CAPO XVII. DEL PRINCIPIO DELLA INQUISIZIONE ESAMINATORIA ECCLESIASTICA
Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

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1.Dappoichè appoichè alla fine Chiara Söntgen ebbe penetrato il
segreto, questo tosto si propalò in più larghi circoli. Sulla metà del
mese di marzo 1813 le Stimate erano di venute il pubblico discorso in
Dülmen ; e siccome in una osteria ( 1) erasi disputato con vivacità
dalle persone pre senti sopra quel fenomeno, ciò diede luogo alla
ricerca ed esame dello stato dei fatti, e motivo alla partecipazione dei
medesimi alla superiore autorità ecclesiastica in Münster.
(1)
Cotesta conversazione nell'osteria non era sfuggita allo sguardo della
veggente Anna Caterina ; giacchè, dopo la visita del dottor Wesener, che
ne fu la conseguenza, addomandata dal confessore del come il dottore
avesse saputo il di lei stato, diè per risposta: L'ha saputo da quei
signori nell'osteria: egli vi parlò contro e poi venne da me..
Fra
i disputanti in quella osteria erasi precisamente trovato il medico del
circolo di Dülmen, dottore Guglielmo Wesener, che ivi per la prima
volta udì parlare del fatto, da lui rigettato per altro come una
superstizione ; si propose però di visitare l'ammalata, onde
procacciarsi più esatta cognizione del vero stato delle cose. Wesener
aveva in quegli anni, in cui frequentò l'università, perduta la fede
della sua Chiesa ; era per altro per natura di un carattere talmente
benevolo e franco, che la vista dei patimenti altrui gli cagionava una
profonda impressione. Quantunque egli non potesse nel primo momento
spiegare a sè stesso quelle meravigliose manifestazioni, sperò per
altro, grazie alla franca e semplice candidezza di Anna Caterina, di
poter presto penetrar la vera fondamental cagione di quei fenomeni
apparentemente straordinarii. Dopo alcune visite offrì ad Anna Caterina i
suoi servigi come medico ( 1), ed essa amichevolmente li accettò. Col
mezzo di accurate osservazioni egli giunse per altro alla convinzione
che in cotesto caso non poteva punto darsi ombra di sospetto che fossevi
inganno o volontaria illusione ; e che esistevano fatti indubitabili ; i
quali, quantunque sorpassassero la sfera delle sue cognizioni ed
esperienze, non potevano essere nè negati, nè tenuti nascosti. Quindi
egli tenne consiglio col parroco del luogo, decano Rensing, col
confessore padre Limberg, e con un secondo medico per nome Krauthausen,
del come potevasi procedere alla redazione di un atto preliminare,
constatante quei fenomeni che si verificavano in Anna Caterina. Mentre i
sopranno minati ponderavano e discutevano nella casa parrocchiale sulla
esecuzione del loro progetto, Iddio volse lo sguardo di Anna Caterina
verso di loro, onde prepararla a ciò che doveva succedere. Trovavasi
appunto l'abate Lambert presso di lei, quand'ella interrompendo
all'improvviso la conversazione, esclamò:
« Cosa sarà mai di me!
Nel decanato si tiene consiglio intorno ad un esame ed inquisizione sul
conto mio. Lo vedo bene, vi è presente anche il mio confessore. »
Poco dopo queste parole entrò il decano Rensing nella di lei stanza, e le annunziò essere deciso l'esame inquisitorio.
(1)
I Wesener sin dalla prima sua visita cominciò a tenere un accurato
giornale continuato sino a tutto il 1819, nel quale notò non solo le sue
osservazioni ed esperimenti relativi ad Anna Caterina, ma altresì tutti
i di lei discorsi ed esortazioni a lui dirette per ricondurlo alla fede
ed all'esatta osservanza dei doveri di un buon cattolico.
2. Cotesto esame ebbe luogo il 22 marzo 1813. Ne fu tenuto un protocollo, del quale qui riportiamo soltanto un paragrafo:
«
Sulla superficie superiore di ambe le di lei mani noi rimarcammo le
croste formate dal sangue che ne era scaturito ; sotto coteste croste la
pelle era lesa e ferita. Nelle palme d'ambedue le mani osservavansi
pure simili croste sanguigne, ma più piccole. Coteste croste sanguigne
le trovammo pure sulla parte superiore dei piedi, come anche nel mezzo
della pianta dei piedi medesimi. Coteste eroste divenivano dolorose
toccandole, e quella del piede destro aveva sanguinato poco innanzi. Sul
lato destro del corpo osservammo circa alla quarta costa vera, contando
dal basso, una ferita di circa tre pollici in lunghezza, la quale
talvolta versa sangue. Sullo sterno osservammo pure alcuni punti tondi,
che rappresentavano una croce fatta a forma di ypsilon (Y). Poco più giù
osservammo una croce di forma ordinaria, formata da striscie larghe
circa mezzo pollice. Nella parte superiore della fronte osservammo molti
punti somiglianti a punture di ago, che dai due lati estendevansi fino
ai capelli. Nella benda o fascia che ella portava intorno alla fronte
osservammo molti punti o macchie sanguigne. »
Finita la cosa, Anna Caterina disse al decano Rensing:
«
L'affare non finisce qui vengono anche dei gran signori da Münster per
questo mio esame ; uno è un signore che ha l'aria di essere monsignor
vescovo coadiutore, il quale mi amministrò la Cresima in Hoesfeld, ed un
altro è già piuttosto vecchio ed ha pochi capelli grigi. »
Coteste
parole si verificarono appuntino ; poichè ai 28 di marzo, che in
quell'anno era la quarta domenica di quaresima, venne l'in allora
Vicario Generale di Münster, più tardi diventuto tanto celebre,
coll'Arcivescovo di Colonia Clemente Augusto di Droste-Vischering in
compagnia del reverendissimo decano Overberg e del consigliere di
medicina di Druffel, per sottoporre Anna Caterina ad un severo esame
inquisitorio. Il decano Rensing aveva sin dal 25 marzo fatto il dovuto
rapporto all'autorità superiore ecclesiastica sopra lo stato ed il
carattere di Anna Caterina, e vi aveva aggiunto il sopra menzionato
protocollo medicale.
3. Il rapporto del decano, che qui riportiamo per intero ed esattamente, si esprimeva così:
« Degnissimo e nobilissimo signor Barone,
« Veneratissimo Vicario Generale,
«
Col cuore profondamente commosso e pieno di religiosi sensi annunzio
alla S. V. Rev.ma, come a mio superiore spirituale, un avvenimento, il
quale offre la più sorprendente prova che il Signore, sempre ed in ogni
tempo meraviglioso nei suoi Santi, anche nei nostri giorni di leggerezza
e d'incredulità opera ancora in loro segni e miracoli, che addimostrano
la forza della nostra santa religione nel più luminoso splendore, e che
riconducono i leggieri di mente alla riflessione, e gli increduli
inducono al regresso dalle vie dell'errore. È ben vero che il Signore
sceglie pur sempre i deboli per confon dere i forti, e manifesta ai
piccoli ed ai semplici i misteri che egli tiene ascosi ai grandi ed ai
sapienti di questo mondo. Fin qui il dovere del silenzio, i riguardi di
cui mi credeva debitore ad una persona sì altamente onorata dalle grazie
del Signore, e la tema di dispiacenti conseguenze mi avevano indotto a
tenere ascoso cotesto avvenimento per quanto era possibile ; ma ora
Iddio ha permesso che malgrado ogni cautela da me impiegata
l'avvenimento di cui parlo sia stato predicato per così dire sui tetti,
sia stato conosciuto per tutto e da tutti, ed abbia già cagionato molto
bene. Mi trovo quindi in dovere di farne officiale rapporto, poichè
nelle attuali circostanze non mi sembra più conveniente il nascondere
ancora i segreti del Re dei re, ma piuttosto credo essere molto meglio
il manifestare le opere di Dio, e di esse lodarlo.
« Anna
Caterina Emmerich, monaca corale di questo soppresso monastero delle
agostiniane di Agnetemberg, è la eletta del Signore, cui si riferisce
l'avvenimento da me accennato. Secondo la testimonianza della maestra di
scuola Söntgen, qui dimorante, che nell'istesso convento e nell'istesso
giorno vestissi monaca con Anna Caterina, e presso i di cui genitori
ella dimorava prima del suo ingresso in convento, era la Emmerich sin
dalla sua prima gioventù estremamente pia, nè conosceva maggior dono del
cielo di quello dell'abbandono completo alla volontà divina,
specialmente nelle ore di turbamento e d'infelicità, per divenire
quindi, quanto è più possibile, somigliante al nostro Salvatore
crocifisso. Tale era il principale oggetto della quotidiana orazione di
Anna Caterina ; e il Datore di ogni bene di buonissima ora le accordò
cotesta grazia.
Durante il decennio della sua vita conventuale
ella fu quasi costantemente infermiccia e spesso anche costretta a
rimanere in letto per intere settimane. Ciò che per altro accresceva i
di lei patimenti si era l'essere considerata dalle sue consorelle come
una pia farnetica, mal conosciuta, e trattata senza carità ; e ciò
perchè talora, o per meglio dire abitualmente, si accostava alla
Comunione più volte nella settimana, bene spesso parlava con santo
entusiasmo della felicità di coloro che soffrono, teneva molto alle
prati che supererogative di devozione, e così si distingueva dalle
altre, fra le quali talvolta aveva anche lasciato cadere qualche parola
di visioni e di relazioni. La di lei disposizione infermiccia durò anche
dopo la soppressione del convento precisamente come prima. Ed ora da
alcuni mesi ella giace costantemente in letto, e da due mesi in poi non
prende nè rimedii, nè alcun nutrimento in fuori dell'acqua fredda, con
la quale per alcun tempo venivano mescolate alcune goccie di vino. Da
tre in quattro settimane ella sorbisce quell'acqua sola e senza alcuna
mescolanza di vino. Quel cibo che d'altronde ella prende col fine di
nascondere agli uomini che ella vive di pura acqua, lo rigetta
immediatamente col vomito. Suda poi ella sì fortemente, che a sera tutto
ciò che ha sopra di sè o intorno a sè è talmente umido come se fosse
stato inzuppato nell'acqua.
Così ella ci dà giornalmente una
nuova prova dell'antica sentenza biblica, che l'uomo non vive solo di
pane, ma bensì di ognuna di quelle parole che provengono dalla bocca del
Signore. Comunemente a sera ella va soggetta ad uno svenimento, che si
prolunga talora per due ore e più. Durante cotesto svenimento, che io
vorrei piuttosto chiamare estasi, ella diviene rigida come un tronco di
legno, talmente che l'intero suo corpo giace dritto come un'asta su quel
lato, sul quale viene rivolto per altrui mano il di lei capo ; i colori
poi del di lei volto rimangono anche in quello stato altrettanto
floridi, quanto quelli di un innocente bambino ; e mentre così giace in
cotesto stato, ed anche se l'origliere e la coltrice del letto le
ricoprano il volto, ove le venga impartita la benedizione sacerdotale
anche in modo (se così posso esprimermi) furtivo, ella tosto solleva la
mano, che prima giaceva immobile come una pietra, e fa il segno della
santa Croce. Essa dopo simili estasi ha pure manifestato al di lei
abituale confessore il signor Limberg, come inoltre a me stesso, alcuni
misteri che ella non poteva sapere altrimenti che per alta rivelazione.
«
Ciò che per altro più la distingue come amica privilegiata del nostro
Salvatore, si è che ella ha intorno al capo una corona sanguigna ; le
Stimate nel costato come pure nelle mani e nei piedi, e sul petto due e
talora tre croci chiaramente visibili. Tanto queste quanto quelle
stillano bene spesso sangue ; per altro, le croci comunemente nel
mercoledì ; le altre Stimate poi nel venerdì ; e ciò in guisa sì forte,
che talora ben grosse gocciole di sangue ne cadono.
Siccome è
appunto cotesta manifestazione quella che fa più rumore e va soggetta
alla più acuta critica, così io, per potermi mettere in istato di fare
sopra di ciò il necesario rapporto, invitai i signori medici qui
residenti a fare una preliminare inquisizione. Ambidue furono durante
questo esame commossi sino alle lagrime, ed il risultato del loro esame è
contenuto nell' annesso documento A- a,sottoscritto dai due medici,
come pure da me, dal signor Limberg e dal sacerdote francese Lambert, il
quale abita in una medesima casa con la inferma.
« Mentre con
questo mio umile rapporto soddisfaccio al dovere d'informare
convenevolmente il mio superiore di un caso per sua natura tanto raro,
imploro ancora avvertimenti e direzioni dal superiore medesimo intorno
al modo sul quale io mi debba ulteriormente condurre in quest'affare,
specialmente nel caso della morte di questa persona, tanto nei nostri
tempi degna di attenzione ; la qual persona niente teme più, quanto che
quella ferita arrecata al suo cuore dalla pubblicità della di lei
storia, possa venire ingrandita dalla intervenzione della superiore
autorità secolare. Voglio sperare che la S. V. Ill.ma e R.ma riuscirà ad
evitare cotesto inconveniente. Ove per altro la S. V. volesse
personalmente esaminare la verità della mia relazione e convincersi coi
proprii occhi della natura soprannaturale di alcune circostanze, che non
posso ancora confidare alla carta, in tal caso la pregherei a voler
seco condurre il veneratissimo signor Overberg, uomo veramente
spirituale, e di farmi l'onore di venire ad albergare in casa mia.
«
Ben volentieri avrei in persona portato questo rapporto, giacchè così
avrei potuto a voce soddisfare ad alcune ommissioni del medesimo ; ma lo
stato di malattia di alcuni miei penitenti abituali, la istruzione
preparatoria alla Comunione dei fanciulli, e gli altri doveri
parrocchiali che si affollano in questo tempo dell'anno, non mi
permettono di allontanarmi da casa. V. S. Ill.ma e R.ma troverà al certo
queste mie scuse assai valevoli, per onorarle della sua piena
approvazione. In questa lusinghiera previsione rimango con la più alta e
dovuta venerazione,
Di V. S. Ill.ma e Rev.ma,
Devotissimo e ubbidientissimo servo RENSING.
«Dülmen, 25 marzo 1813. »
Prima visita del Vicario Generale di Droste in Dülmen
1.
Il surriferito rapporto trovò presso il Vicario Generale di Droste,
nelle cui mani pervenne il 27 di marzo, una freddissima accoglienza.
«
Quand'io (confessa egli stesso) ebbi ricevuto la lettera di Rensing col
protocollo dei medici, fui ben lungi dal considerare la cosa quale
sembrava esser dipinta in quei rapporti. Io sospettava illusioni e forse
inganno, come ogni volta suol sospettarsi in simili casi. Fin allora
non aveva udito intorno a ciò nemmeno una sillaba. Quando per altro vidi
la cosa esser divenuta il discorso universale nella città di Dülmen,
pensai che anche per la stessa natura di coteste cose, che
necessariamente dovevano venir chiare sotto l'occhio dello scrutinio,
potrebbe senza gran fatica pervenirsi a scoprire la verità ; e quindi mi
recai nel giorno seguente in Dülmen, dove secondo ogni probabilità io
non era si presto aspettato. Il signor Overberg ed il consigliere medico
di Druffel vennero a mia richiesta con me. Questo ultimo io l'aveva
specialmente trascelto e pregato, perchè aveva gran confidenza nel suo
rettissimo spirito d'osservazione, e non ammetteva in lui una facile
credulità, che in questo caso sarebbe stata principalmente dannosa. »
2.
Per Anna Caterina per altro cotesta subitanea ve nuta non giunse tanto
inaspettata quanto il Vicario Generale eraselo immaginato ; giacchè
alcuni giorni dopo il curato vicario Hilgenberg depose con giurata
testimonianza, che nel sabato 27 marzo a sera dopo le pubbliche litanie
l'aveva visitata, ed alla dimanda del come ella si sentisse ne aveva
avuto in risposta queste parole:
« Ho passata una pessima
settimana a cagione dell'esame delle Stimate intrapreso da questi medici
; ma domani e nel corso della ventura settimana dovrò patire ben più a
cagione di nuove ricerche. »
3. Arrivammo (così prosegue il
Vicario Generale di Droste nelle sue note scritte) verso le quattro in
Dülmen ; e nel corso della domenica vedemmo due volte Anna Caterina
Emmerich, e parlammo con lei, col decano e col di lei confessore. Nella
mattina di lunedì 29 rivedemmo la Emmerich e parlammo un' altra volta
con lei. Io parlai pure con la di lei amica di gioventù la Söntgen di
Hoesfeld. Verso le 10 partimmo da Dülmen. In questa prima visita la cosa
ci fece impressione ancora maggiore di quello che ci eravamo aspettati.
4.
Il 28 marzo 1813 era la quarta domenica di Quaresima, e per la diocesi
di Münster cadeva pure la festa di S. Giuseppe. Il Vicario Generale fece
tenere un protocollo speciale delle osservazioni fatte in cotesto
giorno e nei susseguenti sopra Anna Caterina, ed oltre a ciò
dall'Overberg fu accuratamente notato tutto ciò che gli era sembrato
degno di osservazione. Il testo del protocollo si esprime così:
«
Verso le cinque pomeridiane noi visitammo la monaca Emmerich per
assicurarci delle straordinarie manifestazioni che dicevansi visibili
sul di lei corpo. Nulla notossi di straordinario nella di lei fisonomia ;
niun segno di espettazione, di gioia o di meraviglia. Allorchè la
Emmerich fu resa avvertita che la superiore autorità ecclesiastica
voleva assicurarsi del suo stato, ella mostrossi di tutto contenta.
Senza alcuna resistenza ella lasciò vedere le mani, i piedi, e il lato
destro. Le di lei espressioni erano, esser cosa dura il doversi
sottoporre a simili esami: non desiderare però altra cosa fuorchè
sottoporsi con pieno abbandono alla volontà di Dio.
« Il più
leggiero toccare le ferite, secondo le di lei assicurazioni, le riesce
dolorosissimo ; anche il braccio le trema ogni qual volta le vien
toccata la ferita della mano, ed anche quando soltanto le vien mosso il
dito medio.
« Circa le nove ore della sera le fu fatta una seconda visita ; e poco dopo Anna Caterina cadde in estasi.
«
Tutti i di lei membri sembravano convulsivamente irrigiditi; ciò non di
meno le di lei dita erano mobili, ed anche il semplice toccare le
ferite ed il dito medio eccitava tremiti ; a stento potevasi sollevare
il capo, ed in questo caso anche il petto, siccome seguendo il capo,
veniva in alto sollevato. Diverse domande fatte dai medici rimasero
senza risposta. Essa non dava il minimo segno di vita. Allora il signor
Vicario Generale disse: Io le comando per santa ubbidienza di
rispondere. Appena coteste parole eran fuori delle sue labbra, che ella
con una rapidità difficilmente imitabile volse il capo verso di quel
lato dove noi eravamo, ci guardò con ispeciale amichevolezza, e rispose a
tutto ciò che le venne domandato. Più tardi richiesta del come fosse
accaduto che nel di lei svenimento, al comando del Vicario Generale
avesse sì rapidamente voltato la testa, e se ella avesse inteso il
comando, rispose: No, ma allorchè nei miei svenimenti mi viene
comandato alcunchè per santa ubbidienza, mi fa lo stesso come se una
potente voce mi chiamasse ( 1). » Relativa mente alle Stimate ella
confessò di aver pregato il Signore a ritorle quei segni esterni, ma
averne avuto in risposta:
La mia grazia ti basti sul che il Vicario Generale le comandò di ripetere incessantemente cotesta preghiera. »
(1) Dal circostanziato rapporto dell' Overberg.
5.
Il mattino seguente comparvero gli esaminatori per la terza volta.
Venne allora dal Vicario Generale disposto che il medico-chirurgo
Krauthausen di Dülmen lavasse con acqua tepida ed astergesse dalle
croste sanguigne le ferite delle mani e dei piedi ; quin di asciutte le
fasciasse, e che per otto giorni continui senza veruna interruzione
fosse quella fasciatura mantenuta e disposta sulle mani e sui piedi, in
modo tale che le dita non fossero libere nel muoversi. Anna Caterina si
dichiarò pronta a sottoporsi a quell'ordine ; anzi, secondo il
protocollo, ripetè più volte la espressione della sua pronta volontà a
lasciar fare tutto ciò che si volesse delle di lei ferite e di sè
stessa. Pregò soltanto che si volesse evitare tutto ciò che potesse
eccitare maraviglia e spettacolo.
Coloro che furono presenti a
cotesto esame non solo si appagarono del contegno di Anna Caterina, ma
anzi ricevettero una sì alta impressione dalla innocente e volonterosa
prontezza, con la quale prestò cieca ubbidienza ai comandi della
spirituale autorità superiore, quantunque cotesti comandi le
preparassero maggiori patimenti, che si trovarono indotti ad osservare
nel protocollo che: « Durante le varie conversazioni la fisonomia della
inferma si rasserenò in modo speciale, e sorprendente si era l'osservare
come ne divenisse chiaro ed amichevole lo sguardo. Alla fine il Vicario
Generale parlò da solo con lei e le manifestò che si può benissimo
desiderare di aver parte ai patimenti del divino Salvatore ed ai dolori
delle sue ferite, senza per altro desiderare le esterne ferite medesime ;
a ciò ella rispose: Precisamente queste esterne ferite sono la mia
croce. »
Ordini del Vicario Generale di Droste
1.
Ritornato in Münster, il Vicario Generale di Droste prescrisse regole
per la prosecuzione dell'esame ; e regole tali che chiaramente
dimostrano, che la personale impressione in lui prodotta dall'intero
portamento di Anna Caterina era sormontata da riguardi di ben più alta
natura.
« Io non poteva (osserva egli nel protocollo) da un solo
esame aspettarmi come risultamento la sicurezza che l'inganno o
l'illusione fossero impossibili. La domanda, se (ove non si desse il
caso nè d'illusione nè d' inganno) coteste sorprendenti manifestazioni
potessero spiegarsi come cose naturali, non ispettava a me in modo
veruno. Le Stimate sono talmente visibili ad ogni occhio che niuno può
illudersi sul fatto. La questione è quindi la seguente: Si è ella la
Emmerich fatte queste ferite da per sè stessa, o no? Glie le ha forse
fatte alcuno? Siccome però ella precisamente dichiara non essersele
fatte da per sè stessa, nè alcun altro avergliele fatte, quindi a me si
spetta il ricercare se ella inganni, o venga ingannata. Quand' io per
mezzo dell'esame giuridico pervenga al risultato che in nessun modo
ragionevole si possa sospettare alcuno inganno, in questo caso io non
posso ricercare più oltre. Per pervenire a cotesto scopo io posso usare
soltanto di quei mezzi che non ledono nè la giustizia, nè la carità.
2.
Allorchè un uomo, siccome il Droste-Vischering, il quale accanto ad una
inflessibile fermezza di carattere possedeva una tal dolcezza di cuore
da indurlo a comprare abitualmente uccelli fatti prigioni per rendere
loro la libertà ; quando, diciamo, un tal uomo aveva stabilito simili
principii fondamentali come norme de ' suoi procedimenti, si poteva
anticipatamente concepire l'espettazione che per Anna Caterina le pene
inevitabili in tal sorta di esame sarebbero per quanto era possibile
raddolcite. Ma coteste mitigazioni non erano, per altro, nelle vedute di
Dio ; il quale, in quel tempo di severa situazione per la Chiesa, aveva
chiamata Anna Caterina ad essere strumento delle sue misericordie. Come
tale, ella dovea prendere sopra di sè tutti i patimenti per mezzo dei
quali doveva essere vinta la durezza di quell' epoca e fatta capace di
ricevere le benedizioni, che per lei dovevano scaturire dai dolori di
quella innocente espiatrice. Quindi avvenne che nell'intero modo di
procedere del Vicario Generale meno apparisse la dolcezza del suo
spirito, che non facesse il carattere proprio de'suoi tempi; carattere
che al pari della sua straordinariamente difficile posizione come
superiore di una diocesi da si lungo tempo vedova e sottoposta ai più
gravi politici mutamenti, imponeva a quell'uomo sagace e profondamente
avveduto doveri tali, dinanzi ai quali doveva tacersi ogni altro
riguardo.
3. Il paese di Münster aveva perduto sin dall'anno 1802
l'ultimo suo reggitore spirituale nella persona del principe-vescovo
Massimiliano Saverio, fratello dell'imperatore Giuseppe II, ed era stato
occupato dalla Prussia durante il tempo della sede vacante. La
decisione suprema della deputazione dell' impero dell'anno 1803 mise la
residenza episcopale di Münster e la parte meridionale del paese
nell'effettivo possesso della Prussia, mentre le rimanenti parti del
paese di Münster vennero divise fra sette altri piccoli padroni. Dülmen
cadde in mano del cattolico duca di Croy, il quale nel seguito degli
anni fece sparire senza pur lasciarne traccia alcuna il convento
agostiniano di Agnetenberg, divenuto sì famoso a causa di Anna Caterina,
ed insieme col convento anche la chiesa. Hoesfeld unitamente a Flamske
se li ebbe il ringravio di Salm.
Dopo la battaglia di Jena
coteste contrade vennero di nuovo ritolte ai loro possessori e riunite
al granducato di Berg eretto da Napoleone I, siccome dono in occasione
di nascita del figlio maggiore della regina d'Olanda e sua cognata
Ortensia. Nell'anno 1810 sparve di nuovo cotesta riunione, mentre
Münster con Hoesfeld e Dülmen divennero parti integranti del grande
impero francese ; finchè al Congresso di Vienna la Prussia ottenne per
sè l'intera contrada di Münster.
4. Da ciò chiaramente apparisce
quanto dovesse riuscire difficile la posizione di un superiore
ecclesiastico in faccia a governi, che sì rapidamente si dissolvevano, e
in un ?paese, la di cui popolazione sempre e poi sempre dolorosamente
sospirava per quelle tranquille e felici circostanze, nelle quali avea
vissuto sotto il mite scettro del suo principe spirituale. Oltre a ciò
Clemente Augusto di Droste Vischering apparteneva ad una delle più
ragguardevoli ed antiche famiglie della nobiltà di Münster, e perciò
solo veniva guardato con diffidenza da quegli stranieri reggenti.
Nell'anno 1807 avealo il Capitolo metropolitano messo alla testa
dell'amministrazione di quella diocesi, vedova sin dal 1802 ; finchè il
14 di aprile 1813 un decreto napoleonico nominò a vescovo il decano
della metropolitana, conte di Spiegel ; ed il Capitolo venne forzato a
trasmettere a lui l'amministrazione della diocesi. Clemente Augusto
trovossi quindi necessitato a sostituirsi al conte Spiegel siccome suo
vicario generale ; il che per altro, come ben si comprende, non fu
tollerato da Roma. Quindi egli rientrò di nuovo nella sua
amministrazione sino all'anno 1821 ; nel quale anno finalmente la
diocesi di Münster ottenne un capo effettivo nella persona dell'antico
principe-vescovo Korvey, dei baroni di Lüning. Questi, per altro,
soggiacque ben presto ad un totale indebolimento delle sue facoltà
mentali, che nell'anno 1825 lo condusse a morte.
5. Con amaro
dolore sentiva Clemente Augusto come la Chiesa, di cui vantavasi essere
l'umile servo, venisse dal dominante progresso dei pretesi lumi trattata
con tanto sprezzante scherno, quasi fosse cosa omai priva d'ogni
diritto a riguardo veruno e condannata all'oblio. Ei ben conosceva quel
diluvio d'insulti e di scherni, col quale perseguitata veniva ogni
manifestazione della vita ecclesiastica ;insulti e scherni ch'erano in
perfetta contraddizione col sogno di quelle illuse menti, che credevano
essere la estinzione della Chiesa un fatto omai compiuto; anzi di più
era egli condannato a vedere come tra le file de'nemici di Dio,
combattenti con la parola e con gli scritti gli esercizi della fede e
della pietà, contavansi non pochi ecclesiastici.
Non può quindi
destar maraviglia che per quell'uomo sì previdente ed avveduto, già
oppresso dal peso della sua posizione tanto imbarazzante e poco sicura,
dovesse riuscire affatto inopportuna l'apparizione di fenomeni
interamente estranei e contrari alla corrente delle idee di quella
epoca, come quella che manifestavasi in Anna Caterina ; apparizione da
cui poteva soltanto per lui derivarne una catena di nuove e gravissime
cure. Egli pure sul bel principio aveva sperato, con rapido e subitaneo
procedere, di scoprire immediatamente il supposto inganno, e da lei
allontanare ogni maggiore estensione della fama che ne correva, prima
che tutto cotesto affare venisse adoperato e sfruttato a danno della
Chiesa; ora al contrario, poichè ad un inganno di illusione non era
nemmeno da pensare, tenevasi per obbligato a condur l'esame giuridico
con la più alta severità. Ei non poteva permettere che sulla su prema
autorità ecclesiastica, pur troppo già guardata con malizia e
diffidenza, cadesse nemmeno l'ombra del sospetto che ella potesse
esercitare intempestiva mitigazione o riguardo in un fatto, che
possibilmente poteva essere un vero inganno, ma che in ogni caso,
tostochè non potevasi nascondere nella più profonda oscurità, o addurre
in completa dimenticanza, doveva necessariamente provocare tutta la
rabbia la più amara dei nemici della Fede e della Chiesa.
6. La
scelta dei due individui nella cui compagnia Clemente Augusto erasi
recato a Dülmen, e che ora dovevano stargli continuamente allato nell'
incominciato procedimento giuridico, non poteva al certo esser meglio
combinata. L'Overberg nominato con riverenza bene al di là dei limiti
del suo paese nativo, contava fra gli uomini più nobili e più distinti
del tempo suo, ed era considerato in tutta la diocesi di Münster siccome
un sacerdote esperto quanto altri mai nella direzione delle anime e
nelle vie della vita spirituale. Clemente Augusto seppe bene apprezzare
cotesto vantaggio, e quindi gli affidò la commissione di sottoporre al
più stretto e preciso esame tutta la interna ed esterna vita di Anna
Caterina sino dai giorni della prima sua gioventù. Egli stesso poi
impose a costei sotto obbligo di santa ubbidienza di render all'Overberg
stretto e completo conto di tutti gli interni ed esterni casi del
vivere suo. Non riuscì punto difficile a quel degnissimo sacerdote il
guadagnarsi l'assoluta confidenza di Anna Caterina in modo tale che egli
sin dalla sua prima conferenza con lei potè riferire: « Che in ispirito
mi ha veduto venire verso di lei, essa medesima me lo ha confessato, e
di più nel tempo stesso assicurato di non avermi prima veduto in tutto
il viver suo cogli occhi corporei: Io vi ho veduto così internamente; -
mi ha detto. Per altro ella si è dimostrata tosto altrettanto
confidente, come se da lungo tempo già ci fossimo l'un l'altro
conosciuti. »
La fanciullesca e filiale franchezza e sincerità
che Anna Caterina sempre manifestò verso cotesto degnissimo e canuto
sacerdote, gli permise di portare lo sguardo nel più profondo dell'animo
di lei, e bentosto tutta la interna di lei vita apparve chiara agli
occhi suoi. Quanto più a lungo egli conversò con Anna Caterina, tanto
più ottenne molte plici e diverse prove della piena verità della
straordinaria di lei vocazione. Tutti i di lei doni straordinarii gli si
manifestarono chiaramente, e questo degno sacerdote sopraccaricato di
affari, richiesto di consiglio e di aiuto da innumerevoli bisognosi di
ogni condizione, non si rifiutò alla fatica di tenere esatta nota delle
proprie sue osservazioni ed anco delle singole parole che egli ricavava
dalla bocca di Anna Caterina.
In vista della rara bontà di cuore
dell' Overberg era ben da presumersi che, grazie alle sue cure,
verrebbero diminuite le pene che per Anna Caterina necessariamente seco
adduceva l'esame giuridico. Soltanto Iddio non permise che cosa alcuna
da verun lato ponesse ostacolo alle regole stabilite ed alle misure che
Clemente Augusto ritenne per necessarie ; e ciò a fine di torre di mezzo
ogni dubbio sulla piena verità delle grazie ad Anna Caterina accordate.
7. Era il consiglier di medicina e professore Druffel, uomo
dotto ed assai reputato, individuo di molta indipendenza morale, che con
l'esercitato sguardo di un profondo scrutatore della natura esaminò i
fenomeni apparenti in Anna Caterina. Anch'egli, sulla prima notizia di
quei casi, non era punto alieno dal ritenerli per illusioni o per
maliziosi artificii ; ma la prima visita lo indusse tosto in ben diversa
opinione. Non solo la forma delle ferite ed il modo delle effusioni
sanguigne gli persuasero che un artificio od una azione esterna non eran
nemmeno supponibili, ma ben più lo intero modo di essere ed il contegno
di Anna Caterina furono quelli, che da lui allontanarono ogni anche
minimo pensiero di menzogna o d'inganno. È degno di essere notato che il
Druffel, del pari che gli altri medici Krauthausen e Wesener, vivamente
sentì con quali dolori dovesse per Anna Caterina esser collegato
l'esame delle sue Stimmate, e che la sua convinzione della verità e
sincerità della cosa non abbisognava affatto dell'impiego delle severe
misure, che l'autorità spirituale si tenne per obbligata di imporre a
cotesto esame.
A cagione della grande curiosità cagionata da
quella inchiesta giuridica il signor Druffel si ritenne obbligato a
lasciar pubblicare nella gazzetta medico- chirurgica di Salisburgo un
lungo saggio sottoscritto col suo nome in cui egli diè una fedele e
chiara esposizione delle sue medicali osservazioni sopra Anna Caterina.
Quantunque egli per anticipazione dichiarasse di rinunziare a bella
posta a voler rischiarare o spiegare un simil genere di manifestazioni,
(il che gli editori d'un periodico medicale, specialmente in quei tempi,
appena avrebbero tollerato), pure arrischiò la seguente considerazione
finale: Per coloro che queste manifestazioni ritenessero per inganno,
deve qui notarsi che nell'esame giuridico i superiori ecclesiastici
hanno avuto a ciò un pieno riguardo. Se inganno esiste, deve essere
tessuto in modo tutto suo proprio ben difficile a scoprirsi. »
8.
Accadde col Druffel quel che suoleva accadere con tutti coloro che
venivano in prossimità od in contatto con Anna Caterina ; cioè che Iddio
per mezzo della sua serva lo fece partecipe di una grazia. Cotesta
grazia ebbe per iscopo l'anima sua ed il pericolo in cui trovavasi
relativa mente alla fede. Anna Caterina lo partecipò tosto all'Overberg
nella prima sua conversazione, lasciando alla cura di cotesto spirituale
amico, altamente stimato dal Druffel, di fare di quella rivelazione
quel miglior uso che credesse. L'Overberg rimase sorpreso, nè volle
prestare facile credenza alla cosa ; ma il signor Druffel medesimo, cui
egli aveva svelato quella segreta partecipazione, confermò le parole di
Anna Caterina, e diede ad essa prove non dubbie del come egli in suo pro
usasse della di lei esortazione.
9. Il Vicario Generale di
Droste spedì a Dülmen sino dal 31 marzo una sequela di ordini e
disposizioni scritte, che colà furono eseguite con la più esatta
osservanza, e che sono una notabile testimonianza della rara forza di
volontà, e della prudenza e sagacia di cotest'uomo straordinario, di cui
Iddio servire volevasi a maggiore onoranza della sua serva. La prima
disposizione era che il decano Rensing di Dülmen era destinato ad essere
direttore della coscienza di Anna Caterina per tutta la durata
dell'inchiesta giuridica ; e che gli veniva imposta la più stretta e
precisa osservazione e la fedele relazione della di lei intera condotta (
1).
( 1 ) 11 decano Rensing (osserva egli) è uomo ragionevole. A lui, ed a lui soltanto, posso io affidare l'esame giuridico..
A
questo fine gli fu diretta una minuta istruzione del seguente tenore: È
dovere della suprema autorità spirituale di approfondire per quanto è
possibile se coteste straordinarie manifestazioni esterne sieno causate
da una malattia, ovvero se sian di tal natura da esistere e mantenersi
per cagioni riposte fuori della sfera dei fenomeni naturali ; od anche
se coteste manifestazioni sieno state ad arte prodotte e nel modo stesso
mantenute. Qui non trattasi punto di valutare ciò che se ne crede, ma
trattasi soltanto di per venire con la maggior possibile sicurezza a
scoprire quello che è. Perciò è assolutamente e inevitabilmente
necessario che venga notato e quindi riferito con ogni precisione e per
quanto è possibile conformemente alla più esatta e nuda verità, non
soltanto ciò che fino a qui si è rilevato e scoperto tanto dell' anima
(senza per altro la più remota e minima violazione del sigillo di
confessione), quanto del corpo della Emmerich; ma è necessario altresì,
dal giorno in cui queste disposizioni perverranno a cognizione del
signor decano Rensing, di notare in un libro apposito in forma di diario
ogni giornaliera alterazione corporea, come pure ogni morale e fisica
manifestazione della Emmerich medesima, e di trasmettermelo con rapporto
analogo, di otto in otto giorni. Ciò che riguarda l'anima resta intera
mente affidato al signor decano Rensing. In quanto poi alle cose
corporee vien commesso al signor decano di dire alla Emmerich: Per
ubbidienza all'autorità superiore ecclesiastica ella si compiacerà
sottoporsi a tutto ciò che il signor Krauthausen crederà bene
prescrivere per la guarigione del di lei corpo. » Deve soprattutto la
Emmerich accorgersi il meno possibile di quanto si vuole esaminare.
Quanto più l'affare verrà maneggiato in modo che la Emmerich venga
naturalmente indotta a credere niun ' altra cosa aversi in vista fuorchè
la di lei guarigione, ciò sarà tanto meglio. Quanto alle Stimate ed
altri segni apparenti non deve annettervisi il menomo valore e nemmeno
la considerazione di un effetto di grazia speciale. Quanto più tutta
questa faccenda potesse cadere in oblio, e quanto meno se ne venisse a
parlare, tanto meglio sarebbe. »
10. Della osservazione poi e
della descrizione di tutte le manifestazioni e fenomeni corporei ne
venne incaricato il medico-chirurgo Krauthausen ; giacchè:
Il
dottor Wesener (osserva il Vicario Generale) ha redatto il protocollo
del 25 marzo, e ciò basta per non poterlo impiegare nell'esame
giuridico, come già troppo compromesso. Nel signor Krauthausen poi si
può interamente confidare relativamente al trattamento delle ferite
della Emmerich, siccome me ne son convinto nel discuterne col signor
consigliere di medicina, Druffel. In niun caso deve permettersi che la
fasciatura delle ferite venga rimossa, od anche menomamente alterata da
altri, fuorchè da lui. Ove il signor Krauthausen ne abbia sufficienti
motivi, egli potrà rimuovere la fasciatura dopo quattro giorni, ed in
questo caso dovrà tosto apporne una nuova. »
I punti sovra dei
quali dovea farsi il rapporto settimanale vennero tutti sino al minimo
indicati e prescritti dal Vicario Generale.
11. Al confessore
ordinario di Anna Caterina, che era il P. Limberg, dovette il decano
Rensing per comando della superiore autorità ecclesiastica manifestare:
1.
Che egli dovea, per quanto fosse possibile, evitare nelle sue con
ferenze e conversazioni spirituali di manifestare speciale riguardo ai
patimenti della inferma ;
2. Di astenersi durante o dopo le
estasi dal dirigerle domanda alcuna sopra il di lei stato interno, o
sulle idee casuali ed accidentali ; giacchè ciò era esclusivamente
riservato al decano Rensing ;
e 3. Che egli dovesse tosto ed
interamente partecipare tutto ciò che Anna Caterina, senza esserne
interrogata, sia nella estasi, sia posteriormente potesse manifestargli.
»
12. Fu poi incaricata di segreti rapporti la Chiara Söntgen ;
giacchè: « Cotesta persona (osserva il Vicario Generale) mi è
perfettamente nota, siccome intelligente ed incapace di qualsiasi
inganno. Io ho voluto da lei, senza che il decano nulla di ciò sapesse,
avere relazione, onde per mezzo dei due rapporti l'uno dall'altro
indipendenti, venire più facilmente in cognizione del vero. »
All'ordine scritto diretto alla Chiara Söntgen era aggiunto l'avviso seguente:
«
Io debbo qui tutto sapere ; non già pensare e indovinare, ma
assolutamente sapere. Soltanto ciò che io so e posso ritenere per certo,
ha per me un vero valore. »
13. Relativamente alla sorella della Emmerich fu spe dito il seguente avviso:
«
Essa vien lasciata di buon grado presso la sorella. Ove per altro si
permettesse di agire contrariamente alle succennate disposizioni, essa
verrebbe immancabilmente ed interamente separata dalla Emmerich. Ed a
questo proposito debbo osservare che certe disposizioni provenienti da
altra sorgente e che riuscirebbero per la Emmerich molto più
disaggradevoli, possono essere solo evitate, in quanto gli ordini da me
rilasciati vengano puntualmente eseguiti. »
14. Finalmente fu
data commissione al decano Rensing d'interrogare circa ad Anna Caterina
nel nome della superiore autorità spirituale e dietro domande
precisamente prestabilite tutte le persone, siano sacerdoti, monache e
laici, in Dülmen, ed anche in Hoesfeld e Flamske, che fossero state con
Anna Caterina in relazione bastantemente intima e quindi adatte a
comunicare partecipazioni degne di fede intorno al di lei carattere ed a
tutto il suo antecedente modo di vivere.
La fasciatura delle Stimate
1.
Il primo di aprile il chirurgo Krauthausen fasciò le mani ed i piedi di
Anna Caterina. Il suo rapporto al Vicario Generale, intorno a questa
circostanza, si esprime come segue:
« In seguito alla commissione
a me benignamente imposta ho nel passato giovedì (giovedì precedente
alla Domenica di Passione ) sulle otto ore del mattino con ogni
precisione e cura ritolto le croste sanguinose e lavato le ferite delle
mani e dei piedi, come pure anche del capo, di Anna Caterina Emmerich,
già monaca agostiniana ; e dopo avere asterse quelle piaghe le ho
immediatamente avviluppate con fascie in modo tale che nè le dita delle
mani nè quelle dei piedi possano avere alcun libero movimento, ed in tal
guisa che cotesta fasciatura non possa venire in verun modo allentata e
molto meno ritolta, senza che io debba immediatamente accorgermene.
Questa astersione, quantunque da me fatta adagissimo, nel modo il più
leggiero e con una spugna molto fina, e la fasciatura susseguente hanno
cagionato alla inferma i più sensibili dolori e molto viva agitazione
per lo spazio di circa ventiquattr'ore. In seguito del lavamento io
osservai sulla superficie esterna d'ambe le mani e dei piedi una ferita
ovale, lunga mezzo pollice circa ; le ferite nelle palme d'ambe le mani e
nella pianta dei piedi apparivano più piccole; erano perfettamente
pure, e non vi si scorgeva alcuna suppurazione. »
2. Poche ore
dopo l'apposizione delle fasciature sopravvenne il decano Rensing e
trovò Anna Caterina « pian gente pel dolore che a cagione dell'ardente
calore destatosi nelle fasciate ferite le divenne affatto
insopportabile. » Consolata da lui, ella rispose:
« Volontieri,
volontieri voglio io tutto sopportare purchè il mio buon Signore si
degni di accordarmi forza bastante a non divenire impaziente. »
La
promessa del decano che egli ed inoltre un altro sacerdote
celebrerebbero nel seguente giorno il santo sacrificio della Messa in di
lei pro, onde implorarle da Dio la forza necessaria, fu soltanto capace
di tranquillarla, e rispose:
« Io non dimando cosa alcuna
oltre questa grazia ; e Iddio per certo non me la rifiuterà, quando i
sacerdoti preghino con me per ottenerla. »
3. La notte del 2
aprile riuscì talmente dolorosa, che ella tre volte per la debolezza
cadde in isvenimento. Sul mattino soltanto, allorchè la santa Messa fu
per lei celebrata, sopravvenne alcun poco di alleviamento alle sue pene.
Le fitte ed il bruciore nelle Stimate durarono per altro senza
interruzione, e sulla sera del 2 aprile ella potè soltanto dire al
decano con voce appena per la debolezza sensibile:
« Ecco che vi sono altri uomini che vogliono vedere questi miei segni: ciò mi angustia. Non può ella forse impedirlo? »
Coteste
parole si verificarono il 4 di aprile, giacchè arrivò da Münster il
supremo commissario francese di polizia, Garnier, venuto in Dülmen per
avere più esatta relazione dai medici e dalle persone avvicinanti Anna
Caterina, e fare presso di lei stessa un esame o visita di ufficio. Egli
di fatto diresse varie domande ad Anna Caterina, mentre l'abate Lambert
traduceva in francese le di lei risposte. Coteste domande si riferivano
precipuamente al sapere, se Anna Caterina parlasse o profetizzasse di
cose politiche.
Quindi egli volle che il Krauthausen ritogliesse
la fasciatura alla di lei mano destra, affine di poterne con gli occhi
suoi propri esaminare la ferita. L'intero contegno di Anna Caterina
produsse nel Garnier una impressione sì profonda, che egli a quattordici
anni di distanza da quel giorno parlava sempre in Parigi con gran
riverenza e commovimento di quella sua visita a Clemente Brentano.
4. Su quel fatto dello aver ritolta la fasciatura il diario del Krauthausen così riferisce:
Quest'oggi,
4 di aprile, per comando del signor com missario di polizia del
compartimento della Lippa io ho dovuto ritogliere la fascia alla mano
destra di Anna Caterina, e le altre fasciature della mano sinistra e di
ambedue i piedi le ho poi rimosse alle quattro e mezza pomeridiane.
Coteste fasciature si erano sì fortemente, a causa dello stillicidio
sanguigno, conglutinate l'una con l'altra ed alle stesse ferite, che io
ho dovuto impiegare un certo tempo ad ammollirle con acqua tiepida, onde
poterle sciogliere, ed oltre a ciò (e questo è stato il peggio) ho
dovuto cagionare gravi dolori alla paziente. Le ferite trovavansi per
altro nelle stesse condizioni in cui erano al primo di aprile. Affinchè
le fascie che io ho tosto di nuovo applicate, non si conglutinssero
un'altra volta con le ferite, e perchè potessero alleviarsi i dolori
della paziente, ho ricoperto le piaghe con un cerotto. »
Cotesto
cerotto posto dal chirurgo sulle ferite di Anna Caterina fu per altro
cagione di aumento ai di lei dolori di già sì gravi, nè riuscì ad
impedire il corso della effusione sanguigna. Le fascie erano nel
seguente giorno (5 aprile) già inzuppate di sangue, talmentechè il
Krauthau sen si arrese alle preghiere della paziente, ritolse il cerotto
ed avviluppò le ferite in nuove fasce di puro e bene asciutto lino.
Rimosso il cerotto, non si trovò traccia alcuna di suppurazione.
5.
Nel giorno seguente l'effusione sanguigna aveva di nuovo compenetrato
le fascie, e i dolori eransi considerabilmente aumentati. Fino al 7 di
aprile crebbero essi talmente, che Anna Caterina ardentemente supplicò
il chi rurgo Krauthausen a volere ritogliere quelle fasciature dalle
mani e dai piedi, giacchè ella non sentivasi capace di sopportare quelle
pene più a lungo. Il chirurgo non osava consentire a quella preghiera
senza espressa licenza proveniente da Münster ; e le promise di
chiederla tosto per lettera, ma nella sera dell'istesso giorno il
Vicario Generale ed i suoi compagni arrivarono in Dülmen.
6. Sul
rifiuto del Krauthausen erasi Anna Caterina, che male sapeva come
aiutarsi, proposta di sopportare oltre ancora per un giorno ; ed a
questo proposito fu avvisata in visione di rappresentare agli
esaminatori come ella dal mondo non richiedesse già nè danaro, nè
onoranza, ma desiderasse soltanto restarsene nascosa e tranquilla; e che
perciò non dovevasi sottoporre la di lei pazienza a sì dura prova ;
giacchè ciò poteva chiamarsi un tentare Iddio col mezzo della
insopportabile altezza delle di lei pene. Allor chè ella espose coteste
rappresentanze all'Overberg, lo trovò sul bel principio alquanto
sorpreso, giacchè in seguito dell'esperienza fatta nella prima sua
visita credeva contar con ragione sopra una cieca ubbidienza ; ma Anna
Caterina tolse tosto di mezzo cotesta sua preoccupazione,
partecipandogli che la dichiarazione da lei fatta erale stata ordinata,
ma che erale pure stato contemporaneamente ingiunto di sopportare ciò
malgrado ogni qualsiasi cosa che da lei si volesse a titolo di
ubbidienza. Quanto e come ella corrispondesse a cotesto avviso, malgrado
tutti i patimenti, lo dimostrerà sempre più chiaro il susseguente
sviluppo del giuridico esame.
Il Vicario Generale di Droste ed i suoi compagni vengono per la seconda volta in Dülmen (7 aprile 1813)
1.
Il protocollo relativo a questa visita si esprime così: Nel giorno di
mercoledì 7 aprile verso le sei ore di sera i sottoscritti si recarono
dalla Emmerich. La fisonomia della inferma non parve punto cambiata. Le
fasciature delle mani e dei piedi vennero rimosse dal signor
Krauthausen. Quei punti delle fascie che trovavansi in contatto con le
ferite, dovevano ad ogni svolgersi della fascia medesima venire
ammolliti onde poter ritogliere cotesti legami col minor dolore
possibile ; talmente quelle fascie eran compenetrate da un sangue di
color rosso scuro. Ritolte le fasciature, parve alla paziente di
sentirsi alleviata in confronto dei continui sopportati dolori.
Le
ferite mostraronsi interamente pure. Non si scorgeva traccia alcuna di
suppurazione e nemmeno d'infiammazione. A meno dei lamenti sopra i gravi
ed insopporta bili dolori sofferti a causa delle apposte fasciature, la
contentezza ed una amichevole giocondità apparivano sul volto
dell'ammalata durante la conversazion come avvenne nella prima visita. »
2.
In occasione dell'ultimo colloquio che Clemente Augusto, presente
l'Overberg, ebbe con Anna Caterina, essa «lo pregò di considerare quanto
dovesse per lei riuscire dura cosa il lasciarsi così visitare: per lei,
che sempre era stata cotanto timida ; che i di lei patimenti la
disturbavano nella orazione ; aver ella avuto in quel tempo sì piccolo
refrigerio ; dover ella lottare non soltanto con la impazienza, ma bensì
anche contro l'avversione verso coloro che avean fatto conoscere e reso
pubblico quanto avevano verificato sopra di lei ; saper ella benissimo
ciò che essi avevano detto ; esser per altro pienamente contenta ed
abbandonata alla volontà di Dio. »
Dinanzi all'Overberg espresse pure quest'altro timore:
«
La mia vecchia madre saprà forse che sono stata esaminata ; e nella sua
avanzata età non potrà forse sopportare il dispiacere che a lei sarà
per derivarne. » E quando l' Overberg le dimandò se bene spesso ella
facesse atti di abbandono alla volontà di Dio, ella rimase alcun poco
tacita e quindi rispose: « Ne ho fatti molti più in questi ultimi otto
giorni ( 1 ) di quel che non ne abbia fatti in passato nel corso di un
anno intero. »
(1) Essa intendeva parlare del tempo in cui aveva tanto sofferto a cagione delle fasciature. (Parole dell' Overberg).
Poco
prima che si congedasse essa gli disse: « Ah! quanto desidererei di
morire! » Ed alla dimanda: Non può ella dunque sop portare più a lungo
cotesti patimenti? rispose: « Oh! per questo no. » — « Il di lei sguardo
indicava assai (scrive l'Overberg) il perchè ella tanto desiderasse
morire. »
3. Anco in questa seconda visita la impressione che
tutto il contegno di Anna Caterina produsse nella superiore autorità
ecclesiastica fu quella di grande soddisfazione. Ciò che
straordinariamente piacque al Vicario Generale si fu che ella con tanta
istanza lo pregò di voler da lei allontanare coloro che per curiosità la
visitavano.
« La Emmerich (così egli scrisse il 9 di aprile al
Rensing) mi ha talmente e sì fervorosamente ringraziato di quanto ho
disposto per la diminuzione delle visite, e mi ha sì particolarmente
pregato ad attenermi severamente a coteste misure, che ciò solo, quando
non vi fossero ben molte altre cagioni che si riferiscono al modo di
pensare della Emmerich ed all' alleviamento dei di lei dolori e
disturbi, mi avrebbe indotto ad abbracciare simili provvedimenti. A
tutti coloro, ecclesiastici e secolari, che fossero assai indiscreti per
insistere malgrado le rappresentanze di V. S. in contrario, ella potrà
dar conoscenza di queste mie disposizioni. Costoro debbono di più essere
informati che sicuramente la Emmerich è tanto ubbidiente da
acconsentire ad ogni visita che V. S. permettesse, ma che sarebbe per
altro affatto ingiusto lo imporle simili visite contro la di lei
espressa volontà. »
La sua soddisfazione poi per la condotta del decano medesimo Clemente Augusto la espresse colle parole seguenti:
« Il modo di procedere mi dimostra che io non avrei potuto ad alcun altro meglio affidare il mio incarico. »
4.
Appena Clemente Augusto coi suoi compagni aveva lasciato Dülmen sul
mezzo giorno dell'8 aprile, che Anna Caterina, d'altronde esausta
affatto dalle molteplici e lunghe conversazioni dei due ultimi giorni,
cadde nel compatimento estatico della Passione e della solennità
corrente dei dolori di Maria. Nel tempo di vespro le ferite della Corona
di spine versaron sangue sì largamente, che questo trascorse giù pel
viso e penetrò pure attraverso le fascie della testa. Durante cotesto
stato di patimento aveva fatto pregare il decano di recarsi presso di
lei, dappoichè le era stata annunziata la visita del prefetto del
compartimento ; visita che in quelle circostanze sopratutto dovea
riuscirle oltremodo greve. Addimandata dal decano se ella forse temesse
le venissero fatte interrogazioni alle quali non sapesse rispondere,
ella disse:
« No, non ho avuto mai sin qui inquietudine alcuna a
proposito delle domande che mi si fanno, giacchè su questo proposito mi
affido interamente a quanto il Salvatore ha promesso ai discepoli: cioè
che non dovevano darsi pensiero alcuno del come parlerebbero, giacchè
egli loro lo suggerirebbe. »
Il decano osservò pure che
contorceva i suoi lineamenti per dolore ogni qual volta la parte
posteriore del capo veniva in contatto coll'origliere, sul quale
d'altronde ella appoggiava soltanto le spalle; dimodochè fra il capo e
il cuscino stava uno spazio di una mano in larghezza. Il chirurgo
Krauthausen cel riferisce con data del giorno medesimo:
« Un
quarto prima delle due, dopochè Anna Caterina per circa tre ore innanzi
erasi lagnata di potente calore e doglie nel capo, io le trovai i
pannilini che le avvolgono il capo ed il collo, come pure anche il
volto, in ben molti punti intrisi di sangue, che giù dalla fronte
stillando le era trascorso sul viso. Dopochè ebbi lavato quel sangue dal
volto e dalla fronte, osservai sulla fronte medesima una innumerevole
quantità di piccole aperture, dalle quali il sangue di bel nuovo su
molti punti affacciavasi.
« Nella notte dall'8 al 9 le ferite
delle mani e de' piedi fortemente sanguinarono, come per tutto il
giorno 9. In quella sera, alle ore otto, trovai il polso sì basso e
debole, e sopratutto vidi Anna Caterina talmente esausta, che fui
impensierito per la di lei esistenza. »
5. In ugual modo riferisce sotto la data del 9 aprile anche il diario del decano Rensing:
«
Quando nel giorno di venerdì 9 aprile la visitai alle ore undici e
mezzo antimeridiane, mi sentii compreso di spavento ; giacchè ella
giaceva così spossata, pallida e sfigurata siccome un moribondo giunto
agli ultimi fiati ; ma tostochè le rivolsi la parola ella mi porse la
mano e si lagnò con voce quasi inudibile di cuocenti dolori nelle
ferite. Quelle dei piedi sanguinavano sì potentemente, che il sangue
aveva tinto il lenzuolo. Disse pure che la di lei sorella ammalata,
erasi durante la notte trovata sì debole, da farle temere di dover
chiamar il suo confessore. - Ciò mi rese (aggiunse Anna Caterina) sì
trista, che io esposi lamentandomi al nostro buon Dio con tutto il cuore
la mia estranea miseria, e lo supplicai a voler aiutare mia sorella.
Essa tosto si sentì meglio ed ottenne riposo ; e ciò mi cagionò tanta
gioia che dimenticai i miei propri dolori. - Effettivamente la di lei
sorella trovavasi già in grado di vacare ai suoi affari abituali. »
Visite moltiplicate Testimonianza di un medico protestante
1.
La proibizione delle visite curiose, che sulle ferventi preghiere di
Anna Caterina Clemente Augusto aveva ordinata, ed in seguito anche
ripetutamente confermata, non ebbe già quel successo di cui la paziente
in sì alto grado abbisognava ; giacchè in seguito della notizia sempre
più propagata dell' esame giuridico l'affollamento divenne sempre
maggiore. Troppi ne venivano, che non potevansi allontanare e che
affacciavano motivi, ai quali l'arrendevolezza del decano non sapeva
opporre la necessaria resistenza. Tra questi contavansi specialmente
medici e per sone di alto grado, che suolevano pretendere quasi per
diritto di visitare le Stimate. Il Rensing era condannato a notare nel
suo diario i sempre ripetuti lamenti e le preghiere con le quali Anna
Caterina lo scongiurava di non lasciar pervenire alcuno presso di lei.
«
Non faccia attenzione, la prego ( così gli disse una volta), se alcuno
le farà il brutto viso a causa di ciò ; il Signore le renderà certamente
merito della carità che ella sia per dimostrarmi a questo proposito.
Quel far vedere i segni delle Stimate le riusciva più assai sensibile
dei dolori dalle medesime cagionati, ed il Rensing doveva continuamente
tranquillarla col farle riflettere quanto nuovo merito potesse
acquistarsi presso Dio con cotesto nuovo genere di mortificazione. Ma
non perciò cessava l'angustia cagionatale dalle visite; ed anco in mezzo
alle visioni con le quali Iddio la fortificava e la consolava ella
sentivasene conturbata. Confessò al Rensing che già per tre volte
nell'orare che faceva per ottenere pazienza e perseveranza, aveva
ottenuto in risposta da Dio Tu possiedi assai nel possedere la mia
grazia! « Io, per altro (soggiunse ella) vengo sempre più in noia e
nausea di me stessa, a cagione del gran rumore che questa mia storia
produce di qua e di là ; nondimeno mi consolo col pensare che alla fine
non ne ho colpa alcuna. »
2. Sotto la data del 13 aprile ecco quanto il diario del Rensing ci narra:
«
Oggi si fece annunziare una visita, che non fu possibile allontanare
col mezzo di veruna rappresentanza: quella del dottor Ruhfus di Gildhaus
nella contea di Bentheim. Egli dimandò di accedere presso di Anna
Caterina, nè volle andarsene prima che io gli permettessi di domandare
all' ammalata se potesse decidersi a ricevere una sua visita. Sul
principio ella non volle di buon grado prestarmi il suo consenso ; ma
dopochè le ebbi esposti i motivi, pei quali desiderava che ella non
rifiutasse così la visita di un medico protestante, ella mi disse esser
contenta di ciò che io trovassi ben fatto; e quindi feci venire il
dottore. Il suo contegno fu oltremodo discreto. Gli feci mostrare le
ferite, ed egli interrogò intorno a tutto ciò che gli parve utile circa
quei fenomeni, e nell'andarsene non soltanto ringraziò la inferma per la
di lei compiacenza, ma si espresse inoltre intorno a quelle
manifestazioni in un modo da far onore al senso intimo di verità da lui
posseduto. Tostochè mi trovai con lui fuori della stanza, mi disse:
Quanto ho veduto cagiona meraviglia. Qui non havvi luogo da pensare ad
inganno ; ciò lo manifesta altamente il religioso modo di pensare della
persona, la di lei fisonomia che lascia sì chiaramente travedere pia
semplicità, intimo timor di Dio sereno abbandono alla divina volontà ;
ciò lo dimostra finalmente la configurazione e natura stessa delle
ferite, almeno a chi se ne intende. L'esistenza naturale di coteste
ferite per mezzo della immaginazione, induzione, analogia e qualsiasi
altra cosa voglia impiegarsi a spiegare cotesto fenomeno, non è
possibile. Secondo la mia opinione, ciò è affatto soprannaturale.
Ho
creduto dover trascrivere nel mio diario, e per quanto mi era possibile
con le stesse espressioni del signor dottore, questa sentenza di un
conoscitore pratico e sicuramente imparziale ; e ciò tanto più in quanto
il dottore medesimo, primachè vedesse questi straordinari fenomeni, se
ne era burlato alla locanda. »
3. Siccome coloro che abitualmente
circondavano Anna Caterina non avevano intelligenza veruna dello stato
suo straordinario, ed ella non trovavasi avere allato veruno che la
proteggesse e la difendesse quando trovavasi oppressa da curiosi
visitanti, così spesso accadeva che certi belli spiriti indiscreti e
scimuniti le dirigessero domande, alle quali ella non poteva nè voleva
rispondere. Ciò per altro non impediva che quelle accidentali
espressioni che ad Anna Caterina sfuggivano nello stato di estatica
visione, venissero afferrate come convenienti e precise risposte, e con
molta leggerezza di bocca in bocca raccontate ; dal che necessariamente
derivar dovevano in quella piccola cittaduzza i più imbrogliati
discorsi. Siccome il Rensing fecene una volta avvertita Anna Caterina,
protittò di cotesta occasione per ottener da lui un infallibile mezzo di
difesa contro ogni curiosa dimanda.
« Io la prego (diss'ella al
Rensing) che mi comandi per santa ubbidienza di non dare risposta a
veruna curiosa dimanda di un visitante, fosse egli anche il mio
confessore, ovvero una delle mie antiche consorelle; onde è certo che
io, anche in istato di svenimento, non risponderò a coteste dimande.
Così non potranno più dire che nei miei svenimenti abbia detto che
quegli o quell'altro trovasi in purgatorio, che un altro trovasi in
cielo, e Dio solo sa quanto altro mai mi hanno fatto dire. »
In
quanto al di lei confessore ordinario ella non abbi sognava sicuramente
di cotesto divieto, giacchè egli era anticipatamente legato da ordine
severo dello stesso suo superiore ecclesiastico, che gli vietava il
dirigere qualsiasi domanda ad Anna Caterina mentre era immersa
nell'estasi. Quanto cotesto uomo coscienzioso fedelmente ubbi disse a
quell' ordine lo riferisce il Rensing con queste parole:
Anna
Caterina mi raccontò aver nella trascorsa notte di bel nuovo avuto uno
svenimento (estasi), e di avere ciò manifestato anche al di lei
confessore, il P. Limberg. Questi per altro le rispose che ella non
doveva più dirle alcunchè intorno a cose simili, giacchè ciò era contro
la volontà dell'autorità superiore ecclesiastica. Ov'ella avesse cosa
alcuna di quel genere da manifestare, doveva parlarne solo con me. Ciò,
aggiunse essa, mi riuscì molto gradito, giacchè se egli mi avesse
interrogata io non avrei più avuto perfetta confidenza in lui come mio
confessore: giacchè avrebbe disubbidito alla superiore autorità
ecclesiastica. »
Ultimi giorni della Settimana Santa e Pasqua
1.
Anna Caterina si preparò alla Comunione Pasquale del Giovedì santo con
una ardente aspirazione e desiderio del SS. Sacramento, che le riempì il
cuore, come sempre avveniva, già da molti giorni innanzi. Ella che sino
dal momento in cui ricevè gli esterni segni delle Stimate, aveva
affatto perduta la capacità di prendere alcun nutrimento terreno, provò
nel prepararsi alla santissima Comunione il senso d'una fame corporea
verso il Pane della vita. Ed anche in quei momenti esclamò ad alta voce e
ripetutamente più volte, mentre trovavasi affatto immersa nella
contemplazione di sì alta grazia: Ho fame, ho fame! Coloro che la
circondavano intesero coteste parole in senso letterale, e la propria
sorella le versò in bocca, mentre Anna Caterina compresa dalla visione
nulla sentiva di esterno, due cucchiaiate di acetosella, che ella tosto e
con gran patimento dovè vomitare. Anna Caterina ne soffrì tanto che lo
stesso medico fece tosto chiamare l'abate Lambert, affinchè con la
sacerdotale sua benedizione le rendesse lena e vigore. Tutti quanti la
circondavano sapevano, è ben vero, che ogni cibo da lei preso sempre
produceva simili conseguenze ; ma ciò malgrado, nè i medici, nè il
confessore, nè la stessa sorella risparmiavano alla povera paziente
infiniti tentativi per farle inghiottire cose nutrienti. Così raccontò
anche il Krauthausen sotto la data dell'11 aprile:
« Ella in
seguito delle mie persuasioni ha in due differenti riprese inghiottito
ogni volta una cucchiaiata di brodo di carne ; ma ambedue le volte ha di
bel nuovo vomitato quanto aveva preso. » Il giorno innanzi le erano
state egualmente per ordine suo amministrate alcune goccie di vino, che
ella del pari tosto vomitò. Nel dì 14 aprile, giorno precedente al
Giovedì santo, ella dovè provarsi a sorbire alquanto di una zuppa cotta
in brodo di pesce; ma non potè reggerla ( depone il Krauthausen ),
giacchè subito ne successe il vomito. » Tostochè per altro ella ebbe
ricevuto la santa Comunione, ne fu sì visibilmente fortificata, che
quanti la circondavano si fecero accorti del gran cambiamento in lei
avvenuto. Ed allorchè il decano la visitò sul mezzogiorno, la trovò
bensì assai debole, giacchè la croce impressa sul di lei petto aveva sin
dal giorno precedente continuamente sanguinato, ma pure ella fu in
grado di partecipargli che grazie alla gran consolazione ricevuta i
dolori le eran divenuti più sopportabili. Aveva pure nella passata notte
implorato da Dio la guarigione della Chiara Söntgen, pericolosamente
inferma.
2. Se per altro i di lei patimenti, pel vigore infusole
dalla santissima Comunione, eran divenuti più tollerabili, non erano
però diminuiti ; anzi crebbero ben più, e verso la sera del Giovedì
santo sì gravi divennero, che Anna Caterina confessò sembrarle che ove
ella potesse morire, ella morrebbe in quel punto per la violenza dei
dolori.
« Tutte le di lei piaghe ( riferisce il Rensing )
principiarono nella notte del Giovedì al Venerdì santo, sulle un dici
ore, a sanguinare ; e quando alle otto del mattino seguente la visitai,
sanguinavano sempre più fortemente. Dalla ferita del costato era
specialmente scaturito tanto sangue, che un freddo brivido mi corse per
le membra, quando vidi i pannilini tutti intrisi di quello. Alla mia
domanda del come avesse ella passata la trascorsa notte, -rispose: La
notte non mi è riuscita lunga, giacchè di ora in ora ho contemplato
quanto soffrì il nostro Salvatore in questa medesima notte. Ciò mi ha
arrecato conforto, oh ben dolce conforto! Ho pure avuto un corto
svenimento, ed allora mi si è affacciato alla mente essermi concesso di
pregare che mi venissero ritolti i segni esterni, ma che i dolori mi
restassero. »
3. Cotesta contemplazione delle varie ore della
Passione consisteva per Anna Caterina tanto in visione, quanto in
compassione, cioè in partecipazione ai patimenti del Signore. Da ciò
nasceva che in tutti cotesti giorni ella trovavasi immersa senza
interruzione veruna in pene affatto ineffabili. Ogni nervo del corpo suo
sino alle estremità delle dita era, come ella confessò, pieno di dolori
; e così giacque senza veruno alleviamento sino alla mezzanotte del
santo giorno di Pasqua (18 aprile), ardente d'insopportabile vampa
febbrile. Sulle tre del mattino soltanto incominciò un alleviamento.
Nel
Sabato santo le Stimate non sanguinarono. Il decano la trovò in quel
giorno debole e spossata assai ; ma con discorsi spirituali riuscì a
fortificarla a segno, che ella potè rispondere a qualche sua domanda.
Così, interrogata per chi specialmente avesse ella pregato Iddio in
quegli ultimi giorni, soggiunse:
« Per coloro che si raccomandano
alle mie preghiere e specialmente pei peccatori che ancora non
conoscono in quanta miseria si trovino. Per me stessa io prego così:
Signore, avvenga la tua volontà! Fa di me quel che ti piace; ma dammi
grazia altresì che io possa reggere, e che non pecchi. Altre volte,
durante la Settimana santa e nei giorni Pasquali io me ne andava sì
volentieri in chiesa; oh! allora mi trovava nella chiesa tanto bene,
poichè aveva sott'occhio tutto ciò che a noi rammenta la morte e la
risurrezione del Salvatore. Ora debbo giacermi qui: ma ciò è per volontà
di Dio, e quindi va bene, e mi rallegro che così sia. »
4. Nel
lunedì di Pasqua la trovai (osserva il Rensing) straordinariamente
allegra. » Anche il Krauthausen nota sotto lo stesso giorno:
« Il
19 per tutto il giorno ella si sentì sì bene e sì allegra, quanto non
fu mai notato che lo fosse durante questo mese. Per altro non erasi
cibata di cosa alcuna all'infuori di una mezza fetta di mela cotta,
della quale avea soltanto sorbito il sugo, ed inoltre due boccate
d'acqua. Addimandata dal decano della cagione della di lei letizia,
rispose:
« La debbo alla consolazione provata nel contemplare la
Risurrezione. Non provo adesso nè fame, nè sete: ma non so ciò che il
Signore abbia in vista per me. Già da più giorni ho presentito che molti
signori trovavansi presso il signor Vicario Generale, e che si parlava
di me, e mi veggo dinanzi come se anch'egli dovesse venire a vedere
questi miei segni.
«Anche nel Giovedì santo, dopo ricevuta la santissima Comunione, aveva manifestato:
«Dopo
Pasqua mi si prepara un nuovo disturbo ; una qualche cosa verrà certo
intrapresa a mio riguardo.Il seguito dimostrerà come Anna Caterina ben
vedesse anco allora come presentemente al 27 di marzo ed ai 15 di
aprile, mentre in quei giorni aveva detto al Rensing: « Sono veramente
angustiata nel cuore, giacchè avrò a soffrire ancor più da quei signori,
a causa delle mie piaghe. »
5. Ai 13 di aprile fu ingiunto dal
Vicario Generale al decano Rensing di occuparsi a trovare una donna che
godesse di buona riputazione, la quale potesse durante quattordici
giorni, senza interruzione veruna, di notte e di giorno stare presso
Anna Caterina, e tutto osservare e coscienziosamente riferire al
suddetto Rensing.
Ella dovrà (aggiunse il Vicario Generale), nel
caso che creda poter trovare una simile persona, precedentemente
domandare alla Emmerich se ella volentieri vi acconsenta; e soggiungerle
che può stare persuasa che io, quando mi induco così ad ordinare alcuna
cosa, che forse può riuscirle o dura o dispiacente, lo faccio soltanto
perchè lo reputo inevitabilmente necessario siccome mio dovere, e perchè
lo riguardo come mezzo opportuno ad evitarle maggiori dispiacenze ; ma
che d'altronde sento che con ciò faccio violenza al mio proprio cuore. »
Nel
martedì di Pasqua (20 aprile) il Vicario Generale venne con l'Overberg
di bel nuovo in Dülmen. La istoria di questa terza visita la riferiremo
riportando parola per parola gli appunti scritti di propria mano dal
medesimo Vicario Generale nel modo seguente.
Terza visita
del Vicario Generale di Droste insieme con l'Overberg (Estratta dal
rapporto ufficiale del Vicario Generale di Droste)
« Ai 20 di aprile mossi col signor Overberg di nuovo alla volta di Dülmen, e vi arrivammo circa alle due pomeridiane.
«
Non avevamo ancor pienamente finito di pranzare che già un medico di
Stadtlohn, il di cui nome mi è incognito, venne a noi e mi pregò di
permettergli di esaminare lo stato della Emmerich. Opino che il decano
non avesse fino allora potuto concederglielo. Siccome io reputava utile
che i medici esaminassero le straordinarie apparizioni manifestantesi
sul corpo della Emmerich, e che d'altronde anche senza di ciò ella
avrebbe dovuto mostrarmi un'altra volta le sue ferite, così promisi al
medico di condurlo meco. Quando eravamo sul punto di andare, mi fu
riferito esservi già in Dülmen anche un valente chirurgo di Gescher (il
di cui nome ho del pari dimenticato), il quale desiderava pure
ardentemente di esaminare quei fenomeni apparsi sul corpo della
Emmerich. Pensai meco stesso che uno di più o di meno, giacchè il tutto
doveva visitarsi, era cosa affatto indifferente. Erano intanto
sopraggiunti il decano ed il signor Krauthausen. Pregai pertanto il
primo di prevenire la Emmerich di tutte coteste visite ; giacchè ben mi
sapeva quanto le riuscirebbe spiacente questo concorso di stranieri. Il
signor Krauthausen andò anch'egli innanzi. I due medici, il signor
Overberg ed io lo seguimmo dappresso. Giungemmo dopo le quattro dalla
Emmerich.
Essa giaceva siccome d'ordinario nel suo letto.
«
Allora tutto fu esaminato. Sul capo non appariva punto sangue, ma
soltanto alcune punture. Le ferite delle mani e dei piedi, tanto nella
superficie esterna, quanto nella interna, trovavansi nello stato
abituale ; mi sembra soltanto che la crosta sanguigna della ferita della
mano diritta fosse compenetrata dal sangue che ne era trascorso.
Siccome durante questo mio soggiorno in Dülmen spesso visitai la
Emmerich, non posso rammentarmi con precisione se verificassi
quest'ultima circostanza nella mia prima visita, ovvero in una delle
posteriori.
Esaminai
la crosta della mano sinistra con un microscopio, e la riscontrai
sottilissima, e come un'epidermide, che non sia affatto liscia o che
venga resa inuguale da molteplici pieghe, suol presentarsi sotto simile
cristallo. Durante questo mio soggiorno in Dülmen ho pure un'altra volta
esaminata con quello strumento la ferita della palma della mano
sinistra, se non isbaglio, e mi fu possibile riconoscere attraverso il
sangue disseccato una profondità quasi rotonda, cioè un foro presso a
poco di questa forma
Le
croci impresse sul petto questa volta non sanguinavano ; apparivano per
altro di un colore rosso pallido, a cagione del sangue che traspariva
di sotto della epidermide. Esaminai anco la pelle laddove si trovavano i
segni delle croci, come pure la pelle che li circonda, col mezzo del
microscopio, e potei vedere chiaramente cotesta pelle non esser lesa in
verun punto. Inoltre riconobbi che tanto la epidermide ricoprente i
segni delle croci, quanto la pelle circostante, anche a ragguardevole
distanza, erano affatto simili: e per mezzo del microscopio si
presentava all'occhio come qualche cosa di scrostato.
« La
macchia grigia al disotto della croce l'esaminai pure per mezzo del
cristallo d'ingrandimento ; ma non mi presentò una forma precisa, cioè
tale che io la potessi descrivere. Nella parte superiore la tinta
appariva più pallida, e a piccola distanza dal centro sembrava affatto
svanire. Nella parte inferiore poi appariva più lunga e più larga;
presso a poco così, se la mia memoria non mi inganna
« La ferita del costato non sanguinava, ma era in parte coperta di sangue disseccato, e rimontando verso la parte superiore appariva intorno a quella ferita un'ombreggia tura come prodotta dal sangue trascorsovi sotto ; ma che non istava per altro immediatamente sotto l'epidermide: ed il tutto presso a poco così
« Il punto non macchiato di sangue lo
esaminai col microscopio, ma non vi riscontrai alcuna lesione della
pelle ; può darsi per altro che la pelle in quel punto fosse colorata di
un rosso alquanto più intenso: non me ne rammento chiaramente.
«
Dopochè la Emmerich vi ebbe consentito (1) il signor (1) L'Overberg si
esprime così nei suoi appunti: Dopo che i medici ebbero esaminato le
ferite, le fu domandato se sarebbe contenta che si facesse un tentativo
per guarirle. Si mostrò appieno contenta. E tosto un cerotto sanatorio
fu applicato sulla mano sinistra..
Krauthausen applicò un cerotto
sulla ferita della mano sinistra, composto di altea e di digestivo
disteso sopra lino sfilacciato, e per di sopra v'impose un impiastro
attaccaticcio. Potevano essere allora le sei pomeridiane se non erro.
Ella lagnavasi in quella stessa sera (giacchè la rivisitai più sul
tardi) di maggior dolore in quella che nelle altre ferite.
« Il
21 d'aprile venne da me il signor Krauthausen sulle otto del mattino, ed
insieme ci recammo dalla Emmerich. Il signor Krauthausen rimosse
l'impiastro impostole sulla ferita della mano, onde riconoscere lo stato
della ferita ; giacchè la inferma lagnavasi di maggiori dolori in
quella fra le sue piaghe, e di aver passata una notte insonne. La crosta
sanguigna si staccò naturalmente insieme col cerotto, ma sembrami che
con esso non si staccasse per altro tutto quel sangue disseccato che
le stava d'attorno. La ferita poi era affatto pura, nè scorgevasi
traccia alcuna di suppurazione, ma soltanto sangue e, come mi parve, una
certa umidità acquosa. Persuademmo l'ammalata a sopportare l'impiastro
sulla ferita medesima sino a sera, promettendole che allora, in caso che
provasse ancora simili dolori, lo avremmo affatto rimosso.
«Pregai
il signor Krauthausen di collocare la inferma un poco più sul lato
sinistro, onde io potessi visitare la ferita del lato dritto con luce
più chiara di quel che non mi era stato possibile il giorno innanzi.
Allora osservai di bel nuovo cotesta ferita col microscopio, nè vi notai
diversità speciale ; fuorchè l'ombreggiatura risultante dal sangue
trascorsovi per disotto e visibile nella parte superiore della ferita,
appariva meno rossiccia. Osservai inoltre con lo stesso strumento e
precisamente a dritta della ferita nel punto ove diveniva più acuta,
alcune scalfitture sanguigne interrotte. Non potrei dire che fossero
tali come prodotte da un ago, ma piuttosto siccome sogliono avvenire
allorchè la pelle viene a screpolare qua e là per troppa ruvidezza.
«
Le croci sul petto rosseggiavano affatto pel sangue. Feci tergere quel
sangue che vi passava per sopra ; esami nai di nuovo col microscopio, e
se in cotesto punto la pelle fosse stata offesa l'avrei indubitatamente
osservato, e me ne rammenterei anche adesso. Ma presso quelle croci
trovai, per quanto ora mi sembra, una linea marcata e presso a poco di
questa lunghezza
la quale appariva come una certa cavità alquanto
profonda e ripiena di sangue. Al di sopra del braccio sinistro della
croce superiore trovai screpolature simili a quelle da me già osservate
nella ferita del costato ( 1).
(1) Qui devo osservare che nelle
mie rimembranze ho spesso cotesti fenomeni si vivacemente presenti, come
se in quel punto vedessi precisamente la cosa ; ed allora oso dire: era
così ; spesso peraltro la cosa non mi si presenta così vivacemente e
sento che è una semplice rimembranza; in questo caso io offenderei il
mio intimo criterio della verità se dicessi: era così. In quest'ultimo
caso aveva piena e presente rimembranza e quindi mi sono espresso in
cotesto modo..
Domandai in seguito se a caso le spille impiegate a
mantenere unite le falde del fazzoletto da collo, avessero potuto
cagionare scalfitture; ma l'ammalata disse di collocare sempre quelle
spille in modo, che le loro punte riuscissero affatto al di fuori. E ciò
appunto e seguì allora in mia presenza.
« Venne allora quel
cerotto, di cui sopra è stata fatta menzióne, di nuovo apposto, e
precisamente sull' istessa ferita. In quel giorno visitai la inferma più
volte, trovandola però sempre nell' istesso stato. Durante questo mio
soggiorno in Dülmen riconobbi sempre intorno alle piaghe delle mani e
dei piedi, e più precisamente sopra la parte esterna di quei membri, sia
che ne esaminassi un solo o più altri, un leggiero rossore
infiammatorio diffuso, come mi parve d'attorno. Il signor Krauthausen
disse perchè ciò si verificava costantemente.
« Sul mezzogiorno
condussi da Anna Caterina il signor Schwelling di Münster, essendone
stato da lui instantemente pregato, e dopo che essa vi ebbe consentito,
avendole io detto trattarsi di un bravissimo uomo che non desiderava
vedere la ferita del costato, nè le croci sul petto, e per quanto mi
sembra nemmeno le ferite dei piedi.
« Verso le sei della sera
andai di bel nuovo col signor Krauthausen dalla Emmerich, che se non
erro aveva al quanto dormito nel dopo pranzo. Il sangue aveva penetrato
l'impiastro apposto sulla mano sinistra ; venne rimosso ed era difatti
intriso di sangue. La ferita aveva dunque in quello spazio di tempo
sanguinato giacchè, quando anche nel mattino non fosse stata
perfettamente rimossa la sottile crosta sanguigna e quel sangue
disseccato che vi stava dattorno col ritogliere che si fece del cerotto,
è per altroevidente che quella piccola quantità di sangue rappreso,
anzi già secco, non avrebbe potuto produrre sì grave alterazione nel
cerotto. Mi sembra che anche la ferita superiore della mano diritta
avesse sanguinato. Nella ferita della mano sinistra non iscorgevasi
traccia alcuna di suppurazione. Siccome la inferma lagnavasi pei dolori,
non collocammo di nuovo il cerotto, secondo la nostra promessa. Agimmo
con questa discrezione verso la inferma, poichè non credemmo avere alcun
diritto di tormentare una persona, a cui non si poteva sotto verun
punto di vista rimproverare la benchè minima cosa.
« Avrebbe essa
sopportato pazientemente qualsiasi cosa, ove glielo avessi comandato ;
ma temeva di cadere in impazienza, ed io dal lato mio credeva non avere
alcun diritto a simile comando. A sera la inferma lagnavasi di dolori
nel capo, ed opinava che questo verrebbe a sanguinare. »
« Il 22,
verso le ore otto del mattino, il signor Krauthausen recossi così
pregato da me, dopo essere già stato dalla Emmerich ; ella aveva detto
il di lei capo aver già sanguinato, o stare per sanguinare. Il signor
Krauthausen non aveva ancora verificato quel fatto col ritogliere quella
benda che la inferma portava intorno alla testa. Tosto vi andammo
insieme. La ammalata aveva, se non erro, al quanto dormito in quella
notte. Trovammo che il sangue colando dalla fronte per sotto la benda
era trascorso sino sopra il naso, ed era in quel punto già secco. Tanto
il berretto quanto la benda vennero rimossi dal capo ; anche nella parte
posteriore del berretto scorgevansi macchie di sangue piuttosto grosse ;
eranvi soprattutto larghe macchie di sangue nella berretta e nei
capelli sul lato diritto del capo e precisamente presso la tempia.
«
Era stato sino allora impossibile di esaminare quei punti da cui
scaturiva il sangue al di sotto dei capelli, tanto più che essa aveva
una capigliatura estremamente folta. Ora però avendovi ella consentito,
le vennero recisi i capelli corti per quanto era possibile, ma ne furono
lasciati attorno attorno altrettanti quanti ne erano necessarii
affinchè il sangue spillante non giungesse immediatamente sul guanciale e
le altre biancherie da letto. Di tanto ella aveva espressamente
pregato, in pro della conservazione della mondezza.
« Dopo il
signor Krauthausen lavò il naso e la fronte dal sangue, e potemmo allora
chiaramente coll'occhio scorgere gran numero di macchiette sanguigne
che scendevano fino alla metà della fronte e rimontavano sin fra i
capelli impiantati nella parte superiore della fronte medesima. Coteste
macchiette o punti sanguigni hanno presso a poco questa grossezza
alcuni più piccoli, altri forse più grandi ; apparivano irregolarmente
disseminati. Esaminai col mezzo del microscopio e potei riconoscere in
una di queste piccole scalfitture o macchie (che se non erro sono veri e
piccoli fori e sembrano non avere quella forma che dovrebbero se
fossero stati prodotti dalla punta di un corpo acutissimo), potei dico
vedere sangue ancor fluido, e chiaramente del pari riconoscere esservi
realmente in cotesti punti un piccolo foro.
« Prima che noi ci
ritirassimo la inferma mi disse essere stato presso di lei alcuno di
Münster che aveva invocato in suo pro una permissione del decano ; che
essa per altro non sapeva precisamente se ciò fosse vero. Dacchè io
inseguito, dopo essermene informato, le diedi notizie che il decano
aveva permessa cotesta visita se ne mostrò con tenta, ma poi mi
ringraziò cordialmente per la diminuzione delle visite, e mi pregò di
proibirle severamente. Mi trattenni di tutto ciò con lei come pure della
mia proibizione di lasciar vedere le ferite del costato e quelle del
petto e dei piedi, e volli in seguito prepararla a lasciarle per altro
vedere ai sunnominati medici di Stadtlohn e di Gescher, che aveano detto
tornare fra quattordici giorni ma tosto ella mi rispose con molta
decisione:
No, non potranno di bel nuovo venire a vedermi.« Ho
dovuto questa volta io stesso esaminare con tutta precisione le ferite e
le Stimate, perchè il signor Krauthausen non poteva vedere col mezzo
del microscopio.
« Nell ' andarmene le dissi scherzosamente: Ove
ella volesse morire dovrà prima farmelo sapere ; al che rispose: Questo
lo farò! »
Sin qui giunge la relazione del Vicario Generale.
La
paziente per altro aveva minor voglia assai di scherzare. Sentivasi
spossata a morte per l'accaduto di tutti quei giorni. La di lei pazienza
e perseveranza per altro rimanevano non diminuite, talmentechè Clemente
Augusto sotto la impressione della pace e della quiete proprie del
forte animo di lei, parve dimenticare quali pene ella avesse dovuto
sopportare.
Ei prese occasione da questa sua terza visita per
dirigere al commissario generale francese di polizia la seguente
dichiarazione ufficiale:
La monaca Emmerich desidera e domanda
soltanto di venire dimenticata dal mondo, onde poter tranquilla e non
disturbata occuparsi di ciò che soltanto ha interesse per lei. Essa
nulla domanda, anzi nulla accetta. Desidera che di lei non si parli.
Sono inclinato a credere che il mondo cesserà bentosto di pensare a lei.
Quantunque io non possa scoprire nemmen l'ombra dell' inganno, non
cesserò per altro dall' aver sempre un occhio vigilante sopra di lei. »
Il medico Krauthausen e il decano Rensing incominciano a perdere la pazienza
1.
Dacchè il risultamento delle osservazioni sì circo stanziate ed esatte
del Vicario Generale combinavasi con la convinzione già fermamente
stabilita nei medici, cioè che le Stimate non potevano essere nate per
artificio, nè artificialmente mantenute ; anche il decano Rensing si
abbandonò ad una fondata espettazione che l'esame giuridico verrebbe
dichiarato omai chiuso. Ben più fermamente vi contava il Krauthausen, il
quale era deciso a non continuare ormai le sue visite più a lungo. Come
antico medico del convento egli aveva già appreso a conoscere sì esatta
mente Anna Caterina e quante la circondavano, che niuna cosa eravi più
estranea alle sue idee quanto lo fosse il pensiero di un inganno o di
una illusione. Per riverenza verso il Vicario Generale erasi addossato
l'esame medico e la redazione del quotidiano rapporto. Per lui le
Stimate era un fatto innegabile e sicuro, che ei per altro non poteva
spiegare con le sue mediche esperienze e cognizioni, giacchè non solo
quelle ferite si sottraevano ad ogni azione dei mezzi medicali, ma
inoltre le osservazioni quotidiane presentavano sintomi, che non gli
permettevano di considerarle siccome forme di naturale malattia. Giorno
per giorno egli aveva osservate le pene straordinarie che le piaghe di
Anna Caterina seco arrecavano ; e quindi tanto la sicura sua convinzione
della di lei innocenza, quanto la naturale compassione ripugnavano a
vederla più a lungo soggiacere ai tormenti di un esame giuridico. Era
oltre di ciò condannato unitamente al dottore Wesener a lasciarsi
compatire dagli increduli colleghi, perchè non pervenisse a scoprire
l'inganno ; e quindi era venuto quasi in collera con Anna Caterina,
perchè non aveva meglio saputo nascondere quei segni che destavano tanto
romore, nè saputo evitare un esame, origine per lei stessa di tante
pene e cordoglio.
2. Siccome il Vicario Generale erasi partito da
Dülmen senza punto manifestare in modo chiaro la mente sua, così il
Krauthausen non volle aspettare più a lungo una precisa decisione, ma
piuttosto dichiarò con l'invio dell'ultimo suo rapporto del 26 aprile,
che egli ritenevasi per totalmente sollevato dalla commissione a lui
affidata. Una decisione per altro sì rapida, siccome lo stesso Rensing
l'avrebbe ardentemente desiderata, era impossibile per parte del Vicario
Generale, a malgrado le accuratissime sue osservazioni e la favorevole
sentenza dei tre medici ; appunto perchè l'Overberg non avea peranco
finite le sue ricerche sulla vita interna ed intima di Anna Caterina.
Quantunque il Vicario Generale in ogni sua visita ed in ogni
conversazione con Anna Caterina, avesse attinto impressioni che ognor
più lo fortificavano nella convinzione delle grazie straordinarie a lei
compartite, era ciò nondimeno di troppo prudente ed avveduto carattere
per procedere ad una sentenza finale senza aver prima maturamente pesato
le informazioni ed i rapporti di tutti coloro che avevano preso parte
al giuridico esame. Quindi egli lasciò in Dülmen ancora per alcuni
giorni il signor Overberg, affinchè, per quanto le forze di Anna
Caterina lo concedessero, potesse completare le sue scoperte. Intanto,
sino al momento in cui egli avesse riuniti tutti gli atti necessari, e
fosse quindi in istato di pronunziare l'ultima sua decisione, aveva
ordinato che si effettuasse quella sorveglianza già prescritta sin dai
13 di aprile sulla persona di Anna Caterina ; e ciò per mezzo di una
donna di fiducia. Il Vicario Generale ritenne per necessaria cotesta
misura, onde prevenire ogni possibile rimprovero del non aver impiegati
tutti quanti quei mezzi, che la prudenza e l'avvedutezza sembravano
comandare.
3. Ma il Rensing, che non aveva potuto trovare l'
individuo a ciò adatto con tanta prontezza quanto la sua im pazienza lo
avrebbe desiderato, espose in data del 27 di aprile al Vicario Generale
un nuovo progetto, alla di cui accettazione eragli anticipatamente
riuscito di indurre Anna Caterina. Egli scrisse nel modo seguente:
«
Il signor Krauthausen principia a porsi in mal umore per le troppo
frequenti visite cui è astretto, e ieri mi disse che avrebbe continuato
le sue osservazioni e rapporti soltanto sino alla fine del corrente
mese. Anche la paziente omai si accorge esser lui stanco della faccenda ;
e quindi lo vede arrivare con paura. Onde porre una volta fine al
disturbo della povera ammalata, che altrimenti durerebbe fino alla
morte, e nel medesimo tempo per appagare i critici discreti, sembra,
secondo la opinione di tutti i ben pensanti, che opportuna e miglior
cosa sarebbe se per una settimana tre medici, cambiandosi a turno di
giorno e di notte, restassero nella di lei camera e scrupolosamente la
sorvegliassero. Cotesta opinione è pur quella del medico protestante,
dottor Ruhfus, il quale fu qui questa mattina, e dinanzi al Krauthausen
ed a me ha di bel nuovo dichiarate coteste manifestazioni per
soprannaturali. La Emmerich si sottoporrebbe volentieri a tale
disposizione. » Due giorni dopo il Rensing rinnovò lo stesso progetto e
vi aggiunse per conto suo la preghiera « che in virtù di ordine
episcopale gli venisse impartito pieno potere a tentare ogni cosa che a
lui sembrasse conducente allo scopo. » Il severo Vicario Generale così
alla breve rispose: « Prima di tutto, io credo essere miglior cosa il
restar fermi nella già discussa sorveglianza di quattordici giorni, per
mezzo di apposita donna. Non è nostro ufficio il ripor questa faccenda
talmente al di sopra di ogni dubbio, che coloro i quali temono la verità
non possano riuscire a trovarvi ancora cavilli ed opposizioni possibili
; ciò sarebbe ingrato ufficio, e tutte le pene impiegatevi
riuscirebbero infruttuose. Che havvi in questo caso di effettivo e
sicuro sia relativamente al corpo sia relativamente all' anima? E ciò
che vi è, che esiste effettivamente, come mai è venuto a prodursi? Come
mai Anna Caterina è divenuta quella che è? A queste domande noi dobbiamo
rispondere, e dobbiamo rispondervi in modo tale, che la cosa divenga
chiara per noi e per le persone ragionevoli, procedendo non per singoli
dati, ma piuttosto per mezzo della comparazione di tutte e singole le
circostanze. Dobbiamo, per altro, nell' impiego dei mezzi guardarci dall
' offendere le regole della giustizia e della carità ; e qualsiasi
sospetto preso così per aria, non avente fondamento fuor quello di una
semplice remota possibilità, non merita alcun riguardo particolare. »
4.
Non può parere strano che il Rensing invocasse con tanto ardore la fine
dell'esame giuridico, dacchè gli diveniva ogni giorno più increscioso
l'essere spettatore di sì gravi patimenti, senza poter offrire altro
aiuto o conforto fuor quello di un semplice rinvio ai comandi ed agli
ordini della superiore ecclesiastica autorità. Inoltre a cagione
dell'affollamento, insistenza ed inquieta curiosità de' molti stranieri
desiderosi di vedere Anna Caterina, non solo andava soggetto a
noiosissimo disturbo, ma doveva sopportare non di rado scontri e
trattamenti anco offensivi, che sempre più diventavano insopportabili ad
un uomo cortese e ben educato ed amante dell'ordine, ed inoltre
occupato di cure pastorali oltremodo moltiplicate in quel tempo di
confessione pasquale. Con la cura la più inquieta e minuziosa erasi egli
nelle sue visite giornaliere fatto rendere conto da Anna Caterina di
tutti i casi interni ed esterni che le sopravvenivano ; ne aveva inviato
i più precisi rapporti ; e con ciò recato a cognizione del Vicario
Generale una tal pienezza di fatti, che secondo la ferma sua convinzione
doveano bastare a rimuovere qualunque dubbio intorno alla veracità e
sincerità di quelle manifestazioni che si osservavano nell ' ammalata.
Non trovava quindi alcuna fondata cagione, che potesse agli occhi suoi
giustificare una più lunga continuazione di un esame per lui pesante e
per Anna Caterina tanto tormentoso. Prima per altro che noi seguitiamo
il successivo sviluppo di quell'inchiesta giuridica, è opportuno che
prendiamo ad esaminare sotto occhio e più da vicino le note ed appunti
del Rensing ; giacchè da questi si può ottenere agevolmente una
rappresentanza sempre più chiara e distinta del modo di essere di Anna
Caterina delle vie per cui fu condotta da Dio.
Testimonianza di Rensing sopra Anna Caterina
1.
Il decano Rensing che già da lungo tempo aveva riconosciuto la sincera
pietà di Anna Caterina, e specialmente l'ardente di lei desiderio di una
vita nascosta al mondo ; non aveva mai rivocato in dubbio, sino dal bel
principio, la verità delle straordinarie manifestazioni che in lei
apparivano. Cotesta convinzione per altro non bastò a rendere quel
prelato, per sua natura cauto e sospettoso, impenetrabile ai
suggerimenti e supposizioni di coloro, che vivevano lontani da Anna
Caterina o che ne erano oppositori. Ogni speciosa ipotesi contraria,
ovvero il più leggiero sospetto che a lui potesse mancare la piena
imparzialità o la severità necessaria, bastava ad immergerlo nella più
penosa inquietudine ed a riempirlo di diffidenza verso Anna Caterina. La
di lui d'altronde abituale prudenza e la ragionevolezza sua
soccombettero appunto a causa di queste sue disposizioni di spirito
sotto il peso dei più stupidi sospetti, che sul primo propagarsi della
notizia delle Stimate ovunque si manifestavano. Quindi dal lato suo
nulla fu risparmiato ad Anna Caterina di ciò che poteva aggravare sempre
più la di lei dura missione di patimento ; e la di lei pazienza, umile
ubbidienza e fiducia in Dio dovettero sopportare prove da Dio imposte
soltanto a coloro che sono chiamati a cose soprannaturali.
2. La
buona opinione che il Rensing nutriva di lei ebbe a scontrare il primo
intoppo nelle chiacchiere e ciancie di una già consorella di Anna
Caterina. Cotesta monaca, circa un mese prima del principio del processo
giuridico, pretendeva avere osservato pel buco della chiave Anna
Caterina fuor del letto a ricercar de' cibi entro un armadio. Anche due
altre persone sostenevano aver fatto in ugual modo la medesima
osservazione, e di aver trovato Anna Caterina stesa sul suolo, con in
mano un pane imburrato. Il Rensing, che sino allora non aveva mai
dubitato della incapacità di Anna Caterina a cibarsi di alcun
nutrimento, prese la cosa molto sul serio. Invitò quelle persone a
venirgli dinanzi e registrò le loro osservazioni a protocollo. Siccome
poi volle egli stesso incominciare osservazioni attraverso il foro della
chiave, dovè convincersi non esser possibile di scorgere attraverso
quel foro il letto dell' ammalata, ovvero quell ' armadio che
pretendevasi avesse aperto. Anche la monaca confessò alla fine di aver
piena certezza della totale impossibilità in cui trovavasi Anna Caterina
di sollevare sè stessa dal letto senza alcun aiuto. Cionondimeno il
Rensing costituì in esame Anna Caterina medesima, giacchè quel pane
imburrato gli dava un gran pensiero.
« Io le domandai, riferisce
egli nel suo diario, se ella si rammentasse di essersi una volta trovata
fuori del letto. - Benissimo, mi rispose ; giacqui fuori del letto da
cui era caduta, perchè non eravi niuno presso di me che mi potesse dare
aiuto. Può darsi che io tenessi in mano un pane imburrato ; credo però
che dovesse essere per terra accanto a me ; aveva fatto posare sul mio
letto quel pane, perchè aspettava la figlia di una povera donna cui lo
voleva mandare. Nella mia caduta avrò senz'altro trascinato meco il pane
insieme con la coltrice del letto. »
Ciò lo tranquillizzò di
nuovo ; ma non fu pienamente contento prima di averne parlato con
l'Overberg e di aver da lui intesa la giustificazione di Anna Caterina.
3.
Una impressione ancora più profonda venne in lui prodotta dal discorso
corrente in Dülmen ed in Münster che quando anche non potesse dubitarsi
della sincera pietà di Anna Caterina, le di lei Stimate per altro
dovevano sempre destar sospetto, sino a che non si ottenesse piena
certezza che l'abate Lambert non contribuisse a mantenerle
artificiosamente aperte. Essere pure supponibile che cotesto prete
emigrato fosse assai fanatico per ritenere buona e pia opera ogni aiuto
prestato ad una monaca, onde sempre portasse sul di lei capo quei
dolorosi segni di ricordanza della Passione di Gesù Cristo.
Il
decano Br... di Münster in una sua visita a Dülmen aveva articolata
questa supposizione dinanzi al Rensing, il quale ne era stato tanto più
colpito, in quanto aveva inteso manifestarsi simile supposizione anche
in Dülmen.
« Questa osservazione appunto, scrive egli, è stata
fatta anche qui, non solo da giudiziosi cristiani, ma anche da un giudeo
ben pensante, il quale è molto colpito da coteste manifestazioni.
Quantunque egli dovesse per proprio suo conto confessare essere
moralmente sicuro che tanto l'abate Lambert, quanto la Emmerich sono
incapaci di simili frodi, ciò nondimeno cotesta faccenda gli arrecò
grave inquietudine ed imbarazzo, che a lungo dissimulò nell'animo suo,
sinchè Anna Caterina medesima gli venne in aiuto e liberò quel povero
uomo angustiato da tanto peso. L'acuto di lei sguardo ebbe tosto
riconosciuto ciò che nell' intimo animo di lui racchiudevasi ; e poichè
non era da sperarsi che egli liberamente e francamente da sè lo
manifestasse, Anna Caterina lo pregò di permetterle di dirgli ciò che in
lui si ascondeva. Essa chiaramente gli diè a conoscere qual fosse in
lui la inquietudine e da qual cagione derivasse.
« Rimasi
veramente attonito! confessa egli. La cosa era precisamente quale essa
me la espose, ed allora le dichiarai che sarebbe stato molto meglio se
avesse spontaneamente confessato le sue Stimate essere opera di un pio
zelo, giacchè così avrebbe risparmiato a me molta inquietudine ed a sè
stessa tanti dolori. -E come avrei potuto, rispose tranquilla la
paziente, far simile asserzione? Avrei detta una menzogna, ed una
menzogna è almeno un peccato veniale! Ed anche la benchè minima menzogna
è al cospetto di Dio talmente orribile, che preferisco piuttosto
soffrire molto di più di quello che pronunziarla! — ›
Fu allora
che affatto dileguossi la taciturnità del Rensing. Incominciò a parlare
alla lunga dei pericoli di un cieco zelo religioso, anzi scongiurò Anna
Caterina per onor di Dio e per la salute della di lei anima, a
confessare se le di lei ferite fossero effettivamente opera di un pio,
ma falso zelo.
« Ma ella assicurò, così riferisce il suo diario,
giurando per tutto ciò che l'è sacro, non potere senza offendere la
verità confessare altra cosa intorno alle sue ferite, diversa da quella
che sin allora aveva asserita ; e che a lei sarebbe riuscito gratissimo
se Iddio avesse esaudito le sue preci, ed i medici avessero trovato i
mezzi opportuni a far scomparire quei segni esterni. Per ottenere ciò
volontieri consentirei, soggiunse, ad essere dall'autorità castigata
siccome ingannatrice ed a venire disprezzata e schernita dal mondo
intero. »
4. La pura coscienza di Anna Caterina venne in caso
posteriore ancor più meravigliosamente in soccorso di quel brav' uomo
angustiato. Il Rensing aveva ricevuto dal Vicario Generale il comando di
interrogare la già superiora e tutte le consorelle di Anna Caterina
sulla di lei precedente vita nel monistero. Anna Caterina agevolmente
potea prevedere che coteste buone donne verrebbero innanzi con ogni
sorta di confuse asserzioni, e facilmente così indurrebbero il decano in
nuove inquietudini ed incertezze. Affinchè per malaccorta timidezza
egli non racchiudesse in sè di bel nuovo qualche accidentale sospetto,
ma anzi onde potesse procedere nell'ufficio suo verso Anna Caterina con
una severità scevra di ogni riguardo, ve lo preparò ella anticipatamente
da sè medesima nel modo seguente:
« Ella troverà certo
occasione, così si espresse, nel sottoporre ad esame le mie consorelle,
di appellare alla mia coscienza con severe parole. Ciò le costerà una
vittoria sopra sè medesimo e le cagionerà inquietudine, ma io la ed a
prego a non lasciarsi spaventare da simili difficoltà,condurre cotesto
esame nel modo più severo, sia verso di me, sia verso le mie consorelle.
Pregherò per lei affinchè Dio le conceda a questo scopo grazia e
coraggio.
«Così essa aiutò il decano ad acquistare e praticare la
necessaria severità e sicurezza, e gli rese meno grave l'adempimento
degli austeri doveri della sua posizione, come direttore della di lei
coscienza. Per altro quanto più a lungo egli ebbe occasione di
osservarla tanto più ricche e convincenti gli divennero le prove dei di
lei doni straordinarii e dell'alta perfezione delle di lei virtù.
5.
E davvero la di lei ubbidienza e riverenza verso l'autorità
ecclesiastica non conosceva confini. Siccome abbiamo già narrato, quei
tentativi di guarigione delle sue ferite, messi in pratica dai medici
per ordine del Vicario Generale, le cagionavano insopportabili patimenti
; ma di questi la tormentava assai più la paura di cadere per debolezza
in atto di disubbidienza. Sovente il Rensing la trovò lagrimosa a
cagione del sopraccarico de'suoi dolori ; ma gli costava soltanto una
parola, e tosto invece di udire lamenti, sentivasi dirigere questa
commovente interrogazione:
Son forse io, a cagione di questa mia
tristezza, incorsa in peccato? » E poi invece di quella sua incipiente
pusillanimità appariva la contentezza di un innocente bambina, che con
gli occhi ancora umidi di pianto poteva affermare:
« Ben
volentieri vogl'io soffrire ancora di più, purchè il mio buon Signore mi
dia soltanto la forza ch'io possa sopportarlo, e non divenga
impaziente. »
Il Rensing non intese mai dalla di lei bocca altro
lamento, fuor quello intorno alla moltitudine dei curiosi visitanti ; e
se egli riusciva a tenerli lontani, tosto ella lo ringraziava siccome
del più alto beneficio che potesse ricevere ; e con ansiose preghiere
raffermava e fortificava quel brav' uomo, d'altronde facile a sentirsi
offeso, nella costante perseveranza a rimuovere le insistenze dei
curiosi. Mai gli fu dato di osservare in lei segno alcuno d'impazienza o
di malcontento ; anzi al contrario gli dava a divedere pace profonda e
non conturbata serenità d'animo, che manifestavano luminosamente sul di
lei volto la grandezza della sua rassegnazione e l'intimità della sua
non interrotta unione con Dio. Ecco come si esprime il suo diario:
«
La trovai molto debole ; ma tostochè mi vide, riprese la sua abituale
serena fisionomia ; e mentre io le parlai, il di lei volto mostrossi
affatto sereno. Osservai, per altro, che ogni qual volta la parte
superiore del di lei capo veniva a caso in contatto col cuscino, per
dolore contorcevansi i lineamenti del suo viso. »
6. Se accadeva
talvolta che il Rensing, invece di consolarla, le rimproverasse
piuttosto quelle sue Stimate, essa nella sua semplicità prendeva la cosa
come se fosse con lui della stessa opinione.
« Se ella non
avesse (così le disse il Rensing una volta) ella sarebbe sottratta
questi straordinari segni sul corpo,ai dolori che ora deve soffrire. » -
Io ho pregato (essa soggiunse) il mio buon Dio con tutto il cuore di
ritogliermi cotesti segni (1 ), e gli ho detto che in prezzo di ciò
consentirei volentieri ad essere schernita come rea d'impostura e
d'inganno ; ma la mia preghiera non è stata esaudita. »
(1)
Dopo chiuso l'esame, e tostochè la sicura verità delle Stimate fu posta
fuor d'ogni dubbio, il Rensing venne in ben diversa opinione, giacchè
allora rimproverò ad Anna Caterina di aver pregato affinchè sparissero
quei segni esterni. Il Diario del Wesener sotto la data del 10 gennaio
1815, contiene a questo proposito la seguente nota: « Oggi, martedì, ho
trovate le ferite delle mani più larghe, ed ho riconosciuto con più
accurato esame che tutte coteste ferite, e sopra e sotto quelle di
ambedue le mani, avevano sanguinato. Domandai da che provenisse cotesto
straordinario sanguinare in un martedì. Essa non seppe dirmelo, ma mi
narrò quanto segue. - Il sig. Decano Rensing ieri venne da me e mi
sgridò molto dopo che gli ebbi confessato di desiderare nell'intimo del
cuore, e di aver pregato Iddio acciò si degnasse alla fine ritogliermi
questi segni esterni. Sono convinta che con questa preghiera, la quale
non proviene da cattiva disposizione di volontá, non ho mancato; giacchè
sono fermamente decisa di adattarmi con, pieno abbandono al voler di
Dio. Soffrirò volentieri sino al giorno del giudizio, se con ciò posso
piacere a Dio, ed esser utile agli uomini.
7. Lo stesso
Rensing alla vista dei di lei patimenti sentivasi sovente disanimato.
Attonito, e come sbalordito, si provava allora a lasciarla il più presto
che poteva, sentendosi incapace di recarle conforto. Ma ella lo
tratteneva, riprendendo tosto potere sopra sè stessa, e lo pregava e lo
animava a non privarla del benefizio arrecato dalla di lui presenza
sacerdotale e dalla sua benedizione. Quindi è che il Rensing potè così
notare nel suo diario:
« Rimasi, e non la lasciai che più tardi,
intimamente commosso dal pensiero che la grazia di Nostro Signore
apparisce sì forte nei deboli. »
Cotesti vari casi gli servirono
di prova che in Anna Caterina la grazia della pazienza e della
perseveranza era strettamente collegata alla fedeltà con cui ubbidiva ai
superiori ecclesiastici, siccome a rappresentanti di Dio ; ed egli in
ciò riscontrò un segno infallibile della pretta sincerità dei doni di
grazia a lei impartiti. Anzi, in quel degno uomo, d'altronde sì
riservato e prudente, crebbe di più in più e penetrò per giornaliera
esperienza il sicuro convincimento della potenza e pienezza di
benedizione riposta da Dio nel carattere sacerdotale ; giacchè ogni qual
volta Anna Caterina lo assicurava così: « Quando ella resta, io mi
sento fortificata e non sono più tanto spossata ; i miei discorsi con
lei trattano di Dio e sono a gloria di Dio, e quindi non riescono
faticosi..., » egli sempre scorgeva coteste parole confermate da
effettive conseguenze.
8. Siccome il Vicario Generale aveva
comandato che Anna Caterina rendesse stretto conto al decano Rensing
tanto delle sue interne istruzioni quanto degli esterni accidenti, così
ella affaticavasi a tutta possa a dare coscienziosa risposta ad ogni di
lui domanda. Da ciò noi rileviamo che i meriti delle di lei pene
pazientemente sopportate, venivano offerti in pro delle povere anime del
purgatorio e della conversione dei peccatori. Anche durante il processo
inquisitorio ella impiegava le ore della notte nella orazione e nella
contemplazione, ed usciva, come suoleva esprimersi, fuori di sè. In
occasione della prima visita del Rensing e sulla di lui domanda essa
narrò quanto segue:
« Nella trascorsa notte fui nel purgatorio.
Mi sembrava come se fossi condotta in un profondo abisso. Vidi un gran
spazio. È davvero commovente il vedere siccome le povere anime stiano là
dentro silenziose e meste; per altro hanno qualche cosa in volto
indicante che albergano ancora gioia nel cuore, pensando alla
misericordia di Dio. Vidi pure sopra un magnifico trono la Madre di Dio,
e la vidi tanto bella come non l'aveva mai sino ad ora veduta. »
A
queste partecipazioni aggiunse la seguente preghiera: « Ammonisca, la
prego, le persone che vengono al confessionario, a pregare con zelo per
le povere anime del purgatorio ; giacchè queste per riconoscenza
pregheranno sicuramente moltissimo anche per noi. E d'altronde la
preghiera per quelle povere anime è molto più aggradevole a Dio ; poichè
con quel mezzo esse più presto pervengono alla di lui visione. »
Alcuni
giorni dopo essa riferì al Rensing: « A cagione di potenti dolori nelle
ferite non ho avuto requie per tutta la notte, ma sono stata per altro
molto consolata da una apparizione. Vidi il divino Salvatore, e come
egli riceva i peccatori pentiti, e come con loro proceda. Egli era tanto
benigno ed amichevole che non lo posso esprimere. »
Cotesta
visione ella l'aveva tanto più spesso quanto più accostavansi i santi
giorni pasquali ; e sempre ne ritraeva grande consolazione e vigore
novello. Così ella confessò una volta:
« I miei dolori mi
riescono attualmente molto più sopportabili, giacchè fui confortata ;
anzi mi riuscì a gioia speciale lo scorgere in visione che si accosta
ora un momento di ritorno a Dio per molti grandi peccatori ; anzi in
parte è già quel momento venuto. »
Nella settimana poi dopo Pasqua confessò al Rensing:
«
Ho avuto un'estasi corta, ma consolante. Vidi quanti grandi peccatori
sieno in questo tempo pasquale ritornati a Dio, e quante mai anime sieno
state liberate dal purgatorio. Vidi pure quel luogo di purificazione, e
scorsi sul volto di quelle anime una ineffabile contentezza, che mi
apparve come segno della vicina loro liberazione. Potei chiaramente
distinguere le sembianze di varie persone che ho conosciute lor vita
durante, e mi riuscì a gran gioia il vederle ora liberate dai loro
tormenti. Così riconobbi le anime di due sacerdoti, ora ricevuti in
cielo. L'uno avea dovuto soffrire per lunghi anni a cagione di
negligente adempimento dei doveri del suo stato in piccole cose ;
l'altro poi a cagione della sua inclinazione a scherzosi discorsi. »
Ella vide pure la conversione di peccatori recidivi, e raccontò:
«
Gesù mi stava dinanzi agli occhi siccome avente a soffrire un
maltrattamento dopo l'altro. Ma le di lui pene mi cagionavano una dolce
tristezza. Ah! pensai dentro di me, ogni peccatore ha la parte sua in
quei patimenti, e sarà salvato purchè abbia soltanto un tantino di buona
volontà! Vidi anche persone a me note, venute in cognizione dei loro
mancamenti, e quindi migliorate. Ciò apparivami talmente chiaro come se
lo vedessi ad occhi aperti. Fra queste persone eravene una, la quale è
pia bensì, ed umilmente parla di sè stessa; ma che non voleva
riconoscere di essere troppo penetrata di amor proprio. Ha costato
fatica a costei il venire in cognizione dei suoi mancamenti. Non può
dirsi vera umiltà quella di alcuno che disprezza bensì sè medesimo, ma
che non può tollerare se alcun altro lo biasima, o se alcun altro gli
vien preferito.
9. In un susseguente giorno raccontò: « Mi
sono trovata presente mentre Dio teneva giudizio sopra grandi peccatori.
Grande è la sua giustizia, ma in descrivibile altresì è la sua
misericordia. Condanna quelli soltanto che assolutamente non vogliono
convertirsi ; ma quelli che hanno ancora una sola scintilla di buona
volontà vengono salvati. Coloro che hanno specialmente un gran
pentimento dei loro peccati, che si confessano con sincerità, e son
ripieni di cordiale fiducia nei meriti infiniti del nostro Salvatore,
saranno beati ; ed i loro peccati non saranno ricordati più affatto.
Vanno bensì in purgatorio, ma non vi restano a lungo. Al contrario ben
molti vanno e stanno per lungo in purgatorio che, a dir vero, non sono
grandi peccatori, ma che quaggiù vivono nella tiepidezza, e che per amor
proprio mal volentieri si adattano alle esortazioni ed ammonimenti dei
loro confessori.
Altre volte, quand'io pensava che anche un solo
povero peccatore venisse condannato, ciò mi affliggeva talmente che non
potevo dar tregua al mio dolore ; ma adesso rimango quieta quand'anche
molti vengono rigettati. Giacchè ciò deve accadere a causa della
giustizia di Dio. Ciò tutto mi riuscì tanto chiaro e vivace, come se
Iddio stesso mi avesse parlato.
« Vidi Gesù sopra un trono
risplendente come il sole ; presso di lui erano Maria, Giuseppe e
Giovanni. Dinanzi a lui stavano in ginocchio i poveri peccatori, e tutti
coloro che a lei si rivolgono trovano grazia, seppure abbiano ancora un
tantino di fede. »
10. Sul merito ed il valore della preghiera ebbe la se guente visione:
«
Mi trovai in un grande e luminoso spazio, che quanto più io guardavami
intorno, tanto più si dalatava. Mi fu mostrato come venga disposto delle
nostre preghiere di nanzi a Dio. Esse vengono notate sopra quattro
grosse tavole, e sembrano divise in quattro classi. Alcune preghiere
vengono scritte con belle lettere dorate ; altre con un colore
splendente come l'argento ; altre con colore più scuro ; ed altre
finalmente in color nero, e queste vengono con un frego cancellate. Vidi
ciò con gioia, e nondimeno provava una certa paura di non essere degna
di vedere questo, tanto che appena arrisichiava di domandar alla mia
guida cosa tutto ciò significasse. Ne ebbi in risposta: Ciò che vedi
segnato con lettere d'oro è la preghiera di coloro, i quali una volta
per sempre hanno con l'intenzione unite le buone opere loro ai meriti di
Gesù Cristo, che sovente rinnovano questa unione, e che di più si
studiano ed hanno molto a cuore di osservare i suoi precetti e di
imitare il suo esempio. Ciò che viene notato con isplendore di argento
si è la preghiera di coloro, che non pensano a quella unione coi meriti
di Gesù Cristo, ma che per altro sono pii e pregano con semplicità di
cuore. Ciò che viene scritto con colore più scuro si è la preghiera di
coloro che non possono star tranquilli se non si confessano e si
comunicano spesso, e recitano giornalmente certe preci ; ma che sono ciò
non ostante tepidi e fanno il bene soltanto per abito. Finalmente
quanto viene scritto in nero colore e di poi cancellato, è l'orazione di
coloro che ripongono tutta la loro fiducia in preci orali e si riposano
sulle opere loro presuntivamente buone, ma non rispettano i
comandamenti di Dio, nè fanno violenza alcuna ai loro cattivi desiderii.
Cotesta orazione non ha merito alcuno dinanzi a Dio, e quindi
viene cancellata. Così pure vengono cancellate le buone opere di coloro,
che si danno per verità molta pena per far qualche bene, ma che nel
farlo hanno in vista soltanto il loro onore ed un temporale vantaggio. »
11.
Allorchè una volta il Rensing la sorprese mentre recitava, leggendo in
un libro le litanie dei Santi, e voleva aspettare finchè ella avesse
finito, gli disse Anna Caterina in risposta:
« Non sono punto
angustiata intorno a ciò: posso benissimo riprincipiare dal punto ove ho
lasciato. Credo che il Signore non la riguardi tanto per la sottile, e
non faccia attenzione al dove io principio. »
Voleva con ciò dire
di fatto: questa interruzione non nasce già da distrazione o da
indifferenza, ma ha luogo piuttosto per palesare la mia riverenza ai
superiori spirituali. Ed allora gli raccontò un altro quadro simbolico
intorno alla preghiera:
« Mi trovava in chiesa, e precisamente al
luogo dove abitualmente soleva inginocchiarmi. Vedeva intorno a me il
tutto chiaro e lucidissimo ; e scorsi siccome due donne bellamente
vestite stavansi genuflesse ai piedi dell'altar maggiore col viso
rivolto verso il tabernacolo ; e, come sembrommi, con alto raccoglimento
e pietà. Le vedeva con vero commovimento del mio cuore pregare così
piamente, quando mi apparvero due corone d'oro risplendentissime,
pendenti siccome da un filo al di sopra delle teste di quelle oranti
donne. Mi accostai più da presso e vidi che una di quelle corone si posò
sul capo di una delle due donne in orazione ; l'altra però rimase
sospesa a qualche distanza dal capo dell'altra donna. Finalmente si
alzarono ambe due, ed io dissi loro aver elleno pregato con molta pietà.
Si,
replicò la seconda ; havvi gran tempo dacchè non ho pregato così
piamente e con tanto intimo sentimento come ora. La prima però, sul di
cui capo si era posata la corona, si lagnò dicendo che avrebbe sì
volentieri voluto pregare con raccoglimento e pietà, ma che erasi
sentita turbare da ogni genere di distrazioni nel volersi raccogliere ;
talmentechè durante quell'orazione avea dovuto incessantemente lottare
contro quelle distrazioni. Allora chiaramente mi avvidi siccome il
nostro buon Dio guardi soltanto al cuore di chi prega. »
Da
questa manifestazione chiaramente apparisce che Anna Caterina aveva
avuto quella visione onde essere preservata da ogni scoraggiamento,
nascente dal timore che la di lei orazione, sì sovente turbata ed
interrotta da esterni accidenti dal concorso degli stranieri, potesse
riuscire meno accetta a Dio, di quello che gli riuscisse gradito il
profondo raccoglimento e la tranquilla pietà, cui poteva darsi in
braccio nel passato, mentre trovavasi in monastero.
12. Simile
pure era lo scopo di una posteriore visione, che a prima vista sembra
meno significativa e semplicissima, ma che nondimeno è prova parlante
della condiscendente bontà con cui Anna Caterina veniva da Dio, siccome
una bambina, confortata e consolata nella sua grande missione.
«
Io doveva (così narrò) passare per sopra uno stretto ponticello. Con
paura guardava giù nel profondo le acque, che sotto vi trascorrevano ;
ma il mio Angelo custode mi guidò felicemente per sopra quel ponte.
Sulla sponda stava una trappola, intorno a cui un topo a lungo
saltellava ; finalmente azzannò cupidamente il boccone che lo allettava.
Oh! la sconsigliata bestiuola, diss'io, che ad un ghiotto boccone
sacrifica libertà e vita! Ecchè! disse l'Angiolo mio custode, gli uomini
agiscono più ragionevolmente quando per un corto piacere mettono in
pericolo l'anima e la salute eterna? »
Quella compassione che
Anna Caterina provava per quel povero animaletto, l'Angelo suo custode
la rivolse alla cecità dei peccatori, onde ella divenisse per loro una
voce di ammonizione, e ciò non soltanto col mezzo dell'orazione e dei
suoi patimenti segreti ed affatto al mondo nascosti, ma altresì con
esortazione e preghiere ; anzi, anche collo spettacolo delle pene a lei
imposte ed in lei visibili. Le sembrava impossibile che alla fin fine
non tornasse per lei il tempo di un tranquillo occultamento agli occhi
del mondo ; ma Iddio aveva ben altrimenti deciso. Cotesto bene per lei
non tornò mai più ; e precisamente allora, in mezzo alle maggiori
angustie, doveva Anna Caterina prepararsi ad entrare nell'ultimo e più
severo periodo della sua missione di patimento. Siccome alla Chiesa non
era rimaso più luogo alcuno pel non disturbato esercizio della pietà e
della tranquilla contemplazione, e come ad essa erano stati rubati tutti
quei sacri asili, ove i di lei figli, nascosti ai guardi del mondo,
sopportare potevano le pene di una innocente espiazione della penitenza
delle colpe ; così anche ad Anna Caterina, cui Iddio aveva addossato le
miserie della sua Chiesa, doveva toccare ugual sorte. Ed ella sopportò
quella sorte sino all'ultimo momento della vita ; ma quanto le riuscisse
difficile l'adattarsi a simile missione ben tosto verremo a conoscerlo.
Intervallo dalla Pasqua sino alla Pentecoste del 1813.
1.
Dopo la terza visita del Vicario Generale il Rensing aveva comandato ad
Anna Caterina di pregare per uno scopo speciale, che non le volle più
chiaramente indicare.
Nel secondo giorno di maggio la trovò assai
consolata dall'apparizione della santissima Vergine col celeste Bambino
avuta durante la notte. « Io ho (così narrò) invocata ardentemente
l'intercessione di Maria per l'oggetto che mi è stato ingiunto, ma non
sono stata ésaudita. Già tre volte ho orato per cotesto scopo, ed ho
detto a Maria: Io debbo così pregare, perchè mi è stato ingiunto per
santa ubbidienza ; ma non ho ottenuto risposta alcuna, ed ho dimenticato
di persistere un'altra volta nell'istessa preghiera, a causa della
gioia che mi arrecò la presenza del santissimo Bambino. Spero per altro
che alla fine sarò esaudita. Non prego già per me, e sono stata tanto
spesso esaudita quando pregava per le altre persone ; per me poi non lo
sono stata mai se non che quando implorava nuovi patimenti.
È
certo che senza saperlo anche questa volta Anna Caterina aveva pregato
per sè stessa, giacchè lo scopo a lei sconosciuto, indicatole dal
Rensing, si riferiva unicamente al sollecito fine dell'esame giuridico.
Tutti coloro che la circondavano, del pari che il Rensing, desideravano
appunto questo più assai che nol desiderasse ella medesima ; e quindi
avveniva che non solo doveva implorare per sè pazienza e contegno, ma
doveva inoltre tranquillare e consolare coloro, che avrebbero dovuto
riuscirle di appoggio e di aiuto. Avvenne quindi che assai più duro
delle proprie pene le riuscisse il sospetto in cui era stato preso il
vecchio abate Lambert, quasicchè il cieco suo zelo fosse cagione delle
di lei Stimate ( 1).
(1 ) Nel diario del Wesener, sotto la data
del 26 gennaio 1815 trovasi la seguente nota intorno all'abate Lambert:
Mentre oggi, nella camera di Anna Caterina ed in presenza dell'abate
Lambert io me dicava un tumore del braccio al figlio decenne della
padrona di casa, l'abate ne provò una tal compassione che rimosse il
volto compassionando moltissimo l'infermo fanciullo. Poco dopo
manifestai ad Anna Caterina la mia meraviglia per la grande sensibilità
di quel prete; al che rispose: Vede ella! quel pover'uomo è fatto così! E
sempre stato così sensibile come lo è un bambino. Ed è costui che mi
doveva aver fatto queste ferite?....
Il padre Limberg era da
troppo, breve tempo di lei confessore per andare sottoposto a quel
sospetto medesimo ; ciò nondimeno possedeva omai una sì precisa
cognizione dell'anima e di tutta la di lei vita, che a malgrado la
naturale sua diffidenza non poteva dubitare della verità di quei segni
esterni. Egli era uomo facile a sentirsi imbarazzato ed intimidito, e
con una certa paura soltanto osava comparire in presenza di per sona
imponente cotanto come Clemente Augusto. Non deve quindi destar
meraviglia che ei molto si compiacesse nell'uso frequente del rimprovero
di imprudenza ; se fosse stato in sua balìa, ovvero in quella
dell'abate Lambert, di far di bel nuovo sparire quelle Stimate, ciò
sicuramente sarebbe accaduto sul primo vederle, tanto più che Anna
Caterina medesima niun'altra cosa più ardentemente desiderava. Quelle
benedette Stimate apparivano agli occhi suoi ed anche a quelli
dell'abate Lambert siccome una disgrazia, ovvero un inevitabile destino,
che non può più venir cangiato e cui conviene alla meglio adattarsi ;
ed il pensiero che potessero essere opera di Dio e segno di di
stinzione, che egli suol accordare soltanto a pochi eletti nel grembo
della Chiesa, si ritraeva e si celava talmente nel più profondo
nascondiglio dello spirito di quei due bravi uomini, che quell'esame
giuridico ecclesiastico, a causa della pubblicità che ne risultava a
carico di Anna Caterina, e con essa anche di loro, ne riusciva per essi
altamente penoso. Cotesta disposizione d'animo dei di lei spirituali
circostanti aumentava in Anna Caterina la cura ed il timore di poter
perdere contegno e pazienza, ove in di lei pro non venisse ben presto a
ristabilirsi l'occultamento e la quiete, e quindi l'abituale suo
raccoglimento in Dio. Questo era il motivo, per cui sì volonterosamente
era venuto nel progetto del Rensing circa una sorveglianza di otto
giorni, e ne aspettava con crescente e vivace desiderio il pratico
incominciamento.
2. Il dì 9 maggio arrivò il sig. Overberg per la
quarta volta in Dülmen, spedito dal Vicario Generale a rendere complete
per quanto era possibile le osservazioni e le note sino allora
raccolte.
« Ho trascorso (così egli racconta) di bel nuovo
conversando molte e diverse cose che essa mi aveva già prima narrate, ed
ho ciò fatto per accertarmi vie più di aver ben compreso ed esattamente
notato. A questo proposito essa mi diè ad intendere che il minuzioso
esame della sua vita passata non era già una delle minime cause dei suoi
patimenti, poichè da ciò nascer poteva opinione essere lei qualcosa di
grande, mentre ella meglio d'ogni altro sapeva il contrario. La trovai
serena nell'aspetto, quantunque nelle precedente notte avesse molto
sofferto e sanguinato assai. »
Nel secondo giorno della
permanenza riferisce l'Overberg: Questa mattina ho trovato la Emmerich
di bel nuovo molto debole. Aveva passata la notte, siccome mi asseri la
sorella, nell'angustia e nella inquietudine. Se pure assopivasi per
alcun poco, tosto la risvegliava lo spavento dell'idea che le
soprastassero nuovi esami. Piangeva temendo di perdere la pazienza, ove
non fosse per riacquistare tranquillità bastante a raccogliersi di bel
nuovo in Dio. Disse che a cagione di questo inquisitorio processo avea
perduto quasi tutto l'abituale raccoglimento. Io nè poteva nè voleva, a
causa della di lei debolezza, parlare a lungo con lei ; ciò nondimeno
ella mi confermò di bel nuovo quanto già prima mi aveva narrato. Dopo il
meriggio la Emmerich si sentì alquanto meglio che nel mattino. Ella
insistè spontaneamente nella dimanda di essere sorvegliata durante otto
giorni da medici e da altre persone degne di fede, affinchè questi
disturbi tanto pesanti e svantaggiosi venissero una volta a fine.
3.
Sul dipartirsi dell'Overberg da Dülmen, tanto il Rensing quanto il
Wesener concorsero caldamente nelle di lei preghiere circa lo
stabilimento della sorveglianza da fissarsi per otto giorni.
« Ella con lagrime mi ha affermato, disse il Wesener, quanto ardentemente sospiri di rientrare una volta in quiete.
Ah!
mi disse ella, volentieri voglio far tutto quanto mai posso per giovare
ai miei prossimi. Vorrei la sciarmi mettere in pezzi e quindi di bel
nuovo racconciare per salvare un'anima sola ; ma davvero non posso
espormi così agli sguardi d'ogni curioso. Alla fin fine credo che se per
otto giorni continui mi venga posta d'attorno una guardia di
sorveglianza, tutte le circostanze dell'esser mio verranno completamente
in chiaro, e ciò in modo soddisfacente, per quanto almeno dalle mie
forze possa dipendere.
Non è già che io desideri di vedere
assicurata in pro mio la verità della cosa, ma ciò mi sta a cuore
principalmente a causa degli amici miei, onde non ne venga'a riflettersi
sopra di loro luce cattiva, nè vengano derisi per colpa mia. »
4. Il giorno posteriore alla partenza dell'Overberg venne in Dülmen il signor di Druffel, che di questa sua visita così scrisse:
«
Nulla mi si è offerto di nuovo. L'impressione del di lei esterno
contegno e della sua fisonomia, come pure la forma delle ferite, della
piaga del costato e della croce sul petto, non offrono cambiamento
veruno. »
5. L'Overberg era partito promettendo di guadagnare
l'animo del reverendissimo Vicario Generale a consentire alla progettata
sorveglianza, e di aver poi cura per la più sollecita installazione
della medesima. La prima parte della promessa riuscì a bene, ma non così
la seconda. Ai 18 di maggio egli così scrisse al Rensing:
«
L'uomo propone e Dio dispone. Eccone prova novella. Non possiamo riunire
tanto presto quei signori, che dovrebbero sorvegliare la nostra cara
Emmerich. Quei medici che volentieri vorremmo avere a cotesto scopo, non
sono disponibili prima delle ferie di Pentecoste, a causa delle
lezioni. Si desidera che la Emmerich venga trasportata in una abitazione
per lei più comoda, e quanto più presto sarà tanto meglio. V. S. Ill.ma
vorrà avere la bontà di consolare l'ammalata a proposito di questa
dilazione, tanto sgradevole anche per noi. La prego di salutarla an che
da parte mia. »
A questa lettera tenne dietro pochi giorni dopo
l'invio di una coperta o coltrice di pelle, che il buon Overberg aveva
avuto in pensiero di far preparare per Anna Caterina.
« Il
Krauthausen (così scrisse a questo proposito) mi disse ultimamente che
per la nostra ammalata sarebbe molto desiderabile lo avere una coperta
di pelle da sotto porsi ; giacchè la pelle rinfresca e impedisce, o
almeno di minuisce gl'inconvenienti di un lungo giacere. Ho quindi fatto
ricerca di simile coltrice, e sono stato assai avventurato per trovarne
una buona in pelle di camoscio. Questa coperta è rimasta per molti
giorni presso di me, aspettando favorevole occasione. Per non privar più
a lungo la povera paziente dell'alleviamento che potrebbe venirle da
questa coltrice, la invio per mezzo di un espresso da me già pagato. V.
Signoria avrà cura che venga sottoposta alla inferma. »
6. Questo
nuovo ritardo della sorveglianza, tanto da tutti desiderata, riuscì ad
Anna Caterina più grave di tutto ciò che fino allora aveva sopportato,
poichè le nacque nell'animo la certezza infinitamente dolorosa che le di
lei speranze e suppliche erano rimaste inesaudite, e che mai più per
tutto il resto della sua vita di patimenti potrebbe sottrarsi alle
pubblicità ed alle inevitabili pene e disturbi che ne derivano. E chi
oserebbe biasimare la povera paziente seppure al pari di qualsiasi
fragile creatura si fosse fino allora consolata nella speranza, che
finito quell'esame, con quello avrebbero pur fine le visite, e quindi ne
rinascerebbe per lei la sospirata quiete ed il desiderato occultamento?
Trattenendosi coi di lei amici spirituali erasi arrisicata a contare
sulla santa solennità dell'Ascensione, come sul dì del ritorno
dell'unico bene terreno di cui abbisognasse, cioè della non disturbata
solitudine! Ma cotesta espettazione eccola divenire illusoria!
Bene spesso lagnandosi aveva ella detto all'abate Lambert:
«
Io sono uno strumento nelle mani del Signore. So poco di tutto ciò che
succede a me d'attorno. Non desidero altro che quiete. »
Ma ora
non poteva più ascondere a sè stessa che cotesta quiete non le
toccherebbe mai più sulla terra. Iddio desiderava anche in questo la più
perfetta e fedele sommissione della sua serva. Soltanto ella ne venne
in tale sconforto e sbigottimento, che sembrava le fuggisse ogni forza
necessaria a sopportare più a lungo le pene corporali sempre crescenti.
«
Essa si lagnò meco (così riferisce il rapporto di Rensing dell'17
maggio) di avere nella trascorsa notte provato dolori cotanto sensibili,
che non aveva potuto più a lungo trattenersi dal pregare Iddio di
volerli alleviare. La di lei preghiera venne esaudita, talmentechè
sentissi resa più forte al punto di poter sopportare con pazienza quei
dolori, e soggiunse queste parole: ??? Allora recitai il Te Deum, che
potei finalmente recitare fino alla fine, dappoi chè l'aveva molte volte
principiato, ma sempre aveva dovuto interromperlo a causa vivacità dei
dolori.
Della seguente notte fu del pari piena di patimenti in modo tale che Anna Caterina se ne lagnò col Rensing in questa guisa:
Ho
spesso pregato Iddio a volermi mandare patimenti e dolori, ma adesso
soffro la tentazione di pregarlo così: Fermati, o Signore ; non più, non
più! I dolori nel capo divennero tanto crudeli, che io temeva di poter
perdere la pazienza. Poi sul far del giorno mi posi sul capo quella
reliquia della santa Croce, che il signor Overberg mi ha lasciata ;
pregai Iddio di aiutarmi, e tosto provai alleviamento. Più ancora delle
pene corporali mi tormentano i patimenti dell'anima ; l'aridità cioè,
l'amarezza e l'interna inquietudine ; ma ora, dacchè ho ricevuto per due
volte la santissima Comunione, ho gustato la quiete ed una dolce
consolazione dell'anima. »
7. Siccome coloro che circondavano
Anna Caterina non tenevano quasi verun conto del di lei stato interno, e
bene spesso rompevano in lamenti dinanzi a lei circa la delusa
espettazione, ne avvenne che ella risentisse la sua posizione e lo
spirituale abbandono in cui trovavasi ben più opprimenti, e che ne
cadesse in tali angustie da parere affatto abbandonata dalla sua solita
serenità e forza d'animo. Quindi è che il 19 di maggio il Rensing la
ritrovò in uno stato tale di debolezza e di mestizia, che egli volle
astenersi da qualsiasi conversazione con lei ; e quando poi tornò sulla
sera vide che la croce sul di lei petto aveva sì copiosamente
sanguinato, che ne erano intrisi di sangue i vestimenti. Essa aveva
ripreso alquanto di lena, e potè allora raccontargli come il nemico
infernale avesse profittato del di lei scoraggiamento per metterla, col
mezzo di spaventose immagini, in gravi angustie durante la trascorsa
notte.
«Provai, così disse ella, gravi angustie. Mia sorella
giaceva immersa in sonno profondo ; la lampada ardeva ed io vegliava nel
mio letto. Ed ecco che sentii un moto nella stanza. Guardai, e vidi una
orribile figura sudiciamente vestita, che si avvicinò pian piano verso
di me.
Quando quella figura fu giunta ai piedi del mio letto e ne
tirò il cortinaggio, vidi una brutta donna che mi guardava fissa e
minacciosa nel volto. Quanto più a lungo mi guardava, tanto più mi
appariva spaventosa ed orrenda. Aveva una testa mostruosamente grossa, e
spalancava la bocca in guisa come se volesse, inchinandosi sopra di me,
inghiottirmi. Sul principio non ne fui molto intimorita, ma in seguito
la cosa andò diversamente. Incominciai a pregare, e pronunziai con
fiducia ad alta voce i santi nomi di Gesù e di Maria; ed allora tutto
disparve.
8. In tanta angustia di spirito le venne finalmente in
soccorso il P. Limberg con una breve esortazione, mentre egli le
rimproverò quelle sue lagnanze ripetute con qualche impazienza del non
trovar mai requie alcuna, dicendole in poche parole dover essa
tranquillamente aspettare quanto di lei venisse destinato, e doversi
meglio rammentare la quotidiana preghiera: Signore, sia fatta la tua
volontà. Il dottore Wesener fu testimonio di questa esortazione, e ne
riferiva così:
« Anna Caterina si sottomise nel momento con piena
e buona voglia, nè si lagnò più oltre. Il signor Limberg mi dichiarò in
seguito dover egli procedere con tanta severità, per aver già
sperimentato quanto la benchè minima imperfezione reagisca
svantaggiosamente sopra di lei. »
Ed il diario del Rensing riferisce in data del seguente giorno:
«
Le domandai se nella trascorsa notte ella avesse veduto apparizione
alcuna o altra immagine, e ne ebbi in risposta: No! ero troppo abbattuta
e sconcertata per aver lasciato travedere tanta impazienza e
malcontento pei disturbi cagionatimi da questi miei segni esterni. Io
avrei dovuto essere come l'argilla nelle mani del vasaio, nè avrei
dovuto avere alcuna volontà propria, ma tacita e paziente avrei dovuto
sopportare tutto ciò che alla bontà del Signore piaceva che di me
accadesse. Ma ciò mi è riuscito cotanto difficile, perchè penso più
assai alla mia tranquillità di spirito, di quello che nol faccia alla
volontà di Dio, che mi prova e conosce meglio sicuramente ciò che mi è
utile. -- Anche dinanzi al Wesener ella si lagnò turbata dell'essere
caduta in peccato per la sua impazienza. I miei tentativi, osservò il
Wesener, per toglierle a forza di ragioni queste idee dalla testa
riuscirono affatto inutili.»
9. Il Signore ricompensò
un'ubbidienza siffattamente umile con alcune consolazioni, dalle quali
ella sentissi con fortata ed attinse nuovo zelo. Nel giorno del venerdi
21 maggio il Rensing la trovò bensì molto spossata per avere nella notte
precedente molto sofferto e tanto sangue per duto da tutte le ferite,
che le bende del capo e la camiciuola che ricoprivale il petto ne erano
divenute rigide pel sangue disseccato ; ma ella aveva ricuperata l'usata
serenità per avere ricevuto grande conforto in mezzo ai suoi patimenti,
e specialmente dopo la santissima Comunione.
« Havvi una cosa
(disse ella) che mi ha arrecato molta gioia. Vidi dopo la santissima
Comunione due Angeli portanti una bella corona di fiori. Quei fiori
erano rose candide, ma guernite di lunghe ed acute spine, che mi punsero
quando volli da quel serto cogliere una rosa. Ah! se non vi fossero
quelle spine! pensai entro di me, e mi fu risposto Se vuoi avere le
rose, devi pure sopportare che le spine ti pungano. Dovrò adunque patire
ancora molto prima di giungere a quelle gioie che sono scevre di
patimento. »
10. Simile quadro simbolico di consolazione essa lo vide anche in seguito.
«
Fui (così narrò) condotta in un bel giardino, ove osservai rose
straordinarie in grossezza, in beltà ed in colori. Ma erano circondate
di spine sì lunghe e sì acute, che non potevansi cogliere senza
riportarne sensibili punture. Dissi: Ciò non mi piace ; ma l'Angiolo mio
custode mi replicò: Chi non vuol patire non avrà gioia alcuna. »
Anche le gioie scevre di dolori le vennero addimostrate, ma come tali che soltanto con la morte si ottengono.
«
Vidi me stessa giacente nel sepolcro ; me ne godeva tanto il cuore che
non posso descriverlo. Nel tempo stesso parevami mi venisse detto che
prima del mio fine dovrei ancora patire di molto ; ma che mi
abbandonassi alla grazia di Dio e me ne stessi ferma e perseverante.
Alla fine vidi Maria col Bambino, e provai gioia ineffabile, perchè la
benigna Madre mi depose fra le braccia il Bambino.
Quando glielo
resi, pregai Maria per tre doni atti a rendermi cara a lei ed al di lei
Figlio: la pregai di concedermi amore, umiltà e pazienza. »
11.
Il vigore dell'animo suo si accrebbe da quel momento giorno per giorno ;
talmentechè nella sera della vigilia dell' Ascensione, ai 26 di maggio,
ella potè dire al Decano:
« Oh! quanto volentieri me ne andrei
in cielo col caro nostro Salvatore! Ma il mio tempo non anco è giunto ; i
miei patimenti e dolori si moltiplicano, e devo essere sempre meglio
provata e purificata. Sia fatta la volontà di Dio, purchè mi dia la
grazia di perseverare sino alla fine nella pazienza e nell'abbandono al
suo divino volere! »
Allorchè nel giorno di quella solennità
ricevè la santissima Comunione, intese dirsi le seguenti parole, come le
confessò al Rensing: « Vuoi tu piuttosto morire, ovvero soffrire ancora
di più? » Al che rispose: « Voglio soffrire ancora di più, se questo ti
piace! » Ed aggiunse: « Il mio desiderio è stato soddifatto in guisa
che soffro adesso più di prima. »
12. Quanto varii e molteplici
fossero questi patimenti, e quanto contribuissero ad aumentarli le
persone a lei più prossime fra quante la circondavano, chiaro apparisce
dalle note del Wesener. Ed ecco come egli riferisce in data del 25
maggio:
«Questa sera la trovai molto inquieta e quasi affatto
fuori di sè pel dolore. La di lei sorella le aveva lavato e stropicciato
il dorso piagato con acquavite, per lo che ella venne a perdere i sensi
; si raggomitolava gemendo nel letto, e dicea alla sorella: Come mai mi
hai fatto ciò? Voglio volentieri sopportar tutto ; ma tu non devi
procedere con sì poca cura in simile faccenda! Il di lei volto avvampava
infuocato a queste parole, e gli occhi ne erano pieni di lagrime ; il
polso non era alterato. Il signor Limberg le ordinò la quiete, ed ella
tosto si ristette silenziosa e tranquilla. »
Poco dopo
quell'epoca le si rinnovò una pena consimile prodotta per colpa
dell'istesso individuo, ma in ben più gravi proporzioni.
« Trovai
(così racconta il Wesener) la sorella con un piatto pieno d'insalata
intrisa nella farina e nell'aceto al letto dell'inferma ; e quando
domandai se ella ne avesse gustata, mi ebbi in risposta che non solo
avea gustato di quell'intingolo, ma che aveva ingoiato inoltre un
bocconcino di cacio. L'ammalata trovavasi per altro in uno stato
straordinario di stupore e di mancanza di sensi. Ben tosto scoprii la
vera e propria cagione di tutta quella faccenda.
La sorella aveva
di bel nuovo voluto lavare con acquavite il dorso impiagato
dell'inferma; ma siccome questa non eravisi prestata, il vaso contenente
l'acquavite era rimasto presso il letto. L'odore di quel liquido con
tanta rapidità giunse a stupefare l'inerme ammalata, che ella non ebbe
più la forza di respingere quei mezzi di nutrimento a lei porti dalla
perversa sorella. Ne cadde quindi nel più misero stato. Uno spaventevole
malessere alternavasi con vomiti convulsi ; parea minacciasse di
soccombere a continue soffocazioni. La sera soltanto sulle nove ore,
quando potè vomitare quanto aveva sorbito, sopravvenne un miglioramento.
Ed allora si querelò di avere ingoiato cose. sì crude, mentre trovavasi
senza conoscenza ed in istato di perfetto stupore. »
13. Cotesti
esperimenti per altro non ritraevano coloro che la circondavano dalla
loro predilezione per l'uso dell'acquavite, come mezzo medicinale ; e
quindi molti anni dopo, il Pellegrino, ossia Clemente Brentano, poteva
anch'egli riferire:
« Ho veduto per un numero infinito di volte
Anna Caterina immersa in ispaventevoli dolori per certe stupide lozioni
fatte con l'acquavite alle piaghe del di lei dorso. Se ne lagnava
sempre, ma invano. L'acquavite come mezzo medicinale è veramente un'idea
fissa nel basso popolo del paese di Münster. Non venne mai neppure in
mente ad alcuno che Anna Caterina potesse perdere i sensi pel semplice
odore di quell'abbominevole liquore. Doveva patire anche questo! Ah! del
resto in generale procedevasi con quella povera paziente come se fosse
una cosa, non già come se fosse una persona. »
14. Una delle
cagioni speciali per cui Anna Caterina anelava con tanto ardore un
totale occultamento dagli occhi del mondo, era riposta nella moltitudine
dei visitanti, che incominciavano ad affollarsi intorno al letto in cui
l'inferma posava. Non solo le riuscivano di pesante aggravio a causa
dell'esterna inquietudine e disturbo, ma ben più ancora per le pene
spirituali da cui quelle visite erano accompagnate.
Essa meco si
lagnò (racconta il Wesener) del quanto straordinariamente la turbasse la
moltitudine dei visitanti, e quali e quante altre pene per lei da ciò
derivassero; pene che per altro non poteva narrarmi. »
Noi le
conosciamo per altro già da tempi anteriori ; pro venivano dal dono del
poter leggere nel cuore degli uomini, e del risentire nel più sensibile
modo lo stato spirituale di quegli stranieri. Soleva il di lei cuore
riconoscere con profonde impressioni di dolore la perversità, la
corruzione e le colpe dei visitanti ; e siccome dardi la trafiggevano le
passioni, i sentimenti, le intenzioni, con le quali le varie persone
l'avvicinavano. Cotesto dono, davvero terribile, aveva fatto parte delle
di lei pene più gravi sin da quando trovavasi in monastero ; ed ora
ella giaceva siccome esposta sulla pubblica via, mentre potevano a lei
indifesa appressarsi quanti pur lo volevano, e mentre la benefica
proibizione dell'autorità ecclesiastica sempre più scadeva
dall'osservanza. E precisamente coloro fra i visitanti presso di lei si
affollavano il più di frequente, che solevano gettare lo sguardo sopra
Anna Caterina e gli ecclesiastici a lei vicini con pungente sospetto ed
orgoglioso dispregio. Oh! quanta mai forza d'animo erale necessaria per
non perdere ogni coraggio, dacchè aveva nell'intimo dell'animo questa
fatale certezza che: Tutto ciò non cambierà mai sino alla mia morte!
Il Vicario Generale Droste viene per la quarta volta in Dülmen
1. Il Rensing aveva riferito all'Overberg la disanimante impressione prodotta in Anna Caterina dalla sua lettera del 18 maggio, e gli aveva pur riferite le parole di lagnanza, con le quali aveva ricevuta la partecipazione del nome e del carattere di quei signori di Münster prescelti a sorvegliarla.
«
Io sperava (così erasi espressa) che la sorveglianza sarebbe stata
condotta a termine per la solennità dell'Ascensione, e che quindi avrei
ottenuto quiete sufficiente per ben prepararmi nell'intervallo che
sempre è stato per me tanto sacro, alla venuta dello Spirito Santo ; e
cotesta speranza, che mi cagionava tanta gioia, è stata delusa! Se
nessun medico poteva venire da Münster, potevansi prendere anche qui
persone del pari capaci di scorgere quanto succede, e che meritano
altrettanta fede quanto certi uomini che sono ancora studenti. Il signor
di Druffel mi disse che si manderebbero tali persone, delle quali sarei
stata contenta. Ma che certi giovani, come N. N., il quale non ha per
anche venti anni, se ne stiano giorno e notte intorno al mio letto,
questo poi non lo posso permettere. »
2. L'Overberg recò quella
lettera a cognizione del Vicario Generale, che ne prese il contenuto
molto sul serio Le manifestazioni di Anna Caterina gli parvero sì poco
in armonia con la convinzione da lui acquistata durante l'esame, essere
cioè lei un'anima straordinariamente colmata di grazie e vivente solo
nella ubbidienza, che credettesi obbligato a recarsi al più presto
possibile in Dülmen e a domandar conto di tutto ciò ad Anna Caterina
medesima.
Egli rimproverò per lettera il Rensing di avere svelato
alla inferma i nomi delle persone destinate alla sorveglianza, ed
osservò che: « Avrebbe dovuto bastare tanto per la Emmerich, quanto per
coloro che la circondano, il sapere che gl'incaricati della sorveglianza
erano persone approvate dai superiori ecclesiastici. Io non esigerei
altrettanto da tutti ; ma quando da coloro, ai quali Iddio abbia in gran
copia accordato cose molto straordinarie, esigo anco moltissimo, e
quando dalla soddisfazione o non soddisfazione di simili esigenze ne
traggo conclusioni sul più o sul meno delle grazie accordate, io in
questo seguo le traccie di coloro che sicuramente erano dotati di alta
sapienza.
« Ai 3 di giugno recossi egli stesso in Dülmen. « La
mia intenzione (dichiara il medesimo in un rapporto da lui scritto circa
questa visita) riguardava precipuamente l'interno della Emmerich.
L'ispezione delle ferite era cosa soltanto secondaria. Queste avevano,
allorchè arrivai, recentemente sanguinato. Trovai il tutto come in
passato. Voleva esaminare e scandagliare l'intimo animo suo a proposito
delle di lei manifestazioni intorno alla sorveglianza ed ai sorveglianti
che sarebbero mandati da Münster. »
3. Appena egli ebbe veduto
Anna Caterina e domandatole conto sovra i di lei supposti lamenti, egli
notò nel protocollo dell'esame giuridico quanto segue:
«
Relativamente alle persone che dovevano venire da Münster ad esercitare
la sorveglianza prescritta, non era venuto alla Emmerich in mente altro
timore riguardo alla gioventù di cotesti signori, fuor di quello che
potessero in lei vedere, o da lei sentire cosa alcuna, che da loro
venisse male od inesattamente compresa. E questo timore è molto
naturale: giacchè la Emmerich in certi momenti sogna parlando ad alta
voce, e sa che già altre volte sono stati fatti discorsi, come se ella
avesse detto che il tale e il tal altro fosse in cielo, ovvero in
purgatorio.
« Del resto era talmente contenta di tutto e di
tutti coloro che gli avrei mandati, che non eravi punto bisogno d'altre
parole per persuaderla. »
In quanto poi spettavasi alla di lei
impazienza per la dilazione della sorveglianza, ottenne il Vicario
Generale anche circa questa circostanza soddisfacenti spiegazioni.
Ecco quanto è riferito nel suo protocollo:
« La Emmerich si espresse come segue:
Nel
tempo che trascorre dall'Ascensione sino a Pentecoste (anche la Söntgen
ha deposto che la Emmerich durante questo tempo mostrasi sempre più che
mai in sè raccolta. Aggiunta al protocollo) mi sono sempre anche in
passato immaginata di trovarmi racchiusa nella sala insieme ai discepoli
aspettanti la venuta dello Spirito Santo. Anche adesso avrei voluto
fare altrettanto e mi era fissa fortemente in capo di riuscire in ciò e
di non esserne distolta o disturbata. Ma con ciò sono incorsa in grave
caduta. Sono stata pure assai ardita per implorar patimenti, e dissi: O
soffrire o morire. Iddio mi ha di ciò castigata: egli mi ha detto: Se
vuoi soffrire, devi patire ciò ch' io voglio che tu patisca.Il Vicario
Generale prese occasione da queste parole di Anna Caterina per
rammentarle la sentenza favorita di S. Teresa: Patire o morire, » e
quella di S. Francesco di Sales: « Amare o morire ; » e per farle
inoltre osservare che la prima di coteste sentenze era sicuramente
ottima pei santi; la seconda poi era adatta per tutti. Secondo riferisce
il protocollo, « ella agevolmente comprese tutto ciò ed anche, per
quanto si vedeva, con gioia.4. Alcuni giorni prima dell'arrivo del
Vicario Generale Anna Caterina aveva ricevuto anche la visita
dell'angustiata sua madre. Quanto fosse riuscita dolorosa a quella
semplice e vecchia donna la notizia dell'essere la sua figlia divenuta
oggetto di un esame inquisitorio ecclesiastico, si può facilmente
immaginare. Per consolarla, il parroco della chiesa di S. Giacomo in
Hoesfeld aveva dapprima intrapreso di andare a Dülmen e riferirle poi le
proprie osservazioni. Ma adesso ella medesima aveva voluto mettersi in
via.
La Chiara Söntgen così scrisse intorno cotesta visita al Vicario Generale:
«
Ier l'altro fu qui la madre di Anna Caterina. L'ammalata volle ch'io mi
trovassi presente all'arrivo di sua madre, giacchè si sentiva
anticipatamente resa timida della di lei presenza. Aveva pregato Iddio a
volere distorre la madre dal desiderio di veder le sue ferite e dal
farle interrogazioni intorno al suo stato. Cotesta preghiera è stata
esaudita. Il contegno di quella vecchia è stato meraviglioso. Non ha
punto parlato delle ferite, ma piuttosto ha con buone esortazioni
confortato la figlia. Mentre persone estranee parlavano intorno a ciò
dinanzi alla vecchia, e le dicevano quanta ragione ella avesse di
rallegrarsi per una figlia simile, e che mai cose uguali eransi udite ;
ella rispose, essere meglio di non parlare di ciò, giacchè per tutto il
tempo che l'uomo vive in carne ed ossa non si deve annettere valore
alcuno a simili cose. La Emmerich mi confessò avere, udendo tali
discorsi, pregato Iddio di inspirare alla madre quella risposta, e di
esserne stata esaudita. »
Quando la madre si fu di bel nuovo
allontanata, Anna Caterina trovossi alquanto angustiata dal pensiero che
mentre a tanti e poi tanti stranieri e curiosi ella doveva mostrare le
Stimate, avesse poi potuto osservare in faccia alla propria madre simile
ritegno e che forse con ciò avesse offeso il filiale rispetto. Ella
espose cotesta inquietudine al Vicario Generale, e domandò se non avesse
dovuto mostrar alla madre le ferite, quantunque ella non avesse
mostrato il desiderio di vederle. « Io le dissi (osserva il Droste nel
protocollo ) che se la madre lo avesse desiderato ella avrebbe dovuto
mostrarle, ma non avendo la madre ester nato cotesto desiderio, aveva
fatto benissimo a non far gliele vedere. »
5. Quanto il Vicario
Generale si trovasse appagato di cotesta sua visita, ne fa prova lo
scritto diretto al Rensing il giorno seguente. Questi a cagione del
leggiero rimpro vero ricevuto per avere manifestato ad Anna Caterina i
nomi dei sorvegliatori trascelti, erasi sentito sensibilmente commosso e
trovavasi in una certa irritata disposizione di spirito verso colei.
Preso da cotesta irritazione, aveva interpretato una schietta e semplice
espressione del Vicario Generale talmente a svantaggio di Anna
Caterina, che il Vicario Generale medesimo si trovò indotto a prendere
la difesa di quella innocente con le seguenti parole:
« In quanto
ho detto intorno alle visioni non ho neppur per ombra pensato al timor
di un inganno, ma bensì alla possibilità di una illusione, senza che la
persona vi abbia parte o colpa alcuna. Dalle manifestazioni della
Emmerich intorno alla sorveglianza, ora che personalmente ho parlato con
lei, non posso rilevare altra cosa, fuorchè ella non ha forse ancora
raggiunto quel grado di perfezione che Iddio intende concederle. »
Oltre di ciò egli lasciò prescritti i seguenti ordini:
«
La sorveglianza sulla Emmerich non deve omai soffrire più lunga
dilazione ; desidero quindi che abbia principio al più presto.
Relativamente alle persone da impiegarsi in cotesta sorveglianza aspetto
preliminarmente di conoscere le disposizioni di V. S. Generalmente
debbono preferirsi persone di una certa età e degne di fede sotto ogni
rapporto. Per anticipazione approvo la scelta del sig. N. N., ma suo
figlio è troppo giovine. Nè a costui, nè a persone di simile gioventù
deve affidarsi la sorveglianza.. « Cotesti sorvegliatori dovranno
evitare nei loro discorsi ogni manifestazione atta a rendere con ragione
alla Emmerich insopportabile una sorveglianza già per sè stessa assai
dura. Spero che ella vorrà durante tutto cotesto tempo visitare bene
spesso la Emmerich, e così potrà da lei sapere se forse desideri e per
qual motivo di veder cambiata tale o tal altra disposizione.
6.
Il Rensing prese allora le necessarie misure e fu presto in grado di
proporre venti individui di Dülmen degni d'ogni fiducia, i quali si
dichiararono pronti, sotto la direzione di un medico da chiamarsi da
altro luogo, ad intraprendere la prescritta sorveglianza.
Il
Vicario Generale si dichiarò pienamente d'accordo, e così con gran
consolazione di Anna Caterina principiò la sorveglianza col giorno 10 di
giugno. Prima di narrare l'andamento della medesima è necessario d'aver
sott'occhio i rapporti che l'Overberg ed il Rensing avevano fatti al
Vicario Generale intorno alle Stimate di Anna Caterina, giacchè questi
essenzialmente contribuirono a stabilire in modo sicuro i risultamenti
di tutto il processo inquisitorio ecclesiastico.
Testimonianze dell'Overberg, di Rensing e di Wesener intorno alle Stimate
Dopo
che Clemente Augusto, dal momento della sua prima visita in Dülmen, si
fu convinto essere impossibile qualsiasi illusione intorno alle Stimate,
affidò all' Overberg l'incarico di sottoporre Anna Caterina ad un
preciso interrogatorio intorno all'origine e natura delle medesime.
Questi
principiò l'interrogatorio agli 8 di aprile 1813, e lo proseguì sino
alla quarta sua visita ai 12 di maggio; in guisa tale che egli costrinse
Anna Caterina a ripetuto e preciso conto intorno alle domande già fatte
precedentemente, ed intorno alle quali, usando ed impiegando tutte le
notizie ed esami raccolti da altre sorgenti in tutti quegli intervalli,
come pure servendosi dei giornalieri rapporti del Rensing e del
Krauthausen, ne venne a rilevare e stabilire nuovi soggetti di
interrogazione, e li espose alla inferma onde vi rispondesse. Appena
l'Overberg aveva trascritto il protocollo di un interrogatorio, cotesto
protocollo perveniva tosto a Clemente Augusto, il quale soleva
interrogar di bel nuovo Anna Caterina sul contenuto del medesimo; ed era
soltanto pienamente soddisfatto, quando per altre vie riuscivagli
pervenire allo stesso risultamento cui l'Overberg era già
antecedentemente pervenuto. È per ciò che quei protocolli contengono
aggiunte ed osservazioni anche di mano del Vicario Generale ; ma queste
aggiunte ed osservazioni non sono punto in contraddizione coi
risultamenti ottenuti negli interrogatorii dell'Overberg, ma piuttosto
li confermano soltanto, o li rendono più chiari e precisi.
Quanto
qui segue è un fedele sommario degli interrogatorii dell'Overberg, dei
ragguagli del Rensing, e delle note non ufficiali del Wesener.
«
Ho avuta la commissione (così nota l'Overberg in data del dì 8 aprile )
d'interrogare Anna Caterina e scandagliare se ella si sia fatta le
ferite di propria mano, o se le sia lasciate fare. Le rappresentai
distintamente e con la maggior possibile vivacità, doversi da lei piena
ubbidienza all'autorità ecclesiastica, e quindi dover dire la verità
anche quando avesse promesso, e forse con giuramento, assoluto silenzio a
colui che aveva fatto quelle ferite. Le dissi che un giuramento contro
il dovere della spirituale ubbidienza non poteva avere alcun valore ; e
che non potrebbe nemmeno giustificarsi al giudizio di Dio, se ella
contro il dovere di ubbidienza ascondesse la verità. Sulla di lei
asserzione che ella riconosceva tutta la veracità delle mie
osservazioni, le domandai: 1. Si è ella forse (e ciò avrebbe potuto
accadere anche con buona intenzione) talvolta tagliuzzata ovvero punta
le mani con un chiodo o con altro simile strumento, per risentire forse
più vivace mente per compassione i dolori di Gesù Cristo? » Risposta: No
giammai. »
2. Ha ella forse mai applicato in quei punti acqua forte o pietra infernale? »
R. « Non so nemmeno che sieno coteste cose. »
3.
« Havvi forse alcuno, che amando il progresso della di lei anima nella
virtù e conoscendola per innamorata della Passione di Gesù Cristo, le
abbia cagionato coteste ferite per mezzo di pressioni, punture,
apposizione di sostanze caustiche o cose simili? »
R. « Oh no davvero! »
«
Durante i preliminari e poi durante l'esposizione delle surriferite
domande, il di lei aspetto non mostrò la minima alterazione. Quindi così
mi narrò:
« Non mi era nemmeno accorta di aver ricevute queste
ferite. Un'altra persona fu la prima ad osservarle (sembrami che
nominasse l'abate Lambert ), e facendomele osservare, mi disse ad un
tempo: Non si creda già ella di essere ora divenuta una Caterina da
Siena, giacchè da questo ne è ancora molto lontana. »
« Sulla mia
osservazione, non sembrarmi possibile che alcun altro si fosse pel
primo accorto di quelle ferite, giacchè quand'uno riceve una ferita,
suole naturalmente accorgersene pel primo, ella rispose: « Ciò è vero,
ma il dolore lo risentiva già da tre o quattro anni prima che le ferite
si manifestassero, e quindi non mi accorsi di verun special cambiamento.
«Quand'io
ricevei questi segni esterni aveva soltanto per assistente una piccola
fanciulletta che non aveva cura veruna ad astergere il sangue. Io
medesima non vi feci veruna attenzione e nemmeno astersi il sangue
medesimo. Quindi è accaduto che il Lambert abbia osservato le ferite
delle mie mani prima di me medesima. Non poteva nemmeno accorgermene dai
dolori, giacchè questi li risentiva già da molto tempo innanzi, e non
subirono alcuna alterazione per la sopravvenienza dei segni esteriori
(Anna Caterina suoleva perciò chiamare ferite quei dolori continuamente
pronti provati già da molti anni nei punti dove apparvero posteriormente
le Stimate ; chiamava poi segni esterni le Stimate visibili venute al
di fuori). Il dolore poi nella testa io l'ebbi circa quattr'anni prima
che andassi in monistero ; esso è tale come se mi stessero spine poste
in circolo intorno alla testa ; anzi come se tutti i miei capelli
fossero spine, dimodochè non posso posare mai il capo sul cuscino senza
dolori. I dolori poi delle altre ferite non sono già come gli altri
dolori ; vanno sino al cuore. Il tatto ovvero una leggiera pressione
sopra le croci del petto non produce un dolore esterno sì forte, malo
produce all'interno. Sembrami allora come se tutto il mio petto fosse
infiammato. Nel ricevere la ferita che mi sta presso lo stomaco provai
la sensazione come se vi fosse caduto sopra del fuoco. »
4. In qual epoca apparvero coteste ferite sul di lei corpo? »
R.
La ferita intorno allo stomaco nel giorno della festa di sant'Agostino ;
la croce inferiore sul petto nella festa di santa Caterina ; le ferite
alle mani ed ai piedi nelle ultime feste di Natale ; la ferita al
costato fra il Natale ed il nuovo anno. »
5. Ebbe ella forse in
quell'epoca in cui provò per la prima volta i dolori, o più tardi
nell'epoca in cui ella ricevè coteste ferite, intorno al capo, ed alle
mani, ed ai piedi cosa, che a lei sembrasse una apparizione, ovvero una
speciale manifestazione intorno ad un oggetto qualunque? »
«R. No, in quelle epoche mi trovava immersa in ispeciali patimenti. »
6. Sa ella forse che significhino quelle croci sul petto? »
R.
« No, ma nella meditazione mi è venuto in mente di aver ricevuto quel
primo segno sullo stomaco, per servirmi d'indizio che dovrei ancor molto
soffrire per amor di Gesù Cristo. Quando per la festa di santa Caterina
apparve il secondo segno, riconobbi che la mia croce sarebbe
raddoppiata, come pure quando il terzo comparve nella notte di Natale. »
«
Ella mi ripetè ancora una volta (osserva l'Overberg) di aver pregato di
esser fatta partecipe dei dolori di Gesù, ma non già di aver implorato
le Stimmate. « Sino dalla prima visita dell'Overberg ai 28 e 29 di
marzo, alla di lui domanda, se ella avesse implorato da Dio quelle
Stimate, ella rispose:
Ho pregato Iddio bensì di farmi provare i
dolori da lui sofferti, ma non l'ho già mai pregato per questi segni
esterni. Dacchè Iddio me li ha dati, me ne sono già più volte lagnata
col Signore, ma non ho ricevuta consolazione veruna. » Alla replica di
Overberg: « Iddio avrà voluto che ella si contentasse della sua grazia, »
ella rispose con contentezza: « Così pure egli mi ha detto. »
7.
« Come deve intendersi adunque la di lei antecedente dichiarazione
(secondo il primo protocollo del 25 marzo) che si esprimeva così: « Le
mie ferite nou sono state fatte dagli uomini, ma credo e spero piuttosto
che vengano da Dio? »
R. « Dissi, io credo, e non dissi, io sono
certa, perchè dai discorsi del decano e dei medici, come pure dalla
severità dell'esame mi nacque il timore che queste ferite potessero
forse provenire dal nemico infernale. Ma le varie croci sul mio petto mi
hanno di bel nuovo tranquillata ; poichè ho pensato che queste il
diavolo non le avrebbe fatte sicuramente. Per l'istessa ragione ho detto
pure spero, perchè io desiderava che cotesti segni provenissero da Dio e
non già che fosser opera diabolica. »
8. Crede ella che le di lei ferite, come lo crede il si gnor dottore, guariranno? »
R.
« Mi è stato permesso il pregare perchè mi siano ritolte le ferite, ma
non ho saputo nulla in quanto alla guarigione. Di ciò non me ne è nato
nemmeno il pensiero. Ho capito la cosa così, cioè che Iddio non
disaggradiva le mie preghiere per la disparizione di questi segni, ma
che i dolori per altro non ne verrebbero diminuiti ; anzi, che
verrebbero accresciuti. Ed essi di fatto sono già aumentati. »
Quando
l'Overberg intorno a ciò le fece osservare: « Io non posso credere che
ella abbia rivelazioni simili, ove ella prima non mi convinca con una
prova di essere in grado di distinguere una rivelazione da una semplice
ricordanza, » ella dimandò: « Ebbene, come devo darle io questa prova? »
Al che l'Overberg soggiunse: « Questo poi non lo so. » Anna Caterina
allora rispose: « È bensi vero che io posso avere sentito, o veduto, o
sperimentato alcune cose, e quando ne parlo, coteste cose possono
falsamente (e qui l'Overberg osserva che ella ne riportò un caso
avvenuto, siccome esempio) venire considerate dagli altri siccome una
rivelazione. Ma tutto ciò che si è sentito, suole anche prima essere
stato nel pensiero di chi sente. Quando per altro viene in modo
subitaneo, generalmente parlando, una cognizione qualunque di cosa, di
cui prima non si è inteso nè veduto segno alcuno, questa sembrami non
possa essere una ricordanza! »
9. Sa ella il tempo in cui le incominciarono i dolori nelle mani e nei piedi? »
R.
Quattro anni innanzi la soppressione del monistero feci una visita ad
Hoesfeld per rivedere i miei genitori. Mentre colà mi trovava, una volta
stetti in orazione per un paio d'ore dietro l'altare che sta sotto alla
croce posta dinanzi alla chiesa di san Lamberto. Io sentiva grave di
sturbo per lo stato del nostro convento ed aveva pregato perchè tanto io
quanto le mie consorelle potessimo bene conoscere le nostre mancanze,
onde alla fine si stabilisse ferma fra noi la pace. Aveva inoltre
pregato che Gesù degnasse farmi sentir con lui tutti i suoi patimenti.
Credei avere una febbre continua, e che da quella provenissero i dolori
che io provava. Spesso mi venne anche il pensiero potere cagionare ciò
l'esaudimento della mia preghiera, ma scacciai subito cotesto pensiero
ogni qual volta mi si presentò, perchè mi riputava non essere degna di
simile grazia. Sovente non poteva camminare a causa di dolore nei piedi.
Anche le mani mi duolevano talmente, ch'io non poteva intraprendere
alcune opere, come sarebbe lo zappare ; il dito medio delle mani non lo
poteva affatto piegare, e talvolta era come interamente perduto.
«
Da poi che ebbi cotesti dolori, una volta in convento pregai con ogni
fervore, affinchè tanto io che le mie consorelle potessimo venire in
piena cognizione delle nostre mancanze, ed affinchè rinascesse la pace e
cessassero i
« I tuoi pa miei patimenti. Ma mi fu detto in
risposta:timenti non verranno diminuiti: ti basti la grazia di Dio. Non
morrà alcuna delle tue consorelle prima di aver conosciute le sue
mancanze. » A causa di cotesta risposta, allorchè mi sopravvennero i
segni esterni, pensai entro di me che cotesti segni dovessero essere
soltanto visibili per le mie consorelle ; ed a ciò io potei pure
sottomettermi. Ma qual fu il mio spavento, quando riseppi che cotesti
segni dovevano esser visibili anche al mondo? »
10. Sulla mia
dimanda relativa alle croci del petto, ella mi disse: Sin dalla mia
gioventù ho spesso pregato Iddio a volermi imprimere la croce nel cuore,
onde non dimenticassi giammai i suoi patimenti ; ma mai ho pensato ad
alcun segno esterno. »
«E qui ella mi diè a conoscer che questo
minuto esame della sua vita antecedente, non era già piccola cagione dei
di lei patimenti ; perchè ne potrebbe nascere l'opinione che ella fosse
qualche cosa di grande, mentre ella meglio d'ogni altro sapeva esser
nulla.
11. «Giovedì 13 maggio verso le quattro pomeridiane il
sangue incominciò a scaturire dal di lei capo. Io vidi quel sangue non
già stillare goccia a goccia, ma piuttosto zampillare come un getto
dalla sua fronte. In meno di un minuto il fazzoletto che avvolgevale il
collo divenne affatto sanguigno. Ella divenne appieno pallida e debole
durante quella perdita sanguigna. Anche le mani incominciarono. à
sanguinare. Prima che coteste perdite incominciassero, ebbe ella grandi
dolori sulla fronte e sulle tempie, a causa della puntura delle spine
che risentiva sino sugli occhi. Mentre ella parlava di quelle punture,
le dissi: « Se potessi, vorrei volentieri ritorle quelle spine dal capo,
e lasciarvene per altro una sola. » A ciò mi rispose: « Io non la prego
davvero di levarmi coteste spine; soffro volentieri questi dolori. »
Sulla mia domanda, che cosa avesse inteso di dire quando fece al decano
Rensing l'osservazione se guente: « Coloro i quali non credono,
sentiranno; » se ella con ciò intendesse che coloro i quali non volevan
credere alla verità delle di lei ferite verrebbero perciò puniti ;
risposemi sorridendo: « Ah no! le mie ferite non sono già un articolo di
fede! Io intendeva soltanto che coloro che non vogliono credere ciò che
insegna la fede cattolica, anche qui in terra non avranno alcuna pace
vera, ma si sentiranno miserabili. »
12. Ecco ciò che l'Overberg
riferisce di una visita posteriore fatta nel venerdì 15 settembre 1814: «
Sul mattino, fra le ore nove e le dieci, vidi le Stimate delle mani
divenir rosse e gonfiarsi ; il che indicava che stavano per sanguinare.
Osservai soltanto la superficie interna delle mani, ma se anch'ivi si
mostrasse tumidezza non potei di stinguerlo. Anna Caterina dichiarò,
vedendo il mio stupore che le ferite della superficie interna o palma
delle mani non divengono mai turgide prima di una effusione sangui gna;
ma che al contrario, le sembrano impresse molto più profondamente, per
riuscire quindi più turgide e gonfie sulla superficie esterna della
mano.
« La croce del petto oggi non ha sanguinato: rosseggiava
però altamente. Cotesto rossore suole sempre sopravvenire nei giorni
prefissi, ancor che non ne segua veruna effusione sanguigna. »
13.
Sin dal principio del tempo in cui Anna Caterina avea ricevuto i segni
esterni delle Stimate, erasi con ogni cura sforzata di sottrarre le di
lei mani agli sguardi di tutti coloro che la visitavano. Essa o le
teneva nascoste sotto la coltrice del letto, ovvero quando l'ardente
calore delle ferite nol consentiva le involgeva in un bianco pannolino;
ed era talmente intenta a non tralasciare un solo istante cotesto
involucro, che anche nell'estasi accorgevasi se alcuno volesse
rimuoverlo. Ecco come racconta il Wesener: « Condussi una volta la mia
sorella maggiore da Anna Caterina. Essa giaceva nel consueto svenimento.
Il padre Limberg volle rimuovere il pannolino che posavale sulle mani ;
parve che ella non fosse contenta di ciò, ed il Limberg le dimandò: Che
ha ella? Anna Caterina rispose a bassa voce e con occhi chiusi: « Si
desidera qualche cosa da me, ch'io non posso concedere. » « Invero io
desiderava ardentemente (confessò il Wesener) e ciò nell'intimo del
cuore, che mia sorella potesse sentirsi risvegliare la sua fede alla
vista di quelle meravigliose apparizioni. Anna Caterina ripete: « Si
vogliono da me segni, che io non posso dare.
Allora il padre
Limberg la benedisse, ed ella incominciò tosto, senza destarsi
dall'estasi, a segnarsi del segno della croce con mano tremante, ma
nello stesso tempo affaticavasi con ansia ed angustia a che il pannolino
non le venisse a cader giù dalla mano. »
14. Cosa simile avvenne pure all'Overberg ai 10 di settembre del 1813, allorchè accompagnò la principessa Galizin a Dülmen.
«
La trovai (così riferisce) molto debole. Mentre sulle sei della sera mi
trovava presso di lei, bentosto cadde nel consueto profondo svenimento
(estasi). Approssimai allora le due prime dita della mia mano diritta al
di lei volto, e tosto ella inclinò il capo verso di quelle e le baciò
con riverenza. Allora m'inclinai sulla di lei mano sinistra che
irrigidita mi stava dinanzi per baciarla, ma Anna Caterina la ritrasse
come spaventata. Allora m'inclinai verso la di lei mano destra, ma
nemmen questa mi riuscì di raggiungere, si rapidamente fu da lei
ritratta, quantunque lo in tero corpo di Anna Caterina posasse in quello
svenimento talmente irrigidito e duro, quanto possa esserlo un pezzo di
legno.
« L'Overberg aveva fatto cotesti tentativi
perinvolontaria riverenza verso quei venerabili segni ; ma la umiltà
della paziente, divenuta in lei seconda natura, ribellavasi anche in
seno allo svenimento contro simile omaggio; anzi, siccome più tardi
esperimentò il Pellegrino (Clemente Brentano), ella non potè mai
sopportare nemmeno uno sguardo che da simile disposizione d'animo
provenisse.
« Io sedeva (così racconta il Brentano) orando
presso il letto su cui ella giaceva in estasi ed in gravi patimenti ; e
siccome nella mia orazione offriva al Signore i patimenti di tutti i
Martiri ed i dolori di tutti gli stimmatizzati in unione alle sante
piaghe del nostro Salvatore, e quindi con vera commozione gettava lo
sguardo sulle mani di Anna Caterina, essa le ritrasse ambedue con la
rapidità del lampo. Ciò mi sorprese talmente che le domandai che le
mancasse. Mi rispose dal seno della sua estasi profonda: Moltissimo. »
15.
Mentre una volta il decano Rensing trovavasi presso di lei poco innanzi
che scaturisse una effusione sanguigna, ella si lagnò dei cocenti
dolori che solevano sempre precedere coteste sanguigne effusioni. Ei le
rispose: « Non capire perchè non tenesse in sua presenza le mani affatto
nude: non dover ella avere alcun ritegno al farlo in presenza sua. » «
Ah (soggiunse Anna Caterina) non posso io stessa veder nudi questi
segni, perchè hanno destato in pro mio la fama di grazie speciali di cui
non son degna. « E quindi mi ringraziò (racconta più oltre il Rensing)
di aver negato l'accesso presso di lei ad un'intera società di
viaggiatori ; ma proruppe in lagrime pensando che tante buone genti si
dessero cotesta pena ed avessero buona stima di lei, quantunque fossero
davvero molto di lei mi gliori agli occhi di Dio. Devo per altro
ringraziare Iddio (aggiunse la paziente) del che egli non mi nasconde le
mie mancanze, e con ciò mi fortifica nella umiltà. »
16. In
altra occasione venne ella di nuovo a parlare di coteste visite, che le
cagionavano tanta pena e tanta sollecitudine, e pregò ardentemente il
Reusing di non accor dare più accesso presso di lei specialmente a
medici estranei, che sì di sovente senza veruna compassione offende vano
la di lei delicatezza. « Mi riesce tanto duro ( disse ella ) il dover
mostrare questi miei segni ; ma mi riesce ben più duro allorchè vedo che
essi richiedono di vedermi non già per l' onor di Dio, ma per poterne
ciarlare. Io non dimando di andar libera dai dolori corporei. Iddio me
li lascierà sempre. Ma a che guardare ed esaminare? Il nostro Salvatore
medesimo non è riuscito a contentare tutti in modo che credessero e si
convertissero. Altri poi hanno troppa compassione per me. Oh! volessero
piuttosto pregar per me, ond ' io mi assoggetti umilmente a quanto Iddio
di me dispone per mezzo dell'autorità ecclesiastica, ed onde io non
perda la divina grazia. Iddio guida ogni individuo per una via speciale.
Ma che importa se noi giungiamo al cielo per questa o per quell'altra
via? Oh! se noi potessimo fare soltanto ciò che Dio da ciascuno di noi
domanda secondo il proprio stato... »
17. Allorchè il Rensing in
altra occasione le raccontava come santa Veronica Giuliani avesse per
lungo tempo portate le impronte della Corona di spine sul capo, e come
allorchè furon conosciute i medici si provassero a rimuoverle, perlocchè
ella ebbe a soffrirne spaventosi dolori, rispose sospirando: « Non ho
ancora dovuto sopportare altrettanto ; nondimeno la disposizione
dell'autorità ecclesiastica ingiungente che si tentasse la guarigione
delle mie piaghe, mi riuscì ben dura, perchè ebbi a risentirne cotanti
dolori. Ho provato le pene della Corona di spine e intorno al capo prima
del mio ingresso in monistero,precisamente la prima volta nella chiesa
dei gesuiti in Hoesfeld. »
18. Durante il tempo del primo vespro
della festa di santa Caterina da Siena, la trovò il Rensing colle
Stimate già sanguinanti ; ma coteste effusioni sanguigne divennero ben
maggiori nel giorno medesimo della festa ai 30 di aprile ; talmentechè
il Rensing racconta: « Quand'io la visitai alle tre ore pomeridiane, fui
talmente sorpreso alla vista del sangue che scorrevale copioso dalla
testa e dalle mani, che appena potei contenermi. Mi sfuggì per altro una
espressione di meraviglia sulle straordinarie grazie che Iddio le
accordava. Essa la notò e disse: « Sì, è vero, Iddio mi accorda più
grazie di quel che io non meriti, e, di ciò lo ringrazio ; ma
desidererei che egli avesse celato queste grazie agli altri uomini,
perchè temo che mi riterranno per migliore di quel che sono. »
« E
qui noi cademmo in una conversazione, che mi permise di penetrare
profondamente col guardo nell'anima di lei pura ed umile, e mi fece
conoscere alcun avvenimento della prima sua gioventù, i quali sono per
me le più convincenti prove del come la mano di Dio sin dalla prima
infanzia l'abbia guidata, custodita e messa in sicuro anco dai più
apparenti pericoli. Ero commosso ad un tempo e sorpreso del come una
persona non avente goduto di veruna maggiore educazione potesse avere sì
pure, giuste ed elevate idee di Dio e delle cose divine. Essa mi
raccontò pure come Iddio le avesse nella notte precedente domandato:
Vuoi tu piuttosto venir presto verso di me, o soffrire ancora a lungo
per amor mio? E che a ciò aveva risposto: Se tu lo vuoi, preferisco
soffrire ancora di più, purchè tu mi dia la grazia che soffra come tu
vuoi.
Iddio mi ha promesso cotesta grazia, ed ora me ne sento
lietissima. Iddio mi ha pure fatto rammentare che durante la mia vita
monastica io era incorsa in molte mancanze contro la perfezione, alla
quale era chiamata dai miei voti. Mi sono pentita di bel nuovo di
coteste mancanze, e quindi ho ottenuta da Dio l'assicurazione di non
aver già perduto, a causa di quelle la sua divina grazia, perchè mi era
umiliata dinanzi a lui e dinanzi agli uomini. Mi è stato pure rammentato
come spesso in monistero, quando era disconosciuta dalle mie
consorelle, perseverantemente pregava Iddio, che si degnasse far loro
conoscere le mancanze in cui incorrevano nella carità verso di me. Bene
spesse volte e specialmente nell'estate avanzata del penultimo anno, mi è
stata accordata in quelle preghiere la consolazione di risapere che
tutte perverrebbero in cognizione di quelle mancanze prima della mia
morte. Ed ora elleno son tutte rientrate in sè stesse, dappoichè Iddio
mi ha accordato questi segni tanto straordinari. E questa è per me una
gioia tale, che anche in mezzo ai gravi patimenti cagionatimi da questi
miei segni, di tutto cuore lo ringrazio.
19. Una volta le
domandai (scrive il Rensing) se ella avesse una ferita anche sugli omeri
; poichè io credeva che il nostro Salvatore per certo dovesse dal peso
della grave sua croce averne piagate anche le sante sue spalle. « Si
certamente ( rispose ella ) il nostro divin Salvatore ebbe una
dolorosissima ferita, prodottagli dalla Croce, anche sulle spalle ; ma
io non ho questa ferita: ne ho risentito per altro i dolori per lungo
tempo sulle mie spalle. Ho onorata e venerata la santa piaga delle
spalle sino dalla mia gioventù, poichè quest'onoranza in ispecial modo è
gradita al nostro Salvatore. Mentre io stava in monistero egli una
volta mi rivelò che quella piaga sugli omeri, alla quale sì poco si
pensa, gli aveva cagionato gravissimi dolori, e che gli riusciva
altrettanto caro quando quella piaga veniva onorata, quanto gli sarebbe
stato gradito se quando doveva portare la croce alcuno per compassione
gliela avesse ritolta, onde portarla per lui sino alla sommità del
Calvario. Sin da bambina e nell'età di sei o sette anni, quando mi
trovava sola e che pensava ai patimenti del Signore, m'imponeva sulle
spalle un grosso e pesante pezzo di legno, ovvero un altro grosso carico
che appena poteva trascinare. »
Durante l'intero mese di maggio
1813 il Rensing dovè notare quasi giornalmente il sanguinare delle
ferite e la crescente vivacità dei dolori in Anna Caterina. Aveva in
oltre sino all'otto maggio giaciuto sul dorso in modo tale che ne avea
riportato in molti punti piaghe profonde. Quantunque coteste piaghe le
cagionassero atroci dolori, ella per altro si espresse così: « Questi
dolori li tengo per nulla rimpetto a quelli che provo costantemente
nelle altre ferite. E ciò nondimeno vorrei volentieri soffrire tutti i
possibili dolori del corpo, quando il nostro buon Dio con discendesse
soltanto a non privarmi degli interni conforti, Ma invece di questi io
ora provo soltanto il più delle volte una grande amarezza nell'animo.
Ciò mi riesce duro ; ma sia pur fatta la volontà di Dio! »
20.
Durante l'ottava della Invenzione di S. Croce successero con pene sempre
crescenti effusioni sanguigne quotidiane da tutte le Stimate. Quando il
Rensing la visitò nella mattina del 3 maggio, trovò tutte quelle ferite
stillanti sangue, e siccome non presentendo la correlazione di quel
fenomeno col mistero della solennità corrente manifestò la sua
meraviglia per quell'effusione straordinaria, «Anna Caterina replicò:
Potrebbe forse provenire da ciò che oggi noi festeggiamo la solennità
della Invenzione di S. Croce. » Ella aveva ricevuto nell'istesso giorno
la santissima Comunione ; lagnavasi però che dopo la medesima aveva
provato una straordinaria aridità di spirito: aridità che le era
riuscita assai più penosa dei più sensibili dolori del corpo. Le pene
più acute le venivano cagionate dallaCorona di spine intorno alla fronte
ed agli occhi ed alle tempie sino alle fauci ed all'esofago. Durarono
cotesti dolori senza interruzione e senza che la paziente venisse
fortificata da visioni consolatorie, per molti e molti giorni. Il
Rensing non poteva più a lungo sostenere la vista di quelle pene, ma
suoleva lasciare la inferma tostochè ciò gli era possibile.
21.
Ella gli confessò nel dì 6 di maggio: « Sento i dolori montarmi dalle
piante de' piedi sino nel petto, e tutte queste piaghe mi sembra che
siano tra loro in tale correlazione, che i dolori dell'una si risentono
anco nell'altra.»
Ella era inoltre talmente piagata nel dorso,
che i di lei pannilini e lo stesso lenzuolo le si attaccavano al corpo ;
nondimeno dichiarò che quel tormento delle piaghe del dorso non era da
comparare coi dolori da lei risentiti in ciascuna delle altre ferite.
Allorchè il Rensing le rispose, aver ella dovuto in quello stato passare
una notte vera mente miserabile, replicò: « No! il mio stesso patire mi
ha arrecato gioia. Giacchè quand ' ho da patire qualche cosa, me ne
rallegro, e ringrazio Iddio di non essere così costretta a restarmene
oziosa nel letto. » Simili sentimenti esternò una volta anche innanzi
all'Overberg: cioè trovarsi sempre in peggiore stato quando non aveva da
sopportare patimenti speciali, e trovarsi bene soltanto quando veniva
reputata degna di patir qualche cosa per amor di Dio.
22. Ai 9 di
maggio il Rensing la trovò in uno stato che chiaramente gli indicò non
essere ancora sopravvenuta alcuna mitigazione ai di lei dolori. Ciò
nondimeno ella avea di bel nuovo ricevuto consolazione da Dio, e per
quella trovavasi aver ripreso molt'animo. Raccontò al Rensing che i
dolori del capo erano tuttora potentissimi, e tali come se un setone le
venisse passato a traverso la testa ; e temere ella bene spesso di dover
perdere la ragione a causa di quei dolori. Ciò nondimeno aggiunse con
aria consolata:
Il mio patire non mi riuscirà più di tanto peso,
giacchè Iddio me lo ha raddolcito col mezzo di con solazioni che non
merito. È specialmente in monistero che io mi sono resa indegna di
simili consolazioni, giacchè ivi mi sono sì spesso rammaricata per la
condotta delle mie consorelle ed ho troppo fantasticato sul come esse
avrebbero dovuto contenersi, e troppo poco mi sono occupata del come io
stessa avrei dovuto essere. Ciò era ingratitudine ed imperfezione ad un
tempo ; e quindi adesso sono ben lieta che Iddio mi faccia patire. E se
sapessi che coi miei patimenti potessi contribuire anche un tantino al
di lui onore ed alla conversione dei peccatori, vorrei soffrire
volentieri anche più a lungo e di più. Che Iddio soltanto si degni
concedermi pazienza. » Sulla sera di quel giorno i dolori finalmente si
rallentarono alquanto, ed il Rensing trovò Anna Caterina
straordinariamente serena.
23. Oltre le effusioni sanguigne ella
emetteva giornalmente un gran sudore da tutto il corpo, e tale che tutti
i lenzuoli del di lei letto ne restavano siffattamente intrisicome se
fossero stati inzuppati nell'acqua. Oltre di ciò era pure sopravvenuta
la piaga del dorso e accadeva ben di raro che con quello potesse venire
in contatto del letto.
Sul lato destro non poteva giacere a causa
degl ' insopportabili dolori della piaga del costato ; sul sinistro poi
nol poteva a cagione del femore intieramente dimagrito e scarno. Così
ella doveva, sostenuta da frapposti cuscini, a grande stento seder ritta
sul letto, senza che il di lei capo da tante pene oppresso, potesse
posarsi sopra un origliere. Dopo la di lei morte, Clemente Brentano
depose in testimonianza quanto segue: « Durante quattro anni sono stato
in giornaliero commercio con Anna Caterina ed ho spessissimo veduto le
effusioni sanguigne ed i dolori del di lei capo, quantunque ella non sia
mai rimasta in mia presenza col capo scoperto, ed io non abbia mai
veduto lo immediato scaturire delle stille sanguigne dalla di lei
fronte. Vidi però il sangue per diverse vie trascorrere per disotto le
bende del di lei capo e scendere sul di lei volto in tale quantità che
avrebbe potuto raccogliersi grondante dalle pieghe del di lei fazzoletto
da collo, prima che venisse assorbito dai pannilini. Ella sentiva il
capo suo circondato da una larga e pesante corona di spine, e quindi non
poteva posarlo sopra un cuscino. Mentre stava sedente, crollava quel
povero capo oppresso da un peso di martori, oscillante sul collo a
dritta e a sinistra, per ore intere e con pene ineffabili ; e spesso io
glie l'ho sostenuto per breve ora o per lungo tempo, apponendo due dita
al disopra dell'osso nasale, mentre io non poteva sostenere più a lungo
la vista dei di lei patimenti, durante i quali il sudore dell'angoscia
scorreva a rivi sul di lei pallido aspetto. Ed in simile stato passava
ella ben molte notti, prive d'ogni aiuto nè confortata da compassione
alcuna. »
24. Circa poi la completa incapacità di Anna Caterina a
ritenere alcunchè di nutriente, sin dal momento in cui apparvero le
Stimate, l'Overberg riferisce nel modo seguente in data del 12 maggio
1813:
« Anna Caterina da circa cinque mesi non ha più mangiato
cosa alcuna di sodo, e nemmeno quanto può essere raffigurato dalla
grossezza di un mezzo pisello. Non ha potuto ritenere nulla sullo
stomaco, nè cioccolatte, nè caffè, nè vino, nè zuppa ; al più una volta o
l'altra il contenuto di un cucchiaio da caffè pieno di brodo di carne.
Ella ha tentato nascondere questo fatto col farsi presentare in
apparenza alcuni cibi, come per esempio una mela arrostita o alcune
prugne cotte, delle quali cose per altro ella suole sorbire soltanto il
succo.
« Durante il di lei soggiorno in monistero ciò che me glio
sopportava si era un poco di caffè, ma debole ; per altro dal principio
dell' ultimo inverno che vi passò non potè nemmeno sopportare più oltre
il caffè. Tentò allora di nutrirsi con cioccolatte leggiero, ma ciò non
le riuscì che per pochi giorni. Vino non ne poteva sopportare nè puro
nè misto con acqua. Quindi l'acqua rimase la sola cosa che ella potesse
sopportare. »
25. È stato raccontato già per l'innanzi come Anna
Caterina, la quale avrebbe sì volentieri tenuta nascosta a tutti la di
lei impotenza a nutrirsi, precisamente sin dal bel principio dovè
sopportare il sospetto che mangiasse in segreto ; e cotesto sospetto
anche più tardi venne bene spesso in campo. Così l'Overberg riferisce in
data dei 17 settembre 1814: « Secondo che il Rensing mi ha narrato, la
padrona di casa della Emmerich per un mese intero prima dell' avvenuta
di lei morte è rimasta di giorno e di notte continuamente nella stanza
della Emmerich, avendo la convinzione di poter ivi più agevolmente
sopportare i suoi dolori e meglio prepararsi a morire. Due giorni prima
del di lei fine confessò al Rensing che pel passato avea avuto talvolta
il pensiero di non doversi intendere strettamente secondo la lettera
quel non mangiare affatto della Emmerich, ma che ora erasi più che assai
chiaramente convinta che in verità la Emmerich non mettevasi in bocca
alcun cibo. »
26. Anche il Wesener riferisce in data 29 ottobre
1814 un caso in cui si trovò costretto a difendere Anna Caterina contro
un simile sospetto: « Il decano di Notteln venne a visitarmi per sapere,
come egli disse, che doveasi ritenere di una ciarla corrente in
Münster, cioè dell' essere stata veduta la Emmerich fuori del letto e
cibantesi di carne.
Lo condussi presso l'ammalata, pregandolo di
osservare attentamente la di lei fisonomia, mentre senza alcun riguardo
le parteciperei quella ciarla. Essa sorrise al mio racconto e disse che
cotesta ciarla la muoveva soltanto a compassione per coloro che
l'avevano inventata e diffusa.
Io stesso ho da confessare per
debito di verità di essermi dato ogni possibile cura onde ritrovare cosa
alcuna di cui Anna Caterina potesse cibarsi, senza dover tosto
vomitarla ; ma invano! Se fossi stato ingannato, dovrei rinnegare tutti i
miei sensi interni ed esterni. Oltre di ciò la inferma è circondata da
tali persone, che manifesterebbero con vera gioia la minima cosa o
equivoca, o destante sospetto. La di lei propria sorella, che avrebbe
dovuto servirla, è perversa e dura persona ; e siccome è d'uopo che
venga bene spesso ammonita o da me o dalla inferma, così non ha per
questa alcun amore, e spesso la lascia per un giorno intero senza
porgerle nemmeno una goccia d'acqua da bere. Costei certo non tacerebbe
in caso d'inganno! »
27. Ma lo stesso P. Limberg, a causa della
irrequietezza a lui propria, era sì facilmente dedito al sospetto,
malgrado ogni contraria esperienza, che quindici mesi dopo la chiusura
finale dell' esame inquisitorio, nello scorgere sui pannilini del letto
dell' ammalata una macchia scura, per lui inesplicabile, ne stette per
tutta una giornata in grandissimo disturbo, dubitando che cotesta
macchia potesse provenire da qualche cibo nascostamente mangiato.
Alla
fine la Söntgen ed il Wesener riuscirono a tranquillarle sue cure,
dichiarandogli che quella macchia proveniva da un impiastro che la
suddetta Söntgen, a preghiera dell'ammalata, le aveva apposto sul femore
dolente. Anna Caterina fu costretta a sorridere alquanto per quella
vana angoscia del di lei confessore, e disse: « In verità, non saprei
fare un segreto dell' aver potuto mangiare qualsiasi cosa! » Lo pregò
per altro a volere per l'avvenire mani festarle subito qualsiasi
sospetto ed a non volerlo più ascondere in sè per un'intera giornata.
Vedremo in seguito quali patimenti dovesse sopportare Anna Caterina a
causa dei tentativi del Wesener per pur trovare alcun mezzo di
nutrimento a lei adatto.
Ragguaglio dell' Overberg sul modo di orazione di Anna Caterina nel prepararsi a ricevere la SS. Comunione
«
L'ultima preparazione al ricevimento della santissima Comunione
consiste presso Anna Caterina nel pregare Iddio Salvatore suo a darle il
suo cuore, onde così divenga degna di riceverlo e di albergarlo. Essa
gli rappresenta che soltanto col suo cuore e per mezzo del suo cuore può
amarlo e lodarlo come egli merita. Quindi ella gli offre il proprio
cuore, e lo prega ad accettarlo ed a farne quel che a lui piaccia. Dopo
avere dato il cuore a Dio ella va percorrendo, nominandole, tutte le
forze del corpo e dell'anima, facendo dono a Dio di tutto ciò che ha.
Offre a Dio gli occhi, le orecchie e tutti i membri, pregandolo di
impiegarli tutti al suo perfetto servizio e di far con loro tutto ciò
che non può fare ella medesima. Quindi conchiude un trattato con Dio,
obbligandosi, per quanto possa essere in lei o dipendere da lei, a
lodarlo e ringraziarlo, e protestando che ogni respiro, ogni movimento,
ogni moto degli occhi, delle mani, ogni istante dei patimenti suoi,
debbe essere un segno di riconoscenza e di lode.
« Di poi si
rivolge ai Santi, pregandoli ad imprestarle o donarle una parte della
loro beltà, dei loro ornamenti e virtù, onde potersi meglio preparare a
ricevere il santissimo Sacramento, e poterlo più ardentemente
ringraziare dopo averlo ricevuto. E prima che a tutt'i Santi si rivolge
alla Madre di Dio, onde ottenere da lei in dono il superfluo delle di
lei virtù e della di lei splendidezza. La supplica poi specialmente a
volerle porgere fra le braccia il divino Bambino, come lo fece coi Re
dell' Oriente. Quindi passa da un santo all'altro chiedendo elemosina, e
rammentando a ciascuno di loro le sue speciali preroga tive, onde
ottenerne per sè un dono atto a renderla più aggradevole al divin
Salvatore. Essa li supplica con queste parole: Voi siete ricchi di tanto
superfluo ed io sono tanto povera? Sicchè abbiate misericordia di me!
Vi domando soltanto un tantino del vostro superfluo. - Dopo la Comunione
va in estasi, come le avveniva in monistero. »