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CAPO XVIII, SORVEGLIANZA DI DIECI GIORNI PER MEZZO DI VENTI CITTADINI DI DÜLMEN DAL 10 AL 20 GIUGNO 1813 E CHIUSA FINALE dell'ESAME INQUISITORIO ECCLESIASTICO

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO XVIII, SORVEGLIANZA DI DIECI GIORNI PER MEZZO DI VENTI CITTADINI DI DÜLMEN DAL 10 AL 20 GIUGNO 1813 E CHIUSA FINALE dell'ESAME INQUISITORIO ECCLESIASTICO
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1. Ai 9 di giugno (riferisce il Rensing) informai la ammalata che ormai tutte le disposizioni per attuare la sorveglianza erano compite, e che questa principierebbe nel giorno venturo. Essa si rallegrò moltissimo per questa notizia, e dichiarò che senza opporvi la minima contraddizione si sottoponeva pienamente alle disposizioni della autorità ecclesiastica. Osservai che la croce sul petto sanguinava fortemente, poichè il sangue trascorreva attraverso i pannilini.

«Quando nel susseguente giorno la visitai di bel nuovo per prepararla alla venuta dei sorveglianti, fissata per quella sera, essa mi domandò se non sarebbe meglio che l'abate Lambert si allontanasse da Dülmen per tutta la durata della sorveglianza; esservi egli affatto disposto, quand'io lo trovassi opportuno. Ciò mi riuscì graditissimo; e dopo che ne ebbi parlato col signor Lambert, egli nelle ore pomeridiane si allontanò e si recò all'antica certosa. Questa è distante da Dülmen un'ora e mezzo di cammino. La sorveglianza ha avuto principio alle ore otto di sera. »

2. Anna Caterina aveva gioiosamente sorpreso con quella dichiarazione non solo il decano Rensing, ma altresì il Vicario Generale Droste. Quest'ultimo aveva bensì molto desiderato l'allontanamento dell'abate Lambert, ma non aveva voluto esprimere ad Anna Caterina cotesto suo desiderio, per riguardo a quel vecchio ed infermiccio ecclesiastico. Sino dall'8 giugno egli aveva scritto al Rensing intorno a ciò nella guisa seguente:

« La prego, se pure è possibile, di disporre che il P. Lambert, durante il tempo della sorveglianza, non rimanga nella casa ove abita la Emmerich, o almeno di far sì che non la visiti affatto. In caso che ciò non riesca, o sia almen molto difficile, conviene abbandonare la faccenda nelle mani di Dio. Ove ciò non possa accadere in modo naturale e come nascente da sè medesimo, è meglio in tal caso lasciare le cose come sono. La prego a voler raccomandare alle orazioni della Emmerich un affare che ho dimenticato di raccomandarle a voce. » Ed a ciò il Rensing aveva risposto:

Sarebbe davvero desiderabile che il signor Lambert si allontanasse affatto durante il tempo della sorveglianza; ma non veggo alcun mezzo d'indurlo a ciò, a cagione del suo stato infermiccio. »

3. Intorno alle norme ed ai modi coi quali la sorveglianza doveva regolarsi, erano state rilasciate dal Vicario Generale le prescrizioni seguenti:

« I sorveglianti non potranno ( così si esprime l'ordine scritto del 4 giugno) lasciare la monaca Emmerich nè giorno nè notte, nemmeno per un solo momento. La sorella potrà per altro esser presente, e dove sia necessario renderà servigio ed aiuto alla Emmerich; per altro in veruna occasione, nè per verun motivo, nè mai, potranno i sorveglianti lasciar la inferma. Anche allorchè si confessa, i sorveglianti dovranno esser presenti. Il Limberg dovrà allora parlare a bassa voce con lei, ma dovrà accuratamente evitare tutto ciò che potesse destare anche soltanto il pensiero nei più sospettosi esser possibile che per di lui mezzo si mantengano aperte le ferite dell'inferma. Siccome poi la sorveglianza viene sempre esercitata da due persone a turno così ritengo per utile, ove ciò sia eseguibile, che l'uno dei due sorveglianti di turno sia un uomo di età avanzata. D'altronde i sorveglianti non devono far altro che guardare e vedere; tutto il resto è fuori della loro spettanza. »

4. Nel quinto giorno della sorveglianza il Rensing fu in grado di riferire al Vicario Generale quanto segue: « Le istruzioni partecipate dalla superiore autorità ecclesiastica sono state dai sorvegliatori osservate appuntino; e la paziente è talmente contenta della loro condotta, che mi ha già più volte ringraziato dell'aver io trascelto a quest'incarico d'altronde per lei tanto duro e penoso uomini cotanto discreti. »

Egli nel tempo stesso si lagna del rifiuto opposto da un medico delle vicinanze di Dülmen all'addossarsi la suprema direzione di quella sorveglianza:

« N. N. si è rifiutato, trovando troppo scabroso l'intraprendere l'incarico da per sè solo, senza l'aiuto di uno dei suoi colleghi. Non è egli da deplorarsi che uomini, i quali a causa della loro professione spesso devono mettere in pericolo anche la propria vita in caso di malattie contagiose, temano poi tanto la frusta di carta della critica, quando si tratta di rendere testimonianza alla verità? » Questa mancanza del medico, il quale per altro comparve finalmente e passò molte notti cogli altri sorvegliatori al letto dell'ammalata, avea minacciato di render vano lo scopo intero della sorveglianza, mentre questa era stata ordinata non già all'oggetto di stabilire le basi della sentenza ecclesiastica sulla sincerità dei fenomeni apparenti in Anna Caterina, ma piuttosto e soltanto per rimuovere ogni possibile sospetto del non aver l'autorità ecclesiastica impiegato la più alta severità possibile nell'esame inquisitorio da lei intrapreso. Perciò appunto il Vicario Generale, cui il rifiuto del medico era riuscito con grave sua dispiacenza sorprendente, aveva così risposto al Rensing: « Affinchè la sorveglianza raggiunga il suo scopo è necessario che il dottore N. N. venga in Dülmen, diriga tutto l'affare, e faccia anch'egli con gli altri testimonianza che la sorveglianza ha avuto luogo convenevolmente e regolarmente. Trovo ciò talmente necesrario, che altrimenti ritengo cotesta sorveglianza per inutile. »

5. Anche Anna Caterina fu molto angustiata per quel primo rifiuto del medico; e per mezzo del P. Limberg fatto esprimere a voce al Vicario Generale in Münster il di lei timore che potesse per l'assenza del medico venir dichiarata insufficiente la sorveglianza, e più tardi ne venisse ordinata una nuova, e lei stessa forse a stento trasportata in Münster; dal che implorava che l'autorità ecclesiastica la volesse preservare. Cotesta preghiera, che come si vedrà in seguito era pur troppo ben fondata, credè il Vicario Generale nella sua severità, piena per altro di buone intenzioni, non poterla accogliere senza qualche severo rimprovero. Il penetrante e sospettoso suo sguardo non avea potuto scoprire in Anna Caterina cosa alcuna che non si trovasse in perfetta armonia coi di lei doni straordinari; e gli estesi precisi ragguagli circa la di lei vita passata, che per mezzo dell'Overberg e dei molteplici interrogatorii di testimoni ora gli stavano in piena copia dinanzi, gli avevano infuso la certezza del come Anna Caterina sin dalla prima sua gioventù fosse stata degnata da Dio di speciale direzione. Quindi è che egli concepiva a di lei riguardo moltissime esigenze, e procedette con la stessa inflessibile severità contro ogni apparenza di rifiuto o di esitanza per parte di lei verso coteste esigenze, come aveva proceduto per lo innanzi contro ogni ben minima apparenza di sospetto, quando simile sospetto erasi sotto qualsiasi forma presentato circa le Stimate. Avvenne quindi che al Vicario Generale, nell' alta sua opinione della vocazione di Anna Caterina, apparisse riprovevole che ella non fosse ancora assai priva di volontà per non provare più ansietà alcuna a proposito dell'avvenire.

« Dica (così egli scrisse alla Söntgen), dica alla Emmerich, salutandola amichevolmente per parte mia, che il proverbio dice: Non aver inquietudine per le uova non anco nate; e che io sono solito aggiungervi, e nemmeno per le uova marcite. Il passato è passato, l'avvenire non è ancora giunto, e forse non giungerà mai; perciò la inquietudine pel futuro è inutile, quanto lo è quella del passato; anzi non soltanto inutile, ma piuttosto dannosa; giacchè per mezzo della inquietudine circa simili cose arriviamo a trascurare i nostri doveri presenti; quindi è che la inquietudine pel futuro nasce abitualmente dall'amor proprio. Le dica inoltre che tutti cotesti pensieri del timore di cadere in peccato per impazienza, del non doversi tentare Iddio ecc., tutto ciò io ritengo per suggerimento del l'amor proprio.
« Che avrebbe mai dunque fatto Clemente Augusto, il quale pigliava già tanto sul serio un semplice primo moto di una angustia e di un' inquietudine, cui non possono sottrarsi gli uomini anche i più santi sinchè vivono nella carne; che avrebbe egli mai fatto ove fosse pervenuto a scoprire una mancanza reale ed effettiva in Anna Caterina? E quindi cotesto austero procedere qual ricca guarentigia egli è mai della severità e profondità di tutto intero il processo in quisitorio da lui ordinato e diretto!

6. Che per altro quella sorveglianza, in grazia della convinzione omai completamente stabilita nell' animo del Vicario Generale della perfetta purità e schiettezza di Anna Caterina, non potesse più avere importanza alcuna, e che sopra ogni altro lo stesso Vicario Generale più non abbisognasse di ulteriori prove, apparisce chiaramente in ciò, che egli, ancora prima della chiusura finale della sorveglianza, e quindi senza aspettarne il risultamento, inviò al Rensing la seguente richiesta:

« Le richiedo instantemente di farmi pervenire colla maggiore possibile sollecitudine il risultamento ottenuto dall'esame delle consorelle della Emmerich, onde presane cognizione io possa dar fine al processo al più presto che riuscirà possibile. » Ed alcuni giorni dopo ei richiese il diario della sorveglianza colle seguenti parole: « Desidero molto riceverlo da oggi a lunedì. Con questo io chiuderò l'esame inquisitorio. Ciò non di meno, la prego di tosto avvisarmi di qualsiasi circostanza speciale potesse sopravvenire, e di aiutare, per quanto possa, la Emmerich ad esercitarsi principalmente in quel completo abbandono ed abnegazione della propria volontà, che ancora le manca. San Francesco di Sales dice: Non deesi temer cosa alcuna, non deesi desiderar cosa alcuna, non deesi far lagnanza di cosa alcuna. »

7. Il Rensing accompagnò l'invio del protocollo della sorveglianza con queste parole:

« Giacchè la S. V. Ill.ma e Rev.ma sta sul punto di chiudere l'esame inquisitorio, domando umilmente se sia pure per cessare l'incombenza affidatami circa i visitatori indigeni e stranieri. V. S. Ill.ma e Rev.ma potrà immaginarsi ch'io agevolmente lo desideri per liberarmi dalle quotidiane inquietudini e amarezze; ma è certo che questa povera paziente, tanto degna di compassione, non avrà mai una sola ora tranquilla, a cominciare dalle prime ore del mattino sino a notte, e che verrà assalita da intere carovane di curiosi; tanto più perchè, come essa già due volte mi ha detto, il signor dottore Krauthausen si è lasciato uscir di bocca tanto qui quanto in Hoesfeld, che ove la Emmerich medesima accordi l'accesso presso di lei, non havvi bisogno alcuno di permesso per parte del decano. La moglie inferma del signor dottore ha omai confermato cotesto dire del marito col proprio esempio, inquantochè giovedì passato durante l'ufficio divino del dopo pranzo, senza farmene dire nemmeno una parola, si fece da due persone trasportare sopra una seggiola presso la Emmerich. Ho creduto dover partecipare cotesto incidente alla S. V. Ill.ma e Rev.ma, perchè ha destato grave rumore in questa città, e può avere conseguenze molto dispiacenti, inquantochè già molte persone si sono fatte annunziare per ottenere il permesso di visitarla, desiderose d'ottenerne consiglio intorno ai loro mancamenti ed infermità, e di raccomandarsi in persona alle di lei preghiere.


8. Il ragguaglio dei 20 sorvegliatori aggiunto a cotesta lettera era così concepito:

« Noi sottoscritti, dopo essere stati invitati dal signor Rensing, decano di questo paese, a sorvegliare l'inferma monaca Emmerich, ed essere stati istruiti tanto dello scopo di cotesta sorveglianza, quanto degli articoli da osservarsi nella sorveglianza medesima, e ciò tanto a voce che per iscritto, ci siamo recati nel giovedì 10 giugno 1813 alle ore otto di sera, in turno di due persone, all'abitazione della monaca suddetta. Ivi abbiamo incominciato la sorveglianza secondo l'ordine prescritto, e l'abbiamo continuata di giorno e di notte, senza la minima interruzione, sino al sabato 19 giugno, ore 12 meridiane. Durante tutto cotesto tempo niuno ha avuto accesso all' ammalata, tranne la di lei sorella che la serviva, le sue consorelle e quelle persone che venivano addotte presso di lei dal signor decano, o indicate da permesso scritto del signor Vicario Generale. Niuno potea parlare di cosa alcuna all'ammalata, o da lei sentirsi dire alcuna parola, o fare sopra di lei cosa alcuna, senza che noi avessimo potuto udirlo ed osservarlo.

« Il sacerdote signor Lambert, che abita nell'istessa casa dell'ammalata, erasi per proprio impulso allontanato, prima che noi incominciassimo la sorveglianza, per evitare ogni ciarla ed osservazione; ed è ritornato soltanto in città dopo il fine della sorveglianza.

« Durante questi dieci giorni l'inferma non ha preso per bocca cosa alcuna, fuorchè acqua pura di fonte, e questa pure l'ha di rado domandata, e l ' ha piuttosto accettata soltanto quando le veniva offerta da uno di noi, o dalla sorella o da alcuno dei signori medici. Una volta ha preso in bocca una ciliegia, l'ha succhiata alcun poco, ma ne ha rigettata la polpa; ed una volta ha sorbito più goccie di laudanum che il signor dottore Wesener le porse mentre ella soffriva per dolori straordinariamente forti e persistenti.

« Nè alcuno dei visitanti nè la inferma medesima ha operato la benchè minima cosa intorno alle sue ferite. « La doppia croce impressa sul petto incominciò a sanguinare nella notte del 15 al 16, dopo gravi dolori e punture preliminari nel petto medesimo; dolori pei quali la ammalata molto lagnavasi; e cotesta effusione sanguigna ha durato circa fino alle sette del mattino. Le altre ferite cominciarono a stillare sangue nel venerdì 18, sino dalle prime ore del mattino, ed hanno continuato un'effusione sanguigna più o meno abbondante per tutta la giornata. Le ferite del capo sanguinavano ancora un poco nel sabato 18, di buon mattino. Tanto prima quanto durante il tempo dell'effusione sanguigna lagnavasi assai l'ammalata dei dolori e fitte provate nelle sue ferite. Abbiamo del resto osservato che l'ammalata generalmente nelle ore mattutine sino a circa le dieci si lagna meno; ed in certi momenti apparisce ancora assai gaia; ciò però soffre eccezione nel tempo immediatamente precedente o susse guente alle effusioni sanguigne. Per tutto il resto della giornata ella lagnasi più o meno per debolezza, bruciore, e fitte nelle ferite e nel petto, mal di capo e di occhi. Di rado avverasi in lei un sonno tranquillo; e quello stato che noi potevamo prender per tale, non era in realtà, come ella esprimevasi, benefico per lei; anzi dopo quel sopore sentivasi molto più debole. Nella notte, e quasi sempre fra le ore dieci e la mezzanotte, cadeva nell'estasi; durante la quale spesso anche delirava, parlava ad alta voce, per paura balzava, ecc.; spesso poi giaceva per lungo tempo tranquilla ed in sè raccolta, come se dormisse. Queste nostre surriferite affermazioni noi siamo e saremo sempre pronti a ripeterle dinanzi ad ogni autorità spirituale e temporale, e quando sia necessario, a confermarne la verità anche con personal giuramento.

« Dülmen ai 23 di giugno 1813. »

9. Il Vicario Generale espresse per iscritto al decano la sua soddisfazione colle parole seguenti:

« Io non posso, signor decano, abbastanza esprimerle la mia riconoscenza per l'esame e la sorveglianza condotta appuntino secondo i miei desiderii, e sì esattamente con forme alle mie disposizioni. Non posso dare alla monaca Emmerich verun migliore consiglio di quello di fortificarsi ognor più nella abnegazione della propria volontà, con lo aiuto della divina grazia, che mai viene a mancare quando si vuole e si prega; ed inoltre la consiglio d'impiegar quei mezzi che devono essere in potere d'ogni cittadino per ottenere nella propria abitazione la quiete col rimuoverne le visite importune. Io molto commisero la Emmerich, ma non posso più oltre aiutarla. »

Coteste ultime espressioni si riferiscono ad un certo caso ed alle sue conseguenze, che vennero a svilupparsi alcuni giorni prima della chiusura della sorveglianza; caso che non può trapassarsi in silenzio, giacchè quattro anni dopo venne adoperato come cagione movente ad assalire Anna Caterina con attacchi stampati:

10. Ai 16 di giugno il Rensing avea ricevuto per iscritto il seguente avviso del Vicario Generale: « Se la moglie del sig. R..., prefetto del compartimento del Reno, con sua sorella ed il professore B..., di questa città, volessero visitare la Emmerich, voglia condurre queste persone presso di lei. Dica in mio nome alla Emmerich che per ubbidienza mostri a cotesti signori le sue ferite. È tanto più necessario lasciar vedere quelle ferite al signor professore, in quanto egli ha molto a dirvi in contrario. »

Sulla sera del giorno seguente cotesta comitiva arrivò in Dülmen. Quei signori si recarono prima presso il dottor Krauthausen, e si fecero da lui ragguagliare delle sue osservazioni circa Anna Caterina; osservazioni che il signor professore, con la più alta confidenza, anzi sicurezza del proprio giudizio, rigettò appieno siccome figlie d'ignoranza e d'illusione; come pure, anche prima di aver veduta la paziente, l'accusò d'impostura, e giudicò tutto l'esame in quisitorio essere di niun valore.

Nelle ore antimeridiane del 18 di giugno il Rensing condusse quella compagnia presso Anna Caterina, la quale per ubbidienza al comando del Vicario Generale prestossi alla visita, per lei indicibilmente penosa, delle sue ferite. Il signor professore trovò il tutto essere un puro inganno. Le croste sanguigne sulle Stimate erano secondo lui (a te nore della sua dichiarazione pubblicata quattr' anni dopo in un libello) attaccate con colla di fariña; la croce sul petto gli apparve sì debolmente incollata, che toccandola gli venne a cadere fra le mani. Le ferite erano state fatte con degli aghi e dei temperini; le effusioni sanguigne eran dipinte. Soprattutto poi quel dotto signore si scandalizzò per una certa effusione sanguigna, che avendo trascorso per sotto le fasce del capo, era venuta a scorrere per sopra l'osso nasale giacchè quel sangue, agli occhi suoi, non era altro che uno stupido e vano tentativo fatto per illudere ed ingannare lui e la sua scienza. » Anna Caterina medesima le apparve siccome « una forte e sana persona, che con quella sua pretesa privazione di nutrimento non fa che meglio ingrassare. » In questo modo adunque non rimase al saggissimo e profondissimo professore fra le mani come somma totale di tutta la verità della faccenda, non rimase altro, diciamo, se non se l'acuto strumento, bianco d'uovo, colla di farina, seta colorata ed acqua di gomma: e con questa grave scoperta egli alcuni anni dopo sorprese il mondo. Anche la signora moglie del prefetto era d'opinione che simili ferite eran facili a farsi col mezzo di un temperino; e quanto poi alle estasi, ne ritraeva l'origine dal magnetismo; il quale per altro aveva tale importanza agli occhi suoi, che tormentò Anna Caterina con infinite domande sulla pace e sulla guerra, e sopra cose nascoste e future. Questa per altro le diè solo la corta risposta seguente: « Io mi curo soltanto della mia interna pace. »

11. Il dottor Krauthausen ed il Rensing furono assai irritati per quel contegno, e l'ultimo si arrischiò anche a negare a quella società il rinnovamento della visita. Ciò gli fruttò un'accusa presso il Vicario Generale, il quale espresse il suo scontento intorno a cotesta faccenda con le seguenti parole:

« In ogni altro caso sarebbe stato ingiusto permettere il rinnovamento di una visita simile, che sarebbe riuscita di tanto peso alla Emmerich. In questo caso per altro, in cui tanto è grave il sospetto che si voglia col mezzo di religiosa impostura, cioè, traducendo in lingua mia, col mezzo della più rozza ignoranza, o della più diabolica ciarlata neria, produrre non so quali effetti, devesi evitare ogni apparenza, che possa suscitare sospetto. E cotale apparenza è stata, pur troppo, manifestamente cagionata con quel rifiuto. »

Da ciò provenne effettivamente che anni dopo il professore fece nel suo libello al decano il rimproveroavergli soltanto negato il rinnovamento della visita, per chè la croce del petto, alquanto scomposta, non era ancora stata appiccicata con la colla. »

La moglie poi del prefetto protestò al Wesener « non aver avuto altro in mira che di conoscere la pura verità per quiete sua e degli altri. » E fece per mezzo del Wesener medesimo invocare la sentenza di Anna Caterina in torno alla schiettezza e purità delle sue intenzioni. Quando il Wesener interrogò l'inferma intorno a ciò, essa rispose: « La signora moglie del prefetto era quella che aveva più serietà nell' animo di tutti quanti gli altri di quella brigata; ma nemmeno essa venne con intenzioni affatto pure. troppo altera di mente ed è ancora molto lontana dal puro cristianesimo. Io ho molto sofferto per cagione di quella visita e son fermamente convinta di non essere più in grado di sopportarne una simile. »

12. Ritornato in Münster, il professore ripetè con sempre maggiore arditezza che, secondo la sua opinione, Anna Caterina era un ' ingannatrice; talmentechè il Vicario Generale formò il progetto di concedere a cotest' uomo pieni poteri talmente estesi sopra Anna Caterina, che egli, dopo più lunghe e precise osservazioni, dovesse vedersi costretto a rendere omaggio alla verità ed a disdirsi di tutte le sue calunnie. Per quanto il Vicario Generale personalmente fosse poco disposto a dar credito alla sentenza di quel professore, la di cui frivola superficialità aveva penetrata sin dalle prime parole, ciò nondimeno gli apparve dover essere un bel trionfo per la innocenza e la verità, ove egli con la offerta di un nuovo esame inquisitorio riuscisse a porre quell'arrabbiato nemico nella situazione di non potere più contrastare o smentire il vero stato delle cose. Siccome il B..., con l'audacia a lui propria, dichiarò esser in grado di guarire quelle ferite nel più breve tempo, così il Vicario Generale lo prese in parola. In una addizione ai protocolli dell'inchiesta inquisitoria, egli si esprime intorno a ciò nel modo seguente:

« Io desiderava, a dir vero, che il tentativo si facesse soltanto sopra una mano, perchè prevedeva che la Emmerich avrebbe avuto molto a patirne; soltanto pretendevasi tanta immobilità e quiete per guarire quella mano, che il tentativo ne diveniva affatto impraticabile. Lo stesso B... sembrò riconoscerlo per vero, e ragionò così: Se vi ha inganno, cotesto inganno apparirà chiaro anche a tutti gli altri; ed egli si dichiara convinto che relativamente alla totale privazione di nutrimento ha luogo un inganno altrettanto grave, quanto quello delle ferite, e pretende che ciò verrà chiaramente ad apparire, quando Anna Caterina venga trasportata in Münster e qui venga affidata alla sorveglianza di sei medici. A ciò per altro, non volli dare al sospetto, che molti nutrono relativamente a coloro che circondano Anna Caterina, l'apparenza che io possa tenerlo per fondato, mentre lo ritengo per affatto privo di fonda mento. Pensai che ciò sarebbe stato contro la giustizia e contro la carità. »

13. Il piano del B... venne dunque modificato nel modo seguente: si stabilì che da lui sarebbero state cercate e trascelte in Münster due donne di piena fiducia, e quindi inviate a Dülmen per sorvegliare nel modo il più preciso ed esatto la Emmerich, che verrebbe trasportata in altra abitazione, interamente segregata da quanti sino allora aveva avuti dattorno, e visitata soltanto dal Rensing. Il Vicario Generale voleva recarsi in persona a Dülmen, per prendere ivi le necessarie disposizioni.

Ma ecco che il prefetto del governo francese si oppose a cotesti disegni. Egli ordinò al Maire di Dülmen di opporsi anche con la forza alla pratica di una nuova sorveglianza, giacchè il governo era obbligato a proteggere con la sua tutela una suddita, che per sì lungo tempo era stata il soggetto di un severo esame, e circa la quale l'autorità ecclesiastica avea dato sì favorevole ragguaglio al supremo commissario imperiale di polizia. A cotesta dichiarazione era aggiunta la minaccia che il governo secolare medesimo avrebbe da sè diretta la futura inquisizione circa Anna Caterina e coloro che la circondavano, quando l' inquisizione ecclesiastica non fosse pervenuta ad alcun risulta mento soddisfacente. Cotesta minaccia mosse il Vicario Generale ad abbandonare i suoi disegni ed a lasciare senz'altro il professore in preda alle sue fantasticherie. 14. A prima vista sembra inconcepibile come il Vicario Generale Droste accordar potesse alle indegne pratiche del professore tanto immeritato riguardo; ma egli ce ne diè la chiave nelle sue proprie parole quando disse: « Io medesimo desiderava che il prof. B... potesse guarire quelle ferite. »

Coteste Stimate e le loro effusioni sanguigne furono sin dal principio pel Vicario Generale una cosa che anche a costo delle più crude pene per Anna Caterina avrebbe voluta ben volentieri rimuovere, giacchè agli occhi suoi coteste Stimate erano la sola ed unica cagione per cui Anna Caterina, con tutto il suo modo di essere sì estraneo allo spirito di quell'epoca, era venuta in preda alla pubblicità, ed aveva costretto l'autorità ecclesiastica ad un'inchiesta inquisitoria che, riuscisse pure in un modo o nell'altro, non poteva non addurre penose conseguenze per tutti gli inquisitori. Egli avrebbe voluto ben volentieri evitare o mettere da lato tutto ciò che poteva divenire occasione per gl'infiniti nemici della Chiesa a nuovi insulti ed assalti contro la santa Fede; e quindi quel fatto che non poteva più nascondersi, della esistenza cioè delle Stimate (fatto che sembrava attrarre l'intera rabbia degli increduli) gli era sempre riuscito importuno; e cotesta impressione non erasi punto mitigata in lui nemmeno dopo che le proprie osservazioni le più precise e le più irrecusabili testimonianze altrui ebbero reso impossibile il supporre neppure per sogno un inganno. Se anche durante il corso dell'esame inquisitorio la sempre più cresciuta sicurezza nell'animo suo della purissima pietà e dell'alta perfezione spirituale di Anna Caterina lo induceva a considerare quelle Stimate come opera immediata dell'onnipotenza di Dio, o almeno almeno ad occuparsi, scrutando sempre più a fondo, della natura e significanza delle ferite in correlazione coll'intera direzione spirituale e missione di Anna Caterina, pur non dimeno la di lui fredda ragione, aliena da ogni cosa di natura mistica, ritraevasi sempre indietro con sospettosa timidità dall'approfondarsi in cotesto mistero, colla formula seguente:

« A me si spetta soltanto lo scrutare se Anna Caterina inganni o sia ingannata. Se per mezzo dell'esame inquisitorio riesco a pervenire al risultamento, che non si può in alcun modo ragionevolmente dubitare d'inganno, io non debbo investigare più oltre. Le Stimate o sono un fenomeno naturale molto straordinario, che non è mia missione di giudicare, ovvero sono alcunchè; e ciò sarebbe ancor più difficile a provarsi sino all'evidenza. »

In conseguenza di coteste considerazioni si potrà comprendere come il vicario generale Droste fosse ripieno della più alta riverenza per Anna Caterina, instantemente raccomandasse affari suoi personali ed anco affari ecclesiastici alle di lei orazioni; le inviasse gli individui i più importanti del numeroso circolo delle sue conoscenze, e ciò nondimeno non potesse mai deporre il suo desiderio di sottrarla per quanto era possibile agli sguardi ed alla memoria del mondo.

Così egli scrisse al Rensing in data del 16 luglio 1813: « La prego di salutare la Emmerich, raccomandarle moltissimo un certo affare e dirle che quando il conte e la contessa di Stolberg vengano in Dülmen tutto deve essere loro mostrato. »

Visita del conte Federico Leopoldo di Stolberg

L'illustre conte Federigo Leopoldo di Stolberg giunse con la moglie in compagnia dell'Overberg in Dülmen ai 22 di luglio (quindi precisamente un mese dopo la visita del signor B.). Egli rimase per due giorni in quella città. Ecco come riferisce intorno a quella visita: « L'Overberg ci annunziò ad Anna Caterina. Alle nove del mattino ci condusse da lei. La di lei cameruzza ha un solo ingresso ed è situata sulla strada, in modo tale che da questa vi si vede dentro, nè si può far di nascosto cosa alcuna che non sia tosto veduta dalla pubblica via. Anna Caterina è di una nettezza spinta al più alto grado, e nella piccola stanza non vi ha il minimo cattivo odore. Il mostrarsi le riesce a grave patimento. Ci ricevè con cordiale amichevolezza. L'Overberg implorò in pro nostro che ella ritraesse le mani da quei pannilini, nei quali suol tenerle nascoste. Era venerdì. Le ferite della Corona di spine avevano fortemente sanguinato. Ella si tolse dal capo la cuffia e le bende. La fronte e la testa apparivano siccome trafitte da grosse spine; distintamente si scorgevano le ferite freschissime ed in parte ancora di recente sangue ripiene; e tutto il capo circolarmente intorno era intriso di sangue. Niun pittore ha mai dipinto sì al naturale coteste ferite della Corona di spine. Le Stimate sul dorso delle mani e dei piedi sono molto più forti di quelle della superficie interna, e le ferite dei piedi più grosse di quelle delle mani. Tutte del pari stillavano sangue.

« I medici affermarono il miracolo di questo fatto ben prima e ben più altamente degli ecclesiastici; poichè, secondo le sicure norme della scienza, avevano dati evidenti per giudicare cotesta manifestazione. Dissero che era impossibile di mantenere ad arte in simile stato quelle ferite, perchè nè suppurano, nè s'infiammano, nè s'induriscono. Dicono pure non potersi spiegare in modo naturale che per coteste ferite in sè stesse inconcepibili e per le inevitabili pene che mai interamente l'abbandonano, non solo ella non venga a mancare, ma nemmeno impallidisca, ed il di lei sguardo sia pieno della vita dello spirito e della carità.

Da qualche tempo in poi da lei dipende il ricevere o non ricevere visite; queste le pesano; e per la maggior parte, e talvolta anche quelle che provengono di lontano sono da lei rifiutate. Soltanto avviene che sulle rappresetanze di alcuni ecclesiastici o del medico, ai quali i forestieri sogliono presentarsi, venga ella mossa ad accordare eccezioni. Essa dice di avere assai che fare nel pregare Iddio a mantenerle la pazienza nei suoi continui dolori, e che può dirsi tentare Iddio quel mettere a repentaglio la di lei pazienza per opera di persone, che il più delle volte vengono soltanto per curiosità. Chi non crede in Gesù Cristo, non diverrà per certo credente per mezzo delle di lei Stimate. Ciò non deve recare stupore quando si pensi che mai debba essere stato per una delicata e timida monachella il sopportare il concorso di una quantità di curiosi, spesso affatto indelicati.

« Anna Caterina, che nella sua fanciullezza pascolava i bestiami e volonterosa lavorava al campo, parla con dolce voce e si esprime intorno alla religione con sì nobile linguaggio, che non può averlo appreso in monastero; e non solo parla con dignità e discrezione, ma altresì con lo spirito il più illuminato. La di lei sagacia piena di spirito, la di lei serena amichevolezza, la chiarissima sua sapienza e la di lei carità spirano da tutto ciò che ella dice. Par la sommessamente, ma con chiara e pura voce. Nulla havvi di esagerato nelle di lei manifestazioni, perchè la carità non conosce esagerazione. Essa lo dimostra nel più alto modo con un amore verso Iddio, che domina in tutte le sue azioni, parole e sentimenti, colla indulgenza verso di tutti, nella carità verso tutti gli uomini.

Oh! quanto siamo felici, disse a Sofia, di conoscere Gesù Cristo! Quanto più era difficile il pervenire a Dio pei nostri antenati pagani!

E ben lungi dall'insuperbire per quei segni esterni della grazia del Signore, se ne reputa indegna, e porta con la più umile cura il tesoro del cielo in quel suo fragile vaso terreno. »

Di cotesto ragguaglio, concepito in forma di lettera da quel celeberrimo personaggio, più tardi poi propagato e quindi stampato, ne prese la prima copia il Kellermann in pro di Michele Sailer, che fu in appresso vescovo di Ratisbona; e questi poi la propagò in più largo circolo. Venne pure nelle mani di Clemente Brentano e fu per lui il primo impulso a far la conoscenza di quella eletta donna. Lo Stolberg sino alla sua morte rimase per mezzo dell'Overberg in relazione spirituale con Anna Caterina, tanto da lui intimamente venerata. Egli poi non si dileguò mai più dagli occhi spirituali di Anna Caterina. D'allora in poi egli appartenne al numero di quelle persone, per le quali ella offriva in modo speciale a Dio preghiere e patimenti, ed in pro delle quali essa lottava onde potessero ottenere di ben soddisfare alla loro missione e quindi ricevere da Dio le preparate corone. Tanto ella aveva preso in amore quell'anima elevata e riccamente dotata dello Stolberg; anima che stava chiaramente penetrabile dinanzi ai di lei sguardi! Niuno al certo scorgerà un semplice caso in ciò, che si tosto dopo la chiusura dell'esame ecclesiastico uno degli uomini più distinti di quell'epoca venisse addotto in Dülmen ed in quella povera stanzuccia, onde ad alta voce desse testimonianza di quelle opere mirabili della grazia. Poco dopo la visita dello Stolberg venne anche più volte con l'Overberg la principessa Galizin.

Ultima visita del Vicario Generale Droste in Dülmen e suo tentativo per trasportare Anna Caterina a Darfeld

1. Riusciva gratissimo al Vicario Generale ogni qual volta personaggi alto locati e uomini avveduti e di animo indipendente visitavano Anna Caterina e domandavano contezza delle di lei circostanze. Egli soleva prepararla al loro arrivo, unendovi il desiderio che ella loro concedesse la visita delle Stimate; giacchè così sperava guadagnare sempre più testimonii della verità e a poco a poco pervenire a far tacere la voce della calunnia.

2. Egli andò sì lunge in cotesti conati pieni di buonaintenzione, che pochi mesi dopo il fine dell'esame venne egli stesso con grossa comitiva di nobili signori in Dülmen, per rendere loro possibile l'esame di Anna Caterina altrettanto preciso e minuto quanto quello che egli stesso aveva intrapreso ai 21 di aprile. Intorno a ciò così si esprime il diario del Wesener:

« Nella sera di giovedì 26 agosto mi scontrai col Vicario Generale Droste e col professore Druffel. L'ammalata era molto preoccupata, ed il professore Druffel desiderò essere informato da me del di lei stato successivo all'epoca in cui l'aveva veduta. Egli, secondo le sue osservazioni, aveva ritrovato la fisionomia, lo stato delle ferite e dei segni esterni, come pure il contegno di Anna Caterina, precisamente come prima. Nel venerdì sera trovai l'ammalata in sì misero stato e col polso sì abbattuto e sì basso, che tanto io quanto ella stessa aspettavam vicina la morte. La sorella ed il P. Limberg mi dissero che il Vicario Generale con un numeroso seguito l'avevano per tutto quel giorno tormentata. Più volte le avevano denudato il petto ed asterso le effusioni sanguigne onde poter meglio esaminare le Stimate. »

3. Anna Caterina, che erasi con pieno abbandono di volontà sottoposta ai di lei superiori ecclesiastici ed aveva sopportato senza lamenti quelle ispezioni estremamente per lei penose, ne era quindi c aduta in una debolezza quasi mortale, da cui soltanto a poco a poco e lentamente potè riaversi. Il Wesener ne fu preso da tal compassione per la sconfortata inferma, che dovè lagnarsene così in una lunga lettera scritta con molta vivacità al Vicario Generale.

Ecco come scrive: « Vogliono, anzi devono esaminare la faccenda? Bene! ma cotesto non è il modo di esaminare. La povera inferma ne fu tormentata sino a morte! V. S. venne con un seguito di otto, anzi dieci persone, ed è rimasta con loro presso l'ammalata dalle otto del mattino sino alle sei della sera. Fu sventura che io mi trovassi chiamato presso un infermo straniero, giacchè avrei potuto predire anticipatamente il tutto alla S. V., all'ammalata sarebbe stato risparmiato il tormento, ed io non avrei avuto il forte dolore di trovarla caduta in mortale debolezza. Ella medesima credè arrivato per gran grazia di Dio il momento del suo fine. Mi sarebbe inconcepibile il come mai la S. V. abbia potuto cagionare all'inferma simile tormento, se non pensassi all'asserzione del signor Druffel, che simile trattamento non poteva riuscire di danno alcuno all'inferma. Io per altro affermo sul mio onore che i trattamenti di ieri avrebbero costato la vita all'inferma, se Iddio onnipossente non avesse operato un miracolo. Se la S. V. crede dover proseguire l'esame giuridico, ciò sia pure in nome di Dio! La paziente si sottopone a tutto; ma ciò può bene aver luogo senza simile strepito e senza porre a risico la di lei salute, sicuramente ben debole! »

4. Anna Caterina si riebbe, ma difficilmente e adagio; e tosto che fu in grado di poter pronunziare alcune parole, dichiarò innanzi alle persone che la circondavano:

« Sono convinta nella mia coscienza di non poter andare più oltre coll'ammettere simili visite e nel mostrare questi miei segni esterni. Questo ammonimento mi è stato dato in ispirito. Io era genuflessa in ispirito in una vaga cappella dinanzi ad un'immagine di Maria col Bambino, e supplicava la Madre di Dio. Ella discese verso di me, mi abbracciò e disse: Figlia, sta in guardia e non andar più oltre. Allontana da te le visite e custodisci la tua umiltà.

5. La maniera di agire del Vicario Generale appare meno severa dal momento in cui più da vicino se ne osservano i principii motori. Chiusa una volta la inchiesta giudiziaria, egli erasi soltanto preoccupato del progetto di sottrarre Anna Caterina agli sguardi del mondo e di assicurarle la possibilità esteriore di compire in una solitudine non più disturbata la di lei missione di patimenti. Dopo lunga ponderazione era venuto finalmente nella risoluzione di preparare ricetto per Anna Caterina nell'abitazione annessa ad uno dei possessi della sua famiglia, dalla quale con la più benevola attenzione era stato provveduto a tutti i bisogni futuri della paziente. Prima però che egli venisse a dar l'ultima mano all'intrapresa, era d'uopo che i singoli membri della nobile famiglia ed anche i più intimi conoscenti potessero convincersi della purità dell'animo di Anna Caterina e della verità del suo straordinario stato. Questa era stata la cagione per cui insieme con numerosa compagnia era venuto presso l'inferma e l'avea sottoposta a quella lunga ispezione, che egli reputava dover essere l'ultima, e che d'altronde era sul punto di compensarla largamente coll'amorosa e caritatevole sua offerta e con beneficii d'ogni maniera. Niuno in Dülmen doveva conoscere cotesto progetto fuorchè il solo decano Rensing, il quale era destinato a venire in aiuto col consiglio ad Anna Caterina in caso che ella dimandasse tempo a riflettere circa l'accettazione del benevolo invito. Ove ella poi consentisse, egli doveva avere la missione di accompagnarla immediatamente colla carrozza del Vicario Generale al castello di Darfeld.

6. Allorchè il Vicario Generale manifestò la sua offerta ad Anna Caterina, la obbligò pure ad inviolabil silenzio intorno alla medesima sia verso il di lei confessore ordinarìo, sia verso tutti coloro che la circondavano. Il padre Limberg doveva esserne soltanto informato al momento della di lei partenza col mezzo di una lettera sigillata, appositamente lasciata dal Vicario Generale, la quale conteneva del pari la ingiuntagli proibizione formale di mescolarsi in qualsiasi modo in cotesto affare. Anna Caterina venne con questa offerta messa in una situazione morale, che minacciava di consumare il resto delle sue povere forze. I più alti, anzi gli unici beni terreni ai quali aspirava, e che sembravano da lungo tempo essersi da lei dileguati per sempre, la solitudine cioè e la quiete, le apparivano adesso sicuri; anzi l'accettare cotesti beni a lei offerti appariva quasi un dovere di venerazione e di riconoscenza verso la suprema autorità ecclesiastica. Oltre a ciò il decano Rensing cercò di persuaderle come il di lei ritiro in Darfeld potrebbe solo essere valevole ad impedire che in futuro si rinnovasse ogni solenne inchiesta giuridica.

Ma chi poteva dare ad Anna Caterina la sicurtà che nel l'accettare la magnanima offerta non commettesse una infedeltà verso Iddio, mentre ricercava una vita più tranquilla e più comoda di quella che conciliabile fosse colla di lei missione? Chi avrebbe potuto rassicurarla dal timore di offendere i santi voti dell'ordine suo, quando non desse la preferenza a quella situazione e modo di vivere, che andavano accompagnati dai pesi e dalle abnegazioni più gravi? Qual guarentigia otteneva l'impulso caritatevole del di lei cuore, che troverebbe in quella nobile residenza le medesime occasioni per opere di misericordia, quali le aveva nell'attuale sua misera posizione, mentre le di lei porte erano ad ogni ora aperte ai bisognosi di aiuto e di conforto? E dall'altro lato, ove ella non accettasse l'invito, non varrebbe ciò forse ad attirarle la giusta malevolenza dell'autorità ecclesiastica? E non si addosserebbe ella forse l'apparenza della ingratitudine e della ostinazione? Simili pensieri riempivano l'animo di Anna Caterina di gravi angustie, che ella tanto più dolorosamente sentiva, quanto più in passato erasi abituata a non far cosa alcuna senza l'approvazione o il comando de' suoi superiori o del di lei confessore. Ed ora non solo le era proibita circa quell'offerta ogni partecipazione al P. Limberg, ma inoltre tanto il Vicario Generale quanto il decano Rensing guarda vansi con ogni cura dal parlargliene in modo imperativo o deciso. L'accettazione dell'invito doveva essere soltanto opera della di lei volontà, e quindi si astenevano da ogni espressione che avesse potuto suonare per Anna Caterina come volontà decisa o comando dell'autorità ecclesiastica. Ella implorò tempo a riflettere, onde potesse consigliarsi con Dio nell'orazione, e dopo alcuni giorni mise il decano nel caso di dover riferire al Vicario Generale, che trovavasi a Darfeld, in questa guisa:

« La Emmerich non può decidersi al viaggio di Darfeld. Sentesi troppo debole per poterlo intraprendere senza periglio della propria vita. Teme inoltre che intraprendendo cotesto viaggio, cui non è astretta da alcun comando di qualsiasi superiore ecclesiastico, verrebbe a tentare Iddio e ad incorrere nel peccato di troppo temeraria confidenza. Ella è pure convinta che il di lei soggiorno in Darfeld presso una famiglia tanto venerata in tutto il paese di Münster per la sua pietà, non ridurrebbe già al silenzio le calunnie, ma anzi ne provocherebbe di nuove. Essa deve pure guardarsi dall'iimplicare cotesta nobile famiglia in dispiacenze e disturbi, giacchè il signor B... e coloro che la pensano come lui difficilmente s' indurrebbero a tacere vedendo un tal passo, ma bensì ora più che mai pretenderebbero che essa venisse trascinata in Münster per sottoporla a nuovi esami. »

Quanto poi fosse grande la debolezza corporale dell'inferma, chiaramente apparisce da ciò che nei giorni trascorsi dal primo al 10 settembre la di lei morte venne ripetutamente aspettata. Nel giorno 2 di settembre il P. Limberg, ritenendola un momento per già morta, recitò sopra di lei le preghiere dei defunti; ma quando la spruzzò con l'acqua santa, balenò tosto sul di lei pallido volto un riflesso della sua solita amabilità, e a poco a poco rientrò in sè stessa.

7. Il Vicario Generale non potè rifiutare per giusti e fondati i motivi di scusa messi innanzi da Anna Caterina. Per quanto di mala voglia vedesse la non riuscita di un piano, col quale avea sperato di far tacere i sospetti nati intorno all'esame giuridico da lui diretto e le bestemmie degli increduli e dei nemici della Chiesa, pure egli riconobbe soltanto nella ricusante risposta di Anna Caterina una nuova prova dell'estrema durezza del di lei modo di pensare e dell'alta perfezione delle di lei virtù; e quindi l'ansiosa sua premura per lei e l'alta stima in cui la teneva non ne soffrirono diminuzione veruna. Egli rimase con essa in una relazione continua per mezzo del Rensing e principalmente dell'Overberg, il quale sempre corrispose spiritualmente con lei sino alla morte, e la visitava il più spesso che il tempo e le forze glielo concedevano. II Vicario Generale mandavale ognora i suoi amichevoli saluti, e raccomandava sè stesso e gli affari suoi alle di lei preghiere.

Quando un anno dopo la inchiesta giuridica il Vicario Generale riseppe dalla Söntgen che la morte della Emmerich ritenevasi per imminente, così scrisse al Rensing: Vorrei sapere se anche ella ritiene la morte della Emmerich per tanto prossima quanto altri la ritengono, e e la prego di volermi inviare un espresso straordinario, quando ella consideri essere imminente il pericolo o quando anco la morte inaspettatamente sopravvenisse. Mi riusci rebbe gradito assai un nuovo ragguaglio sommario intorno a tutto ciò che può essere accaduto di notabile dall'agosto del 1813 in poi. La prego di salutarmi la Emmerich. »

8. Il Rensing rispose:

« Io non osservo per ora in lei niuno straordinario indizio di morte vicina; ed essa per altro asserisce che il di lei interno stato indica una fine non più tanto remota. Nel caso che ella venga degnata di una divina rivelazione riguardo alla di lei morte, e che me ne partecipi cosa alcuna precisa, mi affretterò tosto d'informarne la S. V. Ill.ma. I fenomeni apparenti sul di lei corpo sono sempre i medesimi, cioè quali erano nell'anno decorso. Le effusioni sanguigne nel venerdì procedono sempre come prima, dall'agosto dell'anno scorso sino ad oggi (15 marzo 1814) non è comparso in lei esternamente alcunchè di notabile. Ella ha per altro guadagnato nell'anima sotto alcuni rapporti, mentrechè si è spogliata affatto di varie imperfezioni dalle quali in passato si lasciava sì facilmente sorprendere, ed ha sempre più unificato la propria volontà col volere divino. Ciò che ella mi racconta delle circostanze e dei fatti che occupano il suo spirito durante l'estasi, è spesso di natura sì elevata da destare in me alta meraviglia; eppure è nello stesso tempo semplice e di una semplicità talmente infantile, da non indicare neppur l'ombra di artificiosa combinazione o di scopo premeditato. Quando ancor fosse che in ciò non intervenisse veruno influsso di più alta natura, è certo per altro che tutto ciò produce nel suo insieme la più bella impressione possibile di un'anima pura di angelica purità, intieramente approfondata in Dio ed intenta solo all'onore di Dio ed alla salute degli uomini. »

9. Due mesi dopo il Rensing inviò un altro ragguaglio: La Emmerich trovasi alquanto meglio. Forse si riavrà dopo alcun tempo. Siccome la di lei esistenza già da lungo tempo varia dall ' andamento abituale della natura, così non è dato il dedurre la prossimità della sua fine da quei sintomi che sono comuni. Ieri nella sua grandissima debolezza mi disse sperare che Iddio le avrebbe accordata prima della morte forza bastante per rivelare a me e ad alcuni altri cose che ella non voleva ritenere sul cuore. Essendo per altro affatto spossata, parlò con voce così sommessa che dovetti fare ogni sforzo di attenzione onde intenderne le parole.


10. Cotesto ragguaglio mosse il Vicario Generale a prescrivere in caso della di lei morte gli ordini seguenti: « L'autorità superiore ecclesiastica incarica il signor decano Rensing in Dülmen, tostochè la monaca agostiniana Anna Caterina Emmerich siasi addormentata nel Signore e tostochè il signor Decano ne sia informato, di prendere le disposizioni seguenti:

I. Di spedirgli immediatamente un espresso coll'avviso dell'accaduta morte; nel qual caso verrei io stesso al più presto che mi riuscisse possibile, o in caso diverso prescriverei ulteriori disposizioni.

II. Fino alla mia venuta per altro, o fino ch'io abbia più precisamente disposto, il signor Decano avrà cura che:

a) Una o più donne da lui ben cognite veglino giorno e notte presso il cadavere; le spese cagionate da questa misura verranno da me rimborsate;

b) Per regola poi niuno altro resti di continuo presso il cadavere, e le visite presso il cadavere medesimo siano le più rare possibili; quando coteste visite divenissero troppo frequenti, il signor Borgomastro (sindaco) vorrà prestare aiuto, onde impedirle;

c) Che il cadavere ( sino al mio arrivo o ad altre mie disposizioni come sotto il no 2 ) resti affatto intatto ed in modo tale che da niuno possa farsi la benchè minima ricerca ed esame sia per tutta la esterna superficie del medesimo, sia sopra i punti segnati dalle Stimate; e che non possa venir fatto il più piccolo cambiamento od alterazione.

III. Il signor Decano avrà cura che gli venga data notizia della morte di Anna Caterina appena avvenuta; ed allora inviterà immediatamente il signor Borgomastro, non già come autorità secolare, ma per pura compiacenza, a recarsi seco presso il cadavere della monaca Emmerich. Egli farà lo stesso invito ai signori Limberg e Lambert ed ai dottori di medicina signori Wesener e Krauthausen; ed allora in presenza di cotesti signori, verrà redatto conveniente protocollo munito della sottoscrizione di tutti cotesti signori, e cotesto protocollo dovrà contenere sommariamente:

a) Il modo e l'ora della morte della Emmerich e le circostanze straordinarie, ove se ne siano presentate;

b) Lo stato del di lei corpo e delle singole Stimate tanto quelle delle mani e dei piedi, quanto quelle del costato, del capo ed anco del petto.

NB. Fra l'esame del cadavere e la redazione del protocollo non deve correre alcuno intervallo, e quei signori non devono allontanarsi collettivamente; come pure niuno oltre i già nominati deve trovarsi presente, onde evitare per quanto è possibile qualsiasi rumore e spettacolo.

IV. Il signor Decano vorrà quindi pregare i signori Limberg e Lambert e i due signori medici a non allontanarsi, ove ciò sia possibile, da Dülmen, finchè dopo il mio arrivo. non abbia conferito con quei signori intorno alle cose necessarie.

V. Tutto il rimanente lo disporrò a tempo e luogo.

Münster, 26 maggio 1814

CLEMENTE AUGUSTO DI DROSTE WISCHERING»

Vicario Generale ».