voi '. Dopo aver detto questo alitò su di loro e
disse: 'Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati
saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi'"
(Gv. 20, 21-23).
La remissione dei peccati, compiuta dalla Chiesa
per mezzo dei suoi sacerdoti, è uguale a quella di Cristo, di
Dio e cioè, non una semplice copertura della colpa o un
semplice condono della pena, ma una reale cancellazione del peccato.
Il Concilio di Trento, infatti, dichiarò contro i riformatori
che Cristo diede agli Apostoli e ai loro legittimi successori la
potestà di rimettere e ritenere i peccati, per riconciliare
con Dio i fedeli caduti dopo il Battesimo.
Il potere di perdonare
i peccati comprende non la semplice facoltà di predicare il
vangelo della remissione dei peccati, come spiegavano i riformatori,
ma quella di rimetterli realmente. (Conc. Trid., sesso XIV, C. I DS.
1668, 1703).
3 - La Chiesa ha sempre avuto la coscienza di avere il potere di
rimettere i peccati commessi dopo il Battesimo, anche se nei primi
secoli ha esercitato questo potere con una certa severità. Il
potere della Chiesa di rimettere i peccati è vero: con
l'assoluzione della Chiesa i peccati vengono veramente ed
immediatamente rimessi davanti a Dio. Universale: il potere di
perdonare si estende a tutti i peccati senza eccezione, supposte le
disposizioni del penitente. Esercitato in forma giudiziaria:
l'esercizio del potere di perdonare i peccati è un atto
giudiziario.
Tre sono le esigenze essenziali di un atto
giudiziario:
1 - l'autorità giudiziaria: il sacerdote
confessore;
2 - la cognizione della causa: la manifestazione dei
peccati nella confessione;
3 - la sentenza: l'assoluzione.
Il
giudizio si ha nel rimettere o ritenere i peccati: la sua
applicazione non può essere arbitraria, ma deve conformarsi
alla norma oggettiva della legge di Dio e alle disposizioni del
penitente.
Cenni storici della Confessione Sacramentale
La Chiesa nel corso dei secoli ha esercitato il potere di
rimettere i peccati in diversi modi: la forma concreta, la Penitenza
- Sacramento, ha subito diverse variazioni (c.C.C. 1447).
Tale
evoluzione, piuttosto complessa, si può dividere in tre
periodi:
1) la penitenza antica (dalle origini alla fine del VI
sec.);
2) la penitenza tariffata (dal sec. VII alla fine del sec.
XII);
3) la penitenza attuale (dal sec. XIII ai nostri
giorni).
Esaminiamo questi tre momenti.
1) La penitenza antica(Dalle origini alla fine
del sec. VI)
Nella Chiesa il cristiano che ha peccato gravemente dopo il
Battesimo conserva la possibilità di fare penitenza (che si
chiama "antica" o "pubblica" o “canonica"
o "ufficiale" o anche "ecclesiastica") e di
ottenere il perdono.
I peccati veniali si possono cancellare
privatamente con preghiere ed opere buone. Anche nei primi tempi non
sono rari i peccati gravi fra i cristiani. La fonte di queste liste
di peccati si trova negli elenchi neotestamentari e negli scritti dei
Padri Apostolici: impurità, specialmente adulterio e
fornicazione, omicidio, aborto, apostasia, idolatria, magia, furto,
ubriachezza, ecc.
Per tutti questi peccati, senza alcuna
eccezione, la Chiesa ha sempre concesso il perdono e combattuto gli
eretici (Montano, Novaziano, ecc.), che lo negavano per i più
gravi: omicidio, adulterio e apostasia. Non esistono peccati
irremissibili. Anche ai "Lapsi" (cristiani che durante le
persecuzioni, per timore, avevano prestato culto agli dei), seppure
con prudenza - per la delicata e difficile situazione del momento -
veniva concesso il perdono. E' opportuno ora chiarire alcune
espressioni neo testamentarie.
Il peccato contro lo Spirito Santo: in Mt. 12, 31 32.
Gesù dice che non sarà perdonato il peccato contro lo
Spirito Santo. Il peccato contro lo Spirito Santo è il peccato
di colui che si ostina nel male ed è sordo alla voce dello
Spirito Santo, che lo chiama alla conversione. Tale peccato non sarà
perdonato non perché Dio non voglia perdonarlo, ma perché
il peccatore non vuole chiedere il perdono e rifiuta ogni via di
salvezza.
Il peccato di apostasia: in S. Paolo, Ebr. 6, 4-6.
L'Apostolo dice che è impossibile che si rinnovino un'altra
volta con la penitenza coloro che sono caduti nel peccato di
apostasia.
Secondo il pensiero degli esegeti e dei teologi
quell'"impossibile" ha il senso dell'impossibilità
morale e sta per "difficilissimo", dal momento che essi
hanno disprezzato tante grazie divine, cadendo pertanto nel peccato
contro lo Spirito Santo, visto sopra.
Il peccato che" conduce alla morte": in 1 Gv.
5,16. Secondo S. Giovanni il peccato che conduce alla morte è
il peccato di colui che non ha la fede. Spiega quanto detto con altre
espressioni: "Chi crede in me ha la vita eterna" (Gv.
6,47)."Chi non crede è già condannato" (Gv.
3,18).
E' il peccato dell'infedeltà, di colui che non vuol
credere e quindi diventa il peccato contro lo Spirito Santo, come
sopra.
Continuiamo ad analizzare l'iter della penitenza antica.
Diciamo subito: è molto duro, lungo e penoso.
Il cristiano, reo di peccati gravi, commessi dopo il Battesimo,
per riconciliarsi con Dio e con la Chiesa, deve entrare nella
penitenza canonica, l'iter della quale è il seguente.
Il
peccatore contrito si iscrive nella lista dei penitenti; viene
separato dalla "communio" con la Chiesa ed escluso dalla
partecipazione eucaristica. Fa la sua confessione segreta al Vescovo,
il quale gli impone gli atti di penitenza da compiere, . che,
ordinariamente, sono: la preghiera prolungata, il portare il cilicio,
il piangere i propri peccati, il digiuno, le elemosine ai poveri, il
prostrarsi a terra, il vestire poveramente, il raccomandarsi alla
preghiera dei sacerdoti e dei fedeli, ecc. Tali atti penitenziali
devono essere compiuti in pubblico, ecco perché questa
penitenza si chiama pubblica.
Dovrà però esprimere i
sentimenti di un pentimento interiore. Queste pratiche penitenziali,
in un primo momento, si svolgono fuori dal portico del tempio, in
seguito il penitente potrà partecipare in chiesa
all'Eucarestia, però solo fino alla liturgia dei
catecumeni.
La durata della penitenza pubblica dipende dalla
gravità e quantità dei peccati commessi e confessati;
si parla anche di due, cinque, sette, dieci e più anni. Il
rito della penitenza pubblica iniziava con la Quaresima e i penitenti
che avevano concluso il loro iter penitenziale venivano riconciliati
solennemente dal Vescovo il Giovedì (o venerdì) Santo
con una preghiera deprecativa. La formula iudicativa (cioè,
"io ti assolvo") si troverà solo verso il 1250. Il
riconciliato riceveva il perdono dei propri peccati da parte di Dio,
la pace della Chiesa e poteva accedere al banchetto eucaristico. La
penitenza pubblica non si poteva ripetere,secondo il principio: "Come
vi è un solo Battesimo, così vi è una sola
Penitenza".
I recidivi però che ricadevano in peccati
gravi dopo la penitenza canonica non erano abbandonati dalla Chiesa:
in punto di morte essa concedeva loro l'assoluzione privata e il
viatico. Inoltre, quando per qualche ragione non era possibile
praticare la penitenza pubblica, si poteva, sempre privatamente,
ottenere il perdono dei peccati gravi con il dolore perfetto.
Il
peccatore, dopo la riconciliazione, rimaneva segnato per tutta la
vita: non poteva sposarsi o risposarsi, vivere una vita coniugale,
prestare servizio negli uffici amministrativi o nell'esercito,
entrare nello stato ecclesiastico, ecc.
Stando così le
cose la penitenza antica rimaneva inaccessibile ai giovani, a tutti
quelli che non erano nella possibilità di soddisfare alle
condizioni richieste e a tutti quelli che temevano, per l'avvenire,
una ricaduta. Erano esclusi anche i chierici per la condizione del
loro stato. Di fatto, i fedeli fuggivano la penitenza e si facevano
riconciliare solo in punto di morte, per cui l'assoluzione nei primi
secoli era diventata il sacramento dei moribondi.
Per questi si
usava un procedimento penitenziale straordinario. Si imponeva la
penitenza al malato grave, non richiedendo nessun tirocinio
nell'ordine dei penitenti, e si concedeva subito la riconciliazione
privata e il viatico. Se poi l'ammalato guariva, doveva compiere
l'iter penitenziale comune e, alla fine, riceveva la riconciliazione
solenne. Oltre alla penitenza ufficiale, altri due mezzi potevano
procurare ai peccatori il perdono dei peccati gravi commessi dopo il
battesimo: la professione monastica (entrare in religione) o farsi
conversi. Questi ultimi potevano continuare ad attendere alle solite
occupazioni nel mondo: l'essenziale era che conducessero una vita
mortificata, esercitando la castità perfetta. Si potevano
assimilare ad una specie di terzo ordine religioso. L'abbracciare la
vita monastica o farsi conversi significava ricevere un "Secondo
Battesimo".
2) La penitenza tariffata (dal sec. VII al sec. XII)
Tale penitenza ha origine nei monasteri d'Irlanda,d'Inghilterra o
di Scozia verso la fine del Sec. VI. Essa consiste nella tassazione
precisa delle colpe: per ogni peccato è stabilita una
penitenza ben determinata. Le tasse penitenziali, più o meno
severe, sono le seguenti: mortificazioni corporali, veglie
prolungate, recita di preghiera, specialmente di salmi, digiuni di
diversi giorni o addirittura di qualche anno, elemosine da dare alla
Chiesa o ai poveri, pellegrinaggio alla tomba di qualche santo, ecc.
Esistevano anche le equivalenze penitenziali: certe penitenze si
potevano commutare con denaro o con Sante Messe da far celebrare.
Queste tariffe penitenziali sono conservate nei libri, detti
"Penitenziali"; le tariffe variano a seconda dei libri
penitenziali. I più celebri sono: Penitenziale di Vinniano
(sec. VI), di S. Colombano (+615), di Commeano (sec. VII), di Teodoro
(690-740), di Beda Venerabile (+735). Nel sec. VIII i missionari,
venuti dalle isole sopra ricordate e soprattutto S. Colombano e i
suoi discepoli, hanno trasportato sul continente con i Penitenziali
anche la relativa prassi penitenziale.
Il peccatore va dal
confessore ogni volta che ha peccato e fa la sua confessione
dettagliata oppure il confessore interroga il penitente seguendo il
penitenziale che ha tra mano, impone le relative penitenze stabilite,
che si addizionano secondo il numero e la gravità dei peccati
commessi. Il penitente si ritira; compie le penitenze imposte e
ritorna una seconda volta presso il suo confessore per ricevere
l'assoluzione.
Questo termine finisce per sostituire quello antico
di riconciliazione. Quando il peccatore è ammalato, o secondo
i termini di certi penitenziali, talmente rozzo e grossolano da non
capire, oppure quando la strada è troppo lunga o la stagione è
rigida, il confessore, dopo la confessione, recita subito le
preghiere dell'assoluzione. A questo tipo di penitenza possono
accedere laici e chierici. Tale prassi penitenziale andò pian
piano diffondendosi per tutta la Chiesa occidentale. Nel periodo
carolingio (nell' 800) viene in uso un'altra prassi: per un peccato
grave pubblico, che ha recato scandalo: penitenza pubblica, secondo
il modo antico; per un peccato grave occulto( penitenza segreta, cioè
compiuta seguendo il sistema della penitenza tariffata. La penitenza
pubblica antica va lentamente scomparendo.
3) La penitenza attuale (dal sec. XIII ai nostri
giorni)
La penitenza antica, come si è visto, è
difficile a praticarsi e pochi sono quelli che la utilizzano, per cui
rapidamente si diffonde la penitenza tariffata privata alla quale uno
può ricorrere tante volte quante ha peccato. Inoltre a questa
tutti possono accedere, laici e chierici. Nel sistema tariffato la
confessione o accusa delle colpe, ha il significato di un mezzo
indispensabile per permettere la tassazione, ma solo un mezzo, in
quanto l'espiazione rimaneva l'essenziale. Da questo modo di pensare
si passa lentamente a considerare la confessione o accusa delle
colpe, un atto di espiazione 'in quanto rappresenta una vergogna, un
atto di umiliazione, per cui si ha un' altra modifica nel processo
penitenziale. Con la confessione l'espiazione (insieme con la
penitenza imposta da compiere accettata), è già
compiuta, almeno in parte, e pertanto non c'è più
motivo per procrastinare il perdono e l'assoluzione. I rimanenti atti
penitenziali imposti dal confessore si possono fare in un secondo
momento.
Per seguire questo metodo penitenziale, si rendono utili
dei libri detti: "Summae casuum" (o "Summae
Confessorum"), che sono brevi manuali, teoretici e pratici, con
la soluzione di casi di coscienza e con diretti ve asceti che
destinate ai sacerdoti addetti alla confessione sacramentale. La
prima di queste "Summulae" è di S. Raimondo de
Penafort (1175-1275). Usando questo processo penitenziale la
confessione non solo è permessa una volta solo in vita, come
per la penitenza pubblica antica, ma, addirittura, viene consigliata:
due o tre volte all'anno (Natale, Pasqua e Pentecoste) o anche più
spesso, finché si arriva al Concilio Lateranense IV (1215),
che stabilisce la seguente norma: "Ogni fedele dell'uno o
dell'altro sesso, raggiunto l'uso della ragione, confessi fedelmente
i suoi peccati al suo sacerdote, almeno una volta l'anno e procuri di
compiere la penitenza che gli è stata imposta..." (Conc.
Lat: IV, DS. 812). La penitenza in questo periodo viene studiata da
celebri teologi, le conclusioni dei quali serviranno per le
Definizioni Dogmatiche del Concilio di Trento. (Cfr. Conc. Trid.,
Sesso XIV, DS. 1667-1692 e 1701-1715). Noi, attualmente, usiamo le
norme della confessione sacramentale fissate da quel Concilio.
Solo
ultimamente la Sacra Congregazione per il Culto Divino, in ossequio
al mandato ricevuto dal Concilio Vaticano II, il 2 dicembre 1973 ha
pubblicato il nuovo "Ordo Paenitentiae" per facilitare ai
fedeli la comprensione della natura e dell'efficacia della
confessione sacramentale. Questo nuovo "Ordo" stabilisce
tre nuovi modi per il rito del Sacramento della Penitenza.
1 - Il
Rito per la riconciliazione dei singoli penitenti.
2 - Il Rito
per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e
assoluzione individuale.
3 - Il Rito per la riconciliazione di più
penitenti con la confessione e assoluzione generale, secondo le norme
stabilite dai cann. 961-963 del Codice di diritto canonico.
Queste innovazioni, che spiegheremo più avanti, sono
chiarificatrici del Sacramento e si attengono alla dottrina insegnata
dal Concilio di Trento. Concludendo, ci sembra di dover dire che nel
considerare le varie fasi dell'evoluzione del Sacramento della
Penitenza lungo il corso dei secoli, forse siamo stati turbati da
qualche perplessità. Come mai la Chiesa si è
manifestata, specialmente nei primi tempi, così severa nel
rimettere ai fedeli pentiti i peccati gravi, commessi dopo il
Battesimo, e, in seguito, ha modificato la sua prassi, adottando un
atteggiamento di maggior indulgenza? La spiegazione trova un
fondamento nel progressivo approfondimento dogmatico delle parole di
Gesù: "Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre vi
manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi
farà ricordare tutto quello che io vi ho detto" (Gv.
14,26). La definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione di Maria
(Pio IX, 8 dicembre 1854) e quella della sua gloriosa Assunzione al
Cielo in anima e corpo (Pio XII, I novembre 1950) sono chiari esempi
di progresso dogmatico nella Chiesa.
6) La Celebrazione della Confessione Sacramentale
Per l'amministrazione del Sacramento della Penitenza la Sacra
Congregazione per il Culto Divino ha preparato l' "Ordo
Paenitentiae", pubblicato il 2 dicembre 1973 (Traduzione
italiana: "Rito della Penitenza" della Conferenza
Episcopale Italiana - c.E.I. - del 21 aprile 1974).
In questo sono
previsti tre riti per la sua celebrazione:
1) rito per la
riconciliazione dei singoli fedeli;
2) rito per la riconciliazione
di più penitenti con la confessione e l'assoluzione
individuale;
3) rito per la riconciliazione di più
penitenti con la confessione e l'assoluzione generale (C.C.C. 1480
1484). Esaminiamo i tre riti.
1) Rito per la riconciliazione dei singoli penitenti
("Rito della Penitenza" pp. 41-52)
"La confessione individuale e integra e l'assoluzione,
costituiscono l'unico modo ordinario con cui il fedele, consapevole
di peccato grave, è riconciliato con Dio e con la Chiesa;
solamente una impossibilità fisica o morale scusa da una tale
confessione, nel qual caso la riconciliazione si può ottenere
anche in altri modi" (Can. 960).
1 - "Il luogo proprio per ricevere la Confessione
'Sacramentale è la Chiesa e l'oratorio" (Can. 964, par.
1).
2 - La sede per le confessioni è il confessionale con o
senza grata. Si deve dare al fedele la possibilità di
scegliere.
La Conferenza Episcopale può stabilire che le
confessioni si ricevano in sacrestia o in un luogo apposito
(Penitenzieria), nel quale siano più facili il dialogo e il
rapporto personale (Cfr. can. 964 par. 2).
Per una giusta causa le
confessioni possono essere ricevute anche fuori dai suddetti
ambienti, senza alcuna distinzione fra uomini e donne, (Cfr. 964,
par. 3), purché siano luoghi adatti e dignitosi per un
sacramento.
3 - Il tempo per la Confessione Sacramentale è
libero: questa si può fare in qualsiasi giorno e ora. Conviene
però che i fedeli conoscano il giorno e l'ora in cui il
sacerdote è disponibile per l'esercizio di questo ministero.
E' opportuno che i fedeli si confessino - secondo le possibilità
- fuori della celebrazione. della Messa e, preferibilmente, in ore
stabilite. E' bene accostarsi al Sacramento della Penitenza in
occasione delle feste più solenni dell'anno liturgico e
specialmente in Quaresima e a Pasqua. Possibilmente non si lasci
passare il mese. Quando però è stato commesso qualche
peccato grave: ci si penta subito e quanto prima ci si accosti alla
Confessione Sacramentale. "Ogni fedele, raggiunta 1'età
della discrezione, è tenuto all'obbligo di confessare
fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta all'anno"
(Can. 989).
4 - La veste liturgica per il sacerdote, nella
confessione individuale in luogo sacro, è la stola di colore
violaceo.
5 - L'inizio del rito della Confessione Sacramentale si
ha quando il confessore con un saluto cristiano, per esempio "Sia
lodato Gesù Cristo", R. "Sempre sia lodato",
accoglie il penitente con il quale fa il segno della Croce: "Nel
nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo. Amen".
Quindi il sacerdote chiederà a quanto tempo risale l'ultima
confessione e inviterà il penitente all'accusa delle colpe
commesse: se ne ravvisa il caso, il sacerdote aiuterà il
fedele con chiara delicatezza, per l'integrità della
confessione.
Terminata l'accusa, il confessore farà un'esortazione,
breve o lunga secondo la necessità (tenendo presente la
quantità di coloro che attendono), con consigli idonei che
abbiano relazione con i peccati confessati e che preparino il
penitente alla contrizione e a ricevere il perdono del Signore.
Quindi gli imporrà la soddisfazione (leggera per peccati
veniali e grave per peccati mortali) e, dopo che avrà
accettato la penitenza, lo esorterà a manifestare il suo
pentimento con un "atto di dolore" che potrebbe essere
espresso con la seguente formula (o con qualche altra simile): "Mio
Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché
peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché
ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni
cosa. Propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più
e di fuggire le occasioni prossime di peccato, Signore, misericordia,
perdonami". Può essere recitata qualsiasi altra formula
di pentimento, purché sia, più che di parole, di
sentimenti di dolore dei peccati commessi e confessati. A questo
punto il sacerdote pronuncerà la formula dell'assoluzione:
"Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il
mondo nella morte e risurrezione del Suo Figlio, e ha effuso lo
Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il
ministero della Chiesa, il perdono e la pace.
E io ti assolvo dai
tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo"
R. "Amen". Dopo l'assoluzione il sacerdote congederà
il penitente con il seguente saluto (o altro simile): "Va in
pace! Sia lodato Gesù Cristo" R. "Sempre sia
lodato".
6 - L'assoluzione dalla censura
Quando il
sacerdote, a norma del diritto, assolve un penitente da qualche
censura nel Sacramento della Penitenza, basta che il confessore
intenda assolvere anche da questi peccati riservati il penitente ben
disposto. Quando invece assolve un penitente dalla censura fuori del
Sacramento della penitenza, userà la seguente formula:
"In
forza del potere a me concesso, io ti assolvo dal vincolo di
scomunica (o sospensione o interdetto), nel nome del Padre e del
Figlio + e dello Spirito Santo" R. "Amen".
7 - La
dispensa dall'irregolarità
Il sacerdote che, a norma del
diritto, dispensa il penitente, incorso in qualche irregolarità,
sia in confessione, dopo l'assoluzione, sia fuori dal sacramento
della penitenza, dice: "In forza del potere a me concesso, io ti
dispenso dall'irregolarità in cui sei incorso. Nel nome del
Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo" R. "Amen".
8
- Rito abbreviato
I - Quando una necessità pastorale lo
richiede, il sacerdote può omettere o abbreviare alcune parti
del rito, purché siano sempre conservate integre: la
confessione dei peccati e l'accettazione della soddisfazione,
l'invito alla contrizione e la formula dell' assoluzione e quella del
congedo.
II - In caso di pericolo di morte imminente, basta che il
sacerdote pronunzi le parole essenziali dell'assoluzione, cioè:
"lo ti (vi) assolvo dai tuoi (vostri) peccati, nel nome del
Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo". R. "Amen".
2) Rito per la riconciliazione di più penitenti con
la confessione e l'assoluzione individuale ("Rito della
Penitenza" pp. 53-95)
Quando più penitenti si
riuniscono per la confessione sacramentale, è bene che si
preparino insieme con una celebrazione della Parola di Dio. La
preparazione si svolge come segue.
1 - Riti iniziali
Si
incomincia con un canto adatto. Il sacerdote saluta i fedeli:
pronuncia una breve introduzione con indicazioni pratiche e recita
una preghiera. .
2 - Celebrazione della Parola di Dio
Si
proclamano più letture (due o tre), tra l'una e l'altra si
inseriscono un salmo o un altro canto adatto o una pausa di silenzio.
Se si sceglierà una sola lettura, è bene trarla dal
Vangelo. Il criterio di scelta dovrà tenere presente il tema
della conversione, del mistero della riconciliazione e del giudizio
di Dio sul bene e sul male operato dagli uomini. Tali temi serviranno
per preparare i fedeli all' esame di coscienza.
3 -
L'omelia
L'omelia deve prendere lo spunto e portare i fedeli
all'esame di coscienza e al pentimento, mettendo in rilievo:
I -
l'infinita misericordia di Dio;
II - la necessità della
penitenza interiore;
III - l'aspetto sociale della grazia e del
peccato;
IV - l'impegno della nostra soddisfazione personale.
4
- Esame di coscienza
Terminata l'omelia, è opportuno
lasciare una pausa di silenzio, perché ciascuno faccia il suo
esame di coscienza, oppure si possono intercalare alcune brevi frasi
per suggerire ai fedeli spunti di ricerca dei propri peccati. E'
chiaro che in questi esami di coscienza bisogna tener presente l'età
e la condizione dei fedeli presenti.
5 - Confessione generale dei
peccati
All'invito del sacerdote, tutti insieme recitano la
formula della confessione generale e, quindi, la preghiera litanica e
alla fine si dice il "Padre nostro".
6 - Confessione e
assoluzione individuale
A questo punto i sacerdoti si
distribuiscono nei luoghi predisposti e ascoltano la confessione dei
penitenti, fanno loro un'opportuna esortazione e impongono la
penitenza da compiere. Dopo che il fedele ha accettato la
soddisfazione, il confessore pronuncia la formula dell'assoluzione
come per un singolo penitente, come visto sopra.
7 -
Ringraziamento
Terminate le confessioni, i sacerdoti ritornano in
presbiterio. Colui che presiede invita tutti a ringraziare. il
Signore con un salmo, un inno o una preghiera litanica e, infine,
recita una preghiera a onore e a lode di Dio.
8 - Rito di
conclusione
Il sacerdote benedice i presenti e congeda l'assemblea
con il saluto: "Il Signore vi ha perdonato. Andate in pace ".
R. "Rendiamo grazie a Dio ".
3) Rito per la riconciliazione di più penitenti con
la confessione e l'assoluzione generale ("Rito della
Penitenza" pp. 97-100)
Disciplina dell'assoluzione
generale
Per particolari circostanze, talvolta, è lecito o
addirittura necessario impartire l'assoluzione in forma collettiva a
più penitenti, senza la previa confessione individuale. Si
potrà far questo solo nei casi previsti dal Codice di Diritto
Canonico (Cfr. cann. 961-963).
Esaminiamo tali casi.
1- Quando sia imminente un pericolo di morte ed il sacerdote o i
sacerdoti a disposizione non abbiano il tempo sufficiente per
ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (Cfr. Can. 961, par.
1, n. 1).
2 - Quando vi sia una grave necessità.
Esiste
la grave necessità quando simultaneamente i verificano le
seguenti circostanze:
I - elevato numero di penitenti;
II -
scarso numero di confessori, che possono ascoltare, come si conviene,
le confessioni dei singoli, entro un tempo conveniente;
III - si
richiede inoltre che questi penitenti, senza loro colpa, debbano per
lungo tempo (cioè almeno per un anno (Cfr. can. 920, par. I)
rimanere privi della grazia sacramentale o della S. Comunione. Questo
può avvenire, soprattutto, nelle terre di missione, dove i
fedeli sono visitati dal sacerdote rarissimamente e dove c'è
grande scarsità di mezzi di comunicazione per andare a
confessarsi.
Non si considera poi grave necessità, quando
non possono essere a disposizione dei confessori, per la sola ragione
di una grande affluenza di penitenti, quale può aversi in
occasione di una grande festa o di un pellegrinaggio, perché
ordinariamente questi penitenti,. volendolo, possono accostarsi alla
confessione, in un tempo relativamente breve, e cioè, molto
tempo prima di un anno. (Cfr. can. 961, par. 1, n. 2).
3 -
Giudizio riservato al Vescovo Spetta al Vescovo diocesano,
nell'ambito della sua diocesi, giudicare se ricorrano le condizioni
richieste di vera necessità, tenuto però conto dei
criteri concordati con gli altri membri della Conferenza Episcopale.
La Conferenza Episcopale Italiana ha dichiarato che, attualmente, in
Italia non si verificano casi di necessità tali da autorizzare
l'assoluzione generale; non è permesso ai sacerdoti l'uso di
questa terza forma di riconciliazione, eccetto nel pericolo di morte.
(Cfr. Can. 961, par. 2 e anche Istr. "Sacramentum Paenitentiae"
della S.c. per la Dottrina della Fede del 16 giugno 1972).
4) Rito dell'assoluzione generale
Constatata
l'esistenza delle circostanze richieste per dare l'assoluzione
generale, si procede al relativo
rito. Tale celebrazione si svolge
come quella per più penitenti con la confessione e
l'assoluzione individuale, con le seguenti varianti. Terminata
l'omelia o nel corso della stessa, si avvertano i fedeli, desiderosi
di ricevere l'assoluzione generale, che vi si dispongano a dovere.
Ognuno si penta dei peccati commessi, proponga di evitarli, intenda
riparare gli scandali e i danni eventualmente provocati, e si impegni
inoltre a confessare a tempo debito (nella prima confessione
individuale) i singoli peccati gravi, di cui al momento non può
fare l'accusa. Venga infine proposta una soddisfazione, che tutti
dovranno accettare e compiere. (Cfr. Can. 962, par. 1).
"...Colui
al quale sono rimessi i peccati gravi mediante l'assoluzione
generale, si accosti quanto prima, offrendosene l'occasione, alla
confessione individuale, prima che abbia a ricevere un'altra
assoluzione generale, a meno che non sopraggiunga una giusta causa"
(Can. 963).
5) Confessione generale
Il sacerdote rivolge
ai fedeli l'invito con queste parole o con altre simili.
"Coloro
che desiderano ricevere l'assoluzione sacramentale, (indichino un
segno) si inginocchino e si accusino di tutti i loro peccati
recitando la formula di confessione generale": per esempio
"Confesso a Dio". Si faccia una preghiera litanica o un
canto adatto e alla fine si aggiunga sempre il "Padre
nostro".
6) Assoluzione generale
Il
sacerdote impartisce l'assoluzione generale ai penitenti che hanno
manifestato il segno con la seguente formula: "Dio, Padre di
misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e
risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la
remissione dei peccati, vi conceda, mediante il ministero della
Chiesa, il perdono e la pace.
E io vi assolvo dai vostri peccati,
nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito Santo". R.
"Amen ".
7) Ringraziamento e
conclusione
Terminata l'assoluzione, il sacerdote invita
i presenti a ringraziare il Signore per la sua misericordia e,
dopo
un canto adatto, omessa l'orazione conclusiva, benedice il popolo e
lo congeda con il saluto: "Il Signore vi ha perdonato. Andate in
pace". R. "Rendiamo grazie a Dio".
8) Rito
abbreviato
Tale rito si può opportunamente
abbreviare in caso di urgenza e si svolge nel seguente modo.
Dopo
una breve lettura biblica, si fa il solito avvertimento di
preparazione, si impone la soddisfazione, si
invitano i penitenti
alla confessione generale con la recita del "Confesso a Dio"
per esempio, e il sacerdote impartisce l'assoluzione generale come
sopra visto.
Il penitente che vuole fare una buona Confessione
Sacramentale
Per fare una buona Confessione Sacramentale si richiedono cinque
atti:
l) Esame di coscienza
2) Dolore dei peccati commessi
3)
Proponimento di non più commetterli
4) Confessione dei
peccati
5) Soddisfazione
7) Preparazione alla Confessione
Il
penitente incominci con una preghiera. Per esempio "Illumina, o
Signore, la mia mente, affinché possa conoscere il numero e la
gravità dei miei peccati; dammi la grazia di detestarli, per
ottenere da Te misericordia e perdono" .E' opportuna una breve
meditazione su qualche passo del Vangelo. Per esempio: la porta
stretta (Le. 13, 22-30); la parabola della pecorella smarrita (Le.
15,1-7); la parabola della dramma perduta (Le. 15,9-10); la parabola
del figlio prodigo (Le. 15,11-32); la parabola del servo infedele (ML
18,21-35); la parabola del banchetto nuziale (ML 22,1-14); il buon
ladrone (Le. 23, 39-43).
1) Esame di coscienza
L'esame di coscienza è
una diligente ricerca dei propri peccati.
Si pensi alle colpe
commesse: si individuino prima di tutto i peccati mortali se ci sono,
e si passi poi ai veniali.
L'esame dovrà partire
dall'ultima confessione ben fatta, richiamando alla mente i peccati
commessi in pensieri, parole, opere ed omissioni, passando in
rassegna:
1 - I dieci comandamenti;
2 - Il comandamento dell'amor del
prossimo;
3 - I precetti della Chiesa;
4 - I sette vizi
capitali;
5 - I doveri del proprio stato.
Per facilitare
l'esame di coscienza, ci viene proposta una serie di domande.
Doveri verso Dio
- Hai fatto sempre bene le tue
confessioni passate?
- Hai ricevuto la S. Comunione con la
certezza di essere in peccato mortale senza prima esserti
confessato?
- Hai dubitato (o peggio negato), volontariamente, di
qualche verità della fede?
- Hai accettato dottrine
condannate dalla Chiesa: divorzio, aborto, eutanasia, ecc.?
- Hai
votato per partiti o candidati contrari ai principi cristiani e alla
Chiesa?
- Hai avuto vergogna di professare la tua fede cristiana
cattolica?
- Hai mancato di rispetto a luoghi, persone o cose
sacre?
- Hai prestato fede alla superstizione, agli scongiuri,
agli indovini, ai cartomanti, alle sedute spiritiche?
- Hai
recitato con devozione le preghiere del mattino e della sera?
-
Hai pregato male?
- Hai trascurato di istruirti nelle verità
della fede?
- Hai bestemmiato il nome di Dio, della Vergine o dei
Santi?
- Hai nominato invano o con poco rispetto il loro nome?
-
Hai fatto dei voti senza mantenerli?
- Hai giurato per cose da
paco, o peggio, hai giurato il falso?
- Hai violato i segreti
ricevuti?
- Hai partecipato alla domenica e nelle feste di
precetto alla S. Messa non intera, l'hai perduta senza alcun grave
motivo, ma per negligenza o pigrizia o cattiva volontà?
-
Hai lavorato in tali giorni senza un vero e grave motivo?
Doveri verso il prossimo e verso noi stessi
- Hai
donato amore, rispetto e obbedienza ai genitori e ai superiori?
-
Hai dato loro gravi dispiaceri?
- Hai compiuto con diligenza i
doveri del tuo stato?
- Hai trattato male i dipendenti?
- Hai
osservato le leggi civili?
- Hai mancato di rispetto verso i
poveri, i bisognosi, gli handicappati, ecc.?
- Hai guidato l'auto
osservando le norme della circolazione stradale?
- Hai odiato
(desiderato il male altrui) il tuo prossimo? - Hai procurato o
favorito l'aborto?
- Hai acconsentito a pensieri, a desideri e a
sguardi impuri (sessuali)?
- Hai letto libri o riviste
indecenti?
- Hai assistito a spettacoli immorali?
- Hai
frequentato compagnie pericolose?
- Hai fatto o ascoltato discorsi
cattivi?
- Hai dato scandalo con il parlare, con il tuo modo di
vestire o in qualche altro modo?
- Hai cercato volontariamente
occasioni prossime di peccato?
- Hai commesso atti impuri: da solo
o in compagnia e con chi?
- Hai impedito in qualche modo la
concezione della prole nell'atto coniugale, se sei sposato?
- Hai
rubato? Il valore era esiguo o elevato?
- Hai restituito quanto
hai rubato o trovato?
- Hai imbrogliato nel vendere, nel comperare
o nel lavoro?
- Hai riparato il danno recato al prossimo?
- Hai
pagato i debiti o dato la giusta mercede agli operai?
- Hai detto
bugie?
- Hai avuto contegni ipocriti o poco trasparenti con il tuo
prossimo?
- Hai pensato o parlato male degli altri?
- Hai
calunniato qualcuno?
- Hai tenuto un contegno superbo, ambizioso,
orgoglioso, vanitoso ed egoista?
- Hai il cuore troppo attaccato
alle cose di questo mondo?
- Hai dimostrato di essere iracondo?
-
Hai rancore verso qualcuno?
- Hai esagerato nel mangiare e nel
bere o, peggio, ti sei ubriacato o drogato?
- Hai fumato troppo?
-
Hai portato invidia verso qualcuno?
- Hai osservato l'astinenza e
il digiuno stabiliti dalla Chiesa?
2) Il dolore dei peccati commessi
Dopo aver
fatto il tuo esame di coscienza, chiedi al Signore la grazia di
sentire un vivo e profondo dolore di tutti i peccati commessi,
specialmente dei mortali, che hanno offeso Dio, il tuo più
grande benefattore, che ti hanno privato della grazia santificante,
che ti hanno fatto perdere il paradiso e meritare l'inferno. Il
dolore è il dispiacere e la detestazione del peccato commesso
con il proposito di non più peccare per l'avvenire.
L'atto
di dolore si compone di tre momenti della volontà:
1 -
volontà contraria all'azione compiuta;
2 - volontà
che detesta (odia) l'azione compiuta;
3 - volontà di non
compiere mai più, in avvenire, l'azione compiuta.
Come si
vede, nel vero atto di dolore è incluso anche il proposito,
del quale parleremo più avanti, data la sua particolare
importanza. Non è necessario che il dolore dei peccati sia
anche sensibile: è sufficiente che esista nella volontà.
Il dolore deve essere:
1 - Interiore: nell'intelletto e nella
volontà.
2 - Soprannaturale: spinto da un motivo
soprannaturale, cioè radicato nella fede.
3 - Universale:
esteso a tutti i peccati mortali commessi. Chi confessa soltanto
peccati veniali deve avere il dolore almeno di uno, affinché
il sacramento non venga amministrato invalidamente e quindi
oggettivamente non diventi un sacrilegio, perché verrebbe a
mancare uno degli elementi che costituiscono la quasi materia.
Il
dolore può essere:
1 - Perfetto (o contrizione) che è
il dispiacere dei peccati commessi, perché sono offesa a Dio,
Uno e Trino, nostro Padre, infinitamente buono e degno di essere
amato sopra ogni cosa. Il dolore perfetto (o contrizione), unito alla
volontà di andare a confessarsi, giustifica il peccatore (gli
concede la grazia santificante e, se muore, si salva), ancora prima
che sia stata fatta realmente la Confessione Sacramentale. Gli rimane
però l'obbligo di manifestare al sacerdote confessore i
peccati mortali commessi. Meditiamo il passo evangelico: "Le
sono rimessi i molti suoi peccati, perché ha amato molto"
(Lc. 7,47).
2 - Imperfetto (o attrizione), che è il
dispiacere dei peccati commessi per il timore dei castighi eterni e
temporali.
Il dolore imperfetto (o attrizione) è
sufficiente per la remissione dei peccati nel Sacramento della
Penitenza. Il dolore perfetto o imperfetto deve coesistere come
attuale, virtuale o almeno abituale al momento del1' assoluzione
sacramentale del sacerdote.
3) Il proponimento (o Proposito)
Chiedi al
Signore che ti conceda la forza di non compiere più i peccati
commessi, specialmente i mortali, se ce ne sono, e, interiormente,
con la tua volontà, decidi in cuor tuo di non commetterli più
in avvenire,evitando non solo i peccati, ma anche le occasioni
prossime che portano ad essi. Il proponimento (o proposito) è
la volontà ferma di non peccare più in avvenire
relativamente ad ogni singola specie dei peccati commessi,
specialmente se mortali.
Il proposito deve essere:
I - Fermo;
2 - Efficace;
3 - Universale.
1 - Fermo, cioè il penitente deve avere la volontà
sin cera di non ricadere più nel peccato, nonostante le
difficoltà.
2 - Efficace, cioè il penitente deve non
solo avere la volontà di non peccare, ma di usare i mezzi
necessari per evitare la caduta nel peccato, specialmente di evitare
le occasioni prossime di peccato.
3 - Universale, cioè il
proposito deve estendersi a tutti i peccati commessi, specialmente ai
mortali. E' sufficiente che il proposito sia concepito in forma
generica: non peccare più mortalmente. Chi confessa solo
peccati veniali deve avere il dolore e il proposito almeno di uno.
Per rendere valido il sacramento basta avere il dolore e il proposito
di qualche peccato, già confessato della vita passata. Per
quanto riguarda il proposito bisogna stare attenti a non confondere
un atto dell'intelletto con quello della volontà. Il proposito
si ottiene con un atto di volontà: quando questo esiste
veramente nell' anima, si può dire, con tranquillità,
che c'è anche il dolore, anche se con un atto dell'intelletto
si prevede che si cadrà ancora in quel peccato in avvenire. Il
proposito si fa con un atto della volontà; il prevedere le
ricadute in avvenire invece si ha con un atto dell'intelletto, che
non influisce minimamente sul proposito. Dopo esserti intrattenuto
nella meditazione per avere il dolore e il proposito dei peccati
commessi e individuati nell'esame di coscienza, recita lentamente e
con devozione l'atto di dolore e poi va dal sacerdote per l'accusa
dei peccati.
4) Confessione sincera dei peccati (C.C.c. 1455 -
1458)
Accostati con fede al confessore, che in quel
momento rappresenta N. S. Gesù Cristo, e manifesta a lui con
sincerità tutti i peccati commessi. Se temi di dimenticarli o
non sai come esprimerti, prega il sacerdote che ti interroghi lui.
Ricorda che il confessore non rivelerà a nessuno i peccati che
gli manifesti, perché è vincolato dal "sigillo
sacramentale". (Cfr. Cann. 983-984).Ascolta i suoi consigli e
sforzati di metterli in pratica. Cerca di capire bene e accetta la
penitenza (soddisfazione) che ti impone il sacerdote. Recita l'atto
di dolore, più che con parole con sentimenti e ricevi
devotamente l'assoluzione che ti viene impartita dal confessore.
5) La soddisfazione (o penitenza sacramentale) (C.C.c.
1459 - 1460)
1 - La soddisfazione sacramentale è
la penitenza imposta dal confessore al penitente per espiare le pene
temporali rimaste dopo la remissione delle colpe e della pena eterna
meritata da chi ha commesso peccati mortali. La volontà di
accettare (e in seguito di eseguire) la soddisfazione è uno
degli atti del penitente, che costituisce una parte essenziale della
confessione: fa parte della quasi-materia del sacramento ed è
contenuta nella contrizione o attrizione quando questa ha le dovute
qualità. L'attuazione (esecuzione) della soddisfazione
accettata (con la volontà di eseguirla dopo la confessione) è
solo parte integrante del sacramento della penitenza e non è
essenziale, per cui se non viene compiuta, il sacramento rimane
valido, ma incompleto. Non sempre Dio rimette insieme con le colpe e
la pena eterna tutte le pene temporali. Ecco allora il senso della
soddisfazione. Dio solo conosce la quantità della pena
temporale da espiare e quanta ne viene rimessa con la
soddisfazione.
2 - Il confessore ha il diritto e il dovere grave
per sé di imporre una penitenza (can. 981).
Questa deve
essere proporzionata alla qualità e quantità dei
peccati, tenendo conto però anche della capacità del
penitente. Per peccati gravi si deve imporre una penitenza grave.
Vengono ritenute gravi le penitenze considerate tali dalla Chiesa:
per esempio la S. Messa, la S. Comunione (anche se già
prescritta), la recita del S. Rosario, 10 "Padre Nostro",
10 " AveMaria" e 10 "Gloria al Padre", un
digiuno, un' elemosina, il far celebrare una S. Messa, il chiedere
perdono a chi si è offeso, il compiere qualche atto delle 7
opere di misericordia corporali e spirituali e simili.
3 - Il
confessore procuri di dare penitenze ragionevoli, non complesse, ma
semplici e facili da compiersi, tenendo presente la preparazione
spirituale e culturale della persona; questo per non correre il
rischio che il penitente trascuri quanto gli è stato imposto,
o che si infastidisca. Quando il penitente è assolutamente
incapace di fare una penitenza, non è necessario imporla. E'
meglio imporre la penitenza prima dell'assoluzione.
4 - La
soddisfazione sacramentale, quale parte del sacramento della
Penitenza, produce per se stessa (ex opere operato) la remissione
delle pene temporali. L'ambito delle pene rimesse dipende dalla
penitenza imposta, dalla disposizione del soggetto e, soprattutto,
dallo stato di grazia. Possono rimettere le pene temporali anche le
opere di penitenza extrasacramentali, compiute di propria iniziativa.
Per esempio: l'adempimento di alcune delle sette opere di
misericordia corporali e spirituali, la recita di preghiere, la
celebrazione di Sante Messe, l'accostarsi alla S. Comunione, la
recita del Rosario, digiuni, elargizioni ai poveri, ecc.
5 - La
commutazione della penitenza può essere fatta per motivo
ragionevole dal confessore che l'ha imposta, anche fuori di
confessione o da qualsiasi altro confessore, purché egli
abbia, almeno, una vaga cognizione dello stato d'animo del penitente.
(Cfr. Conc. Trid. sesso XIV, DS. 1689 - 1693 e 1712 - 1715).
Ringraziamento dopo la confessione
Al termine
della confessione il penitente eseguirà, quanto prima, la
soddisfazione (o penitenza sacramentale), che gli è stata
imposta dal confessore, se questi non ha stabilito un tempo preciso.
Il compimento di quanto prescritto, avverrà secondo le
modalità fissate. E' bene, infine, che il penitente rivolga un
pensiero di profondo ringraziamento, umile e devoto, a Gesù
per il perdono elargito e rinnovi il proposito di una vita cristiana
più fervorosa e più santa.
8) Il penitente e l'accusa dei peccati nella
Confessione Sacramentale
1) Nozione
L'accusa dei peccati nella
Confessione Sacramentale consiste nel manifestare, con dolore e
proposito, i propri peccati commessi dopo il Battesimo al confessore
per ottenere da lui l'assoluzione e il perdono di Dio (C.C.C. 1455 -
1458).
1 - L'accusa dei peccati è uno degli atti del penitente,
che fa parte della quasi materia del sacramento, che comprende il
dolore, il proposito, l'accusa dei peccati e la volontà di
accettare (e poi di compiere) la penitenza imposta dal confessore
(soddisfazione). Questi atti devono esistere simultaneamente, quando
si fa l'accusa e nel momento in cui si riceve l'assoluzione (Cfr.
c.c.C. 1448).
2 - Per disposizione divina devono essere confessati
tutti i peccati gravi secondo la specie, il numero e le circostanze
che mutano la specie. (Conc. di Trento, sesso XIV, Can. 7, DS. 1707).
A giustificazione e conferma di quanto operato dalla Chiesa nella sua
millenaria storia, ascoltiamo le parole di Gesù: "Dopo
aver detto questo alitò su di loro e disse: 'ricevete lo
Spirito Santo; a chi rimettere te i peccati saranno rimessi e a chi
non li rimetterete resteranno non rimessi'" (Gv. 20, 22-23). Il
Conc. di Trento, Sesso XIV, cap. V (DS. 1679, 1707). Il Codice di
Diritto Canonico dice: "Il fedele è tenuto all' obbligo
di confessare, secondo la specie e il numero, tutti i peccati gravi
commessi dopo il Battesimo e non ancora direttamente rimessi mediante
il potere delle chiavi della Chiesa, né accusati nella
confessione individuale, dei quali abbia coscienza dopo un diligente
esame" (Can. 988, par. I).
3 - "Ogni fedele, raggiunta
l'età della discrezione
(sette anni compiuti - Can. 97,
par. 2), è tenuto all' obbligo di confessare fedelmente i
propri peccati gravi, almeno una volta all' anno" (Can. 989).
Ogni fedele ha il diritto di scegliersi il confessore che desidera,
purché sia legittimamente approvato dalla Chiesa (Cfr. Can.
981).
Il confessarsi una volta l'anno è di stretto obbligo,
però è consigliabile confessarsi più spesso,
cioè non far passare il mese. Ma se ci sono peccati gravi, è
opportuno pentirsi subito e, quanto prima, riconciliarsi con Dio e
con la Chiesa mediante il Sacramento della Penitenza. Il Can. 276
esorta caldamente i chierici alla santità e suggerisce loro,
fra gli altri, un mezzo molto efficace per raggiungerla: la
confessione frequente: "... frequentemente si accostino al
Sacramento della Penitenza... (Can. 276, par. 2, n. 5). Quello che
viene detto ai chierici vale anche per tutti i fedeli, perché
tutti siamo chiamati alla santità.
4 - La confessione delle
colpe quotidiane (peccati veniali), sebbene non sia strettamente
necessaria, perché queste si possono espiare con altri mezzi:
preghiere, opere di carità verso il prossimo, atti di
penitenza, ecc., è tuttavia vivamente raccomandata dalla
Chiesa, sempre anche quando non vi sono peccati mortali. (Cfr. Conc.
di Trento DS. 1680 e Can. 988, par. 2). La confessione dei soli
peccati veniali è lecita e utile; non è necessario
confessarli tutti, ma quelli che si vogliono, però, di quelli
che si confessano, bisogna avere il dolore e il proposito.
"La
confessione regolare dei peccati veniali ci aiuta a formare la nostra
coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci
guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito. Ricevendo
più frequentemente, attraverso questo sacramento, il dono
della misericordia del Padre, siamo spinti ad essere misericordiosi
come Lui" (C.C.C. 1458).
5 - Anche i peccati (mortali e
veniali) già direttamente perdonati nel Sacramento della
Confessione, possono essere oggetto sufficiente di una nuova
confessione, purché si rinnovi il dolore ed il proposito.
(Cfr. Benedetto XI, DS. 880).
2) Le doti dell'accusa dei peccati Le doti dell'accusa dei
peccati sono:
1 - Sincera;
2 - Segreta;
3 -
Orale;
4 – Integra.
1 - Sincera: il penitente non deve mentire nell'accusare i
peccati. Deve manifestare al confessore le sue colpe come gliele
suggerisce la coscienza in quel momento, dopo un diligente esame.
Il
mentire per vergogna o per altro motivo circa una cosa grave, che ha
rapporto con la confessione, è
peccato mortale di
sacrilegio e, nello stesso tempo, rende invalido il sacramento.
Qui
è opportuno ricordare che il confessore non può parlare
con nessuno e per nessuna ragione dei peccati ascoltati in
confessione, perché egli è vincolato dal cosiddetto
"Sigillo sacramentale". (Cfr. Can. 983, par. l e Can. 1388,
par. 1).
2 - Segreta: l'accusa dei peccati deve essere fatta al
confessore solo, senza che altri ascoltino.
3 - Orale: un'accusa
fatta per mezzo di parole. La sostanza richiede che i peccati siano
sufficientemente manifestati al confessore, in qualche modo, e quindi
anche con segni o con lo scritto.
In caso di impossibilità
di accusa orale nessuno è però obbligato a servirsi
dello scritto o altro mezzo straordinario.
4 - Integra: l'accusa
dei peccati nella Confessione Sacramentale si dice integra quando
vengono manifestati al confessore tutti i peccati mortali, commessi
dopo il Battesimo, non ancora rimessi direttamente per mezzo
dell'assoluzione. Il penitente deve confessare tutti i peccati
mortali certi.
I - Secondo la specie: per es. furto,
omicidio,bestemmia, impurità, ecc.
II - Secondo il numero:
cioè bisogna confessare quante volte è stato commesso
il peccato. Chi non ricorda il numero esatto dei suoi peccati, deve
accusarne il numero approssimativo, cioè quello più
vicino alla verità, indicando pressapoco quante volte alla
settimana o al mese.
III - Secondo le circostanze che mutano la
specie del peccato, in materia grave, cioè quelle per le quali
un'azione peccaminosa contiene la malizia di due o più peccati
mortali (specie mortale); per esempio un peccato impuro se commesso
da solo, ovvero con una donna (o uomo) libera o sposata, un furto di
una cosa se profana o sacra, ecc.
IV - Chi ha avuto l'intenzione
di peccare gravemente, e poi non l'ha attuata per qualche ragione, è
obbligato a confessare l'intenzione peccaminosi grave.
V - Chi sa
di non essersi confessato bene per mancanza di dolore o di proposito
o di sincerità nel l'accusa dei peccati, deve rifare le
confessioni mal fatte e accusarsi dei sacrilegi commessi,
incominciando dall'ultima confessione ben fatta.
In questi casi è
opportuno farsi aiutare dal confessore. Circa i peccati dubbi si
devono fare le seguenti considerazioni. Il dubbio può
vertere:
a) circa il peccato stesso: se è stato commesso o
no;
b) circa la gravità del peccato: se è stato un
peccato mortale o veniale;
c) circa la confessione: se quel
peccato mortale è stato confessato o no.
VI - Chi senza
malizia tralasciò o dimenticò un peccato mortale, ha
fatto una buona confessione, può andare lo stesso alla
comunione; però gli rimane l'obbligo grave di confessare quel
peccato alla prima confessione, qualora tornasse con chiarezza nel
suo ricordo. Si deve tenere presente che l'obbligo di confessare
tutti i peccati mortali è del penitente, non del confessore,
il quale però, per motivo di carità, talvolta è
tenuto ad interrogare, ma i peccati mortali devono essere confessati
anche se il sacerdote confessore non fa nessuna domanda.
VII - Le
cause più comuni che scusano dall'integrità della
confessione Esistono delle situazioni che possono scusare
dall'integrità della confessione. In questi casi i peccati
mortali sono rimessi indirettamente mediante l'infusione della grazia
santificante, e devono essere accusati nella prima confessione in cui
non esisterà più la causa scusante. E' chiaro che chi
riceve l'assoluzione senza l'integrità della confessione,
affinché questa sia valida ed efficace, è necessario
che il penitente abbia compiuto interiormente gli altri atti
richiesti per la validità della confessione.
a) I moribondi
Si può e si deve assolvere assolutamente ogni moribondo
che ha dato, in qualche maniera, un segno di pentimento, anche se non
può fare una confessione integra. Si può assolvere
sotto condizione ("se sei capace" oppure "se vivi")
un tale quando si dubita della sua morte reale. A questo proposito è
opportuno ricordare quanto prescrive il Can. 976: "Ogni
sacerdote, anche se privo della facoltà di ricevere le
confessioni, assolve validamente e lecitamente tutti i penitenti che
si trovano in pericolo di morte, da qualsiasi censura e peccato,
anche quando sia presente un sacerdote approvato".
L'assoluzione collettiva in pericolo di morte
Si
può impartire l'assoluzione collettiva senza la previa
confessione individuale, quando è imminente un pericolo di
morte e al sacerdote o ai sacerdoti non sia sufficiente il tempo per
ascoltare le confessioni dei singoli penitenti (Cfr. Can. 961, par. 1
n. l°). L'assoluzione collettiva in caso di grave necessità
Cfr. rito per la riconciliazione di più penitenti con la
confessione e l'assoluzione generale (p. 49).
b) I muti
I muti
che non possono fare la confessione integra con segni, devono
manifestare in qualche modo il pentimento e così a loro si può
impartire l'assoluzione sacramentale. Essi non sono tenuti a scrivere
i peccati, perché è un mezzo straordinario, e il
penitente non è tenuto ad usare i mezzi straordinari. E'
consigliabile però che lo facciano, per educare la loro
sensibilità spirituale.
c) I sordi
I sordi, che hanno
l'uso della lingua, sono tenuti a confessare i propri peccati come
meglio possono, ma il confessore non è tenuto ad interrogarli
per procurare l'integrità della confessione, per non violare
la segretezza della confessione, se ci sono fedeli che possono
ascoltare. E' opportuno confessare i sordi in un luogo appartato, se
è Possibile, per non dare occasione ad altri di sentire i
peccati.
d) Gli ignari della lingua del confessore
Chi non
conosce la lingua del confessore non è tenuto a confessarsi
per mezzo dell'interprete; può tuttavia farlo, evitando però
gli abusi e gli scandali (Cfr. Can. 990), e tenendo presente
1'obbligo da parte dell'interprete di Osservare il segreto. Sono
tenuti al segreto anche tutti coloro che, in qualche modo, venissero
a conoscenza dei peccati sentiti nella confessione di qualcuno (Cfr.
Can. 983, par. 2 e Can. 1388, par. 2). Chi non avesse a disposizione
un interprete, o non volesse usarlo, può manifestare al
confessore con segni il suo pentimento ed ottenere validamente e
lecitamente l'assoluzione sacramentale e poi può accostarsi
alla Comunione.
3) La confessione generale
La Confessione generale è la
ripetizione delle confessioni di tutta la vita o solo di un tempo
determinato.
La Confessione generale può essere:
l -
necessaria;
2 - utile;
3 - inutile e nociva.
1 - La confessione generale si deve ritenere necessaria quando si
è certi, moralmente, che alcune confessioni precedenti sono
state invalide o sacrileghe. Negli altri casi non si deve mai
obbligare il penitente a fare la confessione generale.
2 - La
confessione generale si deve ritenere utile nei seguenti casi:
I -
quando ci sono forti dubbi circa la validità delle confessioni
precedenti;
II - in certe circostanze particolari della vita: per
umiltà, per devozione e per il desiderio di una maggiore
purificazione dell'anima davanti a Dio;
III - in occasione degli
esercizi spirituali è opportuna la confessione generale
parziale: dall'ultima confessione generale oppure di un anno.
3 - La confessione generale si deve ritenere inutile o addirittura
nociva, e quindi si deve proibire, quando i fedeli sono ansiosi o
inclini allo scrupolo.
4 - La confessione generale si deve fare
dopo una diligente preparazione, scrivendo magari i peccati su un
foglio di carta (che dopo l'accusa deve essere stracciato) oppure
chiedendo l'aiuto al confessore.
9) L'Assoluzione Sacramentale
l) Nozione
1 - L'assoluzione sacramentale è la forma del
Sacramento della Penitenza (Conc. Trid. sesso XIV, c. 3, DS 1673 e
1704; C.C.C. 1480 - 1484).
Ogni sacramento è formato da tre
elementi: la materia, la forma e il ministro.
Per la Confessione
Sacramentale:
- la materia (quasi-materia) è l'insieme
degli atti del penitente (dolore, proposito, accusa e soddisfazione),
che abbiamo visto;
- la forma, che ora vogliamo esaminare, è
l' assoluzione sacramentale;
- il ministro, di cui parleremo in
seguito, è il sacerdote confessore.
L'assoluzione sacramentale sono le parole, stabili te dalla
Chiesa, che il sacerdote confessore pronuncia sul fedele pentito:
unisce così la forma alla materia, costituendo il segno
sacramentale, ovvero il sacramento, che, per volontà di
Cristo, concede il perdono dei peccati commessi dopo il Battesimo.
2
- L'assoluzione sacramentale deve essere impartita secondo quanto è
stabilito nel libro liturgico "Rito della Penitenza",
pubblicato dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino del 7 Marzo
1974, tradotto dalla Conferenza Episcopale Italiana e reso
obbligatorio dal 21 Aprile 1974, come abbiamo visto nel settimo
capitolo della celebrazione della Confessione sacramentale.
3 - L'assoluzione sacramentale completa si esprime con la seguente
formula: "Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé
il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo
Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il
ministero della Chiesa, il perdono e la pace. E io ti assolvo dai
tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio + e dello Spirito
Santo".
Il penitente risponde: "Amen" .
L'essenza dell'assoluzione sacramentale si ha nelle seguenti
parole: "lo ti assolvo dai tuoi peccati".
4 -
L'assoluzione sacramentale deve essere impartita oralmente,
pronunciando le parole stabilite sul penitente presente in persona.
Non è necessario che egli senta le parole pronunciate dal
sacerdote ma è molto opportuno, specialmente se si tratta di
una persona incline allo scrupolo.
Se il penitente si allontana
dal confessionale prima di ricevere l'assoluzione, può essere
assolto, se è ancora nelle vicinanze del confessionale.
5 -
Al penitente debitamente pentito si deve dare l'assoluzione.
Per
una giusta causa si può dare l'assoluzione sotto condizione di
qualche circostanza di passato o di presente, ma mai di futuro, per
non esporre il sacramento al pericolo di invalidità.
Per
es. se vivi, se sei capace di ricevere il sacramento, se si dubita
della sufficienza della materia confessata, ecc.
Nell'impartire
l'assoluzione non è necessario esprimere con le parole la
condizione, come nel Battesimo e nell'Unzione degli Infermi: è
sufficiente l'intenzione, e lo stesso dicasi anche quando si assolve
da una censura.
2) Effetti dell'assoluzione sacramentale
Con l'assoluzione
pronunciata sul fedele pentito si conclude la celebrazione del
Sacramento della Penitenza, il quale, supposta la sua validità
ed efficacia, produce i seguenti effetti.
1 - L'effetto principale
del Sacramento della Penitenza è la riconcilazione dei
peccatore con Dio.
2 - Con una buona confessione vengono rimessi,
direttamente o indirettamente tutti i peccati mortali: direttamente,
quando per quei peccati ci sono stati tutti gli atti del penitente e
l'assoluzione; indirettamente, quando per qualche peccato mortale
dimenticato, ci sono stati gli atti del penitente e l'assoluzione,
non esplicitamente ma implicitamente.
E' possibile che non vengano
rimessi tutti i peccati veniali, perché per questi mancano gli
elementi richiesti per il perdono.
3 - Con la remissione dei
peccati mortali (e veniali) viene rimessa anche la corrispondente
pena eterna e anche una parte (non completamente) delle
pene
temporali dovute per peccati mortali o per peccati veniali.
4
- Viene restituita la grazia santificante, se era stata perduta
oppure viene accresciuta se era rimasta.
5 - Viene conferita anche
la grazia sacramentale, ovvero quell'insieme di doni spirituali, che
ci aiutano a produrre frutti di penitenza e ad evitare in avvenire i
peccati.
6 - Vengono recuperati (rivivono) tutti i meriti perduti
con il peccato mortale.
7 - Il sacramento della penitenza,
inoltre, produce, come effetto secondario, grande pace e serenità
di coscienza e forte consolazione dello spirito.
10) Il Ministro della Confessione
Sacramentale
1) Il ministro della Confessione Sacramentale è il
confessore: può esercitare tale ministero solo il
sacerdote
(Can. 965; Cfr. Conc. Trid. sesso XI Cap. 6, DS. 1684, 1710).
Per
la valida assoluzione dei peccati si richiede che il ministro
confessore abbia:
l - la potestà di ordine, che riceve con
la valida ordinazione sacerdotale;
2 - la facoltà di
esercitare sui fedeli la potestà sacramentale ricevuta
nell'ordinazione (Can. 966 par. I).
Il ministro confessore può
ricevere tale facoltà:
I - dallo stesso diritto oppure
II
- dalla competente autorità, a norma del Can. 969 (Can. 966,
par. 2).
l - Ricevono la facoltà di esercitare sui fedeli la potestà
sacramentale della confessione dallo stesso diritto:
a) Il Romano
pontefice, per tutto il mondo;
b) I Cardinali, per tutto il
mondo;Nessun Vescovo diocesano può muovere loro alcuna
opposizione.
c) I Vescovi, per tutto il mondo, a meno che un
Vescovo diocesano non si opponga;
d) In forza dell'ufficio per la
loro competenza e anche per tutto il mondo, a meno che l'Ordinario
del luogo, in caso particolare, non ne abbia fatto divieto:
-
l'Ordinario del luogo (Can. 368 e 134);
- il Canonico penitenziere
(Can. 308);
- il Parroco (Can. 519) e comparati (Cann. 540 e
543);
- chi fa le veci del parroco, per es. l'Amministratore
parrocchiale (Cfr. Cann. 539 - 544);
- il Rettore del seminario, a
norma del Can.262;
- il Cappellano (Cann. 564 - 572);
- I
Superiori religiosi competenti per la loro competenza e anche per
tutto il mondo, a solo limitatamente i religiosi dell'Istituto (Can.
967, par. 3);
- ogni Sacerdote, anche se privo della facoltà
di ricevere la confessione, assolve validamente e lecitamente tutti i
penitenti che si trovano in pericolo di morte, da qualsiasi censura e
peccato, anche quando sia presente un sacerdote approvato (Can. 976).
II - Il ministro confessore può ricevere la facoltà
di esercitare sui fedeli la potestà sacramentale dalla
competente autorità
a) Dall'Ordinario del luogo di
incardinazione o di domicilio, entro i limiti della competenza del
delegante (Can. 969, par. I).
Chi gode tale facoltà può
confessare in tutto il mondo a meno che un Ordinario del luogo, in un
caso particolare, non ne abbia fatto divieto. (Can. 967, par. 2).
b)
Dai superiori religiosi competenti, entro i limiti della loro
competenza. Chi ha ricevuto tale facoltà può confessare
in tutto il mondo solo i religiosi dell'Istituto, a meno che un
Superiore maggiore non lo vieti :per i suoi sudditi (Can. 969, par. 2
e Can. 967, par. 3).
La facoltà di ricevere abitualmente le
confessioni deve essere concessa solo ai sacerdoti idonei (Can. 970);
per un tempo indeterminato o determinato (Can. 972) e per i'scritto
(Can. 973).
2) Quando cessa la facoltà di confessare
La facoltà
di confessare cessa:
1 - quando scade il tempo, se la facoltà
è stata concessa per un periodo determinato;
2 - quando,
per una causa grave, viene revocata dalla competente autorità,
che l'ha concessa (Can. 974,par. 1 e par. 2);
3 - quando si perde
l'ufficio: con lo scadere del tempo prestabilito, per raggiunti
limiti di età definiti dal diritto, per rinuncia,
trasferimento, rimozione e anche per privazione (Can. 184, par. 1);
4
- quando avviene l'escardinazione;
5 - quando si perde il
domicilio;
6 - quando il sacerdote è stato colpito da
censura canonica (Cfr. Can. 1331 e 1335);
7 - "l'assoluzione
del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo è
invalida, eccetto che in pericolo di morte" (Can. 977). Affinché
si verifichi la fatti specie proibita dalla suddetta legge si
richiede:
- un complice maschio o femmina;
- un peccato grave,
esterno, certo;
- soggettivamente e .oggettivamente;
- da ambo
le parti;
- solo contro il sesto comandamento.
Il sacerdote che assolve il complice, a norma del Can. 977,
incorre nella scomunica "latae sententiae" riservata alla
Sede Apostolica (Can. 1378, par. I).
8 - Se un sacerdote ha
ricevuto la facoltà di confessare sia dal suo vescovo di
incardinazione che dal vescovo di domicilio e uno di essi revoca tale
facoltà, il sacerdote continua a poter confessare validamente
in tutto il mondo in forza della facoltà ricevuta dall'altro
vescovo. Non può confessare solo nella diocesi del vescovo che
ha revocato la facoltà.
3) Cessata la facoltà di confessare
Quando è
cessata la facoltà di confessare, il sacerdote per sé
non può più validamente assolvere i peccati dei
penitenti.
Però se il sacerdote non si accorge che gli è
scaduta la facoltà di confessare e continua il ministero, in
quei casi la Chiesa supplisce (la Chiesa concede a lui la facoltà
dal diritto) la suddetta facoltà in due circostanze:
1 - In
caso di errore comune
a) di fatto
b) di diritto
2 - In
dubbio positivo e probabile
a) di diritto
b) di fatto
l - In caso di errore comune
a) di fatto
L'errore comune è
da parte dei fedeli. Il dubbio positivo e probabile invece è
nel sacerdote confessore. L'errore comune di fatto, a differenza di
quello privato o non comune, si configura quando in luogo, pubblico
ed esterno, o in una comunità, il sacerdote esercita il
ministero della confessione senza avere la debita facoltà, e
tutti, anche moralmente intesi, o una gran parte di essi, in realtà
(di fatto) errano (pensano che egli abbia la facoltà) o hanno
una conoscenza inesatta circa la facoltà richiesta al
sacerdote per confessare.
b) In caso di errore comune di
diritto
L'errore comune di diritto si verifica quando si determina
una circostanza di carattere pubblico ed esternO, capace di trarre in
errore un buon numero di fedeli, anche se in realtà essi sono
pochi. Non si esige che molti di fatto sbagliano; basta la
possibilità; così che si dà l'errore comune
anche con una sola persona presente. Per esempio in chiesa c'è
solo il sacerdote e il penitente.
2 - In dubbio positivo e
probabile
a) di diritto il dubbio positivo e probabile sta nel
sacerdote confessore.
Il dubbio è positivo se è fondato su delle reali
ragioni, che tuttavia non danno la certezza. Se non esiste alcuna
ragione, si ha il cosiddetto dubbio negativo, che non è
sufficiente, poiché coincide sostanzialmente con
l'ignoranza.
Il dubbio è probabile se le ragioni sono di
una certa serietà, anche se contraddette da ragioni opposte
altrettanto serie.
Il dubbio positivo e probabile è di
diritto quando riguarda l'esistenza della legge, oppure la sua
interpretazione, il suo contenuto, il suo ambito. Per esempio
l'estensione della norma in quel dato senso è discussa tra gli
stessi canonisti.
b) Il dubbio positivo e probabile è di fatto quando
riguarda il fatto concreto di una particolare circostanza. Per
esempio se la facoltà di confessare sia scaduta o no; se un
fedele è realmente in pericolo di morte; se un determinato
luogo appartenga al territorio di una parrocchia o di
un'altra.
Concludendo:
1 - Nell'errore comune
a) di fatto
b)
di diritto
2 - Nel dubbio positivo e probabile
a) di diritto
b)
di fatto
La Chiesa supplisce la facoltà di confessare richiesta dal
can. 966, che manca nel sacerdote, che esercita tale ministero. (Cfr.
can. 144)
E' lecito provocare deliberatamente l'errore comune?E'
lecito purché vi sia una causa grave e proporzionata, in
rapporto al bene di una comunità ecclesiale o di un gruppo di
fedeli. Secondo alcuni, sarebbe sufficiente il fatto che, in un
giorno di domenica o di festa di precetto o anche in una circostanza
straordinaria dei fedeli desiderassero confessarsi, e mancasse un
altro sacerdote o fosse difficile provvedere diversamente.(Cfr.
Chiappetta, Prontuario, p. 1187).
11) I doveri del sacerdote nella Confessione
Sacramentale
Il sacerdote, come rappresentante di Gesù Cristo e ministro
del Sacramento della Penitenza, deve adempiere con piena
responsabilità i suoi doveri di Padre, Medico, Maestro,
Giudice e mantenere il segreto del "Sigillo sacramentale".
(Cfr. C.C.c. 1461-1467).
1) Il dovere di Padre (Rappresenta la paternità e la bontà
di Cristo)
1 - Nella confessione sacramentale il. sacerdote deve essere
soprattutto padre, al quale il penitente può aprire con piena
confidenza il proprio cuore. Come padre egli accoglie in nome di Dio
tutti i figliuoli pentiti, rigenerandoli alla vita della grazia.
Per
compiere adeguatamente questo dovere egli deve sforzarsi di vivere
santamente e di mettere in pratica tutti quegli insegnamenti che la
Chiesa dà ai confessori.
2 - Prima di tutto, quando il
sacerdote si accinge al ministero della Confessione Sacramentale deve
pro
curare di essere in grazia di Dio. Sarebbe una cosa stridente
se colui che è scelto per distribuire la grazia santificante,
proprio lui non la possedesse.
3 - Si ricordi il sacerdote
confessore che per la lecita amministrazione dei sacramenti si esige
lo stato di grazia. Chi pertanto è chiamato al confessionale e
sa di essere in peccato mortale, procuri di acquistare la grazia con
un atto di dolore perfetto, anche senza la Confessione Sacramentale
(non sempre possibile in quel momento), che, invece, è
prescritta prima della celebrazione della S. Messa con le relative
eccezioni a norma del Can. 916.
4 - Il confessore, se è
visto in faccia, accolga il penitente con il sorriso sulle labbra,
per ispirargli fiducia e confidenza e, all'inizio, nel decorso e
nella conclusione della confessione, sia sempre gentile, comprensivo,
misericordioso e caritatevole. In nessuna maniera gli manifesti segni
di fretta, di tedio o di impazienza e, mai, durante il colloquio, lo
tratti male e lo offenda, anche se il penitente dovesse assumere un
contegno poco rispettoso.
5 - Il confessore, dopo il saluto di
rito e aver sentito da quanto tempo il penitente non si confessa,
incominci subito il dialogo solo se vede che lui si trova in
difficoltà ad iniziare, altrimenti lo lasci parlare.
Se
necessario, per dovere di carità, lo aiuti a fare l'esame di
coscienza e a confessare bene tutti i peccati, specialmente i più
gravi, adeguando il suo intervento alla persona che gli parla.
6 -
L'interrogazione, quando è richiesta, sia breve e si riduca
all' essenziale soltanto. Si evitino domande inutili, curiose o
peggio indiscrete, che non servono per la confessione.
7 - Quando
il sacerdote si accorge che nella confessione vi è anche uno
sfogo da parte del penitente, cerchi di ascoltare pazientemente in
silenzio.
8 - Il confessore non permetta mai che il penitente
racconti tanti particolari inutili, specialmente quando si tratta di
materia delicata o riferisca i peccati altrui.
9 - Né con
le parole, né con gli atteggiamenti, mai il confessore faccia
capire al penitente di meravigliarsi, perché è stato
lungo tempo lontano dalla confessione, né per la gravità
o qualità o quantità dei peccati che accusa. .
10 -
Il confessore e il penitente parlino sottovoce, in modo tale da non
essere sentiti da eventuali persone vicine.
11 - Tutti i
sacerdoti, specialmente i parroci e gli altri pastori di anime, siano
sémpre pronti ad ascoltare la Confessione Sacramentale dai
fedeli, quando la chiedono" ragionevolmente". Si faciliti
l'amministrazione di questo sacramento e sia data loro l'opportunità
di accostarsi alla confessione individuale, stabilendo, se possibile,
anche un orario (Cfr. Can. 986).
12 - Il confessore tratti con
affabilità il penitente, chiunque sia, in modo tale da
suscitare in lui sentimenti di simpatia e di fiducia tali da
spingerlo a tornare ancora a confessarsi da lui, perché ha
trovato in lui un vero padre spirituale.
13 - Il confessore deve
essere sempre un padre spirituale, una vera guida per tutti i fedeli,
che si accostano a lui nella Confessione Sacramentale.
Egli
eserciterà la direzione spirituale, più o meno, secondo
che le varie anime sentono di aprire, più o meno, il loro
spirito a lui per ottenere benefici effetti spirituali.
14 - Si
può fare una distinzione tra confessione e direzione
spirituale propriamente detta.
Nella prima si tratta dell'accusa
dei peccati, non escludendo mai, anche in questa, certe riflessioni e
osservazioni da parte del sacerdote; nella seconda si esaminano in
una forma più dettagliata non solo i peccati, ma anche le loro
cause e inoltre le inclinazioni, il carattere, le abitudini
contratte, le tentazioni e tutta la vita del penitente, per trovare i
veri rimedi, quelli che mirano alla radice stessa del male, per
indirizzarlo sulla via della perfezione cristiana.
15 - La
direzione spirituale propriamente detta si può fare durante la
confessione, ma è più opportuno tenerla a parte,
specialmente se ci sono altri fedeli che aspettano per
confessarsi.
16 - Nella direzione spirituale il sacerdote deve
curare di essere pieno di carità, scienza e prudenza; il
fedele deve vedere N.S. Gesù Cristo nella persona del
direttore; avere in lui la massima fiducia e docilità
nell'ascoltare e seguire i suoi consigli, aprirgli completamente il
suo animo, affinché egli possa trovare proprio per lui le vie
giuste per un vero progresso spirituale. Nella direzione spirituale,
infine, bisogna evitare ogni esagerata familiarità e il
cambiare troppo facilmente il padre spirituale. (Cfr. Leone XIII, Ep.
"Testem bene volentiae", 22-1-1899; Conc. Vat. II,
"Presbyterorum Ordinis, 18 e "Optatam totius", 3 e 8).
2) Il dovere di Medico (Rappresenta Cristo, medico delle anime)
1
- Il confessore, come medico delle anime, deve cercare di conoscere
possibilmente lo stato d'animo soggettivo, spirituale, psicologico e
fisico del penitente, per comprendere la causa dei mali della sua
anima, per consigliare i relativi rimedi specifici sia naturali che
soprannaturali e impedire così la ricaduta nel peccato.
2 -
Il confessore come medico, secondo i casi, è tenuto a disporre
bene a ricevere efficacemente il sacramento, coloro che vede incerti
nelle disposizioni. Quando invece trova qualcuno non veramente
disposto, lo istruisca per prepararlo a differire, eventualmente,
l'assoluzione. Quando, infine, ritiene inutile o impossibile ogni
istruzione, allora è il caso di lasciare in buona fede il
penitente.
3 - Quando il confessore si accorge che il penitente ha
bisogno di un grave" intervento chirurgico" spirituale, per
fargli cambiare vita, non abbia paura di suggerirglielo, però
solo se ritiene che questi abbia la capacità di affrontarlo.
4
- Il confessore badi a non imporre penitenze strane o non
proporzionate alle forze del penitente.Tali penitenze siano adatte
alle sue capacità: siano semplici e facili da compiersi. Non
pensi di correggere il penitente con la qualità e quantità
delle penitenze.
3) Il dovere di Maestro (Insegnare la dottrina di Cristo e della
Chiesa)
1 - Il confessore per compiere adeguatamente il suo dovere
di maestro delle anime deve possedere la scienza sufficiente per
istruire i penitenti nella dottrina della Chiesa, avere la massima
prudenza e condurre una vita santa. "Infatti le labbra del
sacerdote devono custodire la scienza, e dalla sua bocca si ricerca
l'istruzione, perché egli è messaggero del Signore
degli eserciti" (Mt. 2,7)."Guai a voi, guide cieche... '
(Mt. 23, 16).
2 - Il confessore deve avere la scienza sufficiente
per sciogliere i casi ordinari che capitano e per poter essere pronto
a rispondere esattamente alle eventuali domande dei penitenti.
3 -
Il confessore ha il dovere grave di trovare il tempo per rivedere
"frequentemente" la materia studiata a suo tempo
specialmente in merito alla dogmatica, alla morale e al diritto
canonico, per essere competente nel suo ministero. Egli deve
aggiornarsi continuamente.
4 - Il confessore ha l'obbligo di
istruire i penitenti che non conoscono le verità essenziali,
richieste per una fruttuosa recezione del sacramento.
5 - Il
confessore ha l'obbligo di illuminare le coscienze erronee circa la
dottrina della Chiesa, specialmente su ciò che è
peccato o non peccato, peccato
grave o veniale, in modo
particolare quando questo errore causa un grave danno spirituale a sé
o agli altri e quando il silenzio del confessore possa ingenerare un
grave danno al bene comune o ad un terzo.
6 - Il confessore può
omettere l'istruzione:
I - quando da questa non vi è da
aspettarsi alcuna utilità e l'omissione di essa non nuoce né
al penitente né agli altri;
II - quando, anche se tornasse
di danno a qualcuno, si prevede che il penitente non ascolterà;
III
- quando il danno è maggiore dell'utilità. Per esempio
si può omettere l'istruzione circa l'invalidità
ignorata di un matrimonio, se ne risulta un grave danno ai figli;
IV
- quando vi è il dubbio se l'istruzione sia richiesta o no.
Ordinariamente si può omettere, però mai si dia
l'assoluzione senza aver suggerito prima almeno un breve pensiero
spirituale.
7 - Il confessore deve usare la massima prudenza:
I
- nel fare le interrogazioni, tenendo presente il tipo di penitente
che ha davanti, considerando di lui l'età, il sesso, la
condizione, ecc. (Cfr. can. 979);
II - nel giudicare sulla
moralità e gravità dei pecca ti accusati;
III - nel
suggerire i rimedi, affinché il penitente si emendi dai suoi
mali spirituali, togliendo la causa delle ricadute;
IV - nel dare
i consigli per i diversi casi presentati;
V - nell'imporre la
penitenza, considerando non solo il numero dei peccati, la loro
qualità e la loro gravità, ma anche le capacità
spirituali del penitente;
VI - nel ricevere la confessione delle
donne, dei fanciulli, degli adolescenti e degli handicappati,
specialmente quando si tratta di materia delicata sul sesto e il nono
comandamento;
VII- nel dare, differire o negare l'assoluzione
sacra mentale.
4) Il dovere di Giudice (formarsi un giudizio sui peccati e sulle
disposizioni del penitente)Il confessore prima di assolvere deve,
come giudice, formarsi un prudente giudizio sul penitente, ricordando
il principio di attenersi alle parole del medesimo.
Il confessore deve giudicare:
1 - se quelle cose accusate dal
penitente sono, oggettivamente o almeno soggettivamente, peccati;
perché chi assolve solo materia insufficiente rende invalido
il sacramento;
2 - se i peccati accusati sono mortali o veniali;
3
- di quale specie morale sono i peccati accusati: bestemmia,
omicidio, furto, impurità, ecc.;
4 - la quantità dei
peccati accusati, entro il limite del possibile;
5 - se il
penitente ha le disposizioni sufficienti per ricevere validamente
l'assoluzione. In caso di dubbio, il confessore deve formarsi una
coscienza moralmente certa, interrogando il penitente. Quando si
tratta infatti della validità dei sacramenti, bisogna seguire
la parte più sicura;
6 - non si richiede che il confessore,
mentre assolve, si ricordi tutti i peccati ascoltati, basta un
giudizio complessivo. Il confessore, per formarsi un prudente
giudizio sul penitente, talvolta deve interrogarlo per dovere di
giustizia o di carità:
1 - quando, da tutto l'insieme, il
confessore ritiene che il penitente colpevolmente o meno non abbia
fatto una confessione integra;
2 - quando il confessore non
conosce gli elementi necessari per un giudizio circa la qualità
dei peccati, la gravità, il numero e le circostanze che mutano
la specie;
3 - quando il confessore dubita seriamente delle
disposizioni interiori necessarie nel penitente.
4 - Nel fare
queste domande, per sé necessarie, egli deve tener presente la
personalità del penitente che ha davanti l'opportunità
e l'utilità che ne possono derivare. Si attenga allo stretto
necessario, evitando ogni riprovevole curiosità. Interroghi
con la massima prudenza, considerando il tempo e il modo più
conveniente.
Nel trattare, infine, il tema della castità
sia sommamente prudente.
Quando è necessario, interroghi
incominciando con espressioni generiche, per scendere poi ai
particolari, considerando lo stato, l'età, il sesso e la
capacità razionale del penitente, attenendosi, in materia,
sempre agli insegnamenti del magistero della Chiesa.(Cfr. can. 979 e
le "Norme" emanate dalla Congregazione del S. Ufficio, il16
maggio 1943).
5 - Il codice di diritto canonico avverte il
confessore per un caso particolare.
"Colui che confessa di
aver falsamente denunziato un confessore innocente presso l'autorità
ecclesiastica per il delitto di sollecitazione al peccato contro il
sesto comandamento del Decalogo (previsto nel can. 1387), non sia
assolto se non avrà prima ritrattato formalmente la falsa
denuncia (cioè deve, per iscritto, comunicare all'autorità
ecclesiastica che la sua denuncia è completamente falsa) e non
sia disposto a riparare i danni se ve ne siano" (Can. 982).Il
confessore deve inoltre ricordare che, "chi falsamente denuncia
al superiore ecclesiastico un confessore per il delitto di cui al
can. 1387, incorre nell'interdetto "latae sententiae" e, se
sia chierico, anche nella sospensione" (can. 1390, par. 1).
5) Il dovere di mantenere il segreto del "Sigillo
Sacramentale"
1 - La nozione del sigillo sacramentale
Il sigillo sacramentale
è l'obbligo di mantenere per sempre (anche dopo la morte del
penitente e senza alcuna eccezione per nessun motivo per quanto grave
sia) sotto rigoroso segreto ciò che è stato rivelato
nella Confessione Sacramentale e la cui manifestazione potrebbe
rendere odiosa la confessione.
2 - L'obbligo del sigillo sacramentale
I - L'obbligo del
sigillo sacramentale deriva esclusivamente da ogni e sola Confessione
Sacramentale, cioè fatta per ottenere l'assoluzione. Rimane
quest' obbligo anche quando la confessione è nulla o sacri
lega o da quella a cui è stata negata l'assoluzione.
II -
L'obbligo è di diritto divino naturale: obbliga sempre e
gravemente per causa di religione (per riverenza al sacramento) e di
giustizia (violazione di un segreto commesso).
III - L'obbligo è
di diritto divino positivo, almeno implicito: Gesù Cristo
infatti ha istituito il Sacramento come giudizio di foro interno con
l'obbligo della confessione segreta.
IV - L'obbligo è di
diritto ecclesiastico e si trova nel Conc. Lat. I cap. 21, DS. 814 e
nei Cann. 983 e 384.
V - In materia del sigillo sacramentale non è
lecito usare l'opinione probabile: bisogna seguire la parte più
sicura, perché si tratta del diritto del terzo.
3 - Il soggetto del sigillo sacramentale
I - Il soggetto del
sigillo sacramentale è solo il confessore vero, o, per errore,
ritenuto legittimo, o, finto, e quindi anche un laico, che si finge
sacerdote (can. 983, par. 1).
II - Sono inoltre tenuti ad
osservare il segreto anche l'interprete, se c'è, e tutti gli
altri ai quali, in qualunque modo, sia giunta notizia dei peccati
dalla confessione (Can. 983, par. 2).
III - Il confessore, dopo
l'assoluzione, può parlare con il penitente di ciò che
è stato detto in confessione solo con il suo consenso.
IV -
Al segreto sacramentale non è tenuto il penitente, neppure a
quanto ha udito dal confessore. Pecca, tuttavia, per violazione del
segreto naturale commesso, il penitente che rivela qualche cosa che
può nuocere al confessore, a meno che il bene privato o
pubblico non esiga tale rivelazione.
V - E' assolutamente proibito
al confessore far uso in qualunque modo delle conoscenze acquisite
nella Confessione Sacramentale con aggravio del penitente, anche se
resta escluso qualsiasi pericolo di rivelazione (can. 984, par.
l).
VI - Chi è costituito in autorità non può
servirsi in nessun modo, per il governo esterno, di notizie di
peccati sentiti in confessione in qualsiasi tempo (can. 984, par.
2).
VII - Non è proibito servirsi di notizie sentite in
Confessione Sacramentale se ciò non diventa gravoso al
penitente o rende odioso il sacramento. Per esempio: i predicatori
possono trattare certi argomenti, perché spinti da ciò
che hanno sentito in confessione.
VIII - Sono considerati testi
"incapaci in giudizio" i sacerdoti per quanto concerne
tutto ciò che fu loro rivelato nella Confessione Sacramentale,
anche se il penitente ne richiede la manifestazione; anzi, tutto ciò
che da chiunque e da qualunque modo fu udito in occasione della
confessione non può essere recepito come indizio di verità
(can. 1550, par. 2, n. 2°).Questo canone di diritto canonico è
tutelato anche dalla legislazione civile.Cfr. Codice Italiano di
Procedura Penale, art.200.Cfr. Nuovo Accordo tra la Santa Sede e la
Repubblica Italiana, 18 febbraio 1984, art. 4, n. 4.
IX - Circa la
registrazione delle Confessioni, cfr. la Dichiarazione della S.c. per
la Dottrina della Fede del 23 marzo 1973, Ench. Vat. VoI. 4,
pp.1502-1503.
4 - L'oggetto del sigillo sacramentale L'oggetto del sigillo
sacramentale sono solo i peccati mortali e veniali accusati in
confessione e tutto ciò che riguarda la loro spiegazione. Non
sono oggetto di sigillo sacramentale le altre circostanze: i difetti
del penitente (scrupoloso, impaziente, chiacchierone, ecc.) o le Sue
virtù (i doni di Dio,la condizione e il suo stato, ecc.), né
altri riferimenti esterni, purché, da questi, non si possa
risalire al peccato accusato in confessione.
5 - La violazione del sigillo sacramentale La violazione del
sigillo sacramentale può essere diretta e indiretta. La
violazione diretta si ha quando si manifesta il peccato, ascoltato
nella Confessione Sacramentale, e il peccatore. Si può avere
anche quando il peccato e il peccatore possono essere individuati con
certezza dalle parole del confessore. La violazione indiretta si ha
quando da ciò che il confessore dice, fa o omette, e dalle
circostanze che egli palesa, gli altri possono dedurre o sospettare,
in qualunque modo, l'identità del penitente e il peccato da
lui commesso. Non vi è alcuna violazione del sigillo se uno,
per esempio, racconta un peccato particolare, sentito nella
Confessione Sacramentale, ma in modo tale che in nessuna maniera si
possa scoprire il peccatore.
6 - Le pene contro coloro che violano il sigillo sacramentale
I
- "Il confessore che viola direttamente il sigillo sacramentale
incorre nella scomunica "latae sententiae" riservata alla
Sede Apostolica" (can. 1388, par. I).
II - Il confessore che
viola il sigillo sacramentale solo indirettamente, sia punito
proporzionalmente alla gravità del delitto con pene "ferendae
sententiae" (can. 1388, par. I).
III - L'interprete, se c'è,
e tutti gli altri, ai quali in qualunque modo sia giunta notizia dei
peccati della Confessione Sacramentale, che violano il segreto, siano
puniti con giusta pena, "ferendae sententiae", non esclusa
la scomunica (can. 1388, par. 2).
IV - Chi registra con qualsiasi
strumento tecnico ciò che nella Confessione Sacramentale, vera
o simulata, fatta da sé o da un altro, viene detto dal
confessore o dal penitente, oppure lo divulga con strumenti della
comunicazione sociale, incorre nella scomunica "latae
sententiae". (Cfr. Congr. per la Dottrina della Fede, Decreto
del 23 settembre 1989, Ench. Vat. voI. 11, p. 845, e can. 30).
12) Il confessore e alcune particolari
categorie di penitenti
Abbiamo già ricordato i doveri del confessore verso i
penitenti in genere; si tratta ora di esaminare il suo comportamento
con alcune categorie particolari di penitenti. Queste si devono
considerare a parte, perché esigono uno speciale trattamento
per le condizioni particolari in cui si trovano tali persone.
Esse
sono le seguenti:
l) i fanciulli e gli adolescenti,
2) i
coniugati,
3) i divorziati,
4) gli omosessuali,
5) coloro
che non si confessano da tanto tempo,
6) i casi patologici,
7)
gli scrupolosi,
8) gli occasionali
9) gli abitudinari e
recidivi,
10) coloro che sono incorsi in qualche censura o
irregolarità e altri impedimenti.
l) I fanciulli e gli adolescenti
l - Il confessore
cerchi di accogliere i fanciulli e gli adolescenti con il sorriso
sulle labbra e con un comportamento benevolo per ispirare loro
fiducia e confidenza.
2 - Usi parole semplici e facili,
accessibili a loro e, se dice qualche termine difficile, relativo
alla confessione o alle verità di fede, deve cercare di
spiegarlo.
3 - Li aiuti ad accusare quei peccati che essi sono
soliti compiere e poi, se lo ritiene opportuno, domandi se hanno
commesso qualche altro peccato grave o leggero.
4 - Sia molto
prudente nel far domande nel campo della purezza: ne parli solo se
essi ne danno lo spunto e in termini molto generici. Scenda ai
particolari solo se si accorge che sono in grado di comprenderli e,
se ritiene opportuno, incominci a dare le prime elementari
spiegazioni sul sesso.
5 - Li prepari al dolore e al proposito, e
li esorti alla confessione frequente.
2) I coniugati
1 - I coniugati rientrano in una
categoria particolare di penitenti, soprattutto per il problema della
castità coniugale e dell'uso dei metodi naturali o artificiali
nei rapporti intimi.
2 - Il confessore ha il dovere di carità
di aiutare il penitente coniugato nell'accusa dei peccati, quando,
dall'insieme, ritiene che la confessione non sia stata integra.
Presenti domande generiche, come per esempio:"Ha commesso
qualche altro peccato grave? Ha osservato le leggi della castità
coniugale?".
3 - Il confessore a questo riguardo cerchi di
ricordare il costante insegnamento della Chiesa, espresso
specialmente negli ultimi documenti pontifici. Ne ricordo alcuni.
L'enciclica "Casti Connubii" (1930) di Pio Xl, numerosi
discorsi di Pio xn, l'Enciclica "Humanae Vitae" di Paolo
VI, l'Esortazione Apostolica "Familiaris Consortio" (1981),
la lettera alle famiglie "Gratissimum Sane" (1994) e
l'Enciclica "Evangelium Vitae" (1995) di Giovanni Paolo Il.
Con essi vanno sempre ricordati la Costituzione Pastorale "Gaudium
et Spes" (1965) e il "Catechismo della Chiesa cattolica"
(1992). Ritengo che sia utile anche il "Vademecum per i
confessori su alcuni temi di morale attinenti alla vita coniugale"
(1997) del pontificio Consiglio per la famiglia.
4 - Ecco quanto
dice, a proposito, Pio XI nella sua Enciclica "Casti connubii"
del 31 dicembre 1930: "Qualsiasi uso del matrimonio, in cui per
la umana malizia l'atto sia destituito quella sua naturale virtù
procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura, e coloro che
osano commettere tali azioni si rendono rei di colpa grave...
Ammoniamo i sacerdoti che sono applicati ad ascoltare le
confessioni e gli altri tutti che hanno cura d'anime, che non lascino
errare i fedeli a sé affidati in un punto tanto grave della
legge di Dio... Che se qualche confessore o pastore delle anime...
inducesse egli stesso in simili errori i fedeli a sé commessi,
o, se non altro, ve li confermasse, sia con approvarli, sia
colpevolmente tacendo, sappia di dover rendere severo conto a Dio,
giudice supremo del tradito suo ufficio...
Non possono (mai:
'darsi difficoltà di tanta gravità che valgono a
dispensare dai 'comandamenti di Dio".
5 - Giovanni Paolo II,
nell'Esortazione Apostolica "Familiaris Consortio", p. III,
n. 29, dichiara: "... in continuità con la tradizione
viva della comunità ecclesiale lungo la storia, il recente
Concilio Vaticano II e il magistero del mio Predecessore Paolo VI,
espresso soprattutto nell'Enciclica "Humanae Vitae", hanno
trasmesso ai nostri tempi un annuncio veramente profetico, che
riafferma e ripropone non chiarezza la dottrina e la norma sempre
-antiche e sempre nuove della Chiesa sul matrimonio e sulla
trasmissione della vita umana.
Per questo, nella loro ultima
Assemblea, i Padri Sinodali hanno testualmente dichiarato: Questo
Sacro Sinodo, riunito nell'unità della fede con il Successore
di Pietro, fermamente tiene ciò che nel Concilio Vaticano II
(Cfr. "Gaudium et spes", 50) e, in seguito, nell'Enciclica
"Humanae Vitae" viene proposto, e in particolare che
l'amore coniugale deve essere pienamente umano, esclusivo e aperto
alla nuova vita" (Cfr.THumanae Vitae", n. 11 e cfr. 9 e
12).
6 - E' opportuno ricordare ai coniugi che possono utilizzare,
sotto la guida di un ginecologo cattolico, i metodi naturali non
fecondativi, ritenuti leciti dalla Chiesa.
7 - Quando è il
penitente a porre domande o a chiedere chiarimenti su questi
argomenti, il confessore non può rispondere: "Agisca
secondo la sua coscienza", ma deve dare risposte adeguate e
chiare, sempre con prudenza e discrezione, senza approvare opinioni
errate, non accettate dal magistero della Chiesa.
8 - "Il
confessore è tenuto ad ammonire i penitenti circa le
trasgressioni in sé gravi della legge di Dio e far sì
che desiderino 1'assoluzione e il perdono del Signore con il
proposito di rivedere e correggere la loro con dotta. Comunque la
recidività nei peccati di contraccezione non è in se
stessa motivo per negare l'assoluzione, questa tuttavia non si può
impartire se mancano il sufficiente pentimento o il proposito di non
ricadere in peccato" ("Vademecum... 28,5).
9 - Il
confessore ricordi anche i seguenti casi.
I - Ai coniugi è
lecito l'atto coniugale quando è aperto alla vita.
Il - Se
il marito nell'atto coniugale impedisce la concezione e la moglie non
è d'accordo, perché non vuole peccare, ella,
manifestatagli la sua contrarietà, per salvare la pace, può
prestarsi a compiere l'atto, solo quando questo non è viziato,
fin dall'inizio, con metodi anticoncezionali artificiali, ma diventa
peccaminoso nella conclusione, quando il marito versa il seme fuori
dell' ambiente naturale.
III - Se la moglie nell'atto coniugale
impedisce la concezione e il marito non è d'accordo, perché
non vuoI peccare, egli, manifestatale la sua contrarietà, per
salvare la pace, può compiere l'atto solo quando la moglie
vizia l'atto impedendo la concezione dopo, ma mai durante il rapporto
intimo.
IV - Si deve ricordare che il marito e la moglie hanno il
diritto-dovere all'atto coniugale solo quando questo viene compiuto
in un modo regolare. Se il marito chiede l'atto coniugale in una
maniera illecita, perde il suo diritto e la moglie non ha più
nessun dovere, e viceversa.
V - "Certamente è da
ritenere sempre valido il principio, anche in merito alla castità
coniugale, secondo il quale è preferibile lasciare i penitenti
in buona fede in caso di errore dovuto ad ignoranza soggettivamente
invincibile, quando si preveda che il penitente, pur orientato a
vivere nell'ambito della vita di fede, non modificherebbe la propria
condotta, anzi passerebbe a peccare formalmente. Tuttavia anche in
questi casi il confessore deve tendere ad avvicinare sempre più
tali penitenti, attraverso la preghiera, il richiamo e 1'esortazione
alla formazione della coscienza e all'insegnamento della Chiesa, ad
accogliere nella propria vita il piano di Dio, anche in quelle
esigenze" ("Vademecum..." 30 31,8).
VI - "La
'legge della gradualità pastorale, che non si può
confondere con 'la gradualità della legge ' , che pretende di
diminuire le sue esigenze, consiste nel chiedere una decisiva rottura
con il peccato e un progressivo cammino verso la totale unione con la
volontà di Dio e con le sue amabili esigenze"
("Vademecum..." 31,9).
VII - Anche ai vecchi è
lecito l'atto coniugale purché sia completo. Se riescono a
compierlo solo con difficoltà, possono aiutarsi, ma se non
riescono a completarlo, non per questo a loro è lecita la
masturbazione volontaria.
3) I divorziati
1 - Fra i casi difficili di una
categoria particolare di penitenti si trovano i divorziati, ai quali
si aggiungono gli sposati solo civilmente e coloro che convivono
(cfr.C.C.C. 1650-1651 e 2386-2391).
2 - Quando si presenta uno di questi casi, il confessore non deve
subito e sempre negare l'assoluzione, ma deve prima ponderare
accuratamente la situazione della singola persona, usando il massimo
della comprensione, purché questa rimanga nei limiti stabiliti
dagli insegnamenti della Chiesa.
3 - I penitenti che desiderano
vivere in grazia di Dio e non possono separarsi dalla compagna/o per
sopravvenuti doveri naturali (l'età avanzata o la malattia di
uno o di ambedue, la presenza di figli bisognosi di aiuto e di
educazione), se hanno il vero pentimento dei propri peccati e un
fermo proposito di evitarli per l'avvenire, vivendo con la compagna/o
come fratello e sorella, tali penitenti potranno anche accostarsi
alla S. Comunione. Se poi ricadono nel peccato, ritornino a
confessarsi, con le richieste disposizioni di spirito. Non ci si
comporta nello stesso modo anche con gli sposati, che molto spesso
compiono l'atto coniugale evitando la concezione?
Come si può
dare l'assoluzione a questi - anche se recidivi, se hanno un vero
pentimento e un fermo proposito, e si dice a loro di ritornare a
confessarsi, se peccano ancora - così si può fare con
quelli.
4 - Il confessore insegni a questi penitenti, quando è
possibile, il dovere e la via per sanare la loro situazione
irregolare.
5 - Un divorziato/a che convive o si è
sposato/a civilmente può tentare di chiedere al competente
Tribunale Ecclesiastico la dichiarazione di nullità del suo
precedente matrimonio religioso o di lei o di tutti e due. Si tratta
di avere un pò di buona volontà e tanta pazienza!
6
- Una persona libera che convive con un'altra, pure libera, può
avviare le pratiche per la celebrazione del matrimonio religioso.
Lo
stesso dicasi di due persone libere che si sono sposate solo
civilmente.
4) Gli omosessuali
1 - Gli omosessuali e tutti coloro
che hanno tendenze ad anomalie sessuali costituiscono una categoria
particolare di penitenti verso i quali il confessore deve avere
rispetto, compassione e delicatezza, come per tutti.
A loro
riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione.
Tali anomalie, molto spesso, non dipendono dai singoli individui, ma
dalla natura umana ricevuta in sorte e, specialmente nelle forme più
gravi, rivelano un fondo patologico e, talvolta, conducono a
perversioni sessuali. Essi, come tutti gli altri fedeli normali,
devono portare la croce della loro concupiscenza e combattere contro
il male per conservare la castità, per la conquista del Regno
dei Cieli. (Cfr. Congr. per la Dottrina della fede, "La cura
pastorale delle persone omosessuali", 1986; C.C.c. 2357-2359).
2
- Il Confessore verso questi penitenti deve usare bontà,
carità e comprensione e indicare loro i mezzi ordinari
naturali e soprannaturali (specialmente la confessione frequente),
perché possano vincere le tentazioni, evitando in modo
particolare le occasioni Prossime di peccato.
3 - Per l'assoluzione il confessore terrà presente le
regole generali. Pastoralmente poi li aiuterà ad approfondire
e a vivere più intensamente la loro vita spirituale, perché
abbiano la forza di superare le loro difficoltà.
5) Coloro che non si confessano da tanto tempo
I
- Quando si presenta un fedele che non si confessa da tanto tempo, il
sacerdote, prima di tutto, non si meravigli di ciò e, con
carità e pazienza, inizi il dialogo, chiedendo come mai si è
deciso a confessarsi proprio in quel giorno.
Dalle risposte
riuscirà a capire se il penitente è stato spinto da una
vera conversione, oppure se intende fare una pia cerimonia in
occasione di qualche circostanza particolare: il matrimonio, la morte
di qualche persona cara, la prima Comunione o la Cresima del figlio,
il 25° delle nozze, ecc.
2 - Se il confessore capisce che il penitente ha serie intenzioni,
gli chieda se desidera iniziare l'accusa dei peccati oppure se
preferisce essere aiutato.
3 - Se il confessore dall'insieme dell'accusa dei peccati pensa
che la confessione non sia stata integra, cerchi, per dovere di
carità, di integrarla facendo le domande che ritiene più
opportune.
4 - Il confessore, infine, lo aiuti a prepararlo al dolore e al
proposito e gli imponga una penitenza maggiore, in considerazione del
tempo trascorso senza accostarsi al Sacramento della Riconciliazione
e lo esorti a confessarsi più spesso.
6) I casi patologici
1 - Molto spesso si accostano al
confessionale gli ammalati psichici, gli esauriti, i depressi, ecc.
Con questi il confessore deve avere tanta bontà e soprattutto
deve armarsi di una grande pazienza, ricordando che talvolta essi
vengono a confessarsi più per sentire una parola di conforto
che per ricevere un sacramento.
2 - Per tali ammalati è
difficile stabilire il grado di responsabilità, bisogna tener
sempre presente il rapporto malattia psichica-peccato: perché
vi sia in loro un vero peccato mortale non basta la materia grave, ma
si richiede soprattutto la piena avvertenza e il deliberato consenso,
elementi indispensabili che, molto spesso, sono a metà o
addirittura mancano del tutto.
3 - Il confessore faccia attenzione
a non vedere indemoniati certi soggetti, che in realtà non
sono altro che casi patologici, bisognosi di cure psichiche o
psichiatriche.
7) Gli scrupolosi
Con gli scrupolosi il confessore usi
il metodo di grande fermezza e cerchi di adattare per loro le
seguenti regole.
1
- Lo scrupoloso deve avere grande ubbidienza al confessore.
2
- Lo scrupolo più grande sia per lui quello di non ubbidire al
confessore.
3
- Entro i limiti del Possibile, lo scrupoloso non si confessi da più
confessori, ma sempre da]]o stesso, che può essere anche P.
Spirituale.
4
- Il confessore dia allo scrupoloso regole generali, che siano
chiare, precise e senza ambiguità.
5
- Per quanto riguarda le confessioni passate, il sacerdote insegni
allo scrupoloso che si è obbligati a ripeterle solo se è
sicuro, da poterlo giurare, che nella vita passata ha taciuto per
vergogna qualche peccato mortale certissimo oppure di qualcuno di
questi non ha avuto il dolore o il proposito.
Se di tutto ciò
ha qualche dubbio, non è più tenuto e, nella maniera
più assoluta, non deve più pensare al passato. Quando
andrà a confessarsi, rinnovi il dolore e il proposito di tutti
i peccati della vita, e così, se qualche peccato non fosse
stato rimesso direttamente, verrebbe cancellato allora.
6
- Il confessore dia l'assoluzione sacramentale allo scrupoloso solo
una volta alla settimana, a meno che non vi sia qualche peccato
mortale certissimo.
7
- Il confessore tenga con lo scrupoloso un contegno piuttosto severo,
specialmente quando non ubbidisce.
8
- Il confessore insegni allo scrupoloso che, per commettere un
peccato mortale, ci vogliono tre elementi: materia grave, piena
avvertenza e deliberato consenso.
E' molto difficile che uno
scrupoloso commetta un peccato mortale, perché molto spesso in
lui manca la piena avvertenza e il deliberato consenso. In lui,
infatti, manca quell'equilibrio psichico richiesto per dare un
giudizio equo alle proprie azioni e, conseguentemente, non ci può
essere la piena avvertenza e il deliberato consenso richiesto per il
peccato mortale. Bisogna infatti ricordare che lo scrupolo, molto
spesso, è una malattia psichica, che deve essere curata.
8)
Gli occasionari
1 - Gli occasionari sono coloro che si trovano
in occasione di peccato, per una particolare circostanza esterna, che
li attira al male, rendendone facile l'esecuzione.
2
- Qui non si tratta di occasione remota, che può essere
facilmente evitata, ma di occasione prossima, nella quale un
individuo sempre, o quasi sempre pecca; così che anche per
l'avvenire, è moralmente certo o molto probabile che egli
ricadrà nella colpa, trovandosi nelle stesse circostanze.
Tutto ciò è relativo alla concupiscenza e alla fortezza
d'animo delle singole persone.
3
- L'occasione prossima di peccato può essere volontaria o
necessaria. L'occasione prossima volontaria si ha quando l'individuo
volutamente si mette in quella occasione. Questa, con un po' di buona
volontà, si può evitare. L'occasione prossima
necessaria si ha quando uno si trova nell' occasione prossima, senza
volere, portato in quella dalle circostanze di vita. Allontanarsi da
questa è molto difficile per il grave danno che ne deriverebbe
alla vita, o alla salute o alla reputazione; ecc. per esempio la
perdita del posto di lavoro, un matrimonio in vista, la convivenza
coniugale, ecc.
4
- Chi non vuole evitare l'occasione prossima volontaria di peccato
non può essere assolto.
5
- Chi si trova nel!' occasione prossima necessaria di peccato deve
cercare di usare i mezzi idonei naturali e soprannaturali per rendere
l'occasione, da prossima a remota.
6
- Il confessore deve cercare con il penitente la via migliore per
evitare il peccato, valutando le varie situazioni e ricorrendo
talvolta anche a rimedi drastici, se questi sono indispensabili per
la salvezza dell'anima.
9)
Gli abitudinari e recidivi
1 - Gli abitudinari sono quelli che
hanno contratto l'abitudine in qualche vizio, che durante un periodo
piuttosto lungo di tempo cadono spesso nello stesso peccato, senza
che tra l'una mancanza e l'altra vi sia un intervallo abbastanza
lungo. I recidivi sono quelli che, dopo varie confessioni, sono
ricaduti nello stesso peccato senza alcun emendamento.
2
- Il confessore può sempre assolvere sia gli abitudinari che i
recidivi, purché abbia verificato in loro la vera contrizione
e il fermo proposito dei propri peccati, anche se prevedono in
seguito altre ricadute; poiché questi, di solito, non sono
peccati di malizia, ma di fragilità e di debolezza.
Bisogna
tener presente che il dolore e il proposito si sviluppano nella
volontà e non nell'intelletto, che non influisce minimamente,
prevedendo altre cadute in avvenire. Nessuno, infatti, dovrebbe
andare più a confessarsi, perché tutti prevediamo che
in avvenire ricadremo negli stessi peccati o in qualche altro.
3
- La stessa cosa si deve dire per i peccati veniali, nei quali si
cade spesso, e che si accusano in quasi tutte le confessioni
sacramentali. Poiché non si è obbligati a confessare
tutti i peccati veniali, si deve allora prenderne di mira uno o due,
nei quali si cade più spesso; confessare questi, ma di questi
bisogna avere il vero dolore e il fermo proposito; perché chi
confessa consapevolmente e con leggerezza solo colpe veniali, senza
aver di queste il vero dolore e il fermo proposito, commette un
peccato grave di sacrilegio, poiché rende invalido il
sacramento. Il confessore, pertanto, cerchi di aiutare il penitente
ad avere il dolore e il proposito di almeno un peccato veniale.
4
- Il confessore deve avere una particolare attenzione per i giovani
abitudinari e recidivi che si preparano alla vita religiosa e
sacerdotale. I candidati che si dimostrassero certamente incapaci di
osservare la castità religiosa e sacerdotale per la frequenza
delle mancanze contro di essa, o per la forte inclinazione alla
sessualità, o per l'eccessiva debolezza della volontà,
non possono essere assolti se non promettono di non accettare di
emettere la professione religiosa o di non ricevere gli ordini sacri
o, almeno, di rimandarli per un adeguato periodo di
prova.
L'incapacità di osservare la castità,
infatti, è un segno chiaro che il candidato non possiede la
vocazione.
Quanto sopra detto è il pensiero costante del
Magistero ordinario della Chiesa, espresso soprattutto negli ultimi
documenti: s.e. De Sacramentis, Instructio, 27 Dec. 1930; S.c. De
Religiosis, Instructio, I Dec. 1931; Pio XI, "Ad Catholici
Sacerdotii", 20 Dec. 1935; Pio XII, "Menti Nostrae",
23 Sept. 1950; s.e. Dei Religiosi, Istruzione, 2 febbraio 1961; Paolo
VI "Sacerdotalis Caelibatus", 24 Iunii 1967.
1)
Coloro che sono incorsi in qualche censura o irregolarità e
altri impedimenti
A) Quando il confessore trova un penitente che è
incorso in qualche censura, è opportuno che ricordi quanto
segue:
Possono
assolvere dalla censura:
- Il Tribunale della Penitenzieria
Apostolica: le censure riservate alla S. Sede.
- Gli Ordinari
(can. 1355, par. I, n. l°) e gli Ordinari del luogo (can. 1355,
par. I, n. 2), che possono esercitare la facoltà sia in foro
esterno che in quello interno, secondo le loro competenze.
-
Qualsiasi vescovo, eletto, (non è necessario che sia
consacrato), ma solo nell'atto della confessione sacramentale (can.
1355, par. 2).
- Altri sacerdoti, secondo le limitazioni stabilite
dal codice.
- Il canonico penitenziere (can. 508).
- I
cappellani degli ospedali, delle carceri e delle navi (can. 566, par.
2).
- Qualsiasi sacerdote, validamente ordinato, in pericolo di
morte (can. 976).
- I sacerdoti degli ordini "Mendicanti"
(Francescani, Domenicani, Carmelitani, ecc.) per privilegio, a norma
del can. 4, possono assolvere dai casi non riservati dal diritto
comune alla Santa Sede, come per esempio dalla censura annessa
all'aborto procurato, ottenuto l'effetto.
- Qualsiasi confessore
(can. 1357), munito dalla debita facoltà di assolvere dai
peccati (can. 967, par. 2) secondo le seguenti limitazioni.
1
- Condizione: deve trattarsi di un penitente al quale sia gravoso
rimanere in stato di peccato grave per il tempo necessario affinché
il Superiore competente provveda (can. 1357, par. I).
2 - Ambito:
può assolvere solo nel foro interno sacramentale, nell' atto
della confessione sacramentale.
3 - Oggetto: può assolvere
la censura "latae sententiae" di scomunica o di interdetto,
semplicemente incorse, ossia non dichiarate, anche se riservate alla
Santa Sede, in quanto impediscono la recezione dei sacramenti, finché
la censura non venga rimessa (cann. 1331, par. I, n. 2; 1332).
4 -
Congrua penitenza: nel frattempo il confessore deve imporre al fedele
una penitenza, proporzionata al male compiuto, con la riparazione
dello scandalo e dei danni eventualmente provocati.
5
- L'obbligo di ricorrere entro un mese.
Il confessore deve imporre
al penitente l'obbligo di ricorrere entro un mese - non con grave
incomodo (Cfr. can. 1323, n. 4) - sotto pena di ricadere nella
censura, al Superiore competente o a un sacerdote munito della debita
facoltà e di attenersi alle sue decisioni.
Il ricorso al
Superiore competente può essere fatto anche tramite il
confessore, tacendo ovviamente il nome del penitente per non violare
il sigillo sacramentale (can. 1357, par. 2).
Se
il ricorso viene fatto alla Penitenziaria Apostolica per le censure
riservate alla Santa sede (è evidente che ad essa si può
ricorrere anche per le censure non riservate alla Santa sede) si usi
il seguente indirizzo: "Alla Penitenzieria Apostolica - Città
del Vaticano" .
B)
Quando il confessore trova qualche penitente, candidato agli Ordini
Sacri o sacerdote, che è incorso in qualche irregolarità
o altri impedimenti, ricordi i cann. 1041-1049:
1 - irregolarità
che impediscono la recezione degli Ordini Sacri (can. 1041);
2 -
semplici impedimenti che vietano la recezione degli Ordini Sacri
(can. 1042);
3 - irregolarità che impediscono l'esercizio
degli Ordini Sacri (can. 1044, par. l);
4 - semplici impedimenti
che si oppongono all'esercizio degli Ordini Sacri (can. 1044, par.
2);
5 - l'ignoranza delle irregolarità e degli impedimenti
non esime dai medesimi (can. 1045).
6 - "Nei casi occulti più
urgenti, se non si possa ricorrere al Vescovo, o quando si tratti
.delle irregolarità di cui al can. 1041 nn. 3 (attentato
matrimonio) e 4 (omicidio volontario e procurato aborto), alla
Penitenzieria, e se incomba il pericolo di grave danno o infamia,
colui che è impedito dalla irregolarità di esercitare
l'ordine, può esercitarlo, fermo però restando l'onere
di ricorrere quanto prima (un mese), all'Ordinario o alla
Penitenzieria, taciuto il nome e tramite il confessore" (can.
1048).
7 - Se al confessore si presentasse un caso piuttosto
complesso e non avesse subito pronta la soluzione, può dire al
penitente se è disposto ad accettare quanto gli verrà
indicato dopo l'esame del caso e, se accetta, potrà
concedergli l'assoluzione. Il confessore poi chieda consiglio a
qualche sacerdote competente in materia e tenga presente che l'organo
proprio della Santa Sede per i ricorsi è la Penitenzieria
Apostolica.
13)
Il confessore e l'assoluzione sacramentale
1)
Quando il confessore non ha dubbi sulle disposizioni del penitente,
per dovere di giustizia, egli deve concedergli l'assoluzione
sacramentale (Cfr. can. 980).
2)
Quando il confessore si accorge che il penitente non è
sufficientemente disposto, cerchi di aiutarlo ad avere le
disposizioni richieste oppure, d'accordo con lui, differisca
l'assoluzione sacramentale per una più accurata
preparazione.
3) Il confessore non può differire
l'assoluzione sacra mentale, quando il penitente, disposto, la
desidera.
4)
Quando il confessore dubita delle disposizioni del penitente, con
ulteriori domande cerchi di arrivare alla certezza morale per il sì
o per il no.
5) Quando il confessore è moralmente certo che
il penitente non è disposto, non gli può dare
l'assoluzione sacramentale, ma gliela neghi in modo tale che risulti
che è il penitente che non vuole essere assolto.
Il
confessore gli faccia questo discorso:
"Se io le dò
l'assoluzione sacramentale ora, quando lei non ha le disposizioni
richieste (dolore e proposito), commetto un peccato mortale di
sacrilegio e uno ne commette anche lei, così tornerà a
casa non in grazia di Dio, ma con un peccato mortale in più.
Penso che io non debba darle l'assoluzione. Stando così le
cose, ora io le domando: "Vuole l'assoluzione?". Molto
probabilmente il penitente risponderà negativamente e allora
non è il sacerdote che gli nega l'assoluzione, ma è il
penitente stesso che la rifiuta, perché ha compreso che il suo
stato d'animo non è disposto a ricevere il sacramento. ' Il
confessore poi lo esorti a tornare quanto prima, dopo aver riflettuto
ed essersi disposto ad accogliere la grazia di Dio.
14)
La Confessione Sacramentale e la S. Comunione
1)
Rapporto fra i due sacramenti
In questo capitolo esamineremo il
rapporto che esiste tra la Confessione Sacramentale e la S.
Comunione. Diciamo subito che la prima non è in funzione
dell'altra, come pensano, erroneamente, molti fedeli, i quali credono
che quando ci si accosta alla S. Comunione bisogna anche prima
confessarsi. Sono due sacramenti che possono essere benissimo
separati.
Il Battesimo e la Penitenza sono stati istituiti da N.S.
Gesù Cristo per cancellare i peccati. Il Battesimo, che è
la porta degli altri sacramenti, necessario di fatto o almeno di
desiderio per la salvezza dell'anima, cancella il peccato originale e
tutti gli altri peccati commessi prima (Cfr. can. 849). La Penitenza
cancella i peccati mortali e veniali commessi dopo il Battesimo (Cfr.
can. 959). Nella vita cristiana l'attività più
importante è quella di combattere contro il male per
conservare la grazia di Dio, che è la veste nuziale (Mt. 22,
11-14) che un' anima deve possedere, al momento della morte, per
entrare in paradiso. La grazia di Dio è anche il passaporto
che si deve presentare alla propria coscienza e a Dio, quando ci si
accosta alla S. Comunione.
Chi è privo di tale dono,
perduto per il peccato mortale, deve riacquistarlo con una buona e
santa confessione per potersi accostare a ricevere efficacemente Gesù
nella SS. Eucarestia. Per chi invece già lo possiede, quel
sacramento non è necessario.
La Penitenza è stata
istituita soprattutto per poter riacquistare la grazia santificante
per chi l'avesse perduta con il peccato mortale, per poter vivere
sempre nell'amicizia di Dio e uniti a Lui.
Premesso questo, si può
concludere che non è necessario accostarsi alla S. Comunione
subito dopo essersi confessati. Si può accedere al mistero
eucaristico anche molto tempo dopo, purché nell'anima vi sia
ancora la grazia di Dio. Ecco dunque il rapporto che si trova tra la
Confessione Sacramentale e la S. Comunione.
2)
La S. Comunione
Per fare una buona comunione sono necessarie tre
condizioni:
1 - essere in grazia di Dio;
2 - compiere una
conveniente preparazione e un doveroso ringraziamento;
3 - essere
digiuni da un' ora.
Qui esamineremo solo la prima di queste tre
condizioni, la più importante, in quanto può avere
rapporto con il sacramento della Confessione Sacramentale. Chi si
accosta alla S. Comunione deve essere in grazia di Dio: chi riceve il
Corpo del Signore in peccato mortale commette un grave sacrilegio.
Prima di accostarsi alla S. Comunione, pertanto, ogni fedele deve
prepararsi facendo un serio esame di coscienza per vedere se la sua
anima è in grazia di Dio o no.Poiché S. Paolo dice:
"Chiunque in un modo indegno mangia il pane o beve il calice del
Signore sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno,
per tanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di
questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il
corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (l Coro
11,27-29).
Prima di accostarci alla S. Comunione, S. Paolo ci
esorta a fare un esame di coscienza, nel quale noi possiamo trovarci
in tre stati d'animo.
I - Siamo certi di essere in grazia di Dio:
possiamo allora accostarci tranquillamente alla S. Comunione.
2 -
Non siamo certi di essere in grazia di Dio, ma dubbiosi: abbiamo cioè
dei motivi per pensare di di Dio, che è la veste nuziale (ML
22,11-14) che un'anima deve possedere, al momento della morte, per
entrare in paradiso. La grazia di Dio è anche il passaporto
che si deve presentare alla propria coscienza e a Dio, quando ci si
accosta alla S. Comunione. Chi è privo di tale dono, perduto
per il peccato mortale, deve riacquistarlo con una buona e santa
confessione per potersi accostare a ricevere efficacemente Gesù
nella SS. Eucarestia. Per chi invece già lo possiede, quel
sacramento non è necessario.
La Penitenza è stata
istituita soprattutto per poter riacquistare la grazia santificante
per chi l'avesse perduta con il peccato mortale, per poter vivere
sempre nell'amicizia di Dio e uniti a Lui.
Premesso questo, si può
concludere che non è necessario accostarsi alla S. Comunione
subito dopo essersi confessati. Si può accedere al mistero
eucaristico anche molto tempo dopo, purché nell'anima vi sia
ancora la grazia di Dio. Ecco dunque il rapporto che si trova tra la
Confessione Sacramentale e la S. Comunione.
2)
La S. Comunione
Per fare una buona comunione sono necessarie tre
condizioni:
1
- essere in grazia di Dio;
2 - compiere una conveniente
preparazione e un dove roso ringraziamento;
3 - essere digiuni da
un' ora.
Qui esamineremo solo la prima di queste tre condizioni,
la più importante, in quanto può avere rapporto con il
sacramento della Confessione Sacramentale. Chi si accosta alla S.
Comunione deve essere in grazia di Dio: chi riceve il Corpo del
Signore in peccato mortale commette un grave sacrilegio. Prima di
accostarsi alla S. Comunione, pertanto, ogni fedele deve prepararsi
facendo un serio esame di coscienza per vedere se la sua anima è
in grazia di Dio o no. Poiché S. Paolo dice: "Chiunque in
un modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore saràreo
del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se
stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché
chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e
beve la propria condanna" (1 Coro 11,27-29).
Prima di
accostarci alla S. Comunione, S. Paolo ci esorta a fare un esame di
coscienza, nel quale noi possiamo trovarci in tre stati d'animo.
1
- Siamo certi di essere in grazia di Dio: possiamo allora accostarci
tranquillamente alla S. Comunione.
2 - Non siamo certi di essere
in grazia di Dio, ma dubbiosi: abbiamo cioè dei motivi per
pensare di essere in grazia di Dio e ne abbiamo altri che ci inducono
a pensare di essere in peccato mortale; siamo in uno stato di
incertezza. In questa situazione di dubbio, possiamo accostarci alla
S. Comunione.
3 - Siamo certi di essere in peccato mortale; in
questo stato d'animo non possiamo accostarci alla S. Comunione e chi
lo facesse commetterebbe un gravissimo sacrilegio, cioè un
altro peccato mortale. In questo terzo caso, pertanto, prima di
ricevere efficacemente Gesù, bisogna riacquistare la grazia
santificante con una buona e santa Confessione Sacramentale.
Il
Codice di Diritto Canonico però concede qualche eccezione:
"Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non
celebri la Messa, né comunichi al Corpo del Signore senza
premettere la Confessione Sacramentale, a meno che non vi sia una
ragione grave e manchi l'opportunità di confessarsi; nel qual
caso si ricordi che è tenuto a porre un atto di contrizione
perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima"
(entro una settimana o quanto prima possibile). (Can. 916 e Cfr.
Conc. Trid. can. 11 DS. 1661).
Secondo la precisazione di questo
canone, ripresa
dal Concilio di Trento, per celebrare lecitamente
la S. Messa o comunicarsi con un solo atto di contrizione perfetta,
senza premettere la confessione sacramentale si richiedono due
condizioni:
1 - una ragione grave
2 - che manchi l'opportunità
di confessarsi.
E'
necessario che queste due condizioni esistano simultaneamente.
1 -
Una ragione grave si ha quando vi è la necessità di
celebrare o di comunicarsi. Quando cioè la celebrazione o la
comunione non si può evitare senza scandalo, infamia o altro
danno. Ciò si verifica quando il sacerdote deve celebrare una
Messa di orario, di matrimonio, di funerale, ecc. oppure quando un
fedele solamente all'altare si ricorda di aver commesso peccato
mortale. Non può essere reputata una ragione grave, per il
fedele, quando assiste alla Messa esequiale e a solenni celebrazioni
liturgiche (Cfr. 1 Coro 11 ,27 29; Ench. Mysterium 35,560; "Ench.
Celebratio" 23,1640; Giovanni Paolo Il, Ep. "Dominicae
Cenae", Il,24 Febr.1980, AAS. 72 - 1980 - 137.
2 - Manca
l'opportunità di confessarsi, quando non si può avere
un confessore a propria disposizione, senza grave difficoltà
fisica o morale. Per grave, qui si deve intendere, fuori
dall'ordinario.
15)
Le
indulgenze
1)
La nozione
1 - Il concetto di indulgenza, inteso dalla Chiesa nel
senso di remissione di pena dovuta per il peccato commesso e già
perdonato, si trova nel Concilio Lateranense IV (1215). Noi abbiamo
il primo Anno Santo nel 1.300 con Bonifacio VIII. Nel corso dei
secoli molti furono gli abusi e i malintesi sulle indulgenze. Famoso
è il caso di Lutero, che nel 1517 espose la sua dottrina,
condannata da Leone X nel 1520.
Ai nostri giorni la dottrina delle
indulgenze si trova nella Costituzione Apostolica "Indulgentiarum
Doctrina", del 10 gennaio 1967, di Paolo VI, che ha sintetizzato
in proposito il pensiero della Chiesa dei secoli passati. Nella norma
13 della suddetta Costituzione Apostolica si stabilisce che l'
"Enchiridion Indulgentiarum" sarebbe stato riveduto.
2 -
La Penitenzieria Apostolica, il 29 giugno 1968, ha pubblicato il
nuovo "Enchiridion Indulgentiarum - Normae et
Concessiones".Prima editio, mense iunio 1968. Secunda editio,
mense octobri 1968. Tertia editio, mense maio 1986. Quarta editio,
mense iulio 1999.
3 - Il Codice di Diritto Canonico ha riportato
la dottrina delle indulgenze nei cann. 992-997.
4 - Il "Catechismo
della Chiesa Cattolica" (C.C.c.) tratta delle indulgenze nei nn.
1471-1479.
5 - "L'indulgenza è la remissione davanti a
Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto
alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate
condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come
ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il
tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi" (can.
992).
Spiegazione
I - "L'indulgenza è la remissione
davanti a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi
quanto alla colpa.
Ogni peccato include una colpa (offesa a Dio)
e una corrispondente pena da espiare, per reintegrare l'ordine
sociale giuridico violato e per l'emendazione del peccatore.
Il
peccato mortale include una colpa grave e una pena eterna; il peccato
veniale: una colpa leggera e una pena temporale.
L'indulgenza non
rimette la colpa, ma solo la pena temporale (non quella eterna), e
questo quando la colpa è già stata perdonata. Rimette
cioè le pene temporali dei peccati veniali e mortali già
perdonati.
La pena eterna dovuta per peccati mortali viene rimessa
quando viene perdonata la colpa, lasciando però delle pene
temporali da espiare.
II - "Per intervento della Chiesa ".
Per Chiesa si intende il Papa, i Vescovi e tutti coloro ai quali è
stato concesso dal Papa o dal diritto. Solo queste persone hanno il
potere di concedere l'indulgenza.
III - "La Chiesa dispensa
ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo
e dei Santi".
L'indulgenza è dunque il pagamento dei
debiti penali dei peccatori, fatto davanti a Dio per mezzo di quella
specie di pubblico erario, che è il tesoro della Chiesa,
costituito dai meriti infiniti di Cristo, della Vergine e dei
Santi.
IV - "La Chiesa concede l'indulgenza per i vivi a modo
di assoluzione". L'indulgenza non è un puro atto di
grazia, per cui la pena viene rimessa gratuitamente, ma una
compensazione fatta attingendo al tesoro dei meriti di Cristo, della
Vergine e dei Santi. La possibilità della soddisfazione
vicaria risulta dall'unità del Corpo mistico di Cristo, cioè
della Comunione dei Santi. Il potere delle indulgenze, poggia sul
"Potere delle Chiavi" dell' autorità ecclesiastica e
sul I
dogma della Comunione dei Santi. La fonte delle indulgenze è
il tesoro della Chiesa, costituito dalle abbondanti opere
soddisfattorie di Cristo, della Vergine e dei Santi.
V -La Chiesa
concede l'indulgenza per i defunti a modo di suffragio ".
La
Chiesa, non avendo giurisdizione sulle anime fuori di questo mondo,
presenta a Dio i meriti di Cristo, della Vergine e dei Santi, perché
in vista di essi, Dio condoni la pena temporale alle anime purganti.
Noi possiamo aiutarle, perché anch'esse sono membri del Corpo
Mistico di Cristo, che è la Chiesa, nella quale vige la legge
della Comunione dei Santi (scambio di beni spirituali tra i membri
del Corpo Mistico, come tra le membra del corpo umano).
Le
indulgenze, sia parziali che plenarie, possono essere sempre
applicate per i defunti a modo di suffragio, cioè per questa o
quell'anima, ma Dio, evidentemente, nella sua santità e
giustizia infinita, può applicarle per chi crede più
opportuno.
2)
La divisione
1
- L'indulgenza può essere parziale o plenaria. L'indulgenza
parziale rimette solo una parte della pena temporale, dovuta per i
peccati commessi e perdonati. L'indulgenza plenaria rimette tutta la
pena temporale, dovuta per i peccati commessi e perdonati.
Le
indulgenze parziali e plenarie, concesse dalla Chiesa si trovano
nell"'Enchiridion Indulgentiarum Normae et Concessiones",
pubblicato, il 16 Luglio 1999.
2
- "Ogni fedele può lucrare per se stesso o applicare ai
defunti, a modo di suffragio, indulgenze sia parziali sia plenarie"
(can. 997).
3 - Nessuno può applicare le indulgenze che
acquista, per altri che sono ancora vivi. (Cfr. "Enchiridion
Indulgentiarum", (1986), Norma 3).
3)
Chi può concedere le indulgenze
1 - Il Romano Pontefice,
"al quale è stato affidato da Cristo Signore la
distribuzione di tutto il tesoro spirituale della Chiesa" (Can.
912, codice 1917).
2 - La materia delle indulgenze è
affidata alla esclusiva competenza della Sacra Penitenzieria
Apostolica. (Cfr. "Ench. Ind.", Norma 6).
3
- "Oltre alla suprema autorità della Chiesa, possono
concedere indulgenze solamente quelle persone a cui questa facoltà
è riconosciuta dal diritto o è concessa dal Romano
Pontefice" (can. 995, par. 1).
Per
la facoltà dei Vescovi eparchiali o diocesani, dei
Metropoliti, dei Patriarchi, degli Arcivescovi Maggiori e dei
Cardinali, cfr. "Ench. Ind.", Normae 7-10. "Nessuna
autorità inferiore al Romano Pontefice può dare ad
altri la facoltà di concedere indulgenze, se questo non le sia
stato concesso espressamente dalla Sede Apostolica" (can. 995,
par. 2).
4)
Le condizioni per acquistare l'indulgenza plenaria Sono le
seguenti:
1 - essere battezzati;
2 - non essere scomunicati;
3
- essere in grazia di Dio, almeno quando viene compiuta l'ultima
opera prescritta;
4 - essere sudditi di chi concede
l'indulgenza;
5 - l'intenzione almeno generale (abituale) di
acquistare l'indulgenza;
6 - l'adempimento esatto delle opere
prescritte.
Per
acquistare l'indulgenza plenaria inoltre si richiede: (Cfr. "Ench.
Indulg." , Normae 1-26)
I - la purificazione dell'anima
(esclusione di qualsiasi attaccamento) non solo dal peccato mortale,
ma anche da qualsiasi peccato veniale;
II - la Confessione
Sacramentale: 15 o 20 giorni prima o dopo aver compiuto l'opera
prescritta; con una sola Confessione Sacramentale si possono
acquistare più indulgenze plenarie;
III - la Comunione
Eucaristica: una per ogni indulgenza plenaria;
IV - una preghiera
secondo l'intenzione del Sommo Pontefice: è sufficiente
recitare un "Padre nostro" e un' "Ave" e poi si
possono recitare altre preghiere libere;
V - se l'opera prescritta
è la visita ad una chiesa o ad un oratorio, è
sufficiente recitare un "Padre nostro" e un "Credo";
VI
- si può acquistare una sola indulgenza plenaria al giorno,
fatta eccezione per coloro che sono in punto di morte.
VII - Per
acquistare l'indulgenza stabilita per un determinato giorno se si
richiede la visita ad una Chiesa o ad un oratorio, la detta visita si
può fare dal mezzogiorno della vigilia fino alla mezzanotte
del giorno stabilito.
VIII- Il fedele può acquistare
l'indulgenza se usa devotamente uno dei seguenti oggetti di pietà
benedetti: il crocifisso, la croce, la corona, lo scapolare e la
medaglia.
IX - I confessori possono commutare sia l'opera
prescritta sia le condizioni, a quelli che siano legittimamente
impediti dal compierle.
X - I sordi e i muti possono acquistare le
"indulgenze annesse a pubbliche preghiere se, trovandosi insieme
ad altri fedeli che pregano, innalzino piamente l'animo a Dio; se si
tratta di preghiere private, basta che le recitino mentalmente o le
manifestino con segni o le leggano soltanto con gli occhi.
5)
Fra le indulgenze concesse dalla Chiesa è bene ricordare
l'indulgenza plenaria "in articulo mortis" (in punto di
morte)
1 - Il sacerdote che amministra i Sacramenti (in articulo
mortis) Il sacerdote che amministra i sacramenti al fedele in
pericolo di morte non trascuri di impartirgli anche la Benedizione
Apostolica cui è annessa l'indulgenza plenaria.
La
Benedizione Apostolica (formula)
"In virtù della
facoltà datami dalla Sede Apostolica, io ti concedo
l'indulgenza plenaria e la remissione di tutti i peccati, nel nome +
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. R. Amen.
2
- Il fedele da solo (in articulo mortis)
Quando non si può
avere un sacerdote, la Santa Madre Chiesa concede al fedele
l'indulgenza plenaria in punto di morte, purché sia
debitamente disposto (abbia, cioè, tutti i requisiti interiori
richiesti per l'acquisto dell'indulgenza plenaria) e abbia recitato
abitualmente durante la vita qualche preghiera; nel qual caso la
Chiesa supplisce alle tre condizioni richieste di solito per
l'indulgenza plenaria (1 - Confessione; 2 Comunione; 3 - Preghiera
secondo !'intenzione del sommo Pontefice).
Per acquistare questa
indulgenza plenaria è cosa lodevole usare un crocifisso o una
croce.
Il fedele potrà ottenere tale indulgenza plenaria
"in articulo mortis" anche se nello stesso giorno ha già
acquistato un'altra indulgenza plenaria (Cfr. "Ench. Indulg."
Conc. 12).