Scrutatio

Giovedi, 16 maggio 2024 - San Simone Stock ( Letture di oggi)

CAPO XV. ESTASI E VARII MODI DI ORAZIONE DI ANNA CATERINA

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO XV. ESTASI E VARII MODI DI ORAZIONE DI ANNA CATERINA
font righe continue visite 84


1. Fra tutte le privazioni che Anna Caterina dovette sopportare nel chiostro niuna le apparve più pesante dell'essere privata di una sicura e stabile direzione spirituale. Non aveva verun confessore col quale potesse consigliarsi più intimamente sul suo interno stato e sui casi della sua vita. Cosicchè sola dovea portare tutto il carico che su lei pesava, e non eravi alcuno che con avveduta direzione le potesse mitigare quel peso medesimo.

« Io sclamava spesso (così confessò) verso Iddio, affinchè egli degnasse mandarmi un sacerdote, col quale potessi interamente aprire il mio interno; poichè non di rado io mi trovava nella maggiore angustia, temendo che quanto mi accadeva fosse opera del maligno nemico. Caddi nel dubbio, e per timore di essere illusa rigettai tutto ciò che vedeva dinanzi ai miei occhi, tutto ciò che io soffriva, tutto ciò di cui viveva e che d'altronde mi era di consolazione e di forza. È ben vero che l'abate Lambert cercò di tranquillarmi, ma siccome io mi trovava fuori d'ogni possibilità di potergli render chiari gli avvenimenti del viver mio, mentre egli troppo poco conosceva il tedesco, così le mie angustie si ripetevano sovente. Tutto ciò che succedeva in me ed a me erami affatto inconcepibile, essendo io una povera ignorante, figlia di contadini; quantunque, sin dalla mia infanzia non avendo mai provato cose diverse, non avrei dovuto così maravigliarmi. Ma durante gli ultimi quattro anni della mia vita claustrale io viveva in una visione quasi continua e mi succedevano sempre casi di simil natura. Nè poteva, vivendo in quello stato, darne conto ad altre persone, le quali non avendo mai nè provato nè immaginato cose simili, le ritenevano quindi per affatto impossibili. Nell'intero abbandono in cui mi trovava pregava una volta in chiesa soletta il Signore, ed ecco che intesi chiaramente e distintamente rispondermi con queste parole che mi riempirono della più profonda commozione: - Non sono io dunque per te sufficiente? - »

2. Non deve cagionar meraviglia che Anna Caterina nel crescente affollarsi delle più molteplici visioni si trovasse spesso senza aiuto e consiglio, e venisse tormentata dai dubbii i più penosi, poichè il dono di visione le era stato accordato al pari di ogni altro dono per l'adempimento della di lei missione di espiazione in pro della Chiesa; e quindi doveva sopportare coteste visioni in mezzo ai patimenti spirituali, che del pari alle sue pene corporali corrispondevano allo stato generale della Chiesa in quei tempi. Esse le divennero in conseguenza un peso sì grave, che senza la continua immediata e personale assistenza del suo divino Sposo avrebbe dovuto soccombervi. Se rammentiamo la direzione da lei ricevuta nella prima fanciullezza, durante la quale fu degnata costantemente delle più estese visioni sulla storia della nostra salute, riconosceremo facilmente come fin d'allora fosse preparata e disposta alla grandezza della sua missione attuale; poichè in mezzo alla infinita ricchezza di quei quadri storici e nell'intima convivenza con gli oggetti di quelle visioni l'anima sua maturossi fino a pervenire a quella inconcepibile forza, necessaria a poter vedere e considerare anche il lato tenebroso delle visioni medesime, cioè lo sviluppo dei misteri della iniquità, ovvero la lotta del nemico di nostra salute contro la Chiesa; ed a combattere contro le potenze nemiche che agivano in cotesti misteri di tenebre, precisamente come prima soleva aver commercio coi Santi dell'anno ecclesiastico. Quando adunque Anna Caterina soffriva in pro della fede non eran soltanto le ferite e le offese arrecate al corpo della Chiesa dalla empietà, dalla distruzione delle cose sacre, e dalla profanazione del servigio di Dio, che ella doveva sopportare nelle pene del corpo suo, siccome vittima espiatoria e sostituita; ma ella doveva inoltre avanzarsi e combattere contro la malizia dell'inimico, il quale mentre i guardiani dormono, penetra furtivo nella vigna a seminarvi pessimi semi; ed essa doveva quel mal seme distruggere, prima ancora che germogliasse e crescesse. Ella lottava e combatteva col nemico delle anime, opponendosi coraggiosa agli attacchi da lui diretti principalmente contro il sacerdozio, e prepararlo per quel combattimento; la mai turbata purità dell'anima sua, la profonda umiltà del di lei cuore, la di lei irremovibile fiducia in Dio, e quella libertà di spirito raggiunta per la spinosa via dell'astinenza e dell'abnegazione le formavano una tale armatura, da renderla invincibile contro la rabbia dell' inferno. In cotesti combattimenti per altro non era già con la luce delle visioni, ma bensì con la forza e la vivacità della fede, che ella otteneva il trionfo. È ben vero che Iddio permetteva che ella soffrisse dure angustie di spirito, quando fronte a fronte dovea lottare contro lo spirito di menzogna e le sue maligne sottigliezze, rendendo vani i' di lui tentativi di imbarazzare gli spiriti; e che per opera maliziosa di quel nemico l'anima della povera combattente fosse fortemente oppressa ed assalita; ma il maligno non riusciva a far crollare la di lei fede, e contro lo scudo di quella fede medesima si spuntavano senza alcuna forza i suoi dardi. Anna Caterina non aveva mai avuto verun desiderio di visioni e di doni straordinarii; li aveva ricevuti da Dio e con quelli aveva vissuto anche prima di potere nemmeno presentire e giudicare nell' animo suo cotesti essere doni speciali a lei soltanto, e non agli altri accordati. Quando se ne fu resa accorta, fu prima sua cura il darne conto ai sacerdoti della Chiesa, e sottoporre al loro giudizio se cotesti doni fossero puri e reali, ovvero immagina zione ed inganno. Siccome niuno di essi riprovava cotesti doni, ella seguitò tranquillamente a vivere nel loro godimento; per altro non eran già le visioni, ma bensì la fede sola, quella che regolava le di lei azioni; ed avrebbe piuttosto voluto soffrir mille morti, di quello che allontanarsi da cotesta regola di condotta. Ogni qual volta adunque ella doveva combattere il nemico delle anime, poteva bensì a lui riuscire, per permissione di Dio, di traviarla nelle sue visioni, di angustiarla con immagini spaventose, ovvero di farle credere che quel suo dono di visione era opera sua; ma non poteva far di più. Essa rispondeva al tentatore con atti di fede divina, e con la più perfetta sommissione alla infallibile autorità della dottrina della Chiesa, con le più ardenti proteste contro tutto ciò che non era in armonia con le regole della fede, loro rinunziava e rigettavale anticipatamente, quando queste fossero state contrarie a cotesta regola.

In queste dure e spesso ripetute lotte stavasi Anna Caterina abbandonata e priva d'ogni aiuto e direzione ecclesiastica; abbandonata come la Chiesa medesima, nel seno della quale omai niun pastore difendeva più le orfane sedi dalle crescenti distruzioni dell' incredulità, e niun dottore innalzava più contro quelle la sua voce; mentre, al più, veri e vuoti luoghi comuni d'eloquenza alto suonanti, ma solo in parole, eran gli unici mezzi dai quali il gioiello della fede veniva ad essere meno difeso di quel che non riuscisse piuttosto disadorno e spogliato della sua pura bellezza.

3. È pur vero che una impressione affatto speciale vien prodotta nell'animo dal considerare come in mezzo alle atroci devastazioni di un'epoca tanto ancora a noi vicina, la monachella di Dülmen, simile a un fiore meraviglioso spiegasse fra le cadenti mura del suo monistero una tal bellezza, di cui antichi tempi e molto migliori videro appena la maggiore. Quando Teresa e Maddalena de' Pazzi ornavano la Chiesa, l'ordine di S. Ignazio fioriva del primo suo fiore, ed erasi dilatato con tale rapidità nella intera Chiesa, ed erasi adornato di tanti santi ed illuminati dottori, quanti mai alcun ordine ne aveva avuti dopo i tempi dei santi Francesco e Domenico. Anche allorquando Caterina da Siena, Liduina e Coletta empivano la vigna del Signore del loro soave olezzo, è ben vero che la Chiesa languiva in grossi guai, ma risplendevano ovunque accanto a quelle pure vergini santi e dottori. Non fuvvi mai epoca alcuna più sconsolata ed abbandonata di quella in cui il Padrone della vigna raccolse tutta la pienezza dei suoi doni nella pastorella di Flamske; doni che anco divisi fra molti avrebbero bastato, secondo la umana misura, ad arricchirla Chiesa di un' intera legione di eletti. Siccome poi al singolo individuo succede che non gli viene accordato da Dio verun dono senza la sua sincera cooperazione, e che se egli lo sotterra e lo nasconde, un altro lo riceve in sua vece e con tutta coscienza ne fa uso; così pure succede in grande alla comunità de'fedeli, ed ivi pure si ripete l'istesso ordine di distribuzione e di cooperazione. Non havvi epoca in cui la potenza e la misericordia del Signore vengano a sminuirsi; ma quando, per colpa di coloro che dovrebbero riceverli, mancano i vasi atti a raccogliere la strabocche vole ricchezza dei doni suoi, egli rivolge le meraviglie dell'amor suo ai suoi fedeli, i quali ricevono in pro loro anche quella porzione non più omai accordata agli altri. Quindi è che i doni come i patimenti di Anna Caterina hanno un sì grande e straordinario carattere. Mentre in S. Maria Maddalena de' Pazzi le estasi e le altre circostanze straordinarie manifestavansi in mezzo ad una comunità religiosa, che le contemplava con timida riverenza; ovvero mentre ella, siccome maestra delle novizie, era circondata da alunne che amavano ragionare con innocente curiosità di Dio e dei santi, onde vedere la loro maestra andare in estasi; così invece Anna Caterina, impotente a resistere alle estasi ed ai ratti, trovavasi in mezzo a consorelle alle quali, appunto per quell'estasi, la di lei persona diveniva sì estranea ed intollerabile, come precisamente la Chiesa intollerabile diveniva alla rozza incredulità di tutta quell'epoca; quella povera Chiesa, che veniva assalita con isfacciati insulti, perchè osava ancora col suo Breviario e le sue leggende riconoscere e confessare ad alta voce la magnificenza e la grandezza di Dio nei suoi Santi.

4. «Quand' io divenni incapace ( così raccontò Anna Caterina ) di nascondere i miei patimenti e cadeva come in isvenimento dinanzi alle altre, mi trovai una volta in coro, e senza partecipare al canto comune, divenni affatto irrigidita e come petrificata, dimodochè caddi al suolo; allorchè le monache mi scossero, mi trasportarono via di là, ed intanto io vidi una monaca aggirarsi sul tetto della chiesa sino al comignolo, cioè fin dove non era possibile ad alcuno di arrivare; e dopo mi fu manifestato quella monaca essere Maddalena de' Pazzi, che in vita aveva ricevuto le Stimate del Signore. Un'altra volta la vidi correre su pel cornicione del coro; un'altra montar sull'altare, e afferrare la mano del sacerdote. Da tutti questi andamenti pericolosi fui resa attenta sul mio medesimo stato, e mi posi in guardia per quanto poteva, onde non cedervi. In principio le mie consorelle, che non capivano di tutto ciò nè punto nè poco, mi facevano grandi rimproveri del che io spesso mi giaceva boccone in chiesa a braccia aperte. Ciò accadeva senza che lo potessi impedire; quindi io cercava sempre luoghi ascosi, dove potessi non esser veduta tanto facilmente. Ma ora qua, ora là, bene spesso era rapita fuor di me stessa; giaceva irrigidita e prostesa sul volto, o stava genuflessa a braccia aperte; ed in tali posizioni mi trovava poi il prete del monistero. Provava anche sempre la più ardente brama di vedere santa Teresa, perchè aveva inteso a dire aver ella sempre provato tante angustie a causa dei suoi confessori. Ed io la vidi anche molte volte debole ed ammalata, scrivente ad un tavolino, ovvero nel suo letto. Mi pareva anche di vedere esistere un'intima relazione fra lei e Maddalena de' Pazzi. Ebbi pure interna manifestazione del come Maddalena de' Pazzi, a cagione della sua semplicità ed ardente amore, fosse molto accetta a Dio anche da bambina.

« Nelle mie occupazioni di sagrestana sentivami spesso all'improvviso rapita, e mi arrampicava, e montava, e mi aggirava per luoghi alti nella chiesa, sulle finestre, sugli ornati, sui risalti; e là dove secondo la possibilità umana pareva impossibile di arrivare, colà io giungeva a nettare ed ornare il tutto. Io mi sentiva sollevare e tenere per aria, nè me ne spaventava punto, poichè sin dall'infanzia era abituata a provare l'aiuto dell' Angelo mio custode. Più volte destandomi dal ratto, mi trovai seduta in un armadio, ove io soleva conservare gli oggetti della sagrestia; più volte mi destai in un angolo dietro l'altare, ove non poteva esser veduta nemmeno da chi mi fosse passata affatto vicino. Non posso immaginarmi come colà potessi giungere senza lacerare il mio vestiario, giacchè era difficilissimo pervenirvi. Spesso mi trovava, nel destarmi, seduta sui travi maestri del tetto. Ciò accadeva abitualmente, allorchè io mi nascondeva per piangere. Io ho veduto Maddalena de' Pazzi aggirarsi appunto qua e là in cotesta guisa, ed in modo strano correre pei solai, sui travi, sui palchi e sugli altari. «

5. Anche l'Overberg così depose in testimonianza: « Anna Caterina ha spesso avuto in convento svenimenti (ossia estasi), specialmente quattro anni innanzi la soppressione. Coteste estasi le sopravvenivano ovunque, sia nel lavoro, sia in convento, o nel giardino, od in chiesa, od in cella. Allora ella cadeva per terra, e vi restava giacente. Per lo più le sopravvenivano quando era affatto sola. Talora ne ha avuto alcun piccolo attacco anche a tavola, ma ella supplicava Iddio di non lasciargliele in quel tempo sopravvenire. Spesso ella opinava di esser rimasta un solo minuto in quello svenimento; quando per altro guardava l'orologio riconosceva allora di essere stata lungamente fuori di sè.

« Sulla mia domanda del modo con cui ella distinguesse gli svenimenti per debolezza dagli altri (cioè le estasi), ella rispose: Negli svenimenti per debolezza io mi sento male affatto, e soffro talvolta sì fortemente nel corpo, che mi sembra d'essere sul punto di morire. Negli altri svenimenti (estasi), non sento affatto il mio corpo e sono allora talvolta molto allegra, talvolta anche melanconica. Mi rallegro allora della grande misericordia di Dio verso i peccatori, che egli tanto ricerca per ritrarli addietro dal male, e che poi così amorosamente a sè riceve. Melanconica divengo poi, pensando ai peccati da cui Dio viene così orribilmente offeso. Mi sembrava spesso nella meditazione come se vedessi il cielo e Dio nel cielo. Quando mi trovava in amarezze, sembravami sovente come se camminassi per una via angustissima e larga appena della larghezza di un dito. Dai due lati io vedeva neri abissi ed immensamente profondi. Sopra di me tutto era bello e verde, ed un giovinetto luminoso mi porgeva la mano e mi guidava per quella stretta via. Spesso ancora, mentre trovavami in turbamento ed aridità, il Signore mi diceva: La mia grazia ti basti. E ciò mi veniva detto all'orecchio in modo dolcissimo. - »

6. Non di rado 'avvenne altresì che Anna Caterina ricevette nell'estasi dall'Angelo suo il comando di esortare le consorelle all'osservanza della regola dell'ordine. Allora in quello stato si recava dinanzi a loro, ed in mezzo ai più dirotti pianti proferiva quelle disposizioni della regola dell'ordine che si riferivano al silenzio, all'ubbidienza, alla povertà, all'uffizio corale, all'ordine domestico, e che il più spesso venivano violate. Talvolta si gettava ai piedi di una consorella in cui vedeva nascere inclinazioni di ripugnanza o di odio affatto nemico, e ne implorava perdono ed amore; con che la aiutava a vincer la tentazione ed a riconoscere la ingiustizia di quelle disposizioni di spirito. Coteste umili preghiere non di rado avevano anche per conseguenza che le monache si sforzassero, anzi si sentissero come costrette, invece di cedere a nuove malevolenze, ovvero di irritarsi, ad andare in traccia di Anna Caterina per discoprirgliele, anzi per manifestarle fino il più intimo ripostiglio dell'interno dell'animo loro. La pregavano allora di consiglio ed aiuto pei loro spirituali difetti; ma facilmente di nuovo cadevano in tentazioni di scoraggiamento e si riempivano di sfiducia, allorchè sembrava loro troppo penoso il seguire il ricevuto consiglio ed il praticare quelle mortificazioni ed interne vittorie sulle proprie inclinazioni, che pur tanto sarebbero state a loro necessarie. Nuovo sospetto nasceva in quei deboli cuori; quasicchè Anna Caterina pensasse allora soltanto alle mancanze e difetti dei quali si erano a lei accusate, mentre costei sì poco effettivamente vi pensava quanto quelle che nulla ne sapevano; poichè ella soleva ricevere coteste segrete confessioni come se fosser cose a lei partecipate in visione, e le riteneva solo per amor di Dio ed a giovamento dell'anima bisognosa di aiuto. Anzi, in coteste occasioni ella porgeva molto meno orecchio a colei che le parlava, di quel che nol facesse alla voce della sua angelica guida; poichè pregava Iddio di concederle i lumi necessarii a potere dare buoni consigli e sicuro aiuto a colei che ne abbisognava; e quindi in simili momenti ogni individualità spariva dai di lei occhi.

7. Spesso (così narrò ella medesima) mentre mi trovava occupata in un lavoro, o giaceva in letto ammalata, mi trovava nel tempo stesso presente in ispirito in mezzo alle mie consorelle, e vedeva od udiva ciò che esse facevano o dicevano; ovvero mi trovava in chiesa dinanzi al santissimo Sacramento, mentre per altro non aveva ancora la sciato la mia cella. Come mai ciò succedesse non saprei dirlo. La prima volta che in vita mia mi accorsi di simile cosa, la tenni per un sogno. Ciò successe nel mio quindicesimo anno, quand' io dimorava fuori della casa paterna, e mi sentiva l'impulso di pregar molto per una certa fanciulla, onde preservarla dalla seduzione. Ecco che una volta, in tempo di notte, vidi cotesta fanciulla essere in sidiata. Nell'angoscia che provava per lei, corsi rapida mente alla di lei camera, ne scacciai il servitore di casa, e trovai quella fanciulla, che era una serva, nel più grande spavento, aumentato dal vedermi penetrar nella sua stanza. In realtà per altro io non avea mai lasciato il mio letto, e quindi ritenni la cosa per un puro sogno. Il giorno di poi quella serva comparve molto timida e vergognosa dinanzi a me, e non aveva coraggio di guardarmi in viso. Più tardi però mi narrò coi più cordiali ringraziamenti tutta cotesta storia e come io avessi scacciato il tentatore, come fossi venuta nella sua stanza e l'avessi preservata dalla seduzione. Quindi io dovetti credere che la cosa era stata tutt'altro che un vuoto sogno. In altra e più tarda epoca della mia vita mi successe spessissimo lo stesso. Così una volta avvenne che una dama straniera, mai da me veduta con gli occhi del corpo, molto commossa si accostasse a me, e tostochè potè parlarmi sola, proruppe in pianti, e mi raccontò con gran pentimento la sua colpa e la sua conversione. Allora riconobbi e lei e la sua storia siccome una di quelle opere di orazione impostemi da Dio già alcun tempo innanzi.

8. « Non sono per altro stata sempre inviata soltanto in ispirito in aiuto di simili povere persone, ma talvolta anche corporalmente. Nelle fabbriche annesse al convento abitavano le persone secolari di servizio; quindi una volta, mentre io giaceva gravemente ammalata in letto, vidi in tempo di notte due di quelle persone starsene insieme conversando con pii discorsi, mentre in cuore pensavano cose molto perverse. Io mi alzai, essendo così in visione, e andai traversando il chiostro nella casa annessa, per allontanare quei due l'uno dall'altro. Quando mi videro venire, essi fuggirono spaventati, ma mi lasciarono anche dopo quel momento nell'animo una certa cattiva impressione di quel fatto. Nel ritorno rientrai in me stessa e mi trovai a mezzo della scala del monistero; e solo a grande stento, a causa della mia debolezza, potei ricondurmi in cella.

9. Mi è inoltre accaduto che una delle mie consorelle pretendesse avermi veduto in cucina e presso il focolare a mangiare furtivamente alcunchè ritolto da una pentola, ovvero a trangugiare frutti nel giardino. Ella tosto corse come il lampo dalla superiora a svelarle l'inganno; io per altro fui trovata nella mia cella e mortalmente ammalata. Cotesti avvenimenti rendevano il mio stato molto disaggradevole alle consorelle, giacchè non sapevano per qual persona mi dovessero tenere. »
10. Dacchè Anna Caterina fu entrata in convento, niun patimento le apparve paragonabile all'altissima felicità di abitare nella vicinanza del santissimo Sacramento, e di potere spender una parte della giornata innanzi al medesimo. Se ella stavasi in cella od era occupata in qualche lavoro in qualsiasi luogo del convento, ecco che involontariamente si trovava collocata in una posizione diretta verso il tabernacolo della chiesa del monistero; giacchè il di lei cuore non restava mai un istante vuoto dal sentimento della presenza reale. Nè la lontananza, nè la spessezza dei muri potevano frapporre ostacolo ai di lei occhi, onde impedir loro di penetrare da ogni lato del convento sino al Santissimo; poichè quel vivacissimo continuo pensiero la trasportava sempre in verace visione, ed allorchè l'ubbidienza non teneva vincolata l'aspirazione dell'anima sua, tosto ella era in ispirito prostrata sugli scalini dell'altare, mentre col corpo stavasi in cella o lavorava insieme alle sue con sorelle. In tutto ciò che la regola monastica le prescriveva ella sapeva trovare una relazione col SS. Sacramento; e quindi avveniva che ella fosse altrettanto fedele e coscienziosa nelle minime cose quanto nelle grandi.

Soprattutto poi tutte le opere e preparativi che far doveva come sagrestana le apparivano essere così santi servigii, che stimavasi oltremodo felice di poterli adempire anche a peso dei più gravi dolori corporei; poichè sapeva di servire al Re dei re, e di esser per ciò invidiata dagli Angeli. Così era ella letteralmente ed incessantemente col corpo e con l'anima, col pensiero e col sentimento, con tutta la ricchezza spirituale che le riempiva il cuore, rivolta come un fiore verso il sole, verso il suo Signore nel Sagramento, e spirava incessantemente verso di lui il dolce olezzo dell'amor suo e dei suoi patimenti. Ed appunto grandi quanto il suo amore erano i suoi patimenti a cagione del santissimo Sacramento; poichè niun peccato più fortemente al cielo esclamava bisognoso d'espiazione, quanto quello precisamente di cui si era sopraccaricata quell'epoca con perseguitare l'adorazione e la confessione della santissima real presenza di Cristo nel sacramento dell'altare. Appunto in quello stesso tempo in cui nel cuore di Anna Caterina ardeva fiamma d'amore possente al segno da poter riscaldare un numero infinito di altri uomini, non soltanto venivan profanate e distrutte innumerevoli case di Dio, ma la luce stessa della fede alla presenza reale di Dio nel Sacramento minacciava in moltissimi luoghi di estinguersi; giacchè l'odio della setta giansenistica tentava senza verun riguardo e pudore di scacciare dalle chiese l'Ostia incruenta e la celebrazione di quelle solennità, con cui sino dal momento in cui fu instituita la sua esposizione ai fedeli venne costantemente circondata; precisamente come cotesta rea setta avea tentato e tentava espellere dai cuori la venerazione per la santissima Vergine Maria. Tutta la intera concatenazione di cotesti orribili delitti presentavasi dinanzi all'anima di Anna Caterina, e riempivale il cuore di ineffabile doglia, ogni qual volta ella stava genuflessa dinanzi all'altare; e pareva che invece dello Sposo suo celeste ella dovesse sopportare in modo corporale e sensibile le pene cagionate al suo cuore divino dalle profanazioni ed oltraggi fatti al santissimo Sacramento. E dove avrebbe egli d'altronde potuto trovare compenso a cotesti oltraggi, poichè i suoi più acerbi nemici contavansi appunto nelle schiere di coloro, ai quali egli aveva accordato il maggiore e più alto potere sopra il più santo pegno del suo divino amore? Bene spesso nel più profondo della notte rifugiavasi Anna Caterina innanzi alle porte chiuse della chiesa del convento, e là restava gemente e languente per dolore e per ardente brama dinanzi a quelle porte, finchè gelata dal freddo col nascere del giorno poteva penetrare in chiesa; giacchè a quelle pene espiatorie che ella sopportava per amore del suo Salvatore soltanto poteva trovare mitigazione e conforto nella di lui vicinanza. E coteste pene erano altrettanto molteplici, quanto lo erano varii i peccati dell'epoca sua contro il santissimo Sacramento. Cominciando dalla pigra indolenza e dalla indifferenza dei comuni cristiani nella preparazione e nel ringraziamento per la santissima Comunione, sino ai sacrilegi de' nemici della Chiesa, ella doveva tutto e per tutti espiare; e da ben lungo tempo avrebbe dovuto soccombere a sì terribile missione, se Iddio non le avesse presto cancellato dall'anima le potenti e spaventevoli impressioni cagionate dalla visione di quei delitti, e non l'avesse riempita delle sue consolazioni. Quanto più vivace e profonda diveniva in mezzo a quelle pene la di lei meravigliosa comprensione della magnificenza e grandezza del Sacramento, e quanto più in lei si accendeva possente la brama di goderne, tanto più in lei crescevano la pietà, la santa timidezza e l'interno sentimento di umiltà; e così accadeva che ogni qual volta ella doveva ricevere la santissima Comunione nasceva in lei una lotta fra il più ardente amore ed il più santo timore che possa accogliersi in una creatura oppressa dal sentimento delle sue colpe e della sua indegnità; lotta nella quale la sola ubbidienza valeva a decidere la vittoria. Mai dileguossi da lei il timore di avere a causa delle sue imperfezioni la prima parte nelle colpe, che le sue consorelle commettevano con tante trasgressioni della regola monastica ed offese della reciproca carità; e quindi nella sua profonda umiltà non osava ricevere la santissima Comunione così spesso come ne avrebbe abbisognato, e come il suo confessore avrebbe desiderato.

11. L'Overberg intorno a ciò ha fatto testimonianza in questi termini:

« Il di lei confessore voleva che ella si comunicasse più spesso di quel che suolessero farlo le sue consorelle. Essa lo fece durante alcun tempo; ma lo tralasciò di nuovo, e ciò contro la volontà del confessore, dalla Purificazione sino a poco tempo dopo Pentecoste, e ciò soltanto per rispetto umano; perchè il di lei frequente comunicarsi veniva considerato come ostentazione di santità, e perchè persistevasi in cotesta credenza. Anch'ella poi riteneva sè stessa per troppo cattiva per osare comunicarsi sì spesso. Ciò poi fu cagione che ella venisse in sì misero stato, da non sapere come sollevarsene e spesso non poteva ritenersi dal mormorarne e lamentarsi. Alla fine riconobbe la sua mancanza nel non aver seguito il consiglio del confessore; ed allora ricominciò di nuovo a comunicarsi di frequente.

Per altro dovette espiare cotesta disubbidienza per due lunghi anni; mentre per tutto cotesto tempo venne privata di ogni consolazione e lasciata in perfetta aridità.

«Dopo cotesti due anni ritornarono di bel nuovo le consolazioni, ed ella provò sì ardente desiderio della santissima Comunione, al segno di non poter aspettare l'ora abituale di riceverla. Quindi il suo confessore ordinò che ella dovesse ricevere la santissima Comunione ad un'ora anteriore a quella in cui le sue consorelle solevano levarsi dal letto, affinchè ciò fosse meno conosciuto, nè destasse rumore o meraviglia. Ella quindi fu obbligata a battere alla porta della camera dell'abate Lambert, il quale ebbe sempre la bontà di comunicarla così di buon'ora.

«Spesso ella sopravveniva a battere a quella porta più presto ancora del tempo fissato, poichè non poteva più a lungo resistere alla intensità della sua bramosia del santissimo Sacramento. Una volta vi andò pochissimo tempo dopo mezzanotte, poichè credevasi di soccombere morendo consumata dal desiderio. Le pareva che tutto l'interno suo fosse un incendio, e di essere potentemente trascinata verso la chiesa, da sembrarle come se i di lei membri fossero per essere strappati e divelti dal corpo. Il signor Lambert divenne di male umore perchè ella avea picchiato sì di buon'ora; ma pure quando vide lo stato in cui ella trovavasi, andò in chiesa ad amministrarle il santissimo Sacramento.

12. Ella suoleva ascoltare la santa Messa con la più alta devozione. Allorchè il sacerdote la cominciava, ella trasportavasi in ispirito presso Gesù sul monte Oliveto e meditava. Quindi pregava Iddio per implorare a tutti gli uomini la grazia di ascoltare devotamente la santa Messa; pregava poi pel sacerdote affinchè egli offrisse la Vittima santissima nel modo a Dio più aggradevole, e onde Gesù si degnasse riguardare tutti i presenti colla stessa misericordia con cui si degnò guardar Pietro.

« Al Gloria lodava Iddio con tutti gli Angeli e Santi e con tutti i giusti della terra; ringraziava il Salvatore, che degnasi rinnovare ogni giorno il sacrifizio di sè stesso, e pregava Iddio a voler illuminare tutti gli uomini, ed accordare refrigerio alle povere anime del purgatorio. « Al Vangelo implorava da Dio per sè e per tutti gli uomini la grazia di poter perfettamente seguire i dettami del Vangelo medesimo.

« All'Offertorio offriva insieme col sacerdote a Dio il pane ed il vino, e pregava che questi si cangiassero nella carne e nel sangue di Gesù Cristo; inoltre pensava che il Salvatore presto sarebbe disceso.

« Al Sanctus supplicava onde il mondo intero si unisse con lei a cantar le lodi di Dio.

« Alla Consecrazione inviava il Salvatore al suo Padre celeste, l'offriva a benefizio del mondo intero e specialmente per la conversione de' peccatori, pel refrigerio delle povere anime del purgatorio, per coloro che trovavansi in punto di morte, e per le sue consorelle. Ella raffiguravasi l'altare siccome tutto ripieno di angeli tanto riverenti, che non osavano neppur guardare il Salvatore, e considerava in sè stessa quanto fosse audace nel guardare l'altare, e come mai non potesse rattenersene.

13. « Spesso ella vedeva intorno al santissimo Sacramento un grande splendore; spesso vedeva nell'ostia sacrosanta una croce di colore bruno, ovvero di tutt'altro colore fuorchè bianco. Se fosse stata bianca al pari dell'ostia non avrebbe potuto vederla. Cotesta croce non le appariva già più grande delle ostie comuni.

« Dal momento della elevazione del calice sino all'Agnus Dei pregava per le anime che trovansi in purgatorio; presentava Cristo in croce al Padre celeste, e pregava che il Crocifisso valesse ad ottenere ciò che ella non poteva. Quindi era spesso rapita fuori di sè; il che anche succedeva sovente prima della consecrazione.

« Al momento della Comunione pensava alla sepoltura di Cristo, e pregava che egli si degnasse di seppellire in noi il vecchio uomo, e farci rivestire il nuovo.

14. Se durante la santa Messa, o in qualsiasi altro  caso ella udiva il canto o il suono dell'organo, spesso in sè pensava: - Ah! quanto è pur bello l'udire quando tutto è così in armonia! Le cose prive di vita si accordano l'una con l'altra sì amabilmente; e perchè ciò non fanno anche i cuori degli uomini? Oh! quanto ciò sarebbe amabile e grazioso!

 E quindi non poteva trattenersi dal pianto.

Nella Messa di mezzanotte alla vigilia di Natale ella vedeva sempre Gesù Bambino al di sopra del calice. Ciò riuscivale oltremodo meraviglioso, poichè le sembrava come se il sacerdote reggesse il santo Bambino pei piedi, e nondimeno ella vedevasi presso anche il calice. Anche fuori di quell'occasione ella aveva veduto bene spesso Gesù bambino nell'ostia, ma ben più piccolo.

« Quand' era sagrestana stava in coro ad un posto, dal quale non poteva vedere sull'altare; aveva ceduto il suo proprio stallo ad una consorella, la quale era angustiata nell'ascoltare la Messa, perchè non poteva vedere quanto succedeva sull'altare. Mentre una volta teneva in mano la fune della campana per suonare al momento della consacrazione, vide Gesù bambino al di sopra del calice. Oh! quanto è bello pensava essa, e s'immaginava di essere già in cielo, e voleva saltare per sopra la grata onde pervenire dove vedeva Gesù bambino. Ma tosto le venne in mente:
-Dio mio, che vuoi tu fare? — E si astenne dal saltare, ma dimenticò di suonare il cenno. Lo dimenticava spesso, anche quando la Messa giungeva al suo mezzo, e quindi ne riceveva rimproveri. ».

15. Chiara Söntgen depose quanto segue: « Quando la Emmerich aveva ricevuto la santissima Comunione trovavasi sempre più in forze, e spesso mi diceva che Iddio le concedeva nella Comunione forze molto maggiori.

« Ella comunicavasi volonterosissima nel giovedì, ad onore del santissimo Sacramento. Ma siccome ciò era cagione di molta sorpresa e di molte ciarle in convento, ella ottenne dal confessore il permesso di ricevere privata mente la santissima Comunione. Ella è andata talvolta poco dopo mezzanotte e talvolta alle tre o alle quattro del mattino a comunicarsi; poichè a cagione del grande ardore di quel suo desiderio non poteva aspettare più lungamente.

Le domandai una volta perchè mai nel giovedì ella sempre si vestisse dei migliori vestiti, e mi rispose: - Ad onore del santissimo Sacramento. - Prima e dopo la santissima Comunione rare volte ella pregava leggendo in un libro, ma piuttosto sempre contemplava. »

16. Anna Caterina confessò in occasione posteriore: « Spesso ho veduto scaturire e scorrere sangue dalla croce nell'ostia sacrosanta. Ed io vedeva quel sangue chiaro e luminoso. Spesso ho veduto il Signore a guisa di bambino e risplendente di una luce rossiccia come quella di un lampo, comparire nell'ostia.

« Spesso vedo Comunione il Salva io nella santissimatore avanzarsi verso di me e farmisi vicino sotto la forma di sposo, e quindi sparire al momento in cui ho ricevuto il santissimo Sacramento; e sento la sua presenza in modo ineffabilmente dolce.

« Quando il Signore penetra nell'individuo che si comunica, egli va in alto ed investe l'anima intera, siccome quando lo zucchero si scioglie nell'acqua. Quanto però più forte ne è il desiderio tanto più intimamente egli penetra nell'anima. »

17. Intorno agli altri di lei modi di orazione così depose l'Overberg:

« Tanto nel tempo in cui era in convento, quanto anche innanzi, ella ha sempre più pregato per le povere anime del purgatorio e pei peccatori, ed essendo poi in convento anche per le consorelle, di quello che nol facesse per sè stessa.

Oltre le preci che in forza della regola era obbligata a recitare, ella poco usava la preghiera orale, ma spessissimo praticava le giaculatorie. Il modo suo abituale di orazione consisteva in ciò che ella parlava con Dio, siccome un bambino parla con suo padre; e generalmente ella ha sempre ottenuto tutto ciò su cui particolarmente insisteva presso il Signore.

18. I suoi discorsi con Dio ella li continuava sempre giorno e notte, ed anche essendo a tavola; ovvero, quando non parlava, li continuava meditando. Quindi succedeva che bene spesso non rilevasse menomamente ciò di cui si era parlato mentre stavasi a tavola. Se in quel tempo il discorso cadeva anche sopra di lei, se ne accorgeva soltanto quando diveniva un po' troppo forte. L'abate Lambert le disse una volta dopo pranzo: E come mai ha ella potuto sentire e sopportare che durante tutto il tempo del pranzo si tenessero simili discorsi? Ma essa non aveva inteso la minima cosa di quanto erasi detto.

19. Per lungo tempo ella mantenne l'abitudine di disputare col Signore sul che egli non converta tutti i grandi peccatori, e che voglia eternamente castigare nell' altro mondo i non convertiti. Ella allora diceva francamente a Dio che non sapeva capire come egli potesse fare così, giacchè ciò ripugnava alla sua natura. Egli è tanto e poi tanto buono e non gli costa nulla il convertire i peccatori: e poi li tiene tutti fra le sue mani; dovrebbe pensare quanto egli ed il suo diletto Figliuolo hanno fatto in pro dei peccatori; come Gesù figlio suo abbia versato il suo sangue sulla croce e sofferto una sì dolorosa morte. Egli dovrebbe ricordarsi delle sue proprie parole nella santa Scrittura, quanto vi abbia rivelato della sua bontà e misericordia, e quante promesse vi abbia fatte! Se egli stesso non mantiene la sua propria parola, come mai può esigere che gli uomini lo facciano?

20. L'abate Lambert cui ella raccontava coteste di spute col Signore, le soggiunse: Adagio, adagio! Dimmi un po ' [tu vai tropp'oltre! Alla fine col tempo le divenne chiaramente manifesto che tutto era come doveva essere; poichè se Iddio convertisse tutti i peccatori, o se i castighi avessero un fine, gli uomini non avrebbero il più piccolo timore o riverenza di Dio, e non si occuperebbero più di lui nè poco, nè molto. »

21. Nella Madre di Dio ella ebbe sempre una speciale fiducia; ed allora appunto a lei si rivolgeva più caldamente, quando accorgevasi di aver peccato. Allora suoleva così pregare:

« O Madre del mio Salvatore! Tu sei doppiamente mia madre; il tuo Figlio ti ha dato a me per madre allorchè divenne uomo, e quando disse a Giovanni: Ecco tua madre. Io poi mi sono maritata a tuo Figlio. Sono stata disubbidiente al tuo Figlio e mio Sposo, e mi vergogno di lasciarmi da lui vedere. Abbi dunque compassione di me! Un cuore di madre è sempre e poi sempre tanto buono! Implorami perdono! a te non sarà certo rifiutato! »

22. Quando una volta, non molto prima della soppressione del convento, ella ebbe in vano cercato consolazione presso una tale persona, corse piangendo dalla porta della scuola e a traverso la piazza del convento in chiesa, si gittò dinanzi al santissimo Sacramento e domandò misericordia. Era quasi caduta in disperazione, perchè le sembrava di essere la sola cagione di tutti i mali del convento. In quell'esterna angustia ella pregò così: « Io sono, o Signore, il figliuol prodigo. Ho dissipata quella porzione di eredità che tu mi avevi donata. Non sono degna di essere chiamata tua figlia. Abbi misericordia! Accoglimi un'altra volta nel tuo seno! Te ne prego per mezzo della mia dolcissima Madre, che è ancora Madre tua! » Allora ricevette dal Signore la seguente risposta: Devi star contenta, la mia grazia ti basta; ed in avvenire non devi più cercare consolazione presso gli uomini. »

23. Più volte altresì, quando ella pregava fervorosa mente per qualche cosa e faceva grandi promesse, aveva ricevuto dal Signore in risposta, « come mai potesse ella promettere cose sì grandi, quando le riuscivano troppo difficili anche le più piccole?


24. Anche il decano Rensing depose: « Le preghiere comuni le faceva con tutte le altre con sorelle, come era prescritto, ed anche tutto il resto che doveva recitarsi vocalmente. Ma quando ella pregava internamente per altri, allora esponeva a Dio le circostanze, e gli diceva dal profondo del cuore che lo pregava di esaudirla. Vi aggiungeva inoltre un Pater noster, ovvero una breve prece, e quindi bene spesso ella giungeva tant'oltre sino a disputare con Dio.

25. Del resto ella contemplava o meditava molto più volentieri di quello che non usasse l'orazione vocale. Intorno a ciò domandava a sè stessa: Come mai sei tu, e come mai dovresti essere? Quindi andava sempre più lungi col pensiero, talmentechè la di lei meditazione bene spesso durava lunghissimamente, ed ella stessa non sapeva in qual modo fosse passata da un punto all'altro. »

26. Chiara Söntgen depose:
La Emmerich mi ha raccontato di essere sempre stata dall'Ascensione del Signore sino a Pentecoste in una interna contemplazione della riunione dei discepoli in una sala ad implorare lo Spirito Santo; e come ella si fosse con loro in quella sala rinchiusa. Ella rimase immersa in cotesta visione anche quando doveva trovarsi in compagnia di altra gente. Faceva il simile anche prima del suo ingresso in convento, e soleva durante quel tempo ricevere molte volte la santissima Comunione. In convento poi era talmente immersa in cotesta contemplazione che io doveva a tavola, ove sedeva a lei d'accanto, spesso riscuoterla affinchè mangiasse. »

27. Anna Caterina stessa confessò una volta: « Io non mi posso servire delle preci della Chiesa tradotte in tedesco. Mi sembrano languide e mi riescono pe santi. Sull'articolo delle preghiere non mi sento legata ad alcuna lingua, sempre, durante tutta la mia vita, le preci latine della Chiesa mi sono sembrate molto più profonde, e mi sono riuscite molto più intelligibili. In convento mi sono sempre rallegrata molto anticipatamente quando avevamo da recitare o cantare inni e responsorii latini. Tutta la solennità che ricorreva mi appariva allora viva e vera, e vedeva in visione tutto ciò che cantava. Specialmente quando noi cantavamo in latino le Litanie lauretane io vedeva l'un dopo l'altro in una visione meravigliosa tutti i simboli di Maria. Sembravami come se esprimessi quei quadri con la mia parola, e sul principio ne ero affatto spaventata; ma ben presto ciò mi riuscì di vera gioia, ed elevava moltissimo la mia divozione. In quelle occasioni ho proprio veduto i quadri più meravigliosi. »