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CAPO XVII. DEL PRINCIPIO DELLA INQUISIZIONE ESAMINATORIA ECCLESIASTICA

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO XVII. DEL PRINCIPIO DELLA INQUISIZIONE ESAMINATORIA ECCLESIASTICA
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1.Dappoichè  appoichè alla fine Chiara Söntgen ebbe penetrato il segreto, questo tosto si propalò in più larghi circoli. Sulla metà del mese di marzo 1813 le Stimate erano di venute il pubblico discorso in Dülmen ; e siccome in una osteria ( 1) erasi disputato con vivacità dalle persone pre senti sopra quel fenomeno, ciò diede luogo alla ricerca ed esame dello stato dei fatti, e motivo alla partecipazione dei medesimi alla superiore autorità ecclesiastica in Münster.


(1) Cotesta conversazione nell'osteria non era sfuggita allo sguardo della veggente Anna Caterina ; giacchè, dopo la visita del dottor Wesener, che ne fu la conseguenza, addomandata dal confessore del come il dottore avesse saputo il di lei stato, diè per risposta: L'ha saputo da quei signori nell'osteria: egli vi parlò contro e poi venne da me..

Fra i disputanti in quella osteria erasi precisamente trovato il medico del circolo di Dülmen, dottore Guglielmo Wesener, che ivi per la prima volta udì parlare del fatto, da lui rigettato per altro come una superstizione ; si propose però di visitare l'ammalata, onde procacciarsi più esatta cognizione del vero stato delle cose. Wesener aveva in quegli anni, in cui frequentò l'università, perduta la fede della sua Chiesa ; era per altro per natura di un carattere talmente benevolo e franco, che la vista dei patimenti altrui gli cagionava una profonda impressione. Quantunque egli non potesse nel primo momento spiegare a sè stesso quelle meravigliose manifestazioni, sperò per altro, grazie alla franca e semplice candidezza di Anna Caterina, di poter presto penetrar la vera fondamental cagione di quei fenomeni apparentemente straordinarii. Dopo alcune visite offrì ad Anna Caterina i suoi servigi come medico ( 1), ed essa amichevolmente li accettò. Col mezzo di accurate osservazioni egli giunse per altro alla convinzione che in cotesto caso non poteva punto darsi ombra di sospetto che fossevi inganno o volontaria illusione ; e che esistevano fatti indubitabili ; i quali, quantunque sorpassassero la sfera delle sue cognizioni ed esperienze, non potevano essere nè negati, nè tenuti nascosti. Quindi egli tenne consiglio col parroco del luogo, decano Rensing, col confessore padre Limberg, e con un secondo medico per nome Krauthausen, del come potevasi procedere alla redazione di un atto preliminare, constatante quei fenomeni che si verificavano in Anna Caterina. Mentre i sopranno minati ponderavano e discutevano nella casa parrocchiale sulla esecuzione del loro progetto, Iddio volse lo sguardo di Anna Caterina verso di loro, onde prepararla a ciò che doveva succedere. Trovavasi appunto l'abate Lambert presso di lei, quand'ella interrompendo all'improvviso la conversazione, esclamò:

« Cosa sarà mai di me! Nel decanato si tiene consiglio intorno ad un esame ed inquisizione sul conto mio. Lo vedo bene, vi è presente anche il mio confessore. »

Poco dopo queste parole entrò il decano Rensing nella di lei stanza, e le annunziò essere deciso l'esame inquisitorio.

(1) I Wesener sin dalla prima sua visita cominciò a tenere un accurato giornale continuato sino a tutto il 1819, nel quale notò non solo le sue osservazioni ed esperimenti relativi ad Anna Caterina, ma altresì tutti i di lei discorsi ed esortazioni a lui dirette per ricondurlo alla fede ed all'esatta osservanza dei doveri di un buon cattolico.


2. Cotesto esame ebbe luogo il 22 marzo 1813. Ne fu tenuto un protocollo, del quale qui riportiamo soltanto un paragrafo:

« Sulla superficie superiore di ambe le di lei mani noi rimarcammo le croste formate dal sangue che ne era scaturito ; sotto coteste croste la pelle era lesa e ferita. Nelle palme d'ambedue le mani osservavansi pure simili croste sanguigne, ma più piccole. Coteste croste sanguigne le trovammo pure sulla parte superiore dei piedi, come anche nel mezzo della pianta dei piedi medesimi. Coteste eroste divenivano dolorose toccandole, e quella del piede destro aveva sanguinato poco innanzi. Sul lato destro del corpo osservammo circa alla quarta costa vera, contando dal basso, una ferita di circa tre pollici in lunghezza, la quale talvolta versa sangue. Sullo sterno osservammo pure alcuni punti tondi, che rappresentavano una croce fatta a forma di ypsilon (Y). Poco più giù osservammo una croce di forma ordinaria, formata da striscie larghe circa mezzo pollice. Nella parte superiore della fronte osservammo molti punti somiglianti a punture di ago, che dai due lati estendevansi fino ai capelli. Nella benda o fascia che ella portava intorno alla fronte osservammo molti punti o macchie sanguigne. »

Finita la cosa, Anna Caterina disse al decano Rensing:

« L'affare non finisce qui vengono anche dei gran signori da Münster per questo mio esame ; uno è un signore che ha l'aria di essere monsignor vescovo coadiutore, il quale mi amministrò la Cresima in Hoesfeld, ed un altro è già piuttosto vecchio ed ha pochi capelli grigi. »

Coteste parole si verificarono appuntino ; poichè ai 28 di marzo, che in quell'anno era la quarta domenica di quaresima, venne l'in allora Vicario Generale di Münster, più tardi diventuto tanto celebre, coll'Arcivescovo di Colonia Clemente Augusto di Droste-Vischering in compagnia del reverendissimo decano Overberg e del consigliere di medicina di Druffel, per sottoporre Anna Caterina ad un severo esame inquisitorio. Il decano Rensing aveva sin dal 25 marzo fatto il dovuto rapporto all'autorità superiore ecclesiastica sopra lo stato ed il carattere di Anna Caterina, e vi aveva aggiunto il sopra menzionato protocollo medicale.

3. Il rapporto del decano, che qui riportiamo per intero ed esattamente, si esprimeva così:

« Degnissimo e nobilissimo signor Barone,

« Veneratissimo Vicario Generale,

« Col cuore profondamente commosso e pieno di religiosi sensi annunzio alla S. V. Rev.ma, come a mio superiore spirituale, un avvenimento, il quale offre la più sorprendente prova che il Signore, sempre ed in ogni tempo meraviglioso nei suoi Santi, anche nei nostri giorni di leggerezza e d'incredulità opera ancora in loro segni e miracoli, che addimostrano la forza della nostra santa religione nel più luminoso splendore, e che riconducono i leggieri di mente alla riflessione, e gli increduli inducono al regresso dalle vie dell'errore. È ben vero che il Signore sceglie pur sempre i deboli per confon dere i forti, e manifesta ai piccoli ed ai semplici i misteri che egli tiene ascosi ai grandi ed ai sapienti di questo mondo. Fin qui il dovere del silenzio, i riguardi di cui mi credeva debitore ad una persona sì altamente onorata dalle grazie del Signore, e la tema di dispiacenti conseguenze mi avevano indotto a tenere ascoso cotesto avvenimento per quanto era possibile ; ma ora Iddio ha permesso che malgrado ogni cautela da me impiegata l'avvenimento di cui parlo sia stato predicato per così dire sui tetti, sia stato conosciuto per tutto e da tutti, ed abbia già cagionato molto bene. Mi trovo quindi in dovere di farne officiale rapporto, poichè nelle attuali circostanze non mi sembra più conveniente il nascondere ancora i segreti del Re dei re, ma piuttosto credo essere molto meglio il manifestare le opere di Dio, e di esse lodarlo.

« Anna Caterina Emmerich, monaca corale di questo soppresso monastero delle agostiniane di Agnetemberg, è la eletta del Signore, cui si riferisce l'avvenimento da me accennato. Secondo la testimonianza della maestra di scuola Söntgen, qui dimorante, che nell'istesso convento e nell'istesso giorno vestissi monaca con Anna Caterina, e presso i di cui genitori ella dimorava prima del suo ingresso in convento, era la Emmerich sin dalla sua prima gioventù estremamente pia, nè conosceva maggior dono del cielo di quello dell'abbandono completo alla volontà divina, specialmente nelle ore di turbamento e d'infelicità, per divenire quindi, quanto è più possibile, somigliante al nostro Salvatore crocifisso. Tale era il principale oggetto della quotidiana orazione di Anna Caterina ; e il Datore di ogni bene di buonissima ora le accordò cotesta grazia.

Durante il decennio della sua vita conventuale ella fu quasi costantemente infermiccia e spesso anche costretta a rimanere in letto per intere settimane. Ciò che per altro accresceva i di lei patimenti si era l'essere considerata dalle sue consorelle come una pia farnetica, mal conosciuta, e trattata senza carità ; e ciò perchè talora, o per meglio dire abitualmente, si accostava alla Comunione più volte nella settimana, bene spesso parlava con santo entusiasmo della felicità di coloro che soffrono, teneva molto alle prati che supererogative di devozione, e così si distingueva dalle altre, fra le quali talvolta aveva anche lasciato cadere qualche parola di visioni e di relazioni. La di lei disposizione infermiccia durò anche dopo la soppressione del convento precisamente come prima. Ed ora da alcuni mesi ella giace costantemente in letto, e da due mesi in poi non prende nè rimedii, nè alcun nutrimento in fuori dell'acqua fredda, con la quale per alcun tempo venivano mescolate alcune goccie di vino. Da tre in quattro settimane ella sorbisce quell'acqua sola e senza alcuna mescolanza di vino.  Quel cibo che d'altronde ella prende col fine di nascondere agli uomini che ella vive di pura acqua, lo rigetta immediatamente col vomito. Suda poi ella sì fortemente, che a sera tutto ciò che ha sopra di sè o intorno a sè è talmente umido come se fosse stato inzuppato nell'acqua.

Così ella ci dà giornalmente una nuova prova dell'antica sentenza biblica, che l'uomo non vive solo di pane, ma bensì di ognuna di quelle parole che provengono dalla bocca del Signore. Comunemente a sera ella va soggetta ad uno svenimento, che si prolunga talora per due ore e più. Durante cotesto svenimento, che io vorrei piuttosto chiamare estasi, ella diviene rigida come un tronco di legno, talmente che l'intero suo corpo giace dritto come un'asta su quel lato, sul quale viene rivolto per altrui mano il di lei capo ; i colori poi del di lei volto rimangono anche in quello stato altrettanto floridi, quanto quelli di un innocente bambino ; e mentre così giace in cotesto stato, ed anche se l'origliere e la coltrice del letto le ricoprano il volto, ove le venga impartita la benedizione sacerdotale anche in modo (se così posso esprimermi) furtivo, ella tosto solleva la mano, che prima giaceva immobile come una pietra, e fa il segno della santa Croce. Essa dopo simili estasi ha pure manifestato al di lei abituale confessore il signor Limberg, come inoltre a me stesso, alcuni misteri che ella non poteva sapere altrimenti che per alta rivelazione.

« Ciò che per altro più la distingue come amica privilegiata del nostro Salvatore, si è che ella ha intorno al capo una corona sanguigna ; le Stimate nel costato come pure nelle mani e nei piedi, e sul petto due e talora tre croci chiaramente visibili. Tanto queste quanto quelle stillano bene spesso sangue ; per altro, le croci comunemente nel mercoledì ; le altre Stimate poi nel venerdì ; e ciò in guisa sì forte, che talora ben grosse gocciole di sangue ne cadono.

Siccome è appunto cotesta manifestazione quella che fa più rumore e va soggetta alla più acuta critica, così io, per potermi mettere in istato di fare sopra di ciò il necesario rapporto, invitai i signori medici qui residenti a fare una preliminare inquisizione. Ambidue furono durante questo esame commossi sino alle lagrime, ed il risultato del loro esame è contenuto nell' annesso documento A- a,sottoscritto dai due medici, come pure da me, dal signor Limberg e dal sacerdote francese Lambert, il quale abita in una medesima casa con la inferma.

« Mentre con questo mio umile rapporto soddisfaccio al dovere d'informare convenevolmente il mio superiore di un caso per sua natura tanto raro, imploro ancora avvertimenti e direzioni dal superiore medesimo intorno al modo sul quale io mi debba ulteriormente condurre in quest'affare, specialmente nel caso della morte di questa persona, tanto nei nostri tempi degna di attenzione ; la qual persona niente teme più, quanto che quella ferita arrecata al suo cuore dalla pubblicità della di lei storia, possa venire ingrandita dalla intervenzione della superiore autorità secolare. Voglio sperare che la S. V. Ill.ma e R.ma riuscirà ad evitare cotesto inconveniente. Ove per altro la S. V. volesse personalmente esaminare la verità della mia relazione e convincersi coi proprii occhi della natura soprannaturale di alcune circostanze, che non posso ancora confidare alla carta, in tal caso la pregherei a voler seco condurre il veneratissimo signor Overberg, uomo veramente spirituale, e di farmi l'onore di venire ad albergare in casa mia.

« Ben volentieri avrei in persona portato questo rapporto, giacchè così avrei potuto a voce soddisfare ad alcune ommissioni del medesimo ; ma lo stato di malattia di alcuni miei penitenti abituali, la istruzione preparatoria alla Comunione dei fanciulli, e gli altri doveri parrocchiali che si affollano in questo tempo dell'anno, non mi permettono di allontanarmi da casa. V. S. Ill.ma e R.ma troverà al certo queste mie scuse assai valevoli, per onorarle della sua piena approvazione. In questa lusinghiera previsione rimango con la più alta e dovuta venerazione,

Di V. S. Ill.ma e Rev.ma,

Devotissimo e ubbidientissimo servo RENSING.

«Dülmen, 25 marzo 1813. »

Prima visita del Vicario Generale di Droste in Dülmen

1. Il surriferito rapporto trovò presso il Vicario Generale di Droste, nelle cui mani pervenne il 27 di marzo, una freddissima accoglienza.

« Quand'io (confessa egli stesso) ebbi ricevuto la lettera di Rensing col protocollo dei medici, fui ben lungi dal considerare la cosa quale sembrava esser dipinta in quei rapporti. Io sospettava illusioni e forse inganno, come ogni volta suol sospettarsi in simili casi. Fin allora non aveva udito intorno a ciò nemmeno una sillaba. Quando per altro vidi la cosa esser divenuta il discorso universale nella città di Dülmen, pensai che anche per la stessa natura di coteste cose, che necessariamente dovevano venir chiare sotto l'occhio dello scrutinio, potrebbe senza gran fatica pervenirsi a scoprire la verità ; e quindi mi recai nel giorno seguente in Dülmen, dove secondo ogni probabilità io non era si presto aspettato. Il signor Overberg ed il consigliere medico di Druffel vennero a mia richiesta con me. Questo ultimo io l'aveva specialmente trascelto e pregato, perchè aveva gran confidenza nel suo rettissimo spirito d'osservazione, e non ammetteva in lui una facile credulità, che in questo caso sarebbe stata principalmente dannosa. »

2. Per Anna Caterina per altro cotesta subitanea ve nuta non giunse tanto inaspettata quanto il Vicario Generale eraselo immaginato ; giacchè alcuni giorni dopo il curato vicario Hilgenberg depose con giurata testimonianza, che nel sabato 27 marzo a sera dopo le pubbliche litanie l'aveva visitata, ed alla dimanda del come ella si sentisse ne aveva avuto in risposta queste parole:

« Ho passata una pessima settimana a cagione dell'esame delle Stimate intrapreso da questi medici ; ma domani e nel corso della ventura settimana dovrò patire ben più a cagione di nuove ricerche. »

3. Arrivammo (così prosegue il Vicario Generale di Droste nelle sue note scritte) verso le quattro in Dülmen ; e nel corso della domenica vedemmo due volte Anna Caterina Emmerich, e parlammo con lei, col decano e col di lei confessore. Nella mattina di lunedì 29 rivedemmo la Emmerich e parlammo un' altra volta con lei. Io parlai pure con la di lei amica di gioventù la Söntgen di Hoesfeld. Verso le 10 partimmo da Dülmen. In questa prima visita la cosa ci fece impressione ancora maggiore di quello che ci eravamo aspettati.

4. Il 28 marzo 1813 era la quarta domenica di Quaresima, e per la diocesi di Münster cadeva pure la festa di S. Giuseppe. Il Vicario Generale fece tenere un protocollo speciale delle osservazioni fatte in cotesto giorno e nei susseguenti sopra Anna Caterina, ed oltre a ciò dall'Overberg fu accuratamente notato tutto ciò che gli era sembrato degno di osservazione. Il testo del protocollo si esprime così:

« Verso le cinque pomeridiane noi visitammo la monaca Emmerich per assicurarci delle straordinarie manifestazioni che dicevansi visibili sul di lei corpo. Nulla notossi di straordinario nella di lei fisonomia ; niun segno di espettazione, di gioia o di meraviglia. Allorchè la Emmerich fu resa avvertita che la superiore autorità ecclesiastica voleva assicurarsi del suo stato, ella mostrossi di tutto contenta. Senza alcuna resistenza ella lasciò vedere le mani, i piedi, e il lato destro. Le di lei espressioni erano, esser cosa dura il doversi sottoporre a simili esami: non desiderare però altra cosa fuorchè sottoporsi con pieno abbandono alla volontà di Dio.

« Il più leggiero toccare le ferite, secondo le di lei assicurazioni, le riesce dolorosissimo ; anche il braccio le trema ogni qual volta le vien toccata la ferita della mano, ed anche quando soltanto le vien mosso il dito medio.

« Circa le nove ore della sera le fu fatta una seconda visita ; e poco dopo Anna Caterina cadde in estasi.

« Tutti i di lei membri sembravano convulsivamente irrigiditi; ciò non di meno le di lei dita erano mobili, ed anche il semplice toccare le ferite ed il dito medio eccitava tremiti ; a stento potevasi sollevare il capo, ed in questo caso anche il petto, siccome seguendo il capo, veniva in alto sollevato. Diverse domande fatte dai medici rimasero senza risposta. Essa non dava il minimo segno di vita. Allora il signor Vicario Generale disse: Io le comando per santa ubbidienza di rispondere. Appena coteste parole eran fuori delle sue labbra, che ella con una rapidità difficilmente imitabile volse il capo verso di quel lato dove noi eravamo, ci guardò con ispeciale amichevolezza, e rispose a tutto ciò che le venne domandato. Più tardi richiesta del come fosse accaduto che nel di lei svenimento, al comando del Vicario Generale avesse sì rapidamente voltato la testa, e se ella avesse inteso il comando, rispose:  No, ma allorchè nei miei svenimenti mi viene comandato alcunchè per santa ubbidienza, mi fa lo stesso come se una potente voce mi chiamasse ( 1). » Relativa mente alle Stimate ella confessò di aver pregato il Signore a ritorle quei segni esterni, ma averne avuto in risposta:
La mia grazia ti basti sul che il Vicario Generale le comandò di ripetere incessantemente cotesta preghiera. »

(1) Dal circostanziato rapporto dell' Overberg.

5. Il mattino seguente comparvero gli esaminatori per la terza volta. Venne allora dal Vicario Generale disposto che il medico-chirurgo Krauthausen di Dülmen lavasse con acqua tepida ed astergesse dalle croste sanguigne le ferite delle mani e dei piedi ; quin di asciutte le fasciasse, e che per otto giorni continui senza veruna interruzione fosse quella fasciatura mantenuta e disposta sulle mani e sui piedi, in modo tale che le dita non fossero libere nel muoversi. Anna Caterina si dichiarò pronta a sottoporsi a quell'ordine ; anzi, secondo il protocollo, ripetè più volte la espressione della sua pronta volontà a lasciar fare tutto ciò che si volesse delle di lei ferite e di sè stessa. Pregò soltanto che si volesse evitare tutto ciò che potesse eccitare maraviglia e spettacolo.

Coloro che furono presenti a cotesto esame non solo si appagarono del contegno di Anna Caterina, ma anzi ricevettero una sì alta impressione dalla innocente e volonterosa prontezza, con la quale prestò cieca ubbidienza ai comandi della spirituale autorità superiore, quantunque cotesti comandi le preparassero maggiori patimenti, che si trovarono indotti ad osservare nel protocollo che: « Durante le varie conversazioni la fisonomia della inferma si rasserenò in modo speciale, e sorprendente si era l'osservare come ne divenisse chiaro ed amichevole lo sguardo. Alla fine il Vicario Generale parlò da solo con lei e le manifestò che si può benissimo desiderare di aver parte ai patimenti del divino Salvatore ed ai dolori delle sue ferite, senza per altro desiderare le esterne ferite medesime ; a ciò ella rispose: Precisamente queste esterne ferite sono la mia croce. »

Ordini del Vicario Generale di Droste

1. Ritornato in Münster, il Vicario Generale di Droste prescrisse regole per la prosecuzione dell'esame ; e regole tali che chiaramente dimostrano, che la personale impressione in lui prodotta dall'intero portamento di Anna Caterina era sormontata da riguardi di ben più alta natura.

« Io non poteva (osserva egli nel protocollo) da un solo esame aspettarmi come risultamento la sicurezza che l'inganno o l'illusione fossero impossibili. La domanda, se (ove non si desse il caso nè d'illusione nè d' inganno) coteste sorprendenti manifestazioni potessero spiegarsi come cose naturali, non ispettava a me in modo veruno. Le Stimate sono talmente visibili ad ogni occhio che niuno può illudersi sul fatto. La questione è quindi la seguente: Si è ella la Emmerich fatte queste ferite da per sè stessa, o no? Glie le ha forse fatte alcuno? Siccome però ella precisamente dichiara non essersele fatte da per sè stessa, nè alcun altro avergliele fatte, quindi a me si spetta il ricercare se ella inganni, o venga ingannata. Quand' io per mezzo dell'esame giuridico pervenga al risultato che in nessun modo ragionevole si possa sospettare alcuno inganno, in questo caso io non posso ricercare più oltre. Per pervenire a cotesto scopo io posso usare soltanto di quei mezzi che non ledono nè la giustizia, nè la carità.

2. Allorchè un uomo, siccome il Droste-Vischering, il quale accanto ad una inflessibile fermezza di carattere possedeva una tal dolcezza di cuore da indurlo a comprare abitualmente uccelli fatti prigioni per rendere loro la libertà ; quando, diciamo, un tal uomo aveva stabilito simili principii fondamentali come norme de ' suoi procedimenti, si poteva anticipatamente concepire l'espettazione che per Anna Caterina le pene inevitabili in tal sorta di esame sarebbero per quanto era possibile raddolcite. Ma coteste mitigazioni non erano, per altro, nelle vedute di Dio ; il quale, in quel tempo di severa situazione per la Chiesa, aveva chiamata Anna Caterina ad essere strumento delle sue misericordie. Come tale, ella dovea prendere sopra di sè tutti i patimenti per mezzo dei quali doveva essere vinta la durezza di quell' epoca e fatta capace di ricevere le benedizioni, che per lei dovevano scaturire dai dolori di quella innocente espiatrice. Quindi avvenne che nell'intero modo di procedere del Vicario Generale meno apparisse la dolcezza del suo spirito, che non facesse il carattere proprio de'suoi tempi; carattere che al pari della sua straordinariamente difficile posizione come superiore di una diocesi da si lungo tempo vedova e sottoposta ai più gravi politici mutamenti, imponeva a quell'uomo sagace e profondamente avveduto doveri tali, dinanzi ai quali doveva tacersi ogni altro riguardo.

3. Il paese di Münster aveva perduto sin dall'anno 1802 l'ultimo suo reggitore spirituale nella persona del principe-vescovo Massimiliano Saverio, fratello dell'imperatore Giuseppe II, ed era stato occupato dalla Prussia durante il tempo della sede vacante. La decisione suprema della deputazione dell' impero dell'anno 1803 mise la residenza episcopale di Münster e la parte meridionale del paese nell'effettivo possesso della Prussia, mentre le rimanenti parti del paese di Münster vennero divise fra sette altri piccoli padroni. Dülmen cadde in mano del cattolico duca di Croy, il quale nel seguito degli anni fece sparire senza pur lasciarne traccia alcuna il convento agostiniano di Agnetenberg, divenuto sì famoso a causa di Anna Caterina, ed insieme col convento anche la chiesa. Hoesfeld unitamente a Flamske se li ebbe il ringravio di Salm.

Dopo la battaglia di Jena coteste contrade vennero di nuovo ritolte ai loro possessori e riunite al granducato di Berg eretto da Napoleone I, siccome dono in occasione di nascita del figlio maggiore della regina d'Olanda e sua cognata Ortensia. Nell'anno 1810 sparve di nuovo cotesta riunione, mentre Münster con Hoesfeld e Dülmen divennero parti integranti del grande impero francese ; finchè al Congresso di Vienna la Prussia ottenne per sè l'intera contrada di Münster.

4. Da ciò chiaramente apparisce quanto dovesse riuscire difficile la posizione di un superiore ecclesiastico in faccia a governi, che sì rapidamente si dissolvevano, e in un  ?paese, la di cui popolazione sempre e poi sempre dolorosamente sospirava per quelle tranquille e felici circostanze, nelle quali avea vissuto sotto il mite scettro del suo principe spirituale. Oltre a ciò Clemente Augusto di Droste Vischering apparteneva ad una delle più ragguardevoli ed antiche famiglie della nobiltà di Münster, e perciò solo veniva guardato con diffidenza da quegli stranieri reggenti. Nell'anno 1807 avealo il Capitolo metropolitano messo alla testa dell'amministrazione di quella diocesi, vedova sin dal 1802 ; finchè il 14 di aprile 1813 un decreto napoleonico nominò a vescovo il decano della metropolitana, conte di Spiegel ; ed il Capitolo venne forzato a trasmettere a lui l'amministrazione della diocesi. Clemente Augusto trovossi quindi necessitato a sostituirsi al conte Spiegel siccome suo vicario generale ; il che per altro, come ben si comprende, non fu tollerato da Roma. Quindi egli rientrò di nuovo nella sua amministrazione sino all'anno 1821 ; nel quale anno finalmente la diocesi di Münster ottenne un capo effettivo nella persona dell'antico principe-vescovo Korvey, dei baroni di Lüning. Questi, per altro, soggiacque ben presto ad un totale indebolimento delle sue facoltà mentali, che nell'anno 1825 lo condusse a morte.

5. Con amaro dolore sentiva Clemente Augusto come la Chiesa, di cui vantavasi essere l'umile servo, venisse dal dominante progresso dei pretesi lumi trattata con tanto sprezzante scherno, quasi fosse cosa omai priva d'ogni diritto a riguardo veruno e condannata all'oblio. Ei ben conosceva quel diluvio d'insulti e di scherni, col quale perseguitata veniva ogni manifestazione della vita ecclesiastica ;insulti e scherni ch'erano in perfetta contraddizione col sogno di quelle illuse menti, che credevano essere la estinzione della Chiesa un fatto omai compiuto; anzi di più era egli condannato a vedere come tra le file de'nemici di Dio, combattenti con la parola e con gli scritti gli esercizi della fede e della pietà, contavansi non pochi ecclesiastici.

Non può quindi destar maraviglia che per quell'uomo sì previdente ed avveduto, già oppresso dal peso della sua posizione tanto imbarazzante e poco sicura, dovesse riuscire affatto inopportuna l'apparizione di fenomeni interamente estranei e contrari alla corrente delle idee di quella epoca, come quella che manifestavasi in Anna Caterina ; apparizione da cui poteva soltanto per lui derivarne una catena di nuove e gravissime cure. Egli pure sul bel principio aveva sperato, con rapido e subitaneo procedere, di scoprire immediatamente il supposto inganno, e da lei allontanare ogni maggiore estensione della fama che ne correva, prima che tutto cotesto affare venisse adoperato e sfruttato a danno della Chiesa; ora al contrario, poichè ad un inganno di illusione non era nemmeno da pensare, tenevasi per obbligato a condur l'esame giuridico con la più alta severità. Ei non poteva permettere che sulla su prema autorità ecclesiastica, pur troppo già guardata con malizia e diffidenza, cadesse nemmeno l'ombra del sospetto che ella potesse esercitare intempestiva mitigazione o riguardo in un fatto, che possibilmente poteva essere un vero inganno, ma che in ogni caso, tostochè non potevasi nascondere nella più profonda oscurità, o addurre in completa dimenticanza, doveva necessariamente provocare tutta la rabbia la più amara dei nemici della Fede e della Chiesa.

6. La scelta dei due individui nella cui compagnia Clemente Augusto erasi recato a Dülmen, e che ora dovevano stargli continuamente allato nell' incominciato procedimento giuridico, non poteva al certo esser meglio combinata. L'Overberg nominato con riverenza bene al di là dei limiti del suo paese nativo, contava fra gli uomini più nobili e più distinti del tempo suo, ed era considerato in tutta la diocesi di Münster siccome un sacerdote esperto quanto altri mai nella direzione delle anime e nelle vie della vita spirituale. Clemente Augusto seppe bene apprezzare cotesto vantaggio, e quindi gli affidò la commissione di sottoporre al più stretto e preciso esame tutta la interna ed esterna vita di Anna Caterina sino dai giorni della prima sua gioventù. Egli stesso poi impose a costei sotto obbligo di santa ubbidienza di render all'Overberg stretto e completo conto di tutti gli interni ed esterni casi del vivere suo. Non riuscì punto difficile a quel degnissimo sacerdote il guadagnarsi l'assoluta confidenza di Anna Caterina in modo tale che egli sin dalla sua prima conferenza con lei potè riferire: « Che in ispirito mi ha veduto venire verso di lei, essa medesima me lo ha confessato, e di più nel tempo stesso assicurato di non avermi prima veduto in tutto il viver suo cogli occhi corporei: Io vi ho veduto così internamente; - mi ha detto. Per altro ella si è dimostrata tosto altrettanto confidente, come se da lungo tempo già ci fossimo l'un l'altro conosciuti. »

La fanciullesca e filiale franchezza e sincerità che Anna Caterina sempre manifestò verso cotesto degnissimo e canuto sacerdote, gli permise di portare lo sguardo nel più profondo dell'animo di lei, e bentosto tutta la interna di lei vita apparve chiara agli occhi suoi. Quanto più a lungo egli conversò con Anna Caterina, tanto più ottenne molte plici e diverse prove della piena verità della straordinaria di lei vocazione. Tutti i di lei doni straordinarii gli si manifestarono chiaramente, e questo degno sacerdote sopraccaricato di affari, richiesto di consiglio e di aiuto da innumerevoli bisognosi di ogni condizione, non si rifiutò alla fatica di tenere esatta nota delle proprie sue osservazioni ed anco delle singole parole che egli ricavava dalla bocca di Anna Caterina.

In vista della rara bontà di cuore dell' Overberg era ben da presumersi che, grazie alle sue cure, verrebbero diminuite le pene che per Anna Caterina necessariamente seco adduceva l'esame giuridico. Soltanto Iddio non permise che cosa alcuna da verun lato ponesse ostacolo alle regole stabilite ed alle misure che Clemente Augusto ritenne per necessarie ; e ciò a fine di torre di mezzo ogni dubbio sulla piena verità delle grazie ad Anna Caterina accordate.

7. Era il consiglier di medicina e professore Druffel, uomo dotto ed assai reputato, individuo di molta indipendenza morale, che con l'esercitato sguardo di un profondo scrutatore della natura esaminò i fenomeni apparenti in Anna Caterina. Anch'egli, sulla prima notizia di quei casi, non era punto alieno dal ritenerli per illusioni o per maliziosi artificii ; ma la prima visita lo indusse tosto in ben diversa opinione. Non solo la forma delle ferite ed il modo delle effusioni sanguigne gli persuasero che un artificio od una azione esterna non eran nemmeno supponibili, ma ben più lo intero modo di essere ed il contegno di Anna Caterina furono quelli, che da lui allontanarono ogni anche minimo pensiero di menzogna o d'inganno. È degno di essere notato che il Druffel, del pari che gli altri medici Krauthausen e Wesener, vivamente sentì con quali dolori dovesse per Anna Caterina esser collegato l'esame delle sue Stimmate, e che la sua convinzione della verità e sincerità della cosa non abbisognava affatto dell'impiego delle severe misure, che l'autorità spirituale si tenne per obbligata di imporre a cotesto esame.

A cagione della grande curiosità cagionata da quella inchiesta giuridica il signor Druffel si ritenne obbligato a lasciar pubblicare nella gazzetta medico- chirurgica di Salisburgo un lungo saggio sottoscritto col suo nome in cui egli diè una fedele e chiara esposizione delle sue medicali osservazioni sopra Anna Caterina. Quantunque egli per anticipazione dichiarasse di rinunziare a bella posta a voler rischiarare o spiegare un simil genere di manifestazioni, (il che gli editori d'un periodico medicale, specialmente in quei tempi, appena avrebbero tollerato), pure arrischiò la seguente considerazione finale: Per coloro che queste manifestazioni ritenessero per inganno, deve qui notarsi che nell'esame giuridico i superiori ecclesiastici hanno avuto a ciò un pieno riguardo. Se inganno esiste, deve essere tessuto in modo tutto suo proprio ben difficile a scoprirsi. »

8. Accadde col Druffel quel che suoleva accadere con tutti coloro che venivano in prossimità od in contatto con Anna Caterina ; cioè che Iddio per mezzo della sua serva lo fece partecipe di una grazia. Cotesta grazia ebbe per iscopo l'anima sua ed il pericolo in cui trovavasi relativa mente alla fede. Anna Caterina lo partecipò tosto all'Overberg nella prima sua conversazione, lasciando alla cura di cotesto spirituale amico, altamente stimato dal Druffel, di fare di quella rivelazione quel miglior uso che credesse. L'Overberg rimase sorpreso, nè volle prestare facile credenza alla cosa ; ma il signor Druffel medesimo, cui egli aveva svelato quella segreta partecipazione, confermò le parole di Anna Caterina, e diede ad essa prove non dubbie del come egli in suo pro usasse della di lei esortazione.

9. Il Vicario Generale di Droste spedì a Dülmen sino dal 31 marzo una sequela di ordini e disposizioni scritte, che colà furono eseguite con la più esatta osservanza, e che sono una notabile testimonianza della rara forza di volontà, e della prudenza e sagacia di cotest'uomo straordinario, di cui Iddio servire volevasi a maggiore onoranza della sua serva. La prima disposizione era che il decano Rensing di Dülmen era destinato ad essere direttore della coscienza di Anna Caterina per tutta la durata dell'inchiesta giuridica ; e che gli veniva imposta la più stretta e precisa osservazione e la fedele relazione della di lei intera condotta ( 1).

( 1 ) 11 decano Rensing (osserva egli) è uomo ragionevole. A lui, ed a lui soltanto, posso io affidare l'esame giuridico..

A questo fine gli fu diretta una minuta istruzione del seguente tenore: È dovere della suprema autorità spirituale di approfondire per quanto è possibile se coteste straordinarie manifestazioni esterne sieno causate da una malattia, ovvero se sian di tal natura da esistere e mantenersi per cagioni riposte fuori della sfera dei fenomeni naturali ; od anche se coteste manifestazioni sieno state ad arte prodotte e nel modo stesso mantenute. Qui non trattasi punto di valutare ciò che se ne crede, ma trattasi soltanto di per venire con la maggior possibile sicurezza a scoprire quello che è. Perciò è assolutamente e inevitabilmente necessario che venga notato e quindi riferito con ogni precisione e per quanto è possibile conformemente alla più esatta e nuda verità, non soltanto ciò che fino a qui si è rilevato e scoperto tanto dell' anima (senza per altro la più remota e minima violazione del sigillo di confessione), quanto del corpo della Emmerich; ma è necessario altresì, dal giorno in cui queste disposizioni perverranno a cognizione del signor decano Rensing, di notare in un libro apposito in forma di diario ogni giornaliera alterazione corporea, come pure ogni morale e fisica manifestazione della Emmerich medesima, e di trasmettermelo con rapporto analogo, di otto in otto giorni. Ciò che riguarda l'anima resta intera mente affidato al signor decano Rensing. In quanto poi alle cose corporee vien commesso al signor decano di dire alla Emmerich: Per ubbidienza all'autorità superiore ecclesiastica ella si compiacerà sottoporsi a tutto ciò che il signor Krauthausen crederà bene prescrivere per la guarigione del di lei corpo. » Deve soprattutto la Emmerich accorgersi il meno possibile di quanto si vuole esaminare. Quanto più l'affare verrà maneggiato in modo che la Emmerich venga naturalmente indotta a credere niun ' altra cosa aversi in vista fuorchè la di lei guarigione, ciò sarà tanto meglio. Quanto alle Stimate ed altri segni apparenti non deve annettervisi il menomo valore e nemmeno la considerazione di un effetto di grazia speciale. Quanto più tutta questa faccenda potesse cadere in oblio, e quanto meno se ne venisse a parlare, tanto meglio sarebbe. »

10. Della osservazione poi e della descrizione di tutte le manifestazioni e fenomeni corporei ne venne incaricato il medico-chirurgo Krauthausen ; giacchè:

Il dottor Wesener (osserva il Vicario Generale) ha redatto il protocollo del 25 marzo, e ciò basta per non poterlo impiegare nell'esame giuridico, come già troppo compromesso. Nel signor Krauthausen poi si può interamente confidare relativamente al trattamento delle ferite della Emmerich, siccome me ne son convinto nel discuterne col signor consigliere di medicina, Druffel. In niun caso deve permettersi che la fasciatura delle ferite venga rimossa, od anche menomamente alterata da altri, fuorchè da lui. Ove il signor Krauthausen ne abbia sufficienti motivi, egli potrà rimuovere la fasciatura dopo quattro giorni, ed in questo caso dovrà tosto apporne una nuova. »

I punti sovra dei quali dovea farsi il rapporto settimanale vennero tutti sino al minimo indicati e prescritti dal Vicario Generale.

11. Al confessore ordinario di Anna Caterina, che era il P. Limberg, dovette il decano Rensing per comando della superiore autorità ecclesiastica manifestare:

1. Che egli dovea, per quanto fosse possibile, evitare nelle sue con ferenze e conversazioni spirituali di manifestare speciale riguardo ai patimenti della inferma ;

2. Di astenersi durante o dopo le estasi dal dirigerle domanda alcuna sopra il di lei stato interno, o sulle idee casuali ed accidentali ; giacchè ciò era esclusivamente riservato al decano Rensing ;

e 3. Che egli dovesse tosto ed interamente partecipare tutto ciò che Anna Caterina, senza esserne interrogata, sia nella estasi, sia posteriormente potesse manifestargli. »

12. Fu poi incaricata di segreti rapporti la Chiara Söntgen ; giacchè: « Cotesta persona (osserva il Vicario Generale) mi è perfettamente nota, siccome intelligente ed incapace di qualsiasi inganno. Io ho voluto da lei, senza che il decano nulla di ciò sapesse, avere relazione, onde per mezzo dei due rapporti l'uno dall'altro indipendenti, venire più facilmente in cognizione del vero. »

All'ordine scritto diretto alla Chiara Söntgen era aggiunto l'avviso seguente:

« Io debbo qui tutto sapere ; non già pensare e indovinare, ma assolutamente sapere. Soltanto ciò che io so e posso ritenere per certo, ha per me un vero valore. »

13. Relativamente alla sorella della Emmerich fu spe dito il seguente avviso:

« Essa vien lasciata di buon grado presso la sorella. Ove per altro si permettesse di agire contrariamente alle succennate disposizioni, essa verrebbe immancabilmente ed interamente separata dalla Emmerich. Ed a questo proposito debbo osservare che certe disposizioni provenienti da altra sorgente e che riuscirebbero per la Emmerich molto più disaggradevoli, possono essere solo evitate, in quanto gli ordini da me rilasciati vengano puntualmente eseguiti. »

14. Finalmente fu data commissione al decano Rensing d'interrogare circa ad Anna Caterina nel nome della superiore autorità spirituale e dietro domande precisamente prestabilite tutte le persone, siano sacerdoti, monache e laici, in Dülmen, ed anche in Hoesfeld e Flamske, che fossero state con Anna Caterina in relazione bastantemente intima e quindi adatte a comunicare partecipazioni degne di fede intorno al di lei carattere ed a tutto il suo antecedente modo di vivere.


La fasciatura delle Stimate


1. Il primo di aprile il chirurgo Krauthausen fasciò le mani ed i piedi di Anna Caterina. Il suo rapporto al Vicario Generale, intorno a questa circostanza, si esprime come segue:

« In seguito alla commissione a me benignamente imposta ho nel passato giovedì (giovedì precedente alla Domenica di Passione ) sulle otto ore del mattino con ogni precisione e cura ritolto le croste sanguinose e lavato le ferite delle mani e dei piedi, come pure anche del capo, di Anna Caterina Emmerich, già monaca agostiniana ; e dopo avere asterse quelle piaghe le ho immediatamente avviluppate con fascie in modo tale che nè le dita delle mani nè quelle dei piedi possano avere alcun libero movimento, ed in tal guisa che cotesta fasciatura non possa venire in verun modo allentata e molto meno ritolta, senza che io debba immediatamente accorgermene. Questa astersione, quantunque da me fatta adagissimo, nel modo il più leggiero e con una spugna molto fina, e la fasciatura susseguente hanno cagionato alla inferma i più sensibili dolori e molto viva agitazione per lo spazio di circa ventiquattr'ore. In seguito del lavamento io osservai sulla superficie esterna d'ambe le mani e dei piedi una ferita ovale, lunga mezzo pollice circa ; le ferite nelle palme d'ambe le mani e nella pianta dei piedi apparivano più piccole; erano perfettamente pure, e non vi si scorgeva alcuna suppurazione. »

2. Poche ore dopo l'apposizione delle fasciature sopravvenne il decano Rensing e trovò Anna Caterina « pian gente pel dolore che a cagione dell'ardente calore destatosi nelle fasciate ferite le divenne affatto insopportabile. » Consolata da lui, ella rispose:

« Volontieri, volontieri voglio io tutto sopportare purchè il mio buon Signore si degni di accordarmi forza bastante a non divenire impaziente. »

La promessa del decano che egli ed inoltre un altro sacerdote celebrerebbero nel seguente giorno il santo sacrificio della Messa in di lei pro, onde implorarle da Dio la forza necessaria, fu soltanto capace di tranquillarla, e rispose:


« Io non dimando cosa alcuna oltre questa grazia ; e Iddio per certo non me la rifiuterà, quando i sacerdoti preghino con me per ottenerla. »

3. La notte del 2 aprile riuscì talmente dolorosa, che ella tre volte per la debolezza cadde in isvenimento. Sul mattino soltanto, allorchè la santa Messa fu per lei celebrata, sopravvenne alcun poco di alleviamento alle sue pene. Le fitte ed il bruciore nelle Stimate durarono per altro senza interruzione, e sulla sera del 2 aprile ella potè soltanto dire al decano con voce appena per la debolezza sensibile:

« Ecco che vi sono altri uomini che vogliono vedere questi miei segni: ciò mi angustia. Non può ella forse impedirlo? »

Coteste parole si verificarono il 4 di aprile, giacchè arrivò da Münster il supremo commissario francese di polizia, Garnier, venuto in Dülmen per avere più esatta relazione dai medici e dalle persone avvicinanti Anna Caterina, e fare presso di lei stessa un esame o visita di ufficio. Egli di fatto diresse varie domande ad Anna Caterina, mentre l'abate Lambert traduceva in francese le di lei risposte. Coteste domande si riferivano precipuamente al sapere, se Anna Caterina parlasse o profetizzasse di cose politiche.

Quindi egli volle che il Krauthausen ritogliesse la fasciatura alla di lei mano destra, affine di poterne con gli occhi suoi propri esaminare la ferita. L'intero contegno di Anna Caterina produsse nel Garnier una impressione sì profonda, che egli a quattordici anni di distanza da quel giorno parlava sempre in Parigi con gran riverenza e commovimento di quella sua visita a Clemente Brentano.

4. Su quel fatto dello aver ritolta la fasciatura il diario del Krauthausen così riferisce:

Quest'oggi, 4 di aprile, per comando del signor com missario di polizia del compartimento della Lippa io ho dovuto ritogliere la fascia alla mano destra di Anna Caterina, e le altre fasciature della mano sinistra e di ambedue i piedi le ho poi rimosse alle quattro e mezza pomeridiane. Coteste fasciature si erano sì fortemente, a causa dello stillicidio sanguigno, conglutinate l'una con l'altra ed alle stesse ferite, che io ho dovuto impiegare un certo tempo ad ammollirle con acqua tiepida, onde poterle sciogliere, ed oltre a ciò (e questo è stato il peggio) ho dovuto cagionare gravi dolori alla paziente. Le ferite trovavansi per altro nelle stesse condizioni in cui erano al primo di aprile. Affinchè le fascie che io ho tosto di nuovo applicate, non si conglutinssero un'altra volta con le ferite, e perchè potessero alleviarsi i dolori della paziente, ho ricoperto le piaghe con un cerotto. »

 Cotesto cerotto posto dal chirurgo sulle ferite di Anna Caterina fu per altro cagione di aumento ai di lei dolori di già sì gravi, nè riuscì ad impedire il corso della effusione sanguigna. Le fascie erano nel seguente giorno (5 aprile) già inzuppate di sangue, talmentechè il Krauthau sen si arrese alle preghiere della paziente, ritolse il cerotto ed avviluppò le ferite in nuove fasce di puro e bene asciutto lino. Rimosso il cerotto, non si trovò traccia alcuna di suppurazione.

5. Nel giorno seguente l'effusione sanguigna aveva di nuovo compenetrato le fascie, e i dolori eransi considerabilmente aumentati. Fino al 7 di aprile crebbero essi talmente, che Anna Caterina ardentemente supplicò il chi rurgo Krauthausen a volere ritogliere quelle fasciature dalle mani e dai piedi, giacchè ella non sentivasi capace di sopportare quelle pene più a lungo. Il chirurgo non osava consentire a quella preghiera senza espressa licenza proveniente da Münster ; e le promise di chiederla tosto per lettera, ma nella sera dell'istesso giorno il Vicario Generale ed i suoi compagni arrivarono in Dülmen.

6. Sul rifiuto del Krauthausen erasi Anna Caterina, che male sapeva come aiutarsi, proposta di sopportare oltre ancora per un giorno ; ed a questo proposito fu avvisata in visione di rappresentare agli esaminatori come ella dal mondo non richiedesse già nè danaro, nè onoranza, ma desiderasse soltanto restarsene nascosa e tranquilla; e che perciò non dovevasi sottoporre la di lei pazienza a sì dura prova ; giacchè ciò poteva chiamarsi un tentare Iddio col mezzo della insopportabile altezza delle di lei pene. Allor chè ella espose coteste rappresentanze all'Overberg, lo trovò sul bel principio alquanto sorpreso, giacchè in seguito dell'esperienza fatta nella prima sua visita credeva contar con ragione sopra una cieca ubbidienza ; ma Anna Caterina tolse tosto di mezzo cotesta sua preoccupazione, partecipandogli che la dichiarazione da lei fatta erale stata ordinata, ma che erale pure stato contemporaneamente ingiunto di sopportare ciò malgrado ogni qualsiasi cosa che da lei si volesse a titolo di ubbidienza. Quanto e come ella corrispondesse a cotesto avviso, malgrado tutti i patimenti, lo dimostrerà sempre più chiaro il susseguente sviluppo del giuridico esame.

Il Vicario Generale di Droste ed i suoi compagni vengono per la seconda volta in Dülmen (7 aprile 1813)

1. Il protocollo relativo a questa visita si esprime così: Nel giorno di mercoledì 7 aprile verso le sei ore di sera i sottoscritti si recarono dalla Emmerich. La fisonomia della inferma non parve punto cambiata. Le fasciature delle mani e dei piedi vennero rimosse dal signor Krauthausen. Quei punti delle fascie che trovavansi in contatto con le ferite, dovevano ad ogni svolgersi della fascia medesima venire ammolliti onde poter ritogliere cotesti legami col minor dolore possibile ; talmente quelle fascie eran compenetrate da un sangue di color rosso scuro. Ritolte le fasciature, parve alla paziente di sentirsi alleviata in confronto dei continui sopportati dolori.

Le ferite mostraronsi interamente pure. Non si scorgeva traccia alcuna di suppurazione e nemmeno d'infiammazione. A meno dei lamenti sopra i gravi ed insopporta bili dolori sofferti a causa delle apposte fasciature, la contentezza ed una amichevole giocondità apparivano sul volto dell'ammalata durante la conversazion come avvenne nella prima visita. »

2. In occasione dell'ultimo colloquio che Clemente Augusto, presente l'Overberg, ebbe con Anna Caterina, essa «lo pregò di considerare quanto dovesse per lei riuscire dura cosa il lasciarsi così visitare: per lei, che sempre era stata cotanto timida ; che i di lei patimenti la disturbavano nella orazione ; aver ella avuto in quel tempo sì piccolo refrigerio ; dover ella lottare non soltanto con la impazienza, ma bensì anche contro l'avversione verso coloro che avean fatto conoscere e reso pubblico quanto avevano verificato sopra di lei ; saper ella benissimo ciò che essi avevano detto ; esser per altro pienamente contenta ed abbandonata alla volontà di Dio. »

Dinanzi all'Overberg espresse pure quest'altro timore:

« La mia vecchia madre saprà forse che sono stata esaminata ; e nella sua avanzata età non potrà forse sopportare il dispiacere che a lei sarà per derivarne. » E quando l' Overberg le dimandò se bene spesso ella facesse atti di abbandono alla volontà di Dio, ella rimase alcun poco tacita e quindi rispose: « Ne ho fatti molti più in questi ultimi otto giorni ( 1 ) di quel che non ne abbia fatti in passato nel corso di un anno intero. »

(1) Essa intendeva parlare del tempo in cui aveva tanto sofferto a cagione delle fasciature. (Parole dell' Overberg).


Poco prima che si congedasse essa gli disse: « Ah! quanto desidererei di morire! » Ed alla dimanda: Non può ella dunque sop portare più a lungo cotesti patimenti? rispose: « Oh! per questo no. » — « Il di lei sguardo indicava assai (scrive l'Overberg) il perchè ella tanto desiderasse morire. »

3. Anco in questa seconda visita la impressione che tutto il contegno di Anna Caterina produsse nella superiore autorità ecclesiastica fu quella di grande soddisfazione. Ciò che straordinariamente piacque al Vicario Generale si fu che ella con tanta istanza lo pregò di voler da lei allontanare coloro che per curiosità la visitavano.

« La Emmerich (così egli scrisse il 9 di aprile al Rensing) mi ha talmente e sì fervorosamente ringraziato di quanto ho disposto per la diminuzione delle visite, e mi ha sì particolarmente pregato ad attenermi severamente a coteste misure, che ciò solo, quando non vi fossero ben molte altre cagioni che si riferiscono al modo di pensare della Emmerich ed all' alleviamento dei di lei dolori e disturbi, mi avrebbe indotto ad abbracciare simili provvedimenti. A tutti coloro, ecclesiastici e secolari, che fossero assai indiscreti per insistere malgrado le rappresentanze di V. S. in contrario, ella potrà dar conoscenza di queste mie disposizioni. Costoro debbono di più essere informati che sicuramente la Emmerich è tanto ubbidiente da acconsentire ad ogni visita che V. S. permettesse, ma che sarebbe per altro affatto ingiusto lo imporle simili visite contro la di lei espressa volontà. »

La sua soddisfazione poi per la condotta del decano medesimo Clemente Augusto la espresse colle parole seguenti:

« Il modo di procedere mi dimostra che io non avrei potuto ad alcun altro meglio affidare il mio incarico. »

4. Appena Clemente Augusto coi suoi compagni aveva lasciato Dülmen sul mezzo giorno dell'8 aprile, che Anna Caterina, d'altronde esausta affatto dalle molteplici e lunghe conversazioni dei due ultimi giorni, cadde nel compatimento estatico della Passione e della solennità corrente dei dolori di Maria. Nel tempo di vespro le ferite della Corona di spine versaron sangue sì largamente, che questo trascorse giù pel viso e penetrò pure attraverso le fascie della testa. Durante cotesto stato di patimento aveva fatto pregare il decano di recarsi presso di lei, dappoichè le era stata annunziata la visita del prefetto del compartimento ; visita che in quelle circostanze sopratutto dovea riuscirle oltremodo greve. Addimandata dal decano se ella forse temesse le venissero fatte interrogazioni alle quali non sapesse rispondere, ella disse:

« No, non ho avuto mai sin qui inquietudine alcuna a proposito delle domande che mi si fanno, giacchè su questo proposito mi affido interamente a quanto il Salvatore ha promesso ai discepoli: cioè che non dovevano darsi pensiero alcuno del come parlerebbero, giacchè egli loro lo suggerirebbe. »

Il decano osservò pure che contorceva i suoi lineamenti per dolore ogni qual volta la parte posteriore del capo veniva in contatto coll'origliere, sul quale d'altronde ella appoggiava soltanto le spalle; dimodochè fra il capo e il cuscino stava uno spazio di una mano in larghezza. Il chirurgo Krauthausen cel riferisce con data del giorno medesimo:

« Un quarto prima delle due, dopochè Anna Caterina per circa tre ore innanzi erasi lagnata di potente calore e doglie nel capo, io le trovai i pannilini che le avvolgono il capo ed il collo, come pure anche il volto, in ben molti punti intrisi di sangue, che giù dalla fronte stillando le era trascorso sul viso. Dopochè ebbi lavato quel sangue dal volto e dalla fronte, osservai sulla fronte medesima una innumerevole quantità di piccole aperture, dalle quali il sangue di bel nuovo su molti punti affacciavasi.


« Nella notte dall'8 al 9 le ferite delle mani e de' piedi fortemente sanguinarono, come per tutto il giorno 9. In quella sera, alle ore otto, trovai il polso sì basso e debole, e sopratutto vidi Anna Caterina talmente esausta, che fui impensierito per la di lei esistenza. »

5. In ugual modo riferisce sotto la data del 9 aprile anche il diario del decano Rensing:

« Quando nel giorno di venerdì 9 aprile la visitai alle ore undici e mezzo antimeridiane, mi sentii compreso di spavento ; giacchè ella giaceva così spossata, pallida e sfigurata siccome un moribondo giunto agli ultimi fiati ; ma tostochè le rivolsi la parola ella mi porse la mano e si lagnò con voce quasi inudibile di cuocenti dolori nelle ferite. Quelle dei piedi sanguinavano sì potentemente, che il sangue aveva tinto il lenzuolo. Disse pure che la di lei sorella ammalata, erasi durante la notte trovata sì debole, da farle temere di dover chiamar il suo confessore. - Ciò mi rese (aggiunse Anna Caterina) sì trista, che io esposi lamentandomi al nostro buon Dio con tutto il cuore la mia estranea miseria, e lo supplicai a voler aiutare mia sorella. Essa tosto si sentì meglio ed ottenne riposo ; e ciò mi cagionò tanta gioia che dimenticai i miei propri dolori. - Effettivamente la di lei sorella trovavasi già in grado di vacare ai suoi affari abituali. »


Visite moltiplicate Testimonianza di un medico protestante


1. La proibizione delle visite curiose, che sulle ferventi preghiere di Anna Caterina Clemente Augusto aveva ordinata, ed in seguito anche ripetutamente confermata, non ebbe già quel successo di cui la paziente in sì alto grado abbisognava ; giacchè in seguito della notizia sempre più propagata dell' esame giuridico l'affollamento divenne sempre maggiore. Troppi ne venivano, che non potevansi allontanare e che affacciavano motivi, ai quali l'arrendevolezza del decano non sapeva opporre la necessaria resistenza. Tra questi contavansi specialmente medici e per sone di alto grado, che suolevano pretendere quasi per diritto di visitare le Stimate. Il Rensing era condannato a notare nel suo diario i sempre ripetuti lamenti e le preghiere con le quali Anna Caterina lo scongiurava di non lasciar pervenire alcuno presso di lei.

« Non faccia attenzione, la prego ( così gli disse una volta), se alcuno le farà il brutto viso a causa di ciò ; il Signore le renderà certamente merito della carità che ella sia per dimostrarmi a questo proposito. Quel far vedere i segni delle Stimate le riusciva più assai sensibile dei dolori dalle medesime cagionati, ed il Rensing doveva continuamente tranquillarla col farle riflettere quanto nuovo merito potesse acquistarsi presso Dio con cotesto nuovo genere di mortificazione. Ma non perciò cessava l'angustia cagionatale dalle visite; ed anco in mezzo alle visioni con le quali Iddio la fortificava e la consolava ella sentivasene conturbata. Confessò al Rensing che già per tre volte nell'orare che faceva per ottenere pazienza e perseveranza, aveva ottenuto in risposta da Dio Tu possiedi assai nel possedere la mia grazia! « Io, per altro (soggiunse ella) vengo sempre più in noia e nausea di me stessa, a cagione del gran rumore che questa mia storia produce di qua e di là ; nondimeno mi consolo col pensare che alla fine non ne ho colpa alcuna. »

2. Sotto la data del 13 aprile ecco quanto il diario del Rensing ci narra:

« Oggi si fece annunziare una visita, che non fu possibile allontanare col mezzo di veruna rappresentanza: quella del dottor Ruhfus di Gildhaus nella contea di Bentheim. Egli dimandò di accedere presso di Anna Caterina, nè volle andarsene prima che io gli permettessi di domandare all' ammalata se potesse decidersi a ricevere una sua visita. Sul principio ella non volle di buon grado prestarmi il suo consenso ; ma dopochè le ebbi esposti i motivi, pei quali desiderava che ella non rifiutasse così la visita di un medico protestante, ella mi disse esser contenta di ciò che io trovassi ben fatto; e quindi feci venire il dottore. Il suo contegno fu oltremodo discreto. Gli feci mostrare le ferite, ed egli interrogò intorno a tutto ciò che gli parve utile circa quei fenomeni, e nell'andarsene non soltanto ringraziò la inferma per la di lei compiacenza, ma si espresse inoltre intorno a quelle manifestazioni in un modo da far onore al senso intimo di verità da lui posseduto. Tostochè mi trovai con lui fuori della stanza, mi disse: Quanto ho veduto cagiona meraviglia. Qui non havvi luogo da pensare ad inganno ; ciò lo manifesta altamente il religioso modo di pensare della persona, la di lei fisonomia che lascia sì chiaramente travedere pia semplicità, intimo timor di Dio sereno abbandono alla divina volontà ; ciò lo dimostra finalmente la configurazione e natura stessa delle ferite, almeno a chi se ne intende. L'esistenza naturale di coteste ferite per mezzo della immaginazione, induzione, analogia e qualsiasi altra cosa voglia impiegarsi a spiegare cotesto fenomeno, non è possibile. Secondo la mia opinione, ciò è affatto soprannaturale.

Ho creduto dover trascrivere nel mio diario, e per quanto mi era possibile con le stesse espressioni del signor dottore, questa sentenza di un conoscitore pratico e sicuramente imparziale ; e ciò tanto più in quanto il dottore medesimo, primachè vedesse questi straordinari fenomeni, se ne era burlato alla locanda. »

3. Siccome coloro che abitualmente circondavano Anna Caterina non avevano intelligenza veruna dello stato suo straordinario, ed ella non trovavasi avere allato veruno che la proteggesse e la difendesse quando trovavasi oppressa da curiosi visitanti, così spesso accadeva che certi belli spiriti indiscreti e scimuniti le dirigessero domande, alle quali ella non poteva nè voleva rispondere. Ciò per altro non impediva che quelle accidentali espressioni che ad Anna Caterina sfuggivano nello stato di estatica visione, venissero afferrate come convenienti e precise risposte, e con molta leggerezza di bocca in bocca raccontate ; dal che necessariamente derivar dovevano in quella piccola cittaduzza i più imbrogliati discorsi. Siccome il Rensing fecene una volta avvertita Anna Caterina, protittò di cotesta occasione per ottener da lui un infallibile mezzo di difesa contro ogni curiosa dimanda.

« Io la prego (diss'ella al Rensing) che mi comandi per santa ubbidienza di non dare risposta a veruna curiosa dimanda di un visitante, fosse egli anche il mio confessore, ovvero una delle mie antiche consorelle; onde è certo che io, anche in istato di svenimento, non risponderò a coteste dimande. Così non potranno più dire che nei miei svenimenti abbia detto che quegli o quell'altro trovasi in purgatorio, che un altro trovasi in cielo, e Dio solo sa quanto altro mai mi hanno fatto dire. »

In quanto al di lei confessore ordinario ella non abbi sognava sicuramente di cotesto divieto, giacchè egli era anticipatamente legato da ordine severo dello stesso suo superiore ecclesiastico, che gli vietava il dirigere qualsiasi domanda ad Anna Caterina mentre era immersa nell'estasi. Quanto cotesto uomo coscienzioso fedelmente ubbi disse a quell' ordine lo riferisce il Rensing con queste parole:

Anna Caterina mi raccontò aver nella trascorsa notte di bel nuovo avuto uno svenimento (estasi), e di avere ciò manifestato anche al di lei confessore, il P. Limberg. Questi per altro le rispose che ella non doveva più dirle alcunchè intorno a cose simili, giacchè ciò era contro la volontà dell'autorità superiore ecclesiastica. Ov'ella avesse cosa alcuna di quel genere da manifestare, doveva parlarne solo con me. Ciò, aggiunse essa, mi riuscì molto gradito, giacchè se egli mi avesse interrogata io non avrei più avuto perfetta confidenza in lui come mio confessore: giacchè avrebbe disubbidito alla superiore autorità ecclesiastica. »


Ultimi giorni della Settimana Santa e Pasqua


1. Anna Caterina si preparò alla Comunione Pasquale del Giovedì santo con una ardente aspirazione e desiderio del SS. Sacramento, che le riempì il cuore, come sempre avveniva, già da molti giorni innanzi. Ella che sino dal momento in cui ricevè gli esterni segni delle Stimate, aveva affatto perduta la capacità di prendere alcun nutrimento terreno, provò nel prepararsi alla santissima Comunione il senso d'una fame corporea verso il Pane della vita. Ed anche in quei momenti esclamò ad alta voce e ripetutamente più volte, mentre trovavasi affatto immersa nella contemplazione di sì alta grazia: Ho fame, ho fame! Coloro che la circondavano intesero coteste parole in senso letterale, e la propria sorella le versò in bocca, mentre Anna Caterina compresa dalla visione nulla sentiva di esterno, due cucchiaiate di acetosella, che ella tosto e con gran patimento dovè vomitare. Anna Caterina ne soffrì tanto che lo stesso medico fece tosto chiamare l'abate Lambert, affinchè con la sacerdotale sua benedizione le rendesse lena e vigore. Tutti quanti la circondavano sapevano, è ben vero, che ogni cibo da lei preso sempre produceva simili conseguenze ; ma ciò malgrado, nè i medici, nè il confessore, nè la stessa sorella risparmiavano alla povera paziente infiniti tentativi per farle inghiottire cose nutrienti. Così raccontò anche il Krauthausen sotto la data dell'11 aprile:

« Ella in seguito delle mie persuasioni ha in due differenti riprese inghiottito ogni volta una cucchiaiata di brodo di carne ; ma ambedue le volte ha di bel nuovo vomitato quanto aveva preso. » Il giorno innanzi le erano state egualmente per ordine suo amministrate alcune goccie di vino, che ella del pari tosto vomitò. Nel dì 14 aprile, giorno precedente al Giovedì santo, ella dovè provarsi a sorbire alquanto di una zuppa cotta in brodo di pesce; ma non potè reggerla ( depone il Krauthausen ), giacchè subito ne successe il vomito. » Tostochè per altro ella ebbe ricevuto la santa Comunione, ne fu sì visibilmente fortificata, che quanti la circondavano si fecero accorti del gran cambiamento in lei avvenuto. Ed allorchè il decano la visitò sul mezzogiorno, la trovò bensì assai debole, giacchè la croce impressa sul di lei petto aveva sin dal giorno precedente continuamente sanguinato, ma pure ella fu in grado di partecipargli che grazie alla gran consolazione ricevuta i dolori le eran divenuti più sopportabili. Aveva pure nella passata notte implorato da Dio la guarigione della Chiara Söntgen, pericolosamente inferma.

2. Se per altro i di lei patimenti, pel vigore infusole dalla santissima Comunione, eran divenuti più tollerabili, non erano però diminuiti ; anzi crebbero ben più, e verso la sera del Giovedì santo sì gravi divennero, che Anna Caterina confessò sembrarle che ove ella potesse morire, ella morrebbe in quel punto per la violenza dei dolori.

« Tutte le di lei piaghe ( riferisce il Rensing ) principiarono nella notte del Giovedì al Venerdì santo, sulle un dici ore, a sanguinare ; e quando alle otto del mattino seguente la visitai, sanguinavano sempre più fortemente. Dalla ferita del costato era specialmente scaturito tanto sangue, che un freddo brivido mi corse per le membra, quando vidi i pannilini tutti intrisi di quello. Alla mia domanda del come avesse ella passata la trascorsa notte, -rispose: La notte non mi è riuscita lunga, giacchè di ora in ora ho contemplato quanto soffrì il nostro Salvatore in questa medesima notte. Ciò mi ha arrecato conforto, oh ben dolce conforto! Ho pure avuto un corto svenimento, ed allora mi si è affacciato alla mente essermi concesso di pregare che mi venissero ritolti i segni esterni, ma che i dolori mi restassero. »

3. Cotesta contemplazione delle varie ore della Passione consisteva per Anna Caterina tanto in visione, quanto in compassione, cioè in partecipazione ai patimenti del Signore. Da ciò nasceva che in tutti cotesti giorni ella trovavasi immersa senza interruzione veruna in pene affatto ineffabili. Ogni nervo del corpo suo sino alle estremità delle dita era, come ella confessò, pieno di dolori ; e così giacque senza veruno alleviamento sino alla mezzanotte del santo giorno di Pasqua (18 aprile), ardente d'insopportabile vampa febbrile. Sulle tre del mattino soltanto incominciò un alleviamento.

Nel Sabato santo le Stimate non sanguinarono. Il decano la trovò in quel giorno debole e spossata assai ; ma con discorsi spirituali riuscì a fortificarla a segno, che ella potè rispondere a qualche sua domanda. Così, interrogata per chi specialmente avesse ella pregato Iddio in quegli ultimi giorni, soggiunse:

« Per coloro che si raccomandano alle mie preghiere e specialmente pei peccatori che ancora non conoscono in quanta miseria si trovino. Per me stessa io prego così: Signore, avvenga la tua volontà! Fa di me quel che ti piace; ma dammi grazia altresì che io possa reggere, e che non pecchi. Altre volte, durante la Settimana santa e nei giorni Pasquali io me ne andava sì volentieri in chiesa; oh! allora mi trovava nella chiesa tanto bene, poichè aveva sott'occhio tutto ciò che a noi rammenta la morte e la risurrezione del Salvatore. Ora debbo giacermi qui: ma ciò è per volontà di Dio, e quindi va bene, e mi rallegro che così sia. »

4. Nel lunedì di Pasqua la trovai (osserva il Rensing) straordinariamente allegra. » Anche il Krauthausen nota sotto lo stesso giorno:

« Il 19 per tutto il giorno ella si sentì sì bene e sì allegra, quanto non fu mai notato che lo fosse durante questo mese. Per altro non erasi cibata di cosa alcuna all'infuori di una mezza fetta di mela cotta, della quale avea soltanto sorbito il sugo, ed inoltre due boccate d'acqua. Addimandata dal decano della cagione della di lei letizia, rispose:

« La debbo alla consolazione provata nel contemplare la Risurrezione. Non provo adesso nè fame, nè sete: ma non so ciò che il Signore abbia in vista per me. Già da più giorni ho presentito che molti signori trovavansi presso il signor Vicario Generale, e che si parlava di me, e mi veggo dinanzi come se anch'egli dovesse venire a vedere questi miei segni.

«Anche nel Giovedì santo, dopo ricevuta la santissima Comunione, aveva manifestato:

«Dopo Pasqua mi si prepara un nuovo disturbo ; una qualche cosa verrà certo intrapresa a mio riguardo.Il seguito dimostrerà come Anna Caterina ben vedesse anco allora come presentemente al 27 di marzo ed ai 15 di aprile, mentre in quei giorni aveva detto al Rensing: « Sono veramente angustiata nel cuore, giacchè avrò a soffrire ancor più da quei signori, a causa delle mie piaghe. »

5. Ai 13 di aprile fu ingiunto dal Vicario Generale al decano Rensing di occuparsi a trovare una donna che godesse di buona riputazione, la quale potesse durante quattordici giorni, senza interruzione veruna, di notte e di giorno stare presso Anna Caterina, e tutto osservare e coscienziosamente riferire al suddetto Rensing.

Ella dovrà (aggiunse il Vicario Generale), nel caso che creda poter trovare una simile persona, precedentemente domandare alla Emmerich se ella volentieri vi acconsenta; e soggiungerle che può stare persuasa che io, quando mi induco così ad ordinare alcuna cosa, che forse può riuscirle o dura o dispiacente, lo faccio soltanto perchè lo reputo inevitabilmente necessario siccome mio dovere, e perchè lo riguardo come mezzo opportuno ad evitarle maggiori dispiacenze ; ma che d'altronde sento che con ciò faccio violenza al mio proprio cuore. »

Nel martedì di Pasqua (20 aprile) il Vicario Generale venne con l'Overberg di bel nuovo in Dülmen. La istoria di questa terza visita la riferiremo riportando parola per parola gli appunti scritti di propria mano dal medesimo Vicario Generale nel modo seguente.


Terza visita del Vicario Generale di Droste insieme con l'Overberg (Estratta dal rapporto ufficiale del Vicario Generale di Droste)


« Ai 20 di aprile mossi col signor Overberg di nuovo alla volta di Dülmen, e vi arrivammo circa alle due pomeridiane.

« Non avevamo ancor pienamente finito di pranzare che già un medico di Stadtlohn, il di cui nome mi è incognito, venne a noi e mi pregò di permettergli di esaminare lo stato della Emmerich. Opino che il decano non avesse fino allora potuto concederglielo. Siccome io reputava utile che i medici esaminassero le straordinarie apparizioni manifestantesi sul corpo della Emmerich, e che d'altronde anche senza di ciò ella avrebbe dovuto mostrarmi un'altra volta le sue ferite, così promisi al medico di condurlo meco. Quando eravamo sul punto di andare, mi fu riferito esservi già in Dülmen anche un valente chirurgo di Gescher (il di cui nome ho del pari dimenticato), il quale desiderava pure ardentemente di esaminare quei fenomeni apparsi sul corpo della Emmerich. Pensai meco stesso che uno di più o di meno, giacchè il tutto doveva visitarsi, era cosa affatto indifferente. Erano intanto sopraggiunti il decano ed il signor Krauthausen. Pregai pertanto il primo di prevenire la Emmerich di tutte coteste visite ; giacchè ben mi sapeva quanto le riuscirebbe spiacente questo concorso di stranieri. Il signor Krauthausen andò anch'egli innanzi. I due medici, il signor Overberg ed io lo seguimmo dappresso. Giungemmo dopo le quattro dalla Emmerich.

Essa giaceva siccome d'ordinario nel suo letto.

« Allora tutto fu esaminato. Sul capo non appariva punto sangue, ma soltanto alcune punture. Le ferite delle mani e dei piedi, tanto nella superficie esterna, quanto nella interna, trovavansi nello stato abituale ; mi sembra soltanto che la crosta sanguigna della ferita della mano diritta fosse compenetrata dal sangue che ne era trascorso. Siccome durante questo mio soggiorno in Dülmen spesso visitai la Emmerich, non posso rammentarmi con precisione se verificassi quest'ultima circostanza nella mia prima visita, ovvero in una delle posteriori.

Esaminai la crosta della mano sinistra con un microscopio, e la riscontrai sottilissima, e come un'epidermide, che non sia affatto liscia o che venga resa inuguale da molteplici pieghe, suol presentarsi sotto simile cristallo. Durante questo mio soggiorno in Dülmen ho pure un'altra volta esaminata con quello strumento la ferita della palma della mano sinistra, se non isbaglio, e mi fu possibile riconoscere attraverso il sangue disseccato una profondità quasi rotonda, cioè un foro presso a poco di questa forma


Le croci impresse sul petto questa volta non sanguinavano ; apparivano per altro di un colore rosso pallido, a cagione del sangue che traspariva di sotto della epidermide. Esaminai anco la pelle laddove si trovavano i segni delle croci, come pure la pelle che li circonda, col mezzo del microscopio, e potei vedere chiaramente cotesta pelle non esser lesa in verun punto. Inoltre riconobbi che tanto la epidermide ricoprente i segni delle croci, quanto la pelle circostante, anche a ragguardevole distanza, erano affatto simili: e per mezzo del microscopio si presentava all'occhio come qualche cosa di scrostato.

« La macchia grigia al disotto della croce l'esaminai pure per mezzo del cristallo d'ingrandimento ; ma non mi presentò una forma precisa, cioè tale che io la potessi descrivere. Nella parte superiore la tinta appariva più pallida, e a piccola distanza dal centro sembrava affatto svanire. Nella parte inferiore poi appariva più lunga e più larga; presso a poco così, se la mia memoria non mi inganna





« La ferita del costato non sanguinava, ma era in parte coperta di sangue disseccato, e rimontando verso la parte superiore appariva intorno a quella ferita un'ombreggia tura come prodotta dal sangue trascorsovi sotto ; ma che non istava per altro immediatamente sotto l'epidermide: ed il tutto presso a poco così



« Il punto non macchiato di sangue lo esaminai col microscopio, ma non vi riscontrai alcuna lesione della pelle ; può darsi per altro che la pelle in quel punto fosse colorata di un rosso alquanto più intenso: non me ne rammento chiaramente.

« Dopochè la Emmerich vi ebbe consentito (1) il signor (1) L'Overberg si esprime così nei suoi appunti: Dopo che i medici ebbero esaminato le ferite, le fu domandato se sarebbe contenta che si facesse un tentativo per guarirle. Si mostrò appieno contenta. E tosto un cerotto sanatorio fu applicato sulla mano sinistra..

Krauthausen applicò un cerotto sulla ferita della mano sinistra, composto di altea e di digestivo disteso sopra lino sfilacciato, e per di sopra v'impose un impiastro attaccaticcio. Potevano essere allora le sei pomeridiane se non erro. Ella lagnavasi in quella stessa sera (giacchè la rivisitai più sul tardi) di maggior dolore in quella che nelle altre ferite.

« Il 21 d'aprile venne da me il signor Krauthausen sulle otto del mattino, ed insieme ci recammo dalla Emmerich. Il signor Krauthausen rimosse l'impiastro impostole sulla ferita della mano, onde riconoscere lo stato della ferita ; giacchè la inferma lagnavasi di maggiori dolori in quella fra le sue piaghe, e di aver passata una notte insonne. La crosta sanguigna si staccò naturalmente insieme col cerotto, ma sembrami che con esso non si  staccasse  per altro tutto quel sangue disseccato che le stava d'attorno. La ferita poi era affatto pura, nè scorgevasi traccia alcuna di suppurazione, ma soltanto sangue e, come mi parve, una certa umidità acquosa. Persuademmo l'ammalata a sopportare l'impiastro sulla ferita medesima sino a sera, promettendole che allora, in caso che provasse ancora simili dolori, lo avremmo affatto rimosso.

«Pregai il signor Krauthausen di collocare la inferma un poco più sul lato sinistro, onde io potessi visitare la ferita del lato dritto con luce più chiara di quel che non mi era stato possibile il giorno innanzi. Allora osservai di bel nuovo cotesta ferita col microscopio, nè vi notai diversità speciale ; fuorchè l'ombreggiatura risultante dal sangue trascorsovi per disotto e visibile nella parte superiore della ferita, appariva meno rossiccia. Osservai inoltre con lo stesso strumento e precisamente a dritta della ferita nel punto ove diveniva più acuta, alcune scalfitture sanguigne interrotte. Non potrei dire che fossero tali come prodotte da un ago, ma piuttosto siccome sogliono avvenire allorchè la pelle viene a screpolare qua e là per troppa ruvidezza.

« Le croci sul petto rosseggiavano affatto pel sangue. Feci tergere quel sangue che vi passava per sopra ; esami nai di nuovo col microscopio, e se in cotesto punto la pelle fosse stata offesa l'avrei indubitatamente osservato, e me ne rammenterei anche adesso. Ma presso quelle croci trovai, per quanto ora mi sembra, una linea marcata e presso a poco di questa lunghezza



la quale appariva come una certa cavità alquanto profonda e ripiena di sangue. Al di sopra del braccio sinistro della croce superiore trovai screpolature simili a quelle da me già osservate nella ferita del costato ( 1).

(1) Qui devo osservare che nelle mie rimembranze ho spesso cotesti fenomeni si vivacemente presenti, come se in quel punto vedessi precisamente la cosa ; ed allora oso dire: era così ; spesso peraltro la cosa non mi si presenta così vivacemente e sento che è una semplice rimembranza; in questo caso io offenderei il mio intimo criterio della verità se dicessi: era così. In quest'ultimo caso aveva piena e presente rimembranza e quindi mi sono espresso in cotesto modo..

Domandai in seguito se a caso le spille impiegate a mantenere unite le falde del fazzoletto da collo, avessero potuto cagionare scalfitture; ma l'ammalata disse di collocare sempre quelle spille in modo, che le loro punte riuscissero affatto al di fuori. E ciò appunto e seguì allora in mia presenza.

« Venne allora quel cerotto, di cui sopra è stata fatta menzióne, di nuovo apposto, e precisamente sull' istessa ferita. In quel giorno visitai la inferma più volte, trovandola però sempre nell' istesso stato. Durante questo mio soggiorno in Dülmen riconobbi sempre intorno alle piaghe delle mani e dei piedi, e più precisamente sopra la parte esterna di quei membri, sia che ne esaminassi un solo o più altri, un leggiero rossore infiammatorio diffuso, come mi parve d'attorno. Il signor Krauthausen disse perchè ciò si verificava costantemente.

« Sul mezzogiorno condussi da Anna Caterina il signor Schwelling di Münster, essendone stato da lui instantemente pregato, e dopo che essa vi ebbe consentito, avendole io detto trattarsi di un bravissimo uomo che non desiderava vedere la ferita del costato, nè le croci sul petto, e per quanto mi sembra nemmeno le ferite dei piedi.

« Verso le sei della sera andai di bel nuovo col signor Krauthausen dalla Emmerich, che se non erro aveva al quanto dormito nel dopo pranzo. Il sangue aveva penetrato l'impiastro apposto sulla mano sinistra ; venne rimosso ed era difatti intriso di sangue. La ferita aveva dunque in quello spazio di tempo sanguinato giacchè, quando anche nel mattino non fosse stata perfettamente rimossa la sottile crosta sanguigna e quel sangue disseccato che vi stava dattorno col ritogliere che si fece del cerotto, è per altroevidente che quella piccola quantità di sangue rappreso, anzi già secco, non avrebbe potuto produrre sì grave alterazione nel cerotto. Mi sembra che anche la ferita superiore della mano diritta avesse sanguinato. Nella ferita della mano sinistra non iscorgevasi traccia alcuna di suppurazione. Siccome la inferma lagnavasi pei dolori, non collocammo di nuovo il cerotto, secondo la nostra promessa. Agimmo con questa discrezione verso la inferma, poichè non credemmo avere alcun diritto di tormentare una persona, a cui non si poteva sotto verun punto di vista rimproverare la benchè minima cosa.

« Avrebbe essa sopportato pazientemente qualsiasi cosa, ove glielo avessi comandato ; ma temeva di cadere in impazienza, ed io dal lato mio credeva non avere alcun diritto a simile comando. A sera la inferma lagnavasi di dolori nel capo, ed opinava che questo verrebbe a sanguinare. »

« Il 22, verso le ore otto del mattino, il signor Krauthausen recossi così pregato da me, dopo essere già stato dalla Emmerich ; ella aveva detto il di lei capo aver già sanguinato, o stare per sanguinare. Il signor Krauthausen non aveva ancora verificato quel fatto col ritogliere quella benda che la inferma portava intorno alla testa. Tosto vi andammo insieme. La ammalata aveva, se non erro, al quanto dormito in quella notte. Trovammo che il sangue colando dalla fronte per sotto la benda era trascorso sino sopra il naso, ed era in quel punto già secco. Tanto il berretto quanto la benda vennero rimossi dal capo ; anche nella parte posteriore del berretto scorgevansi macchie di sangue piuttosto grosse ; eranvi soprattutto larghe macchie di sangue nella berretta e nei capelli sul lato diritto del capo e precisamente presso la tempia.

« Era stato sino allora impossibile di esaminare quei punti da cui scaturiva il sangue al di sotto dei capelli, tanto più che essa aveva una capigliatura estremamente folta. Ora però avendovi ella consentito, le vennero recisi i capelli corti per quanto era possibile, ma ne furono lasciati attorno attorno altrettanti quanti ne erano necessarii affinchè il sangue spillante non giungesse immediatamente sul guanciale e le altre biancherie da letto. Di tanto ella aveva espressamente pregato, in pro della conservazione della mondezza.

« Dopo il signor Krauthausen lavò il naso e la fronte dal sangue, e potemmo allora chiaramente coll'occhio scorgere gran numero di macchiette sanguigne che scendevano fino alla metà della fronte e rimontavano sin fra i capelli impiantati nella parte superiore della fronte medesima. Coteste macchiette o punti sanguigni hanno presso a poco questa grossezza  alcuni più piccoli, altri forse più grandi ; apparivano irregolarmente disseminati. Esaminai col mezzo del microscopio e potei riconoscere in una di queste piccole scalfitture o macchie (che se non erro sono veri e piccoli fori e sembrano non avere quella forma che dovrebbero se fossero stati prodotti dalla punta di un corpo acutissimo), potei dico vedere sangue ancor fluido, e chiaramente del pari riconoscere esservi realmente in cotesti punti un piccolo foro.

« Prima che noi ci ritirassimo la inferma mi disse essere stato presso di lei alcuno di Münster che aveva invocato in suo pro una permissione del decano ; che essa per altro non sapeva precisamente se ciò fosse vero. Dacchè io inseguito, dopo essermene informato, le diedi notizie che il decano aveva permessa cotesta visita se ne mostrò con tenta, ma poi mi ringraziò cordialmente per la diminuzione delle visite, e mi pregò di proibirle severamente. Mi trattenni di tutto ciò con lei come pure della mia proibizione di lasciar vedere le ferite del costato e quelle del petto e dei piedi, e volli in seguito prepararla a lasciarle per altro vedere ai sunnominati medici di Stadtlohn e di Gescher, che aveano detto tornare fra quattordici giorni ma tosto ella mi rispose con molta decisione:

No, non potranno di bel nuovo venire a vedermi.« Ho dovuto questa volta io stesso esaminare con tutta precisione le ferite e le Stimate, perchè il signor Krauthausen non poteva vedere col mezzo del microscopio.

« Nell ' andarmene le dissi scherzosamente: Ove ella volesse morire dovrà prima farmelo sapere ; al che rispose: Questo lo farò! »

Sin qui giunge la relazione del Vicario Generale.

La paziente per altro aveva minor voglia assai di scherzare. Sentivasi spossata a morte per l'accaduto di tutti quei giorni. La di lei pazienza e perseveranza per altro rimanevano non diminuite, talmentechè Clemente Augusto sotto la impressione della pace e della quiete proprie del forte animo di lei, parve dimenticare quali pene ella avesse dovuto sopportare.

Ei prese occasione da questa sua terza visita per dirigere al commissario generale francese di polizia la seguente dichiarazione ufficiale:

La monaca Emmerich desidera e domanda soltanto di venire dimenticata dal mondo, onde poter tranquilla e non disturbata occuparsi di ciò che soltanto ha interesse per lei. Essa nulla domanda, anzi nulla accetta. Desidera che di lei non si parli. Sono inclinato a credere che il mondo cesserà bentosto di pensare a lei. Quantunque io non possa scoprire nemmen l'ombra dell' inganno, non cesserò per altro dall' aver sempre un occhio vigilante sopra di lei. »


Il medico Krauthausen e il decano Rensing incominciano a perdere la pazienza

1. Dacchè il risultamento delle osservazioni sì circo stanziate ed esatte del Vicario Generale combinavasi con la convinzione già fermamente stabilita nei medici, cioè che le Stimate non potevano essere nate per artificio, nè artificialmente mantenute ; anche il decano Rensing si abbandonò ad una fondata espettazione che l'esame giuridico verrebbe dichiarato omai chiuso. Ben più fermamente vi contava il Krauthausen, il quale era deciso a non continuare ormai le sue visite più a lungo. Come antico medico del convento egli aveva già appreso a conoscere sì esatta mente Anna Caterina e quante la circondavano, che niuna cosa eravi più estranea alle sue idee quanto lo fosse il pensiero di un inganno o di una illusione. Per riverenza verso il Vicario Generale erasi addossato l'esame medico e la redazione del quotidiano rapporto. Per lui le Stimate era un fatto innegabile e sicuro, che ei per altro non poteva spiegare con le sue mediche esperienze e cognizioni, giacchè non solo quelle ferite si sottraevano ad ogni azione dei mezzi medicali, ma inoltre le osservazioni quotidiane presentavano sintomi, che non gli permettevano di considerarle siccome forme di naturale malattia. Giorno per giorno egli aveva osservate le pene straordinarie che le piaghe di Anna Caterina seco arrecavano ; e quindi tanto la sicura sua convinzione della di lei innocenza, quanto la naturale compassione ripugnavano a vederla più a lungo soggiacere ai tormenti di un esame giuridico. Era oltre di ciò condannato unitamente al dottore Wesener a lasciarsi compatire dagli increduli colleghi, perchè non pervenisse a scoprire l'inganno ; e quindi era venuto quasi in collera con Anna Caterina, perchè non aveva meglio saputo nascondere quei segni che destavano tanto romore, nè saputo evitare un esame, origine per lei stessa di tante pene e cordoglio.

2. Siccome il Vicario Generale erasi partito da Dülmen senza punto manifestare in modo chiaro la mente sua, così il Krauthausen non volle aspettare più a lungo una precisa decisione, ma piuttosto dichiarò con l'invio dell'ultimo suo rapporto del 26 aprile, che egli ritenevasi per totalmente sollevato dalla commissione a lui affidata. Una decisione per altro sì rapida, siccome lo stesso Rensing l'avrebbe ardentemente desiderata, era impossibile per parte del Vicario Generale, a malgrado le accuratissime sue osservazioni e la favorevole sentenza dei tre medici ; appunto perchè l'Overberg non avea peranco finite le sue ricerche sulla vita interna ed intima di Anna Caterina. Quantunque il Vicario Generale in ogni sua visita ed in ogni conversazione con Anna Caterina, avesse attinto impressioni che ognor più lo fortificavano nella convinzione delle grazie straordinarie a lei compartite, era ciò nondimeno di troppo prudente ed avveduto carattere per procedere ad una sentenza finale senza aver prima maturamente pesato le informazioni ed i rapporti di tutti coloro che avevano preso parte al giuridico esame. Quindi egli lasciò in Dülmen ancora per alcuni giorni il signor Overberg, affinchè, per quanto le forze di Anna Caterina lo concedessero, potesse completare le sue scoperte. Intanto, sino al momento in cui egli avesse riuniti tutti gli atti necessari, e fosse quindi in istato di pronunziare l'ultima sua decisione, aveva ordinato che si effettuasse quella sorveglianza già prescritta sin dai 13 di aprile sulla persona di Anna Caterina ; e ciò per mezzo di una donna di fiducia. Il Vicario Generale ritenne per necessaria cotesta misura, onde prevenire ogni possibile rimprovero del non aver impiegati tutti quanti quei mezzi, che la prudenza e l'avvedutezza sembravano comandare.

3. Ma il Rensing, che non aveva potuto trovare l' individuo a ciò adatto con tanta prontezza quanto la sua im pazienza lo avrebbe desiderato, espose in data del 27 di aprile al Vicario Generale un nuovo progetto, alla di cui accettazione eragli anticipatamente riuscito di indurre Anna Caterina. Egli scrisse nel modo seguente:

« Il signor Krauthausen principia a porsi in mal umore per le troppo frequenti visite cui è astretto, e ieri mi disse che avrebbe continuato le sue osservazioni e rapporti soltanto sino alla fine del corrente mese. Anche la paziente omai si accorge esser lui stanco della faccenda ; e quindi lo vede arrivare con paura. Onde porre una volta fine al disturbo della povera ammalata, che altrimenti durerebbe fino alla morte, e nel medesimo tempo per appagare i critici discreti, sembra, secondo la opinione di tutti i ben pensanti, che opportuna e miglior cosa sarebbe se per una settimana tre medici, cambiandosi a turno di giorno e di notte, restassero nella di lei camera e scrupolosamente la sorvegliassero. Cotesta opinione è pur quella del medico protestante, dottor Ruhfus, il quale fu qui questa mattina, e dinanzi al Krauthausen ed a me ha di bel nuovo dichiarate coteste manifestazioni per soprannaturali. La Emmerich si sottoporrebbe volentieri a tale disposizione. » Due giorni dopo il Rensing rinnovò lo stesso progetto e vi aggiunse per conto suo la preghiera « che in virtù di ordine episcopale gli venisse impartito pieno potere a tentare ogni cosa che a lui sembrasse conducente allo scopo. » Il severo Vicario Generale così alla breve rispose: « Prima di tutto, io credo essere miglior cosa il restar fermi nella già discussa sorveglianza di quattordici giorni, per mezzo di apposita donna. Non è nostro ufficio il ripor questa faccenda talmente al di sopra di ogni dubbio, che coloro i quali temono la verità non possano riuscire a trovarvi ancora cavilli ed opposizioni possibili ; ciò sarebbe ingrato ufficio, e tutte le pene impiegatevi riuscirebbero infruttuose. Che havvi in questo caso di effettivo e sicuro sia relativamente al corpo sia relativamente all' anima? E ciò che vi è, che esiste effettivamente, come mai è venuto a prodursi? Come mai Anna Caterina è divenuta quella che è? A queste domande noi dobbiamo rispondere, e dobbiamo rispondervi in modo tale, che la cosa divenga chiara per noi e per le persone ragionevoli, procedendo non per singoli dati, ma piuttosto per mezzo della comparazione di tutte e singole le circostanze. Dobbiamo, per altro, nell' impiego dei mezzi guardarci dall ' offendere le regole della giustizia e della carità ; e qualsiasi sospetto preso così per aria, non avente fondamento fuor quello di una semplice remota possibilità, non merita alcun riguardo particolare. »

4. Non può parere strano che il Rensing invocasse con tanto ardore la fine dell'esame giuridico, dacchè gli diveniva ogni giorno più increscioso l'essere spettatore di sì gravi patimenti, senza poter offrire altro aiuto o conforto fuor quello di un semplice rinvio ai comandi ed agli ordini della superiore ecclesiastica autorità. Inoltre a cagione dell'affollamento, insistenza ed inquieta curiosità de' molti stranieri desiderosi di vedere Anna Caterina, non solo andava soggetto a noiosissimo disturbo, ma doveva sopportare non di rado scontri e trattamenti anco offensivi, che sempre più diventavano insopportabili ad un uomo cortese e ben educato ed amante dell'ordine, ed inoltre occupato di cure pastorali oltremodo moltiplicate in quel tempo di confessione pasquale. Con la cura la più inquieta e minuziosa erasi egli nelle sue visite giornaliere fatto rendere conto da Anna Caterina di tutti i casi interni ed esterni che le sopravvenivano ; ne aveva inviato i più precisi rapporti ; e con ciò recato a cognizione del Vicario Generale una tal pienezza di fatti, che secondo la ferma sua convinzione doveano bastare a rimuovere qualunque dubbio intorno alla veracità e sincerità di quelle manifestazioni che si osservavano nell ' ammalata. Non trovava quindi alcuna fondata cagione, che potesse agli occhi suoi giustificare  una più lunga continuazione di un esame per lui pesante e per Anna Caterina tanto tormentoso. Prima per altro che noi seguitiamo il successivo sviluppo di quell'inchiesta giuridica, è opportuno che prendiamo ad esaminare sotto occhio e più da vicino le note ed appunti del Rensing ; giacchè da questi si può ottenere agevolmente una rappresentanza sempre più chiara e distinta del modo di essere di Anna Caterina delle vie per cui fu condotta da Dio.

Testimonianza di Rensing sopra Anna Caterina

1. Il decano Rensing che già da lungo tempo aveva riconosciuto la sincera pietà di Anna Caterina, e specialmente l'ardente di lei desiderio di una vita nascosta al mondo ; non aveva mai rivocato in dubbio, sino dal bel principio, la verità delle straordinarie manifestazioni che in lei apparivano. Cotesta convinzione per altro non bastò a rendere quel prelato, per sua natura cauto e sospettoso, impenetrabile ai suggerimenti e supposizioni di coloro, che vivevano lontani da Anna Caterina o che ne erano oppositori. Ogni speciosa ipotesi contraria, ovvero il più leggiero sospetto che a lui potesse mancare la piena imparzialità o la severità necessaria, bastava ad immergerlo nella più penosa inquietudine ed a riempirlo di diffidenza verso Anna Caterina. La di lui d'altronde abituale prudenza e la ragionevolezza sua soccombettero appunto a causa di queste sue disposizioni di spirito sotto il peso dei più stupidi sospetti, che sul primo propagarsi della notizia delle Stimate ovunque si manifestavano. Quindi dal lato suo nulla fu risparmiato ad Anna Caterina di ciò che poteva aggravare sempre più la di lei dura missione di patimento ; e la di lei pazienza, umile ubbidienza e fiducia in Dio dovettero sopportare prove da Dio imposte soltanto a coloro che sono chiamati a cose soprannaturali.

2. La buona opinione che il Rensing nutriva di lei ebbe a scontrare il primo intoppo nelle chiacchiere e ciancie di una già consorella di Anna Caterina. Cotesta monaca, circa un mese prima del principio del processo giuridico, pretendeva avere osservato pel buco della chiave Anna Caterina fuor del letto a ricercar de' cibi entro un armadio. Anche due altre persone sostenevano aver fatto in ugual modo la medesima osservazione, e di aver trovato Anna Caterina stesa sul suolo, con in mano un pane imburrato. Il Rensing, che sino allora non aveva mai dubitato della incapacità di Anna Caterina a cibarsi di alcun nutrimento, prese la cosa molto sul serio. Invitò quelle persone a venirgli dinanzi e registrò le loro osservazioni a protocollo. Siccome poi volle egli stesso incominciare osservazioni attraverso il foro della chiave, dovè convincersi non esser possibile di scorgere attraverso quel foro il letto dell' ammalata, ovvero quell ' armadio che pretendevasi avesse aperto. Anche la monaca confessò alla fine di aver piena certezza della totale impossibilità in cui trovavasi Anna Caterina di sollevare sè stessa dal letto senza alcun aiuto. Cionondimeno il Rensing costituì in esame Anna Caterina medesima, giacchè quel pane imburrato gli dava un gran pensiero.

« Io le domandai, riferisce egli nel suo diario, se ella si rammentasse di essersi una volta trovata fuori del letto. - Benissimo, mi rispose ; giacqui fuori del letto da cui era caduta, perchè non eravi niuno presso di me che mi potesse dare aiuto. Può darsi che io tenessi in mano un pane imburrato ; credo però che dovesse essere per terra accanto a me ; aveva fatto posare sul mio letto quel pane, perchè aspettava la figlia di una povera donna cui lo voleva mandare. Nella mia caduta avrò senz'altro trascinato meco il pane insieme con la coltrice del letto. »

Ciò lo tranquillizzò di nuovo ; ma non fu pienamente contento prima di averne parlato con l'Overberg e di aver da lui intesa la giustificazione di Anna Caterina.

3. Una impressione ancora più profonda venne in lui prodotta dal discorso corrente in Dülmen ed in Münster che quando anche non potesse dubitarsi della sincera pietà di Anna Caterina, le di lei Stimate per altro dovevano sempre destar sospetto, sino a che non si ottenesse piena certezza che l'abate Lambert non contribuisse a mantenerle artificiosamente aperte. Essere pure supponibile che cotesto prete emigrato fosse assai fanatico per ritenere buona e pia opera ogni aiuto prestato ad una monaca, onde sempre portasse sul di lei capo quei dolorosi segni di ricordanza della Passione di Gesù Cristo.

Il decano Br... di Münster in una sua visita a Dülmen aveva articolata questa supposizione dinanzi al Rensing, il quale ne era stato tanto più colpito, in quanto aveva inteso manifestarsi simile supposizione anche in Dülmen.

« Questa osservazione appunto, scrive egli, è stata fatta anche qui, non solo da giudiziosi cristiani, ma anche da un giudeo ben pensante, il quale è molto colpito da coteste manifestazioni. Quantunque egli dovesse per proprio suo conto confessare essere moralmente sicuro che tanto l'abate Lambert, quanto la Emmerich sono incapaci di simili frodi, ciò nondimeno cotesta faccenda gli arrecò grave inquietudine ed imbarazzo, che a lungo dissimulò nell'animo suo, sinchè Anna Caterina medesima gli venne in aiuto e liberò quel povero uomo angustiato da tanto peso. L'acuto di lei sguardo ebbe tosto riconosciuto ciò che nell' intimo animo di lui racchiudevasi ; e poichè non era da sperarsi che egli liberamente e francamente da sè lo manifestasse, Anna Caterina lo pregò di permetterle di dirgli ciò che in lui si ascondeva. Essa chiaramente gli diè a conoscere qual fosse in lui la inquietudine e da qual cagione derivasse.

« Rimasi veramente attonito! confessa egli. La cosa era precisamente quale essa me la espose, ed allora le dichiarai che sarebbe stato molto meglio se avesse spontaneamente confessato le sue Stimate essere opera di un pio zelo, giacchè così avrebbe risparmiato a me molta inquietudine ed a sè stessa tanti dolori. -E come avrei potuto, rispose tranquilla la paziente, far simile asserzione? Avrei detta una menzogna, ed una menzogna è almeno un peccato veniale! Ed anche la benchè minima menzogna è al cospetto di Dio talmente orribile, che preferisco piuttosto soffrire molto di più di quello che pronunziarla! — ›

Fu allora che affatto dileguossi la taciturnità del Rensing. Incominciò a parlare alla lunga dei pericoli di un cieco zelo religioso, anzi scongiurò Anna Caterina per onor di Dio e per la salute della di lei anima, a confessare se le di lei ferite fossero effettivamente opera di un pio, ma falso zelo.

« Ma ella assicurò, così riferisce il suo diario, giurando per tutto ciò che l'è sacro, non potere senza offendere la verità confessare altra cosa intorno alle sue ferite, diversa da quella che sin allora aveva asserita ; e che a lei sarebbe riuscito gratissimo se Iddio avesse esaudito le sue preci, ed i medici avessero trovato i mezzi opportuni a far scomparire quei segni esterni. Per ottenere ciò volontieri consentirei, soggiunse, ad essere dall'autorità castigata siccome ingannatrice ed a venire disprezzata e schernita dal mondo intero. »

4. La pura coscienza di Anna Caterina venne in caso posteriore ancor più meravigliosamente in soccorso di quel brav' uomo angustiato. Il Rensing aveva ricevuto dal Vicario Generale il comando di interrogare la già superiora e tutte le consorelle di Anna Caterina sulla di lei precedente vita nel monistero. Anna Caterina agevolmente potea prevedere che coteste buone donne verrebbero innanzi con ogni sorta di confuse asserzioni, e facilmente così indurrebbero il decano in nuove inquietudini ed incertezze. Affinchè per malaccorta timidezza egli non racchiudesse in sè di bel nuovo qualche accidentale sospetto, ma anzi onde potesse procedere nell'ufficio suo verso Anna Caterina con una severità scevra di ogni riguardo, ve lo preparò ella anticipatamente da sè medesima nel modo seguente:

« Ella troverà certo occasione, così si espresse, nel sottoporre ad esame le mie consorelle, di appellare alla mia coscienza con severe parole. Ciò le costerà una vittoria sopra sè medesimo e le cagionerà inquietudine, ma io la ed a prego a non lasciarsi spaventare da simili difficoltà,condurre cotesto esame nel modo più severo, sia verso di me, sia verso le mie consorelle. Pregherò per lei affinchè Dio le conceda a questo scopo grazia e coraggio.

«Così essa aiutò il decano ad acquistare e praticare la necessaria severità e sicurezza, e gli rese meno grave l'adempimento degli austeri doveri della sua posizione, come direttore della di lei coscienza. Per altro quanto più a lungo egli ebbe occasione di osservarla tanto più ricche e convincenti gli divennero le prove dei di lei doni straordinarii e dell'alta perfezione delle di lei virtù.

5. E davvero la di lei ubbidienza e riverenza verso l'autorità ecclesiastica non conosceva confini. Siccome abbiamo già narrato, quei tentativi di guarigione delle sue ferite, messi in pratica dai medici per ordine del Vicario Generale, le cagionavano insopportabili patimenti ; ma di questi la tormentava assai più la paura di cadere per debolezza in atto di disubbidienza. Sovente il Rensing la trovò lagrimosa a cagione del sopraccarico de'suoi dolori ; ma gli costava soltanto una parola, e tosto invece di udire lamenti, sentivasi dirigere questa commovente interrogazione:

Son forse io, a cagione di questa mia tristezza, incorsa in peccato? » E poi invece di quella sua incipiente pusillanimità appariva la contentezza di un innocente bambina, che con gli occhi ancora umidi di pianto poteva affermare:

« Ben volentieri vogl'io soffrire ancora di più, purchè il mio buon Signore mi dia soltanto la forza ch'io possa sopportarlo, e non divenga impaziente. »

Il Rensing non intese mai dalla di lei bocca altro lamento, fuor quello intorno alla moltitudine dei curiosi visitanti ; e se egli riusciva a tenerli lontani, tosto ella lo ringraziava siccome del più alto beneficio che potesse ricevere ; e con ansiose preghiere raffermava e fortificava quel brav' uomo, d'altronde facile a sentirsi offeso, nella costante perseveranza a rimuovere le insistenze dei curiosi. Mai gli fu dato di osservare in lei segno alcuno d'impazienza o di malcontento ; anzi al contrario gli dava a divedere pace profonda e non conturbata serenità d'animo, che manifestavano luminosamente sul di lei volto la grandezza della sua rassegnazione e l'intimità della sua non interrotta unione con Dio. Ecco come si esprime il suo diario:

« La trovai molto debole ; ma tostochè mi vide, riprese la sua abituale serena fisionomia ; e mentre io le parlai, il di lei volto mostrossi affatto sereno. Osservai, per altro, che ogni qual volta la parte superiore del di lei capo veniva a caso in contatto col cuscino, per dolore contorcevansi i lineamenti del suo viso. »

6. Se accadeva talvolta che il Rensing, invece di consolarla, le rimproverasse piuttosto quelle sue Stimate, essa nella sua semplicità prendeva la cosa come se fosse con lui della stessa opinione.

« Se ella non avesse (così le disse il Rensing una volta) ella sarebbe sottratta questi straordinari segni sul corpo,ai dolori che ora deve soffrire. » - Io ho pregato (essa soggiunse) il mio buon Dio con tutto il cuore di ritogliermi cotesti segni (1 ), e gli ho detto che in prezzo di ciò consentirei volentieri ad essere schernita come rea d'impostura e d'inganno ; ma la mia preghiera non è stata esaudita. »

(1) Dopo chiuso l'esame, e tostochè la sicura verità delle Stimate fu posta fuor d'ogni dubbio, il Rensing venne in ben diversa opinione, giacchè allora rimproverò ad Anna Caterina di aver pregato affinchè sparissero quei segni esterni. Il Diario del Wesener sotto la data del 10 gennaio 1815, contiene a questo proposito la seguente nota: « Oggi, martedì, ho trovate le ferite delle mani più larghe, ed ho riconosciuto con più accurato esame che tutte coteste ferite, e sopra e sotto quelle di ambedue le mani, avevano sanguinato. Domandai da che provenisse cotesto straordinario sanguinare in un martedì. Essa non seppe dirmelo, ma mi narrò quanto segue. - Il sig. Decano Rensing ieri venne da me e mi sgridò molto dopo che gli ebbi confessato di desiderare nell'intimo del cuore, e di aver pregato Iddio acciò si degnasse alla fine ritogliermi questi segni esterni. Sono convinta che con questa preghiera, la quale non proviene da cattiva disposizione di volontá, non ho mancato; giacchè sono fermamente decisa di adattarmi con, pieno abbandono al voler di Dio. Soffrirò volentieri sino al giorno del giudizio, se con ciò posso piacere a Dio, ed esser utile agli uomini.

7. Lo stesso Rensing alla vista dei di lei patimenti sentivasi sovente disanimato. Attonito, e come sbalordito, si provava allora a lasciarla il più presto che poteva, sentendosi incapace di recarle conforto. Ma ella lo tratteneva, riprendendo tosto potere sopra sè stessa, e lo pregava e lo animava a non privarla del benefizio arrecato dalla di lui presenza sacerdotale e dalla sua benedizione. Quindi è che il Rensing potè così notare nel suo diario:

« Rimasi, e non la lasciai che più tardi, intimamente commosso dal pensiero che la grazia di Nostro Signore apparisce sì forte nei deboli. »

Cotesti vari casi gli servirono di prova che in Anna Caterina la grazia della pazienza e della perseveranza era strettamente collegata alla fedeltà con cui ubbidiva ai superiori ecclesiastici, siccome a rappresentanti di Dio ; ed egli in ciò riscontrò un segno infallibile della pretta sincerità dei doni di grazia a lei impartiti. Anzi, in quel degno uomo, d'altronde sì riservato e prudente, crebbe di più in più e penetrò per giornaliera esperienza il sicuro convincimento della potenza e pienezza di benedizione riposta da Dio nel carattere sacerdotale ; giacchè ogni qual volta Anna Caterina lo assicurava così: « Quando ella resta, io mi sento fortificata e non sono più tanto spossata ; i miei discorsi con lei trattano di Dio e sono a gloria di Dio, e quindi non riescono faticosi..., » egli sempre scorgeva coteste parole confermate da effettive conseguenze.

8. Siccome il Vicario Generale aveva comandato che Anna Caterina rendesse stretto conto al decano Rensing tanto delle sue interne istruzioni quanto degli esterni accidenti, così ella affaticavasi a tutta possa a dare coscienziosa risposta ad ogni di lui domanda. Da ciò noi rileviamo che i meriti delle di lei pene pazientemente sopportate, venivano offerti in pro delle povere anime del purgatorio e della conversione dei peccatori. Anche durante il processo inquisitorio ella impiegava le ore della notte nella orazione e nella contemplazione, ed usciva, come suoleva esprimersi, fuori di sè. In occasione della prima visita del Rensing e sulla di lui domanda essa narrò quanto segue:

« Nella trascorsa notte fui nel purgatorio. Mi sembrava come se fossi condotta in un profondo abisso. Vidi un gran spazio. È davvero commovente il vedere siccome le povere anime stiano là dentro silenziose e meste; per altro hanno qualche cosa in volto indicante che albergano ancora gioia nel cuore, pensando alla misericordia di Dio. Vidi pure sopra un magnifico trono la Madre di Dio, e la vidi tanto bella come non l'aveva mai sino ad ora veduta. »

A queste partecipazioni aggiunse la seguente preghiera: « Ammonisca, la prego, le persone che vengono al confessionario, a pregare con zelo per le povere anime del purgatorio ; giacchè queste per riconoscenza pregheranno sicuramente moltissimo anche per noi. E d'altronde la preghiera per quelle povere anime è molto più aggradevole a Dio ; poichè con quel mezzo esse più presto pervengono alla di lui visione. »

Alcuni giorni dopo essa riferì al Rensing: « A cagione di potenti dolori nelle ferite non ho avuto requie per tutta la notte, ma sono stata per altro molto consolata da una apparizione. Vidi il divino Salvatore, e come egli riceva i peccatori pentiti, e come con loro proceda. Egli era tanto benigno ed amichevole che non lo posso esprimere. »

Cotesta visione ella l'aveva tanto più spesso quanto più accostavansi i santi giorni pasquali ; e sempre ne ritraeva grande consolazione e vigore novello. Così ella confessò una volta:

« I miei dolori mi riescono attualmente molto più sopportabili, giacchè fui confortata ; anzi mi riuscì a gioia speciale lo scorgere in visione che si accosta ora un momento di ritorno a Dio per molti grandi peccatori ; anzi in parte è già quel momento venuto. »

Nella settimana poi dopo Pasqua confessò al Rensing:

« Ho avuto un'estasi corta, ma consolante. Vidi quanti grandi peccatori sieno in questo tempo pasquale ritornati a Dio, e quante mai anime sieno state liberate dal purgatorio. Vidi pure quel luogo di purificazione, e scorsi sul volto di quelle anime una ineffabile contentezza, che mi apparve come segno della vicina loro liberazione. Potei chiaramente distinguere le sembianze di varie persone che ho conosciute lor vita durante, e mi riuscì a gran gioia il vederle ora liberate dai loro tormenti. Così riconobbi le anime di due sacerdoti, ora ricevuti in cielo. L'uno avea dovuto soffrire per lunghi anni a cagione di negligente adempimento dei doveri del suo stato in piccole cose ; l'altro poi a cagione della sua inclinazione a scherzosi discorsi. »

Ella vide pure la conversione di peccatori recidivi, e raccontò:

« Gesù mi stava dinanzi agli occhi siccome avente a soffrire un maltrattamento dopo l'altro. Ma le di lui pene mi cagionavano una dolce tristezza. Ah! pensai dentro di me, ogni peccatore ha la parte sua in quei patimenti, e sarà salvato purchè abbia soltanto un tantino di buona volontà! Vidi anche persone a me note, venute in cognizione dei loro mancamenti, e quindi migliorate. Ciò apparivami talmente chiaro come se lo vedessi ad occhi aperti. Fra queste persone eravene una, la quale è pia bensì, ed umilmente parla di sè stessa; ma che non voleva riconoscere di essere troppo penetrata di amor proprio. Ha costato fatica a costei il venire in cognizione dei suoi mancamenti. Non può dirsi vera umiltà quella di alcuno che disprezza bensì sè medesimo, ma che non può tollerare se alcun altro lo biasima, o se alcun altro gli vien preferito.

9. In un susseguente giorno raccontò: « Mi sono trovata presente mentre Dio teneva giudizio sopra grandi peccatori. Grande è la sua giustizia, ma in descrivibile altresì è la sua misericordia. Condanna quelli soltanto che assolutamente non vogliono convertirsi ; ma quelli che hanno ancora una sola scintilla di buona volontà vengono salvati. Coloro che hanno specialmente un gran pentimento dei loro peccati, che si confessano con sincerità, e son ripieni di cordiale fiducia nei meriti infiniti del nostro Salvatore, saranno beati ; ed i loro peccati non saranno ricordati più affatto. Vanno bensì in purgatorio, ma non vi restano a lungo. Al contrario ben molti vanno e stanno per lungo in purgatorio che, a dir vero, non sono grandi peccatori, ma che quaggiù vivono nella tiepidezza, e che per amor proprio mal volentieri si adattano alle esortazioni ed ammonimenti dei loro confessori.

Altre volte, quand'io pensava che anche un solo povero peccatore venisse condannato, ciò mi affliggeva talmente che non potevo dar tregua al mio dolore ; ma adesso rimango quieta quand'anche molti vengono rigettati. Giacchè ciò deve accadere a causa della giustizia di Dio. Ciò tutto mi riuscì tanto chiaro e vivace, come se Iddio stesso mi avesse parlato.

« Vidi Gesù sopra un trono risplendente come il sole ; presso di lui erano Maria, Giuseppe e Giovanni. Dinanzi a lui stavano in ginocchio i poveri peccatori, e tutti coloro che a lei si rivolgono trovano grazia, seppure abbiano ancora un tantino di fede. »

10. Sul merito ed il valore della preghiera ebbe la se guente visione:

« Mi trovai in un grande e luminoso spazio, che quanto più io guardavami intorno, tanto più si dalatava. Mi fu mostrato come venga disposto delle nostre preghiere di nanzi a Dio. Esse vengono notate sopra quattro grosse tavole, e sembrano divise in quattro classi. Alcune preghiere vengono scritte con belle lettere dorate ; altre con un colore splendente come l'argento ; altre con colore più scuro ; ed altre finalmente in color nero, e queste vengono con un frego cancellate. Vidi ciò con gioia, e nondimeno provava una certa paura di non essere degna di vedere questo, tanto che appena arrisichiava di domandar alla mia guida cosa tutto ciò significasse. Ne ebbi in risposta:  Ciò che vedi segnato con lettere d'oro è la preghiera di coloro, i quali una volta per sempre hanno con l'intenzione unite le buone opere loro ai meriti di Gesù Cristo, che sovente rinnovano questa unione, e che di più si studiano ed hanno molto a cuore di osservare i suoi precetti e di imitare il suo esempio. Ciò che viene notato con isplendore di argento si è la preghiera di coloro, che non pensano a quella unione coi meriti di Gesù Cristo, ma che per altro sono pii e pregano con semplicità di cuore. Ciò che viene scritto con colore più scuro si è la preghiera di coloro che non possono star tranquilli se non si confessano e si comunicano spesso, e recitano giornalmente certe preci ; ma che sono ciò non ostante tepidi e fanno il bene soltanto per abito. Finalmente quanto viene scritto in nero colore e di poi cancellato, è l'orazione di coloro che ripongono tutta la loro fiducia in preci orali e si riposano sulle opere loro presuntivamente buone, ma non rispettano i comandamenti di Dio, nè fanno violenza alcuna ai loro cattivi desiderii.

Cotesta orazione non ha merito alcuno dinanzi a Dio, e quindi viene cancellata. Così pure vengono cancellate le buone opere di coloro, che si danno per verità molta pena per far qualche bene, ma che nel farlo hanno in vista soltanto il loro onore ed un temporale vantaggio. »

11. Allorchè una volta il Rensing la sorprese mentre recitava, leggendo in un libro le litanie dei Santi, e voleva aspettare finchè ella avesse finito, gli disse Anna Caterina in risposta:

« Non sono punto angustiata intorno a ciò: posso benissimo riprincipiare dal punto ove ho lasciato. Credo che il Signore non la riguardi tanto per la sottile, e non faccia attenzione al dove io principio. »

Voleva con ciò dire di fatto: questa interruzione non nasce già da distrazione o da indifferenza, ma ha luogo piuttosto per palesare la mia riverenza ai superiori spirituali. Ed allora gli raccontò un altro quadro simbolico intorno alla preghiera:

« Mi trovava in chiesa, e precisamente al luogo dove abitualmente soleva inginocchiarmi. Vedeva intorno a me il tutto chiaro e lucidissimo ; e scorsi siccome due donne bellamente vestite stavansi genuflesse ai piedi dell'altar maggiore col viso rivolto verso il tabernacolo ; e, come sembrommi, con alto raccoglimento e pietà. Le vedeva con vero commovimento del mio cuore pregare così piamente, quando mi apparvero due corone d'oro risplendentissime, pendenti siccome da un filo al di sopra delle teste di quelle oranti donne. Mi accostai più da presso e vidi che una di quelle corone si posò sul capo di una delle due donne in orazione ; l'altra però rimase sospesa a qualche distanza dal capo dell'altra donna. Finalmente si alzarono ambe due, ed io dissi loro aver elleno pregato con molta pietà.

Si, replicò la seconda ; havvi gran tempo dacchè non ho pregato così piamente e con tanto intimo sentimento come ora. La prima però, sul di cui capo si era posata la corona, si lagnò dicendo che avrebbe sì volentieri voluto pregare con raccoglimento e pietà, ma che erasi sentita turbare da ogni genere di distrazioni nel volersi raccogliere ; talmentechè durante quell'orazione avea dovuto incessantemente lottare contro quelle distrazioni. Allora chiaramente mi avvidi siccome il nostro buon Dio guardi soltanto al cuore di chi prega. »

Da questa manifestazione chiaramente apparisce che Anna Caterina aveva avuto quella visione onde essere preservata da ogni scoraggiamento, nascente dal timore che la di lei orazione, sì sovente turbata ed interrotta da esterni accidenti dal concorso degli stranieri, potesse riuscire meno accetta a Dio, di quello che gli riuscisse gradito il profondo raccoglimento e la tranquilla pietà, cui poteva darsi in braccio nel passato, mentre trovavasi in monastero.

12. Simile pure era lo scopo di una posteriore visione, che a prima vista sembra meno significativa e semplicissima, ma che nondimeno è prova parlante della condiscendente bontà con cui Anna Caterina veniva da Dio, siccome una bambina, confortata e consolata nella sua grande missione.

« Io doveva (così narrò) passare per sopra uno stretto ponticello. Con paura guardava giù nel profondo le acque, che sotto vi trascorrevano ; ma il mio Angelo custode mi guidò felicemente per sopra quel ponte. Sulla sponda stava una trappola, intorno a cui un topo a lungo saltellava ; finalmente azzannò cupidamente il boccone che lo allettava. Oh! la sconsigliata bestiuola, diss'io, che ad un ghiotto boccone sacrifica libertà e vita! Ecchè! disse l'Angiolo mio custode, gli uomini agiscono più ragionevolmente quando per un corto piacere mettono in pericolo l'anima e la salute eterna? »

Quella compassione che Anna Caterina provava per quel povero animaletto, l'Angelo suo custode la rivolse alla cecità dei peccatori, onde ella divenisse per loro una voce di ammonizione, e ciò non soltanto col mezzo dell'orazione e dei suoi patimenti segreti ed affatto al mondo nascosti, ma altresì con esortazione e preghiere ; anzi, anche collo spettacolo delle pene a lei imposte ed in lei visibili. Le sembrava impossibile che alla fin fine non tornasse per lei il tempo di un tranquillo occultamento agli occhi del mondo ; ma Iddio aveva ben altrimenti deciso. Cotesto bene per lei non tornò mai più ; e precisamente allora, in mezzo alle maggiori angustie, doveva Anna Caterina prepararsi ad entrare nell'ultimo e più severo periodo della sua missione di patimento. Siccome alla Chiesa non era rimaso più luogo alcuno pel non disturbato esercizio della pietà e della tranquilla contemplazione, e come ad essa erano stati rubati tutti quei sacri asili, ove i di lei figli, nascosti ai guardi del mondo, sopportare potevano le pene di una innocente espiazione della penitenza delle colpe ; così anche ad Anna Caterina, cui Iddio aveva addossato le miserie della sua Chiesa, doveva toccare ugual sorte. Ed ella sopportò quella sorte sino all'ultimo momento della vita ; ma quanto le riuscisse difficile l'adattarsi a simile missione ben tosto verremo a conoscerlo.

Intervallo dalla Pasqua sino alla Pentecoste del 1813.

1. Dopo la terza visita del Vicario Generale il Rensing aveva comandato ad Anna Caterina di pregare per uno scopo speciale, che non le volle più chiaramente indicare.

Nel secondo giorno di maggio la trovò assai consolata dall'apparizione della santissima Vergine col celeste Bambino avuta durante la notte. « Io ho (così narrò) invocata ardentemente l'intercessione di Maria per l'oggetto che mi è stato ingiunto, ma non sono stata ésaudita. Già tre volte ho orato per cotesto scopo, ed ho detto a Maria: Io debbo così pregare, perchè mi è stato ingiunto per santa ubbidienza ; ma non ho ottenuto risposta alcuna, ed ho dimenticato di persistere un'altra volta nell'istessa preghiera, a causa della gioia che mi arrecò la presenza del santissimo Bambino. Spero per altro che alla fine sarò esaudita. Non prego già per me, e sono stata tanto spesso esaudita quando pregava per le altre persone ; per me poi non lo sono stata mai se non che quando implorava nuovi patimenti.

È certo che senza saperlo anche questa volta Anna Caterina aveva pregato per sè stessa, giacchè lo scopo a lei sconosciuto, indicatole dal Rensing, si riferiva unicamente al sollecito fine dell'esame giuridico. Tutti coloro che la circondavano, del pari che il Rensing, desideravano appunto questo più assai che nol desiderasse ella medesima ; e quindi avveniva che non solo doveva implorare per sè pazienza e contegno, ma doveva inoltre tranquillare e consolare coloro, che avrebbero dovuto riuscirle di appoggio e di aiuto. Avvenne quindi che assai più duro delle proprie pene le riuscisse il sospetto in cui era stato preso il vecchio abate Lambert, quasicchè il cieco suo zelo fosse cagione delle di lei Stimate ( 1).

(1 ) Nel diario del Wesener, sotto la data del 26 gennaio 1815 trovasi la seguente nota intorno all'abate Lambert: Mentre oggi, nella camera di Anna Caterina ed in presenza dell'abate Lambert io me dicava un tumore del braccio al figlio decenne della padrona di casa, l'abate ne provò una tal compassione che rimosse il volto compassionando moltissimo l'infermo fanciullo. Poco dopo manifestai ad Anna Caterina la mia meraviglia per la grande sensibilità di quel prete; al che rispose: Vede ella! quel pover'uomo è fatto così! E sempre stato così sensibile come lo è un bambino. Ed è costui che mi doveva aver fatto queste ferite?....

Il padre Limberg era da troppo, breve tempo di lei confessore per andare sottoposto a quel sospetto medesimo ; ciò nondimeno possedeva omai una sì precisa cognizione dell'anima e di tutta la di lei vita, che a malgrado la naturale sua diffidenza non poteva dubitare della verità di quei segni esterni. Egli era uomo facile a sentirsi imbarazzato ed intimidito, e con una certa paura soltanto osava comparire in presenza di per sona imponente cotanto come Clemente Augusto. Non deve quindi destar meraviglia che ei molto si compiacesse nell'uso frequente del rimprovero di imprudenza ; se fosse stato in sua balìa, ovvero in quella dell'abate Lambert, di far di bel nuovo sparire quelle Stimate, ciò sicuramente sarebbe accaduto sul primo vederle, tanto più che Anna Caterina medesima niun'altra cosa più ardentemente desiderava. Quelle benedette Stimate apparivano agli occhi suoi ed anche a quelli dell'abate Lambert siccome una disgrazia, ovvero un inevitabile destino, che non può più venir cangiato e cui conviene alla meglio adattarsi ; ed il pensiero che potessero essere opera di Dio e segno di di stinzione, che egli suol accordare soltanto a pochi eletti nel grembo della Chiesa, si ritraeva e si celava talmente nel più profondo nascondiglio dello spirito di quei due bravi uomini, che quell'esame giuridico ecclesiastico, a causa della pubblicità che ne risultava a carico di Anna Caterina, e con essa anche di loro, ne riusciva per essi altamente penoso. Cotesta disposizione d'animo dei di lei spirituali circostanti aumentava in Anna Caterina la cura ed il timore di poter perdere contegno e pazienza, ove in di lei pro non venisse ben presto a ristabilirsi l'occultamento e la quiete, e quindi l'abituale suo raccoglimento in Dio. Questo era il motivo, per cui sì volonterosamente era venuto nel progetto del Rensing circa una sorveglianza di otto giorni, e ne aspettava con crescente e vivace desiderio il pratico incominciamento.

2. Il dì 9 maggio arrivò il sig. Overberg per la quarta volta in Dülmen, spedito dal Vicario Generale a rendere complete per quanto era possibile le osservazioni e le note sino allora raccolte.

« Ho trascorso (così egli racconta) di bel nuovo conversando molte e diverse cose che essa mi aveva già prima narrate, ed ho ciò fatto per accertarmi vie più di aver ben compreso ed esattamente notato. A questo proposito essa mi diè ad intendere che il minuzioso esame della sua vita passata non era già una delle minime cause dei suoi patimenti, poichè da ciò nascer poteva opinione essere lei qualcosa di grande, mentre ella meglio d'ogni altro sapeva il contrario. La trovai serena nell'aspetto, quantunque nelle precedente notte avesse molto sofferto e sanguinato assai. »

Nel secondo giorno della permanenza riferisce l'Overberg: Questa mattina ho trovato la Emmerich di bel nuovo molto debole. Aveva passata la notte, siccome mi asseri la sorella, nell'angustia e nella inquietudine. Se pure assopivasi per alcun poco, tosto la risvegliava lo spavento dell'idea che le soprastassero nuovi esami. Piangeva temendo di perdere la pazienza, ove non fosse per riacquistare tranquillità bastante a raccogliersi di bel nuovo in Dio. Disse che a cagione di questo inquisitorio processo avea perduto quasi tutto l'abituale raccoglimento. Io nè poteva nè voleva, a causa della di lei debolezza, parlare a lungo con lei ; ciò nondimeno ella mi confermò di bel nuovo quanto già prima mi aveva narrato. Dopo il meriggio la Emmerich si sentì alquanto meglio che nel mattino. Ella insistè spontaneamente nella dimanda di essere sorvegliata durante otto giorni da medici e da altre persone degne di fede, affinchè questi disturbi tanto pesanti e svantaggiosi venissero una volta a fine.

3. Sul dipartirsi dell'Overberg da Dülmen, tanto il Rensing quanto il Wesener concorsero caldamente nelle di lei preghiere circa lo stabilimento della sorveglianza da fissarsi per otto giorni.

« Ella con lagrime mi ha affermato, disse il Wesener, quanto ardentemente sospiri di rientrare una volta in quiete.

 Ah! mi disse ella, volentieri voglio far tutto quanto mai posso per giovare ai miei prossimi. Vorrei la sciarmi mettere in pezzi e quindi di bel nuovo racconciare per salvare un'anima sola ; ma davvero non posso espormi così agli sguardi d'ogni curioso. Alla fin fine credo che se per otto giorni continui mi venga posta d'attorno una guardia di sorveglianza, tutte le circostanze dell'esser mio verranno completamente in chiaro, e ciò in modo soddisfacente, per quanto almeno dalle mie forze possa dipendere.

Non è già che io desideri di vedere assicurata in pro mio la verità della cosa, ma ciò mi sta a cuore principalmente a causa degli amici miei, onde non ne venga'a riflettersi sopra di loro luce cattiva, nè vengano derisi per colpa mia. »

4. Il giorno posteriore alla partenza dell'Overberg venne in Dülmen il signor di Druffel, che di questa sua visita così scrisse:

« Nulla mi si è offerto di nuovo. L'impressione del di lei esterno contegno e della sua fisonomia, come pure la forma delle ferite, della piaga del costato e della croce sul petto, non offrono cambiamento veruno. »

5. L'Overberg era partito promettendo di guadagnare l'animo del reverendissimo Vicario Generale a consentire alla progettata sorveglianza, e di aver poi cura per la più sollecita installazione della medesima. La prima parte della promessa riuscì a bene, ma non così la seconda. Ai 18 di maggio egli così scrisse al Rensing:

« L'uomo propone e Dio dispone. Eccone prova novella. Non possiamo riunire tanto presto quei signori, che dovrebbero sorvegliare la nostra cara Emmerich. Quei medici che volentieri vorremmo avere a cotesto scopo, non sono disponibili prima delle ferie di Pentecoste, a causa delle lezioni. Si desidera che la Emmerich venga trasportata in una abitazione per lei più comoda, e quanto più presto sarà tanto meglio. V. S. Ill.ma vorrà avere la bontà di consolare l'ammalata a proposito di questa dilazione, tanto sgradevole anche per noi. La prego di salutarla an che da parte mia. »

A questa lettera tenne dietro pochi giorni dopo l'invio di una coperta o coltrice di pelle, che il buon Overberg aveva avuto in pensiero di far preparare per Anna Caterina.

« Il Krauthausen (così scrisse a questo proposito) mi disse ultimamente che per la nostra ammalata sarebbe molto desiderabile lo avere una coperta di pelle da sotto porsi ; giacchè la pelle rinfresca e impedisce, o almeno di minuisce gl'inconvenienti di un lungo giacere. Ho quindi fatto ricerca di simile coltrice, e sono stato assai avventurato per trovarne una buona in pelle di camoscio. Questa coperta è rimasta per molti giorni presso di me, aspettando favorevole occasione. Per non privar più a lungo la povera paziente dell'alleviamento che potrebbe venirle da questa coltrice, la invio per mezzo di un espresso da me già pagato. V. Signoria avrà cura che venga sottoposta alla inferma. »

6. Questo nuovo ritardo della sorveglianza, tanto da tutti desiderata, riuscì ad Anna Caterina più grave di tutto ciò che fino allora aveva sopportato, poichè le nacque nell'animo la certezza infinitamente dolorosa che le di lei speranze e suppliche erano rimaste inesaudite, e che mai più per tutto il resto della sua vita di patimenti potrebbe sottrarsi alle pubblicità ed alle inevitabili pene e disturbi che ne derivano. E chi oserebbe biasimare la povera paziente seppure al pari di qualsiasi fragile creatura si fosse fino allora consolata nella speranza, che finito quell'esame, con quello avrebbero pur fine le visite, e quindi ne rinascerebbe per lei la sospirata quiete ed il desiderato occultamento? Trattenendosi coi di lei amici spirituali erasi arrisicata a contare sulla santa solennità dell'Ascensione, come sul dì del ritorno dell'unico bene terreno di cui abbisognasse, cioè della non disturbata solitudine! Ma cotesta espettazione eccola divenire illusoria!

Bene spesso lagnandosi aveva ella detto all'abate Lambert:

« Io sono uno strumento nelle mani del Signore. So poco di tutto ciò che succede a me d'attorno. Non desidero altro che quiete. »

Ma ora non poteva più ascondere a sè stessa che cotesta quiete non le toccherebbe mai più sulla terra. Iddio desiderava anche in questo la più perfetta e fedele sommissione della sua serva. Soltanto ella ne venne in tale sconforto e sbigottimento, che sembrava le fuggisse ogni forza necessaria a sopportare più a lungo le pene corporali sempre crescenti.

« Essa si lagnò meco (così riferisce il rapporto di Rensing dell'17 maggio) di avere nella trascorsa notte provato dolori cotanto sensibili, che non aveva potuto più a lungo trattenersi dal pregare Iddio di volerli alleviare. La di lei preghiera venne esaudita, talmentechè sentissi resa più forte al punto di poter sopportare con pazienza quei dolori, e soggiunse queste parole: ??? Allora recitai il Te Deum, che potei finalmente recitare fino alla fine, dappoi chè l'aveva molte volte principiato, ma sempre aveva dovuto interromperlo a causa vivacità dei dolori.

Della seguente notte fu del pari piena di patimenti in modo tale che Anna Caterina se ne lagnò col Rensing in questa guisa:

Ho spesso pregato Iddio a volermi mandare patimenti e dolori, ma adesso soffro la tentazione di pregarlo così: Fermati, o Signore ; non più, non più! I dolori nel capo divennero tanto crudeli, che io temeva di poter perdere la pazienza. Poi sul far del giorno mi posi sul capo quella reliquia della santa Croce, che il signor Overberg mi ha lasciata ; pregai Iddio di aiutarmi, e tosto provai alleviamento. Più ancora delle pene corporali mi tormentano i patimenti dell'anima ; l'aridità cioè, l'amarezza e l'interna inquietudine ; ma ora, dacchè ho ricevuto per due volte la santissima Comunione, ho gustato la quiete ed una dolce consolazione dell'anima. »

7. Siccome coloro che circondavano Anna Caterina non tenevano quasi verun conto del di lei stato interno, e bene spesso rompevano in lamenti dinanzi a lei circa la delusa espettazione, ne avvenne che ella risentisse la sua posizione e lo spirituale abbandono in cui trovavasi ben più opprimenti, e che ne cadesse in tali angustie da parere affatto abbandonata dalla sua solita serenità e forza d'animo. Quindi è che il 19 di maggio il Rensing la ritrovò in uno stato tale di debolezza e di mestizia, che egli volle astenersi da qualsiasi conversazione con lei ; e quando poi tornò sulla sera vide che la croce sul di lei petto aveva sì copiosamente sanguinato, che ne erano intrisi di sangue i vestimenti. Essa aveva ripreso alquanto di lena, e potè allora raccontargli come il nemico infernale avesse profittato del di lei scoraggiamento per metterla, col mezzo di spaventose immagini, in gravi angustie durante la trascorsa notte.

«Provai, così disse ella, gravi angustie. Mia sorella giaceva immersa in sonno profondo ; la lampada ardeva ed io vegliava nel mio letto. Ed ecco che sentii un moto nella stanza. Guardai, e vidi una orribile figura sudiciamente vestita, che si avvicinò pian piano verso di me.

Quando quella figura fu giunta ai piedi del mio letto e ne tirò il cortinaggio, vidi una brutta donna che mi guardava fissa e minacciosa nel volto. Quanto più a lungo mi guardava, tanto più mi appariva spaventosa ed orrenda. Aveva una testa mostruosamente grossa, e spalancava la bocca in guisa come se volesse, inchinandosi sopra di me, inghiottirmi. Sul principio non ne fui molto intimorita, ma in seguito la cosa andò diversamente. Incominciai a pregare, e pronunziai con fiducia ad alta voce i santi nomi di Gesù e di Maria; ed allora tutto disparve.

8. In tanta angustia di spirito le venne finalmente in soccorso il P. Limberg con una breve esortazione, mentre egli le rimproverò quelle sue lagnanze ripetute con qualche impazienza del non trovar mai requie alcuna, dicendole in poche parole dover essa tranquillamente aspettare quanto di lei venisse destinato, e doversi meglio rammentare la quotidiana preghiera: Signore, sia fatta la tua volontà. Il dottore Wesener fu testimonio di questa esortazione, e ne riferiva così:

« Anna Caterina si sottomise nel momento con piena e buona voglia, nè si lagnò più oltre. Il signor Limberg mi dichiarò in seguito dover egli procedere con tanta severità, per aver già sperimentato quanto la benchè minima imperfezione reagisca svantaggiosamente sopra di lei. »

Ed il diario del Rensing riferisce in data del seguente giorno:

« Le domandai se nella trascorsa notte ella avesse veduto apparizione alcuna o altra immagine, e ne ebbi in risposta: No! ero troppo abbattuta e sconcertata per aver lasciato travedere tanta impazienza e malcontento pei disturbi cagionatimi da questi miei segni esterni. Io avrei dovuto essere come l'argilla nelle mani del vasaio, nè avrei dovuto avere alcuna volontà propria, ma tacita e paziente avrei dovuto sopportare tutto ciò che alla bontà del Signore piaceva che di me accadesse. Ma ciò mi è riuscito cotanto difficile, perchè penso più assai alla mia tranquillità di spirito, di quello che nol faccia alla volontà di Dio, che mi prova e conosce meglio sicuramente ciò che mi è utile. -- Anche dinanzi al Wesener ella si lagnò turbata dell'essere caduta in peccato per la sua impazienza. I miei tentativi, osservò il Wesener, per toglierle a forza di ragioni queste idee dalla testa riuscirono affatto inutili.»

9. Il Signore ricompensò un'ubbidienza siffattamente umile con alcune consolazioni, dalle quali ella sentissi con fortata ed attinse nuovo zelo. Nel giorno del venerdi 21 maggio il Rensing la trovò bensì molto spossata per avere nella notte precedente molto sofferto e tanto sangue per duto da tutte le ferite, che le bende del capo e la camiciuola che ricoprivale il petto ne erano divenute rigide pel sangue disseccato ; ma ella aveva ricuperata l'usata serenità per avere ricevuto grande conforto in mezzo ai suoi patimenti, e specialmente dopo la santissima Comunione.

« Havvi una cosa (disse ella) che mi ha arrecato molta gioia. Vidi dopo la santissima Comunione due Angeli portanti una bella corona di fiori. Quei fiori erano rose candide, ma guernite di lunghe ed acute spine, che mi punsero quando volli da quel serto cogliere una rosa. Ah! se non vi fossero quelle spine! pensai entro di me, e mi fu risposto Se vuoi avere le rose, devi pure sopportare che le spine ti pungano. Dovrò adunque patire ancora molto prima di giungere a quelle gioie che sono scevre di patimento. »

10. Simile quadro simbolico di consolazione essa lo vide anche in seguito.

« Fui (così narrò) condotta in un bel giardino, ove osservai rose straordinarie in grossezza, in beltà ed in colori. Ma erano circondate di spine sì lunghe e sì acute, che non potevansi cogliere senza riportarne sensibili punture. Dissi: Ciò non mi piace ; ma l'Angiolo mio custode mi replicò: Chi non vuol patire non avrà gioia alcuna. »

Anche le gioie scevre di dolori le vennero addimostrate, ma come tali che soltanto con la morte si ottengono.

« Vidi me stessa giacente nel sepolcro ; me ne godeva tanto il cuore che non posso descriverlo. Nel tempo stesso parevami mi venisse detto che prima del mio fine dovrei ancora patire di molto ; ma che mi abbandonassi alla grazia di Dio e me ne stessi ferma e perseverante. Alla fine vidi Maria col Bambino, e provai gioia ineffabile, perchè la benigna Madre mi depose fra le braccia il Bambino.

Quando glielo resi, pregai Maria per tre doni atti a rendermi cara a lei ed al di lei Figlio: la pregai di concedermi amore, umiltà e pazienza. »

11. Il vigore dell'animo suo si accrebbe da quel momento giorno per giorno ; talmentechè nella sera della vigilia dell' Ascensione, ai 26 di maggio, ella potè dire al Decano:

« Oh! quanto volentieri me ne andrei in cielo col caro nostro Salvatore! Ma il mio tempo non anco è giunto ; i miei patimenti e dolori si moltiplicano, e devo essere sempre meglio provata e purificata. Sia fatta la volontà di Dio, purchè mi dia la grazia di perseverare sino alla fine nella pazienza e nell'abbandono al suo divino volere! »

Allorchè nel giorno di quella solennità ricevè la santissima Comunione, intese dirsi le seguenti parole, come le confessò al Rensing: « Vuoi tu piuttosto morire, ovvero soffrire ancora di più? » Al che rispose: « Voglio soffrire ancora di più, se questo ti piace! » Ed aggiunse: « Il mio desiderio è stato soddifatto in guisa che soffro adesso più di prima. »

12. Quanto varii e molteplici fossero questi patimenti, e quanto contribuissero ad aumentarli le persone a lei più prossime fra quante la circondavano, chiaro apparisce dalle note del Wesener. Ed ecco come egli riferisce in data del 25 maggio:

«Questa sera la trovai molto inquieta e quasi affatto fuori di sè pel dolore. La di lei sorella le aveva lavato e stropicciato il dorso piagato con acquavite, per lo che ella venne a perdere i sensi ; si raggomitolava gemendo nel letto, e dicea alla sorella: Come mai mi hai fatto ciò? Voglio volentieri sopportar tutto ; ma tu non devi procedere con sì poca cura in simile faccenda! Il di lei volto avvampava infuocato a queste parole, e gli occhi ne erano pieni di lagrime ; il polso non era alterato. Il signor Limberg le ordinò la quiete, ed ella tosto si ristette silenziosa e tranquilla. »

Poco dopo quell'epoca le si rinnovò una pena consimile prodotta per colpa dell'istesso individuo, ma in ben più gravi proporzioni.

« Trovai (così racconta il Wesener) la sorella con un piatto pieno d'insalata intrisa nella farina e nell'aceto al letto dell'inferma ; e quando domandai se ella ne avesse gustata, mi ebbi in risposta che non solo avea gustato di quell'intingolo, ma che aveva ingoiato inoltre un bocconcino di cacio. L'ammalata trovavasi per altro in uno stato straordinario di stupore e di mancanza di sensi. Ben tosto scoprii la vera e propria cagione di tutta quella faccenda.

La sorella aveva di bel nuovo voluto lavare con acquavite il dorso impiagato dell'inferma; ma siccome questa non eravisi prestata, il vaso contenente l'acquavite era rimasto presso il letto. L'odore di quel liquido con tanta rapidità giunse a stupefare l'inerme ammalata, che ella non ebbe più la forza di respingere quei mezzi di nutrimento a lei porti dalla perversa sorella. Ne cadde quindi nel più misero stato. Uno spaventevole malessere alternavasi con vomiti convulsi ; parea minacciasse di soccombere a continue soffocazioni. La sera soltanto sulle nove ore, quando potè vomitare quanto aveva sorbito, sopravvenne un miglioramento. Ed allora si querelò di avere ingoiato cose. sì crude, mentre trovavasi senza conoscenza ed in istato di perfetto stupore. »

13. Cotesti esperimenti per altro non ritraevano coloro che la circondavano dalla loro predilezione per l'uso dell'acquavite, come mezzo medicinale ; e quindi molti anni dopo, il Pellegrino, ossia Clemente Brentano, poteva anch'egli riferire:

« Ho veduto per un numero infinito di volte Anna Caterina immersa in ispaventevoli dolori per certe stupide lozioni fatte con l'acquavite alle piaghe del di lei dorso. Se ne lagnava sempre, ma invano. L'acquavite come mezzo medicinale è veramente un'idea fissa nel basso popolo del paese di Münster. Non venne mai neppure in mente ad alcuno che Anna Caterina potesse perdere i sensi pel semplice odore di quell'abbominevole liquore. Doveva patire anche questo! Ah! del resto in generale procedevasi con quella povera paziente come se fosse una cosa, non già come se fosse una persona. »

14. Una delle cagioni speciali per cui Anna Caterina anelava con tanto ardore un totale occultamento dagli occhi del mondo, era riposta nella moltitudine dei visitanti, che incominciavano ad affollarsi intorno al letto in cui l'inferma posava. Non solo le riuscivano di pesante aggravio a causa dell'esterna inquietudine e disturbo, ma ben più ancora per le pene spirituali da cui quelle visite erano accompagnate.

Essa meco si lagnò (racconta il Wesener) del quanto straordinariamente la turbasse la moltitudine dei visitanti, e quali e quante altre pene per lei da ciò derivassero; pene che per altro non poteva narrarmi. »

Noi le conosciamo per altro già da tempi anteriori ; pro venivano dal dono del poter leggere nel cuore degli uomini, e del risentire nel più sensibile modo lo stato spirituale di quegli stranieri. Soleva il di lei cuore riconoscere con profonde impressioni di dolore la perversità, la corruzione e le colpe dei visitanti ; e siccome dardi la trafiggevano le passioni, i sentimenti, le intenzioni, con le quali le varie persone l'avvicinavano. Cotesto dono, davvero terribile, aveva fatto parte delle di lei pene più gravi sin da quando trovavasi in monastero ; ed ora ella giaceva siccome esposta sulla pubblica via, mentre potevano a lei indifesa appressarsi quanti pur lo volevano, e mentre la benefica proibizione dell'autorità ecclesiastica sempre più scadeva dall'osservanza. E precisamente coloro fra i visitanti presso di lei si affollavano il più di frequente, che solevano gettare lo sguardo sopra Anna Caterina e gli ecclesiastici a lei vicini con pungente sospetto ed orgoglioso dispregio. Oh! quanta mai forza d'animo erale necessaria per non perdere ogni coraggio, dacchè aveva nell'intimo dell'animo questa fatale certezza che: Tutto ciò non cambierà mai sino alla mia morte!

Il Vicario Generale Droste viene per la quarta volta in Dülmen

1. Il Rensing aveva riferito all'Overberg la disanimante impressione prodotta in Anna Caterina dalla sua lettera del 18 maggio, e gli aveva pur riferite le parole di lagnanza, con le quali aveva ricevuta la partecipazione del nome e del carattere di quei signori di Münster prescelti a sorvegliarla.

« Io sperava (così erasi espressa) che la sorveglianza sarebbe stata condotta a termine per la solennità dell'Ascensione, e che quindi avrei ottenuto quiete sufficiente per ben prepararmi nell'intervallo che sempre è stato per me tanto sacro, alla venuta dello Spirito Santo ; e cotesta speranza, che mi cagionava tanta gioia, è stata delusa! Se nessun medico poteva venire da Münster, potevansi prendere anche qui persone del pari capaci di scorgere quanto succede, e che meritano altrettanta fede quanto certi uomini che sono ancora studenti. Il signor di Druffel mi disse che si manderebbero tali persone, delle quali sarei stata contenta. Ma che certi giovani, come N. N., il quale non ha per anche venti anni, se ne stiano giorno e notte intorno al mio letto, questo poi non lo posso permettere. »

2. L'Overberg recò quella lettera a cognizione del Vicario Generale, che ne prese il contenuto molto sul serio Le manifestazioni di Anna Caterina gli parvero sì poco in armonia con la convinzione da lui acquistata durante l'esame, essere cioè lei un'anima straordinariamente colmata di grazie e vivente solo nella ubbidienza, che credettesi obbligato a recarsi al più presto possibile in Dülmen e a domandar conto di tutto ciò ad Anna Caterina medesima.

Egli rimproverò per lettera il Rensing di avere svelato alla inferma i nomi delle persone destinate alla sorveglianza, ed osservò che: « Avrebbe dovuto bastare tanto per la Emmerich, quanto per coloro che la circondano, il sapere che gl'incaricati della sorveglianza erano persone approvate dai superiori ecclesiastici. Io non esigerei altrettanto da tutti ; ma quando da coloro, ai quali Iddio abbia in gran copia accordato cose molto straordinarie, esigo anco moltissimo, e quando dalla soddisfazione o non soddisfazione di simili esigenze ne traggo conclusioni sul più o sul meno delle grazie accordate, io in questo seguo le traccie di coloro che sicuramente erano dotati di alta sapienza.

« Ai 3 di giugno recossi egli stesso in Dülmen. « La mia intenzione (dichiara il medesimo in un rapporto da lui scritto circa questa visita) riguardava precipuamente l'interno della Emmerich. L'ispezione delle ferite era cosa soltanto secondaria. Queste avevano, allorchè arrivai, recentemente sanguinato. Trovai il tutto come in passato. Voleva esaminare e scandagliare l'intimo animo suo a proposito delle di lei manifestazioni intorno alla sorveglianza ed ai sorveglianti che sarebbero mandati da Münster. »

3. Appena egli ebbe veduto Anna Caterina e domandatole conto sovra i di lei supposti lamenti, egli notò nel protocollo dell'esame giuridico quanto segue:

« Relativamente alle persone che dovevano venire da Münster ad esercitare la sorveglianza prescritta, non era venuto alla Emmerich in mente altro timore riguardo alla gioventù di cotesti signori, fuor di quello che potessero in lei vedere, o da lei sentire cosa alcuna, che da loro venisse male od inesattamente compresa. E questo timore è molto naturale: giacchè la Emmerich in certi momenti sogna parlando ad alta voce, e sa che già altre volte sono stati fatti discorsi, come se ella avesse detto che il tale e il tal altro fosse in cielo, ovvero in purgatorio.

« Del resto era talmente contenta di tutto e di tutti coloro che gli avrei mandati, che non eravi punto bisogno d'altre parole per persuaderla. »

In quanto poi spettavasi alla di lei impazienza per la dilazione della sorveglianza, ottenne il Vicario Generale anche circa questa circostanza soddisfacenti spiegazioni.

Ecco quanto è riferito nel suo protocollo:

« La Emmerich si espresse come segue:

Nel tempo che trascorre dall'Ascensione sino a Pentecoste (anche la Söntgen ha deposto che la Emmerich durante questo tempo mostrasi sempre più che mai in sè raccolta. Aggiunta al protocollo) mi sono sempre anche in passato immaginata di trovarmi racchiusa nella sala insieme ai discepoli aspettanti la venuta dello Spirito Santo. Anche adesso avrei voluto fare altrettanto e mi era fissa fortemente in capo di riuscire in ciò e di non esserne distolta o disturbata. Ma con ciò sono incorsa in grave caduta. Sono stata pure assai ardita per implorar patimenti, e dissi: O soffrire o morire. Iddio mi ha di ciò castigata: egli mi ha detto: Se vuoi soffrire, devi patire ciò ch' io voglio che tu patisca.Il Vicario Generale prese occasione da queste parole di Anna Caterina per rammentarle la sentenza favorita di S. Teresa: Patire o morire, » e quella di S. Francesco di Sales: « Amare o morire ; » e per farle inoltre osservare che la prima di coteste sentenze era sicuramente ottima pei santi; la seconda poi era adatta per tutti. Secondo riferisce il protocollo, « ella agevolmente comprese tutto ciò ed anche, per quanto si vedeva, con gioia.4. Alcuni giorni prima dell'arrivo del Vicario Generale Anna Caterina aveva ricevuto anche la visita dell'angustiata sua madre. Quanto fosse riuscita dolorosa a quella semplice e vecchia donna la notizia dell'essere la sua figlia divenuta oggetto di un esame inquisitorio ecclesiastico, si può facilmente immaginare. Per consolarla, il parroco della chiesa di S. Giacomo in Hoesfeld aveva dapprima intrapreso di andare a Dülmen e riferirle poi le proprie osservazioni. Ma adesso ella medesima aveva voluto mettersi in via.

La Chiara Söntgen così scrisse intorno cotesta visita al Vicario Generale:

« Ier l'altro fu qui la madre di Anna Caterina. L'ammalata volle ch'io mi trovassi presente all'arrivo di sua madre, giacchè si sentiva anticipatamente resa timida della di lei presenza. Aveva pregato Iddio a volere distorre la madre dal desiderio di veder le sue ferite e dal farle interrogazioni intorno al suo stato. Cotesta preghiera è stata esaudita. Il contegno di quella vecchia è stato meraviglioso. Non ha punto parlato delle ferite, ma piuttosto ha con buone esortazioni confortato la figlia. Mentre persone estranee parlavano intorno a ciò dinanzi alla vecchia, e le dicevano quanta ragione ella avesse di rallegrarsi per una figlia simile, e che mai cose uguali eransi udite ; ella rispose, essere meglio di non parlare di ciò, giacchè per tutto il tempo che l'uomo vive in carne ed ossa non si deve annettere valore alcuno a simili cose. La Emmerich mi confessò avere, udendo tali discorsi, pregato Iddio di inspirare alla madre quella risposta, e di esserne stata esaudita. »

Quando la madre si fu di bel nuovo allontanata, Anna Caterina trovossi alquanto angustiata dal pensiero che mentre a tanti e poi tanti stranieri e curiosi ella doveva mostrare le Stimate, avesse poi potuto osservare in faccia alla propria madre simile ritegno e che forse con ciò avesse offeso il filiale rispetto. Ella espose cotesta inquietudine al Vicario Generale, e domandò se non avesse dovuto mostrar alla madre le ferite, quantunque ella non avesse mostrato il desiderio di vederle. « Io le dissi (osserva il Droste nel protocollo ) che se la madre lo avesse desiderato ella avrebbe dovuto mostrarle, ma non avendo la madre ester nato cotesto desiderio, aveva fatto benissimo a non far gliele vedere. »

5. Quanto il Vicario Generale si trovasse appagato di cotesta sua visita, ne fa prova lo scritto diretto al Rensing il giorno seguente. Questi a cagione del leggiero rimpro vero ricevuto per avere manifestato ad Anna Caterina i nomi dei sorvegliatori trascelti, erasi sentito sensibilmente commosso e trovavasi in una certa irritata disposizione di spirito verso colei. Preso da cotesta irritazione, aveva interpretato una schietta e semplice espressione del Vicario Generale talmente a svantaggio di Anna Caterina, che il Vicario Generale medesimo si trovò indotto a prendere la difesa di quella innocente con le seguenti parole:

« In quanto ho detto intorno alle visioni non ho neppur per ombra pensato al timor di un inganno, ma bensì alla possibilità di una illusione, senza che la persona vi abbia parte o colpa alcuna. Dalle manifestazioni della Emmerich intorno alla sorveglianza, ora che personalmente ho parlato con lei, non posso rilevare altra cosa, fuorchè ella non ha forse ancora raggiunto quel grado di perfezione che Iddio intende concederle. »

Oltre di ciò egli lasciò prescritti i seguenti ordini:

« La sorveglianza sulla Emmerich non deve omai soffrire più lunga dilazione ; desidero quindi che abbia principio al più presto. Relativamente alle persone da impiegarsi in cotesta sorveglianza aspetto preliminarmente di conoscere le disposizioni di V. S. Generalmente debbono preferirsi persone di una certa età e degne di fede sotto ogni rapporto. Per anticipazione approvo la scelta del sig. N. N., ma suo figlio è troppo giovine. Nè a costui, nè a persone di simile gioventù deve affidarsi la sorveglianza.. « Cotesti sorvegliatori dovranno evitare nei loro discorsi ogni manifestazione atta a rendere con ragione alla Emmerich insopportabile una sorveglianza già per sè stessa assai dura. Spero che ella vorrà durante tutto cotesto tempo visitare bene spesso la Emmerich, e così potrà da lei sapere se forse desideri e per qual motivo di veder cambiata tale o tal altra disposizione.

6. Il Rensing prese allora le necessarie misure e fu presto in grado di proporre venti individui di Dülmen degni d'ogni fiducia, i quali si dichiararono pronti, sotto la direzione di un medico da chiamarsi da altro luogo, ad intraprendere la prescritta sorveglianza.

Il Vicario Generale si dichiarò pienamente d'accordo, e così con gran consolazione di Anna Caterina principiò la sorveglianza col giorno 10 di giugno. Prima di narrare l'andamento della medesima è necessario d'aver sott'occhio i rapporti che l'Overberg ed il Rensing avevano fatti al Vicario Generale intorno alle Stimate di Anna Caterina, giacchè questi essenzialmente contribuirono a stabilire in modo sicuro i risultamenti di tutto il processo inquisitorio ecclesiastico.

Testimonianze dell'Overberg, di Rensing e di Wesener intorno alle Stimate

Dopo che Clemente Augusto, dal momento della sua prima visita in Dülmen, si fu convinto essere impossibile qualsiasi illusione intorno alle Stimate, affidò all' Overberg l'incarico di sottoporre Anna Caterina ad un preciso interrogatorio intorno all'origine e natura delle medesime.

Questi principiò l'interrogatorio agli 8 di aprile 1813, e lo proseguì sino alla quarta sua visita ai 12 di maggio; in guisa tale che egli costrinse Anna Caterina a ripetuto e preciso conto intorno alle domande già fatte precedentemente, ed intorno alle quali, usando ed impiegando tutte le notizie ed esami raccolti da altre sorgenti in tutti quegli intervalli, come pure servendosi dei giornalieri rapporti del Rensing e del Krauthausen, ne venne a rilevare e stabilire nuovi soggetti di interrogazione, e li espose alla inferma onde vi rispondesse. Appena l'Overberg aveva trascritto il protocollo di un interrogatorio, cotesto protocollo perveniva tosto a Clemente Augusto, il quale soleva interrogar di bel nuovo Anna Caterina sul contenuto del medesimo; ed era soltanto pienamente soddisfatto, quando per altre vie riuscivagli pervenire allo stesso risultamento cui l'Overberg era già antecedentemente pervenuto. È per ciò che quei protocolli contengono aggiunte ed osservazioni anche di mano del Vicario Generale ; ma queste aggiunte ed osservazioni non sono punto in contraddizione coi risultamenti ottenuti negli interrogatorii dell'Overberg, ma piuttosto li confermano soltanto, o li rendono più chiari e precisi.

Quanto qui segue è un fedele sommario degli interrogatorii dell'Overberg, dei ragguagli del Rensing, e delle note non ufficiali del Wesener.

« Ho avuta la commissione (così nota l'Overberg in data del dì 8 aprile ) d'interrogare Anna Caterina e scandagliare se ella si sia fatta le ferite di propria mano, o se le sia lasciate fare. Le rappresentai distintamente e con la maggior possibile vivacità, doversi da lei piena ubbidienza all'autorità ecclesiastica, e quindi dover dire la verità anche quando avesse promesso, e forse con giuramento, assoluto silenzio a colui che aveva fatto quelle ferite. Le dissi che un giuramento contro il dovere della spirituale ubbidienza non poteva avere alcun valore ; e che non potrebbe nemmeno giustificarsi al giudizio di Dio, se ella contro il dovere di ubbidienza ascondesse la verità. Sulla di lei asserzione che ella riconosceva tutta la veracità delle mie osservazioni, le domandai: 1. Si è ella forse (e ciò avrebbe potuto accadere anche con buona intenzione) talvolta tagliuzzata ovvero punta le mani con un chiodo o con altro simile strumento, per risentire forse più vivace mente per compassione i dolori di Gesù Cristo? » Risposta: No giammai. »

2. Ha ella forse mai applicato in quei punti acqua forte o pietra infernale? »

R. « Non so nemmeno che sieno coteste cose. »

3. « Havvi forse alcuno, che amando il progresso della di lei anima nella virtù e conoscendola per innamorata della Passione di Gesù Cristo, le abbia cagionato coteste ferite per mezzo di pressioni, punture, apposizione di sostanze caustiche o cose simili? »

R. « Oh no davvero! »

« Durante i preliminari e poi durante l'esposizione delle surriferite domande, il di lei aspetto non mostrò la minima alterazione. Quindi così mi narrò:

« Non mi era nemmeno accorta di aver ricevute queste ferite. Un'altra persona fu la prima ad osservarle (sembrami che nominasse l'abate Lambert ), e facendomele osservare, mi disse ad un tempo: Non si creda già ella di essere ora divenuta una Caterina da Siena, giacchè da questo ne è ancora molto lontana. »

« Sulla mia osservazione, non sembrarmi possibile che alcun altro si fosse pel primo accorto di quelle ferite, giacchè quand'uno riceve una ferita, suole naturalmente accorgersene pel primo, ella rispose: « Ciò è vero, ma il dolore lo risentiva già da tre o quattro anni prima che le ferite si manifestassero, e quindi non mi accorsi di verun special cambiamento.

«Quand'io ricevei questi segni esterni aveva soltanto per assistente una piccola fanciulletta che non aveva cura veruna ad astergere il sangue. Io medesima non vi feci veruna attenzione e nemmeno astersi il sangue medesimo. Quindi è accaduto che il Lambert abbia osservato le ferite delle mie mani prima di me medesima. Non poteva nemmeno accorgermene dai dolori, giacchè questi li risentiva già da molto tempo innanzi, e non subirono alcuna alterazione per la sopravvenienza dei segni esteriori (Anna Caterina suoleva perciò chiamare ferite quei dolori continuamente pronti provati già da molti anni nei punti dove apparvero posteriormente le Stimate ; chiamava poi segni esterni le Stimate visibili venute al di fuori). Il dolore poi nella testa io l'ebbi circa quattr'anni prima che andassi in monistero ; esso è tale come se mi stessero spine poste in circolo intorno alla testa ; anzi come se tutti i miei capelli fossero spine, dimodochè non posso posare mai il capo sul cuscino senza dolori. I dolori poi delle altre ferite non sono già come gli altri dolori ; vanno sino al cuore. Il tatto ovvero una leggiera pressione sopra le croci del petto non produce un dolore esterno sì forte, malo produce all'interno. Sembrami allora come se tutto il mio petto fosse infiammato. Nel ricevere la ferita che mi sta presso lo stomaco provai la sensazione come se vi fosse caduto sopra del fuoco. »

4. In qual epoca apparvero coteste ferite sul di lei corpo? »

R. La ferita intorno allo stomaco nel giorno della festa di sant'Agostino ; la croce inferiore sul petto nella festa di santa Caterina ; le ferite alle mani ed ai piedi nelle ultime feste di Natale ; la ferita al costato fra il Natale ed il nuovo anno. »

5. Ebbe ella forse in quell'epoca in cui provò per la prima volta i dolori, o più tardi nell'epoca in cui ella ricevè coteste ferite, intorno al capo, ed alle mani, ed ai piedi cosa, che a lei sembrasse una apparizione, ovvero una speciale manifestazione intorno ad un oggetto qualunque? »

«R. No, in quelle epoche mi trovava immersa in ispeciali patimenti. »

6. Sa ella forse che significhino quelle croci sul petto? »

R. « No, ma nella meditazione mi è venuto in mente di aver ricevuto quel primo segno sullo stomaco, per servirmi d'indizio che dovrei ancor molto soffrire per amor di Gesù Cristo. Quando per la festa di santa Caterina apparve il secondo segno, riconobbi che la mia croce sarebbe raddoppiata, come pure quando il terzo comparve nella notte di Natale. »

« Ella mi ripetè ancora una volta (osserva l'Overberg) di aver pregato di esser fatta partecipe dei dolori di Gesù, ma non già di aver implorato le Stimmate. « Sino dalla prima visita dell'Overberg ai 28 e 29 di marzo, alla di lui domanda, se ella avesse implorato da Dio quelle Stimate, ella rispose:

Ho pregato Iddio bensì di farmi provare i dolori da lui sofferti, ma non l'ho già mai pregato per questi segni esterni. Dacchè Iddio me li ha dati, me ne sono già più volte lagnata col Signore, ma non ho ricevuta consolazione veruna. » Alla replica di Overberg: « Iddio avrà voluto che ella si contentasse della sua grazia, » ella rispose con contentezza: « Così pure egli mi ha detto. »

7. « Come deve intendersi adunque la di lei antecedente dichiarazione (secondo il primo protocollo del 25 marzo) che si esprimeva così: « Le mie ferite nou sono state fatte dagli uomini, ma credo e spero piuttosto che vengano da Dio? »

R. « Dissi, io credo, e non dissi, io sono certa, perchè dai discorsi del decano e dei medici, come pure dalla severità dell'esame mi nacque il timore che queste ferite potessero forse provenire dal nemico infernale. Ma le varie croci sul mio petto mi hanno di bel nuovo tranquillata ; poichè ho pensato che queste il diavolo non le avrebbe fatte sicuramente. Per l'istessa ragione ho detto pure spero, perchè io desiderava che cotesti segni provenissero da Dio e non già che fosser opera diabolica. »

8. Crede ella che le di lei ferite, come lo crede il si gnor dottore, guariranno? »

R. « Mi è stato permesso il pregare perchè mi siano ritolte le ferite, ma non ho saputo nulla in quanto alla guarigione. Di ciò non me ne è nato nemmeno il pensiero. Ho capito la cosa così, cioè che Iddio non disaggradiva le mie preghiere per la disparizione di questi segni, ma che i dolori per altro non ne verrebbero diminuiti ; anzi, che verrebbero accresciuti. Ed essi di fatto sono già aumentati. »

Quando l'Overberg intorno a ciò le fece osservare: « Io non posso credere che ella abbia rivelazioni simili, ove ella prima non mi convinca con una prova di essere in grado di distinguere una rivelazione da una semplice ricordanza, » ella dimandò: « Ebbene, come devo darle io questa prova? » Al che l'Overberg soggiunse: « Questo poi non lo so. » Anna Caterina allora rispose: « È bensi vero che io posso avere sentito, o veduto, o sperimentato alcune cose, e quando ne parlo, coteste cose possono falsamente (e qui l'Overberg osserva che ella ne riportò un caso avvenuto, siccome esempio) venire considerate dagli altri siccome una rivelazione. Ma tutto ciò che si è sentito, suole anche prima essere stato nel pensiero di chi sente. Quando per altro viene in modo subitaneo, generalmente parlando, una cognizione qualunque di cosa, di cui prima non si è inteso nè veduto segno alcuno, questa sembrami non possa essere una ricordanza! »

9. Sa ella il tempo in cui le incominciarono i dolori nelle mani e nei piedi? »

R. Quattro anni innanzi la soppressione del monistero feci una visita ad Hoesfeld per rivedere i miei genitori. Mentre colà mi trovava, una volta stetti in orazione per un paio d'ore dietro l'altare che sta sotto alla croce posta dinanzi alla chiesa di san Lamberto. Io sentiva grave di sturbo per lo stato del nostro convento ed aveva pregato perchè tanto io quanto le mie consorelle potessimo bene conoscere le nostre mancanze, onde alla fine si stabilisse ferma fra noi la pace. Aveva inoltre pregato che Gesù degnasse farmi sentir con lui tutti i suoi patimenti. Credei avere una febbre continua, e che da quella provenissero i dolori che io provava. Spesso mi venne anche il pensiero potere cagionare ciò l'esaudimento della mia preghiera, ma scacciai subito cotesto pensiero ogni qual volta mi si presentò, perchè mi riputava non essere degna di simile grazia. Sovente non poteva camminare a causa di dolore nei piedi. Anche le mani mi duolevano talmente, ch'io non poteva intraprendere alcune opere, come sarebbe lo zappare ; il dito medio delle mani non lo poteva affatto piegare, e talvolta era come interamente perduto.

« Da poi che ebbi cotesti dolori, una volta in convento pregai con ogni fervore, affinchè tanto io che le mie consorelle potessimo venire in piena cognizione delle nostre mancanze, ed affinchè rinascesse la pace e cessassero i

« I tuoi pa miei patimenti. Ma mi fu detto in risposta:timenti non verranno diminuiti: ti basti la grazia di Dio. Non morrà alcuna delle tue consorelle prima di aver conosciute le sue mancanze. » A causa di cotesta risposta, allorchè mi sopravvennero i segni esterni, pensai entro di me che cotesti segni dovessero essere soltanto visibili per le mie consorelle ; ed a ciò io potei pure sottomettermi. Ma qual fu il mio spavento, quando riseppi che cotesti segni dovevano esser visibili anche al mondo? »

10. Sulla mia dimanda relativa alle croci del petto, ella mi disse: Sin dalla mia gioventù ho spesso pregato Iddio a volermi imprimere la croce nel cuore, onde non dimenticassi giammai i suoi patimenti ; ma mai ho pensato ad alcun segno esterno. »

«E qui ella mi diè a conoscer che questo minuto esame della sua vita antecedente, non era già piccola cagione dei di lei patimenti ; perchè ne potrebbe nascere l'opinione che ella fosse qualche cosa di grande, mentre ella meglio d'ogni altro sapeva esser nulla.

11. «Giovedì 13 maggio verso le quattro pomeridiane il sangue incominciò a scaturire dal di lei capo. Io vidi quel sangue non già stillare goccia a goccia, ma piuttosto zampillare come un getto dalla sua fronte. In meno di un minuto il fazzoletto che avvolgevale il collo divenne affatto sanguigno. Ella divenne appieno pallida e debole durante quella perdita sanguigna. Anche le mani incominciarono. à sanguinare. Prima che coteste perdite incominciassero, ebbe ella grandi dolori sulla fronte e sulle tempie, a causa della puntura delle spine che risentiva sino sugli occhi. Mentre ella parlava di quelle punture, le dissi: « Se potessi, vorrei volentieri ritorle quelle spine dal capo, e lasciarvene per altro una sola. » A ciò mi rispose: « Io non la prego davvero di levarmi coteste spine; soffro volentieri questi dolori. » Sulla mia domanda, che cosa avesse inteso di dire quando fece al decano Rensing l'osservazione se guente: « Coloro i quali non credono, sentiranno; » se ella con ciò intendesse che coloro i quali non volevan credere alla verità delle di lei ferite verrebbero perciò puniti ; risposemi sorridendo: « Ah no! le mie ferite non sono già un articolo di fede! Io intendeva soltanto che coloro che non vogliono credere ciò che insegna la fede cattolica, anche qui in terra non avranno alcuna pace vera, ma si sentiranno miserabili. »

12. Ecco ciò che l'Overberg riferisce di una visita posteriore fatta nel venerdì 15 settembre 1814: « Sul mattino, fra le ore nove e le dieci, vidi le Stimate delle mani divenir rosse e gonfiarsi ; il che indicava che stavano per sanguinare. Osservai soltanto la superficie interna delle mani, ma se anch'ivi si mostrasse tumidezza non potei di stinguerlo. Anna Caterina dichiarò, vedendo il mio stupore che le ferite della superficie interna o palma delle mani non divengono mai turgide prima di una effusione sangui gna; ma che al contrario, le sembrano impresse molto più profondamente, per riuscire quindi più turgide e gonfie sulla superficie esterna della mano.

« La croce del petto oggi non ha sanguinato: rosseggiava però altamente. Cotesto rossore suole sempre sopravvenire nei giorni prefissi, ancor che non ne segua veruna effusione sanguigna. »

13. Sin dal principio del tempo in cui Anna Caterina avea ricevuto i segni esterni delle Stimate, erasi con ogni cura sforzata di sottrarre le di lei mani agli sguardi di tutti coloro che la visitavano. Essa o le teneva nascoste sotto la coltrice del letto, ovvero quando l'ardente calore delle ferite nol consentiva le involgeva in un bianco pannolino; ed era talmente intenta a non tralasciare un solo istante cotesto involucro, che anche nell'estasi accorgevasi se alcuno volesse rimuoverlo. Ecco come racconta il Wesener: « Condussi una volta la mia sorella maggiore da Anna Caterina. Essa giaceva nel consueto svenimento. Il padre Limberg volle rimuovere il pannolino che posavale sulle mani ; parve che ella non fosse contenta di ciò, ed il Limberg le dimandò: Che ha ella? Anna Caterina rispose a bassa voce e con occhi chiusi: « Si desidera qualche cosa da me, ch'io non posso concedere. » « Invero io desiderava ardentemente (confessò il Wesener) e ciò nell'intimo del cuore, che mia sorella potesse sentirsi risvegliare la sua fede alla vista di quelle meravigliose apparizioni. Anna Caterina ripete: « Si vogliono da me segni, che io non posso dare.

Allora il padre Limberg la benedisse, ed ella incominciò tosto, senza destarsi dall'estasi, a segnarsi del segno della croce con mano tremante, ma nello stesso tempo affaticavasi con ansia ed angustia a che il pannolino non le venisse a cader giù dalla mano. »

14. Cosa simile avvenne pure all'Overberg ai 10 di settembre del 1813, allorchè accompagnò la principessa Galizin a Dülmen.

« La trovai (così riferisce) molto debole. Mentre sulle sei della sera mi trovava presso di lei, bentosto cadde nel consueto profondo svenimento (estasi). Approssimai allora le due prime dita della mia mano diritta al di lei volto, e tosto ella inclinò il capo verso di quelle e le baciò con riverenza. Allora m'inclinai sulla di lei mano sinistra che irrigidita mi stava dinanzi per baciarla, ma Anna Caterina la ritrasse come spaventata. Allora m'inclinai verso la di lei mano destra, ma nemmen questa mi riuscì di raggiungere, si rapidamente fu da lei ritratta, quantunque lo in tero corpo di Anna Caterina posasse in quello svenimento talmente irrigidito e duro, quanto possa esserlo un pezzo di legno.

« L'Overberg aveva fatto cotesti tentativi perinvolontaria riverenza verso quei venerabili segni ; ma la umiltà della paziente, divenuta in lei seconda natura, ribellavasi anche in seno allo svenimento contro simile omaggio; anzi, siccome più tardi esperimentò il Pellegrino (Clemente Brentano), ella non potè mai sopportare nemmeno uno sguardo che da simile disposizione d'animo provenisse.

« Io sedeva (così racconta il Brentano) orando presso il letto su cui ella giaceva in estasi ed in gravi patimenti ; e siccome nella mia orazione offriva al Signore i patimenti di tutti i Martiri ed i dolori di tutti gli stimmatizzati in unione alle sante piaghe del nostro Salvatore, e quindi con vera commozione gettava lo sguardo sulle mani di Anna Caterina, essa le ritrasse ambedue con la rapidità del lampo. Ciò mi sorprese talmente che le domandai che le mancasse. Mi rispose dal seno della sua estasi profonda: Moltissimo. »

15. Mentre una volta il decano Rensing trovavasi presso di lei poco innanzi che scaturisse una effusione sanguigna, ella si lagnò dei cocenti dolori che solevano sempre precedere coteste sanguigne effusioni. Ei le rispose: « Non capire perchè non tenesse in sua presenza le mani affatto nude: non dover ella avere alcun ritegno al farlo in presenza sua. » « Ah (soggiunse Anna Caterina) non posso io stessa veder nudi questi segni, perchè hanno destato in pro mio la fama di grazie speciali di cui non son degna. « E quindi mi ringraziò (racconta più oltre il Rensing) di aver negato l'accesso presso di lei ad un'intera società di viaggiatori ; ma proruppe in lagrime pensando che tante buone genti si dessero cotesta pena ed avessero buona stima di lei, quantunque fossero davvero molto di lei mi gliori agli occhi di Dio. Devo per altro ringraziare Iddio (aggiunse la paziente) del che egli non mi nasconde le mie mancanze, e con ciò mi fortifica nella umiltà. »

16. In altra occasione venne ella di nuovo a parlare di coteste visite, che le cagionavano tanta pena e tanta sollecitudine, e pregò ardentemente il Reusing di non accor dare più accesso presso di lei specialmente a medici estranei, che sì di sovente senza veruna compassione offende vano la di lei delicatezza. « Mi riesce tanto duro ( disse ella ) il dover mostrare questi miei segni ; ma mi riesce ben più duro allorchè vedo che essi richiedono di vedermi non già per l' onor di Dio, ma per poterne ciarlare. Io non dimando di andar libera dai dolori corporei. Iddio me li lascierà sempre. Ma a che guardare ed esaminare? Il nostro Salvatore medesimo non è riuscito a contentare tutti in modo che credessero e si convertissero. Altri poi hanno troppa compassione per me. Oh! volessero piuttosto pregar per me, ond ' io mi assoggetti umilmente a quanto Iddio di me dispone per mezzo dell'autorità ecclesiastica, ed onde io non perda la divina grazia. Iddio guida ogni individuo per una via speciale. Ma che importa se noi giungiamo al cielo per questa o per quell'altra via? Oh! se noi potessimo fare soltanto ciò che Dio da ciascuno di noi domanda secondo il proprio stato... »

17. Allorchè il Rensing in altra occasione le raccontava come santa Veronica Giuliani avesse per lungo tempo portate le impronte della Corona di spine sul capo, e come allorchè furon conosciute i medici si provassero a rimuoverle, perlocchè ella ebbe a soffrirne spaventosi dolori, rispose sospirando: « Non ho ancora dovuto sopportare altrettanto ; nondimeno la disposizione dell'autorità ecclesiastica ingiungente che si tentasse la guarigione delle mie piaghe, mi riuscì ben dura, perchè ebbi a risentirne cotanti dolori. Ho provato le pene della Corona di spine e intorno al capo prima del mio ingresso in monistero,precisamente la prima volta nella chiesa dei gesuiti in Hoesfeld. »

18. Durante il tempo del primo vespro della festa di santa Caterina da Siena, la trovò il Rensing colle Stimate già sanguinanti ; ma coteste effusioni sanguigne divennero ben maggiori nel giorno medesimo della festa ai 30 di aprile ; talmentechè il Rensing racconta: « Quand'io la visitai alle tre ore pomeridiane, fui talmente sorpreso alla vista del sangue che scorrevale copioso dalla testa e dalle mani, che appena potei contenermi. Mi sfuggì per altro una espressione di meraviglia sulle straordinarie grazie che Iddio le accordava. Essa la notò e disse: « Sì, è vero, Iddio mi accorda più grazie di quel che io non meriti, e, di ciò lo ringrazio ; ma desidererei che egli avesse celato queste grazie agli altri uomini, perchè temo che mi riterranno per migliore di quel che sono. »

« E qui noi cademmo in una conversazione, che mi permise di penetrare profondamente col guardo nell'anima di lei pura ed umile, e mi fece conoscere alcun avvenimento della prima sua gioventù, i quali sono per me le più convincenti prove del come la mano di Dio sin dalla prima infanzia l'abbia guidata, custodita e messa in sicuro anco dai più apparenti pericoli. Ero commosso ad un tempo e sorpreso del come una persona non avente goduto di veruna maggiore educazione potesse avere sì pure, giuste ed elevate idee di Dio e delle cose divine. Essa mi raccontò pure come Iddio le avesse nella notte precedente domandato: Vuoi tu piuttosto venir presto verso di me, o soffrire ancora a lungo per amor mio? E che a ciò aveva risposto: Se tu lo vuoi, preferisco soffrire ancora di più, purchè tu mi dia la grazia che soffra come tu vuoi.

Iddio mi ha promesso cotesta grazia, ed ora me ne sento lietissima. Iddio mi ha pure fatto rammentare che durante la mia vita monastica io era incorsa in molte mancanze contro la perfezione, alla quale era chiamata dai miei voti. Mi sono pentita di bel nuovo di coteste mancanze, e quindi ho ottenuta da Dio l'assicurazione di non aver già perduto, a causa di quelle la sua divina grazia, perchè mi era umiliata dinanzi a lui e dinanzi agli uomini. Mi è stato pure rammentato come spesso in monistero, quando era disconosciuta dalle mie consorelle, perseverantemente pregava Iddio, che si degnasse far loro conoscere le mancanze in cui incorrevano nella carità verso di me. Bene spesse volte e specialmente nell'estate avanzata del penultimo anno, mi è stata accordata in quelle preghiere la consolazione di risapere che tutte perverrebbero in cognizione di quelle mancanze prima della mia morte. Ed ora elleno son tutte rientrate in sè stesse, dappoichè Iddio mi ha accordato questi segni tanto straordinari. E questa è per me una gioia tale, che anche in mezzo ai gravi patimenti cagionatimi da questi miei segni, di tutto cuore lo ringrazio.

19. Una volta le domandai (scrive il Rensing) se ella avesse una ferita anche sugli omeri ; poichè io credeva che il nostro Salvatore per certo dovesse dal peso della grave sua croce averne piagate anche le sante sue spalle. « Si certamente ( rispose ella ) il nostro divin Salvatore ebbe una dolorosissima ferita, prodottagli dalla Croce, anche sulle spalle ; ma io non ho questa ferita: ne ho risentito per altro i dolori per lungo tempo sulle mie spalle. Ho onorata e venerata la santa piaga delle spalle sino dalla mia gioventù, poichè quest'onoranza in ispecial modo è gradita al nostro Salvatore. Mentre io stava in monistero egli una volta mi rivelò che quella piaga sugli omeri, alla quale sì poco si pensa, gli aveva cagionato gravissimi dolori, e che gli riusciva altrettanto caro quando quella piaga veniva onorata, quanto gli sarebbe stato gradito se quando doveva portare la croce alcuno per compassione gliela avesse ritolta, onde portarla per lui sino alla sommità del Calvario. Sin da bambina e nell'età di sei o sette anni, quando mi trovava sola e che pensava ai patimenti del Signore, m'imponeva sulle spalle un grosso e pesante pezzo di legno, ovvero un altro grosso carico che appena poteva trascinare. »

Durante l'intero mese di maggio 1813 il Rensing dovè notare quasi giornalmente il sanguinare delle ferite e la crescente vivacità dei dolori in Anna Caterina. Aveva in oltre sino all'otto maggio giaciuto sul dorso in modo tale che ne avea riportato in molti punti piaghe profonde. Quantunque coteste piaghe le cagionassero atroci dolori, ella per altro si espresse così: « Questi dolori li tengo per nulla rimpetto a quelli che provo costantemente nelle altre ferite. E ciò nondimeno vorrei volentieri soffrire tutti i possibili dolori del corpo, quando il nostro buon Dio con discendesse soltanto a non privarmi degli interni conforti, Ma invece di questi io ora provo soltanto il più delle volte una grande amarezza nell'animo. Ciò mi riesce duro ; ma sia pur fatta la volontà di Dio! »

20. Durante l'ottava della Invenzione di S. Croce successero con pene sempre crescenti effusioni sanguigne quotidiane da tutte le Stimate. Quando il Rensing la visitò nella mattina del 3 maggio, trovò tutte quelle ferite stillanti sangue, e siccome non presentendo la correlazione di quel fenomeno col mistero della solennità corrente manifestò la sua meraviglia per quell'effusione straordinaria, «Anna Caterina replicò: Potrebbe forse provenire da ciò che oggi noi festeggiamo la solennità della Invenzione di S. Croce. » Ella aveva ricevuto nell'istesso giorno la santissima Comunione ; lagnavasi però che dopo la medesima aveva provato una straordinaria aridità di spirito: aridità che le era riuscita assai più penosa dei più sensibili dolori del corpo. Le pene più acute le venivano cagionate dallaCorona di spine intorno alla fronte ed agli occhi ed alle tempie sino alle fauci ed all'esofago. Durarono cotesti dolori senza interruzione e senza che la paziente venisse fortificata da visioni consolatorie, per molti e molti giorni. Il Rensing non poteva più a lungo sostenere la vista di quelle pene, ma suoleva lasciare la inferma tostochè ciò gli era possibile.

21. Ella gli confessò nel dì 6 di maggio: « Sento i dolori montarmi dalle piante de' piedi sino nel petto, e tutte queste piaghe mi sembra che siano tra loro in tale correlazione, che i dolori dell'una si risentono anco nell'altra.»

Ella era inoltre talmente piagata nel dorso, che i di lei pannilini e lo stesso lenzuolo le si attaccavano al corpo ; nondimeno dichiarò che quel tormento delle piaghe del dorso non era da comparare coi dolori da lei risentiti in ciascuna delle altre ferite. Allorchè il Rensing le rispose, aver ella dovuto in quello stato passare una notte vera mente miserabile, replicò: « No! il mio stesso patire mi ha arrecato gioia. Giacchè quand ' ho da patire qualche cosa, me ne rallegro, e ringrazio Iddio di non essere così costretta a restarmene oziosa nel letto. » Simili sentimenti esternò una volta anche innanzi all'Overberg: cioè trovarsi sempre in peggiore stato quando non aveva da sopportare patimenti speciali, e trovarsi bene soltanto quando veniva reputata degna di patir qualche cosa per amor di Dio.

22. Ai 9 di maggio il Rensing la trovò in uno stato che chiaramente gli indicò non essere ancora sopravvenuta alcuna mitigazione ai di lei dolori. Ciò nondimeno ella avea di bel nuovo ricevuto consolazione da Dio, e per quella trovavasi aver ripreso molt'animo. Raccontò al Rensing che i dolori del capo erano tuttora potentissimi, e tali come se un setone le venisse passato a traverso la testa ; e temere ella bene spesso di dover perdere la ragione a causa di quei dolori. Ciò nondimeno aggiunse con aria consolata:

 Il mio patire non mi riuscirà più di tanto peso, giacchè Iddio me lo ha raddolcito col mezzo di con solazioni che non merito. È specialmente in monistero che io mi sono resa indegna di simili consolazioni, giacchè ivi mi sono sì spesso rammaricata per la condotta delle mie consorelle ed ho troppo fantasticato sul come esse avrebbero dovuto contenersi, e troppo poco mi sono occupata del come io stessa avrei dovuto essere. Ciò era ingratitudine ed imperfezione ad un tempo ; e quindi adesso sono ben lieta che Iddio mi faccia patire. E se sapessi che coi miei patimenti potessi contribuire anche un tantino al di lui onore ed alla conversione dei peccatori, vorrei soffrire volentieri anche più a lungo e di più. Che Iddio soltanto si degni concedermi pazienza. » Sulla sera di quel giorno i dolori finalmente si rallentarono alquanto, ed il Rensing trovò Anna Caterina straordinariamente serena.

23. Oltre le effusioni sanguigne ella emetteva giornalmente un gran sudore da tutto il corpo, e tale che tutti i lenzuoli del di lei letto ne restavano siffattamente intrisicome se fossero stati inzuppati nell'acqua. Oltre di ciò era pure sopravvenuta la piaga del dorso e accadeva ben di raro che con quello potesse venire in contatto del letto.

Sul lato destro non poteva giacere a causa degl ' insopportabili dolori della piaga del costato ; sul sinistro poi nol poteva a cagione del femore intieramente dimagrito e scarno. Così ella doveva, sostenuta da frapposti cuscini, a grande stento seder ritta sul letto, senza che il di lei capo da tante pene oppresso, potesse posarsi sopra un origliere. Dopo la di lei morte, Clemente Brentano depose in testimonianza quanto segue: « Durante quattro anni sono stato in giornaliero commercio con Anna Caterina ed ho spessissimo veduto le effusioni sanguigne ed i dolori del di lei capo, quantunque ella non sia mai rimasta in mia presenza col capo scoperto, ed io non abbia mai veduto lo immediato scaturire delle stille sanguigne dalla di lei fronte. Vidi però il sangue per diverse vie trascorrere per disotto le bende del di lei capo e scendere sul di lei volto in tale quantità che avrebbe potuto raccogliersi grondante dalle pieghe del di lei fazzoletto da collo, prima che venisse assorbito dai pannilini. Ella sentiva il capo suo circondato da una larga e pesante corona di spine, e quindi non poteva posarlo sopra un cuscino. Mentre stava sedente, crollava quel povero capo oppresso da un peso di martori, oscillante sul collo a dritta e a sinistra, per ore intere e con pene ineffabili ; e spesso io glie l'ho sostenuto per breve ora o per lungo tempo, apponendo due dita al disopra dell'osso nasale, mentre io non poteva sostenere più a lungo la vista dei di lei patimenti, durante i quali il sudore dell'angoscia scorreva a rivi sul di lei pallido aspetto. Ed in simile stato passava ella ben molte notti, prive d'ogni aiuto nè confortata da compassione alcuna. »

24. Circa poi la completa incapacità di Anna Caterina a ritenere alcunchè di nutriente, sin dal momento in cui apparvero le Stimate, l'Overberg riferisce nel modo seguente in data del 12 maggio 1813:

« Anna Caterina da circa cinque mesi non ha più mangiato cosa alcuna di sodo, e nemmeno quanto può essere raffigurato dalla grossezza di un mezzo pisello. Non ha potuto ritenere nulla sullo stomaco, nè cioccolatte, nè caffè, nè vino, nè zuppa ; al più una volta o l'altra il contenuto di un cucchiaio da caffè pieno di brodo di carne. Ella ha tentato nascondere questo fatto col farsi presentare in apparenza alcuni cibi, come per esempio una mela arrostita o alcune prugne cotte, delle quali cose per altro ella suole sorbire soltanto il succo.

« Durante il di lei soggiorno in monistero ciò che me glio sopportava si era un poco di caffè, ma debole ; per altro dal principio dell' ultimo inverno che vi passò non potè nemmeno sopportare più oltre il caffè. Tentò allora di nutrirsi con cioccolatte leggiero, ma ciò non le riuscì che per pochi giorni. Vino non ne poteva sopportare nè puro nè misto con acqua. Quindi l'acqua rimase la sola cosa che ella potesse sopportare. »

25. È stato raccontato già per l'innanzi come Anna Caterina, la quale avrebbe sì volentieri tenuta nascosta a tutti la di lei impotenza a nutrirsi, precisamente sin dal bel principio dovè sopportare il sospetto che mangiasse in segreto ; e cotesto sospetto anche più tardi venne bene spesso in campo. Così l'Overberg riferisce in data dei 17 settembre 1814: « Secondo che il Rensing mi ha narrato, la padrona di casa della Emmerich per un mese intero prima dell' avvenuta di lei morte è rimasta di giorno e di notte continuamente nella stanza della Emmerich, avendo la convinzione di poter ivi più agevolmente sopportare i suoi dolori e meglio prepararsi a morire. Due giorni prima del di lei fine confessò al Rensing che pel passato avea avuto talvolta il pensiero di non doversi intendere strettamente secondo la lettera quel non mangiare affatto della Emmerich, ma che ora erasi più che assai chiaramente convinta che in verità la Emmerich non mettevasi in bocca alcun cibo. »

26. Anche il Wesener riferisce in data 29 ottobre 1814 un caso in cui si trovò costretto a difendere Anna Caterina contro un simile sospetto: « Il decano di Notteln venne a visitarmi per sapere, come egli disse, che doveasi ritenere di una ciarla corrente in Münster, cioè dell' essere stata veduta la Emmerich fuori del letto e cibantesi di carne.

Lo condussi presso l'ammalata, pregandolo di osservare attentamente la di lei fisonomia, mentre senza alcun riguardo le parteciperei quella ciarla. Essa sorrise al mio racconto e disse che cotesta ciarla la muoveva soltanto a compassione per coloro che l'avevano inventata e diffusa.

Io stesso ho da confessare per debito di verità di essermi dato ogni possibile cura onde ritrovare cosa alcuna di cui Anna Caterina potesse cibarsi, senza dover tosto vomitarla ; ma invano! Se fossi stato ingannato, dovrei rinnegare tutti i miei sensi interni ed esterni. Oltre di ciò la inferma è circondata da tali persone, che manifesterebbero con vera gioia la minima cosa o equivoca, o destante sospetto. La di lei propria sorella, che avrebbe dovuto servirla, è perversa e dura persona ; e siccome è d'uopo che venga bene spesso ammonita o da me o dalla inferma, così non ha per questa alcun amore, e spesso la lascia per un giorno intero senza porgerle nemmeno una goccia d'acqua da bere. Costei certo non tacerebbe in caso d'inganno! »

27. Ma lo stesso P. Limberg, a causa della irrequietezza a lui propria, era sì facilmente dedito al sospetto, malgrado ogni contraria esperienza, che quindici mesi dopo la chiusura finale dell' esame inquisitorio, nello scorgere sui pannilini del letto dell' ammalata una macchia scura, per lui inesplicabile, ne stette per tutta una giornata in grandissimo disturbo, dubitando che cotesta macchia potesse provenire da qualche cibo nascostamente mangiato.

Alla fine la Söntgen ed il Wesener riuscirono a tranquillarle sue cure, dichiarandogli che quella macchia proveniva da un impiastro che la suddetta Söntgen, a preghiera dell'ammalata, le aveva apposto sul femore dolente. Anna Caterina fu costretta a sorridere alquanto per quella vana angoscia del di lei confessore, e disse: « In verità, non saprei fare un segreto dell' aver potuto mangiare qualsiasi cosa! » Lo pregò per altro a volere per l'avvenire mani festarle subito qualsiasi sospetto ed a non volerlo più ascondere in sè per un'intera giornata. Vedremo in seguito quali patimenti dovesse sopportare Anna Caterina a causa dei tentativi del Wesener per pur trovare alcun mezzo di nutrimento a lei adatto.

Ragguaglio dell' Overberg sul modo di orazione di Anna Caterina nel prepararsi a ricevere la SS. Comunione

« L'ultima preparazione al ricevimento della santissima Comunione consiste presso Anna Caterina nel pregare Iddio Salvatore suo a darle il suo cuore, onde così divenga degna di riceverlo e di albergarlo. Essa gli rappresenta che soltanto col suo cuore e per mezzo del suo cuore può amarlo e lodarlo come egli merita. Quindi ella gli offre il proprio cuore, e lo prega ad accettarlo ed a farne quel che a lui piaccia. Dopo avere dato il cuore a Dio ella va percorrendo, nominandole, tutte le forze del corpo e dell'anima, facendo dono a Dio di tutto ciò che ha. Offre a Dio gli occhi, le orecchie e tutti i membri, pregandolo di impiegarli tutti al suo perfetto servizio e di far con loro tutto ciò che non può fare ella medesima. Quindi conchiude un trattato con Dio, obbligandosi, per quanto possa essere in lei o dipendere da lei, a lodarlo e ringraziarlo, e protestando che ogni respiro, ogni movimento, ogni moto degli occhi, delle mani, ogni istante dei patimenti suoi, debbe essere un segno di riconoscenza e di lode.

« Di poi si rivolge ai Santi, pregandoli ad imprestarle o donarle una parte della loro beltà, dei loro ornamenti e virtù, onde potersi meglio preparare a ricevere il santissimo Sacramento, e poterlo più ardentemente ringraziare dopo averlo ricevuto. E prima che a tutt'i Santi si rivolge alla Madre di Dio, onde ottenere da lei in dono il superfluo delle di lei virtù e della di lei splendidezza. La supplica poi specialmente a volerle porgere fra le braccia il divino Bambino, come lo fece coi Re dell' Oriente. Quindi passa da un santo all'altro chiedendo elemosina, e rammentando a ciascuno di loro le sue speciali preroga tive, onde ottenerne per sè un dono atto a renderla più aggradevole al divin Salvatore. Essa li supplica con queste parole: Voi siete ricchi di tanto superfluo ed io sono tanto povera? Sicchè abbiate misericordia di me! Vi domando soltanto un tantino del vostro superfluo. - Dopo la Comunione va in estasi, come le avveniva in monistero. »