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Giovedi, 16 maggio 2024 - San Simone Stock ( Letture di oggi)

CAPO X. ANNA CATERINA TENTA DI POTER ESSERE RICEVUTA IN UN CONVENTO, IMPARANDO A SUONARE DELL'ORGANO. SUO TRIENNALE SOGGIORNO PRESSO IL CANTORE DI CHIESA SÖNTGEN IN HOESFELD

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO X. ANNA CATERINA TENTA DI POTER ESSERE RICEVUTA IN UN CONVENTO, IMPARANDO A SUONARE DELL'ORGANO. SUO TRIENNALE SOGGIORNO PRESSO IL CANTORE DI CHIESA SÖNTGEN IN HOESFELD
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1. Tostochè Anna Caterina ebbe ripreso nella casa paterna forze bastanti a poter lavorare senza interruzione, non risparmiò sforzo alcuno per guadagnarsi all'ago quanto poteva bastare a coprire le prime spese necessarie ad apprendere l'arte di suonar l'organo. Mentre durante il giorno l'ago non le usciva di mano, col venir della notte riccorreva al lavoro della conocchia, onde portare almeno alcune pezze di tela come dote in convento. La di lei diligenza fu talmente benedetta, che nel corso di un anno potè mettersi a parte più di venti talleri, come prezzo de' lavori suoi di cucito, ed un non insignificante corredo di bella tela. Quei venti talleri le parvero sì gran somma, che non avrebbe osato tenerla in pro suo, quando le si fosse manifestata altra via per poter entrare in convento.

Per tutto il tempo che di nuovo passò presso i genitori rinnovarono dessi i loro antichi tentativi a distorla dai pensieri monastici, e la madre le obbiettò bene spesso con parole commoventi, come mai potesse ella sperare di venire a capo dei tanti e penosi lavori, che a causa della di lei povertà le verrebbero addossati in un convento, poichè tanto era debole e quasi sempre infermiccia!

« Ah! madre (rispondeva dessa allora), mi vada pur male quanto può andarmi, e debba pur fare i più gravi e ributtanti lavori, pure sarò almeno fuori dei torbidi e dei perigli del mondo! Ma la buona madre non intendeva queste massime, poichè aveva sempre conosciuta la sua figliuola tanto aliena dal mondo, da ritenere per impossibile un maggiore allontanamento; e quindi non tralasciava dal ripetere sempre più incalzanti preghiere e rappresentanze. Anna Caterina per altro aveva talmente l'arte di rispondervi con tale dolcezza ed amabilità, che non riusciva alla madre lo impermalirsene, e non frappose più nemmeno ostacoli serii, quando la figliuola si trasferì in casa del cantore Söntgen in Hoesfeld, per apprendere da lui l'arte di suonar l'organo.

2. Un molto importante testimonio, che in avvenire scontreremo bene spesso, il dottore Wesener in Dülmen, riferì intorno a ciò:

« Ho curata la vecchia madre di Anna Caterina nell'ultima sua malattia. Essa mi ha spesso, piangendo, confessato di aver riconosciuto qualche cosa di straordinario nella di lei figlia sino dai primi anni della di lei infanzia, e di averla molto amata. Era però riuscito molto duro a quella povera vecchia che Anna Caterina, la quale come la maggiore sua figlia avrebbe dovuto essere l'unico appoggio della vecchiezza sua, avesse voluto entrare in convento. Questo è, assicurava la madre, l'unico dispiacere che mia figlia mi abbia mai arrecato. Non mi è già andata così bene con gli altri miei figli. Fino dal diciottesimo anno, dell'età sua fu Anna Caterina desiderata in moglie da un giovane di genitori benestanti, e questi medesimi desideravano moltissimo che ella vi consentisse, poichè sapevano quanto si fosse benevola, e come a malgrado la debole sua costituzione riuscisse pronto e perfetto ogni suo lavoro. Io per altro, a cagione di mio marito infermiccio, ed anche di due miei figliuoli che mi davano molto pensiero, non potei per anco decidermi a lasciarla allontanarsi da me, e per quella volta mi astenni dal persuaderla ad accettare quella proposizione di matrimonio. Quando poi, dopo alcuni anni, si offrì un partito ancor più vantaggioso, allora suo padre ed io le facemmo grande premura onde lo accettasse, perchè sembravaci che da cotesto matrimonio potesse provenirne per noi molto vantaggio. Ma essa seppe pregarci così di cuore, che dovemmo cedere e lasciar libera la sua volontà; dicemmo soltanto che non volevamo sentir parlare di spese pel suo ingresso in convento. Aveasi con risparmi preparate alcune pezze di tela, e credevasi con ciò poter ricoprire le spese del suo ricevimento in un povero convento, che esistesse per elemosine; ma fu ovunque rigettata, perchè ritenuta per troppo debole. Allora si mise a dozzina con l'organista Söntgen in Hoesfeld onde imparare a suonar l'organo; con che sperava aprirsi la porta di un monastero. Dovette per altro convincersi ben presto d'essere caduta in un ginepraio, poichè in casa dell'organista regnava una tal miseria ed un tal malessere, che essa dovette prodigarvi tutto il suo per aiutare ad andare innanzi.

Dovette impiegarvi anche la sua tela. Erano da sette in otto pezze e potevano ben valere 80 talleri. Dopo che ella per alcun tempo fu rimasta in quella casa, anco alla Chiara, figlia dell'organista, venne la voglia di farsi monaca. Ora sentiamo Anna Caterina medesima. Dell'imparare a suonar l'organo (confessò essa in seguito all'Overberg) non se ne venne mai a capo. Io era la fantesca di casa e non imparava l'organo; poichè appena fui in seno di quella famiglia e ne vidi la miseria, il dolore e il come avrei potuto aiutarla, io mi misi a servire come una fantesca, e feci di tutto e diedi quanto mi aveva. Ma a suonar l'organo non ci pervenni mai. »

Con quanta facilità per altro sarebbe essa in cotest'arte giunta alla maggior perfezione, poichè niuno poteva possedere un più fino orecchio del suo, orecchio che sin dall'infanzia sì profondamente sentiva l'armonia dei tuoni! ed inoltre le di lei abilissime dita pareva dovessero sormontare ogni difficoltà. Spesso suoleva dire:

« Quando io sentiva suonar l'organo o cantare, nulla tanto mi commuoveva quanto l'accordo dei diversi tuoni. Ah! quanto è bello, pensavami allora, quando tutto così suona! Le cose inanimate armonizzano insieme sì amabili accordi; perchè mai non lo fanno anche i nostri cuori? Oh! come ciò sarebbe bello ed amabile! »

3. Voleva per altro Iddio condurre la fedele sua serva ad una ben più alta armonia di quella che regna nei tuoni, cioè alla più perfetta conformità col suo santissimo volere; e quindi anche allora doveva passare per altre vie ben diverse da quelle, che apparse sarebbero essere le più adatte secondo la di lei previdenza e l'ardente brama del cuor suo. Il di lei tentativo con tanto zelo disposto onde pervenire con l'apprendere il suono dell'organo allo scopo che si era prefisso, andò a vuoto anche prima di essere pervenuta ad un principio di esecuzione; giacchè nella casa del cantore Söntgen dominava una povertà si opprimente, che Anna Caterina senza punto esitare fece dono di tutti i suoi risparmi a quella famiglia, e sacrificò tempo e forze per pervenire ad aiutarla in qualche modo nei gravi bisogni del suo sostentamento.

« Come bene io imparai costà a soffrire la fame (rammentava essa una volta )! Spesso non si vedeva pane per otto giorni sani! Niuno faceva credenza a quella povera gente, nemmeno per sette quattrini. Non imparai cosa alcuna di quel che voleva; io era la serva di casa. Quanto mi era guadagnata nel cucire se ne sfumò, e quasi io moriva di fame. Regalai l'ultima mia camicia. Fin la mia povera madre si mosse a pietà e mi portò ova, butirro, pane e latte, e con ciò visse quella povera famiglia. Una volta mi disse: Tu hai cagionato all'animo mio un gran dolore, ma alla fine sei sempre mia figlia! Quando guardo il luogo ove tu solevi sedere, mi si spezza il cuore; alla fin fine tu sei sempre mia figlia. - Io le dissi allora: - Che Iddio ve ne renda merito, cara madre, giacchè io non ho più cosa alcuna. È stata per altro volontà di Dio di aiutare questa povera gente per mezzo mio, ed ora ci pensa Iddio. Io gli ho dato tutto, ed egli saprà bene come aiutarci tutti. Ed allora la buona madre ritornò di buon umore. »

Nemmeno nel grembo dell ' ordine il più severo non avrebbe potuto Anna Caterina esercitare la virtù della carità in più sensibile maniera, quanto nella casa dei Sönt gen; giacchè quanto più si spogliava di tutto per mitigare il bisogno altrui, tanto più si allontanava dal suo unico scopo, e tanto più doveva dolorosamente accrescersi con ciò la brama ardente del suo cuore. Essa diè quanto avea risparmiato; servì senza salario; fu nella penuria senza speranza di buon esito; ad imparare l'organo non ci arrivò mai, e nondimeno la di lei fiducia rimase irremovibile.

« Spesso diceva in me stessa: E come arriverò mai ad entrare in convento? Omai non ho più cosa alcuna, e tutto mi è tanto contrario! Ed allora spesso diceva a Dio: Io non so aiutare me stessa! Tu, o Signore, hai disposto in me tutto ciò, e tu stesso adunque devi condurlo. »

Ed intanto venivale mostrato in visioni qual ricco aumento il di lei corredo di sposa avesse ricevuto per quelle fatiche e per quegli sforzi, inutili in apparenza. Essa vide i frutti d'ogni vittoria riportata sopra sè stessa, della sua pazienza e del suo spirito di sacrifizio, sotto la forma di abbigliamenti della più svariata bellezza; vide come di giorno in giorno il di lei tesoro nuziale si arricchisse di preziosi adornamenti per mezzo delle privazioni e delle opere di carità; e dovè riconoscere che i di lei pianti, le di lei preghiere, le di lei lotte e le tante privazioni erano armonie molto più dolci dinanzi a Dio che il suono dell'organo. E come avrebbe mai potuto convenire alla dignità del suo Sposo celeste che ella pervenisse alle nozze per vie e per mezzi, che da per sè soli mai ed in niun modo possono a lui condurre? Dei veri segni della sua divina vocazione non se ne faceva più conto alcuno nei conventi di quell'epoca; mentre i lumi terreni, le qualità esterne e i riguardi umani ottenevano la preferenza in modo tale, che vere persone monastiche erano ben difficili e rare a trovarsi in quei tempi. Anna Caterina per altro destinata ad espiare queste offese di disprezzo fatte allo Sposo celeste, doveva aprirsi nel modo il più penoso ed il più umile la via dell'ingresso in una comunità religiosa, perchè Iddio voleva ottenere con ciò un compenso alle offese a lui arrecate dal disprezzo, col quale venivano trattate le grazie della sua vocazione.

4. Il cantore Söntgen fu profondamente commosso dalla carità disinteressata di Anna Caterina, ed in riconoscenza le fece la promessa di far di tutto onde aiutarla ad entrare in un monastero. Egli aveva una figlia della stessa età di Anna Caterina, la quale, come bene esercitata suonatrice di organo, poteva lusingarsi di essere ovunque la benvenuta; quindi egli decise di non voler rilasciare cotesta sua figlia a verun convento, fuorchè a condizione che Anna Caterina fosse pur ricevuta con lei. A cotesta decisione lo spinse inoltre la cura della propria figliuola, giacchè spesso soleva dire dinanzi ad Anna Caterina:

« La mia Chiara non andrà in convento senza di te. I conventi d'oggigiorno non praticano più la loro antica severa regola; ma se tu sarai presso Chiara, per certo la manterrai sulla buona strada. »

Allora le due fanciulle picchiarono all'uscio di vari conventi, implorando accoglienza; ma il più delle volte in darno: talora la dote era troppo piccola talora volevano ricevere la Söntgen soltanto. Così avvenne colle agostiniane di Dülmen, le quali abbisognavano di una organista. Ma il cantore Söntgen rimase fermo, e siccome non volle lasciarvi entrare la figlia senza Anna Caterina, così dovettero quelle monache, sebbene con ripugnanza, decidersi ad accordare a costei l'ingresso, onde ottenere una organista.

5. Chiara Söntgen, per comando del vicario generale Clemente Augusto di Droste, depose il dì 7 aprile 1813 il seguente rapporto sulla condotta di Anna Caterina: « Essa era stata presso di noi circa tre anni. Osservai sempre che nel mangiare prendeva il peggio per sè. Dormivamo in una camera, ove dormivano pure due altri piccoli bambini in un altro letto. Osservai che invece di camicia, essa portava sempre una rozza tunica di lana; portava pure un duro cinto di molti nodi, bene stretto in torno al nudo suo corpo: sì stretto, che le carni spesso le si gonfiavano al di sopra di quella cintura. Il di lei confessore lo riseppe, e le proibì di farlo più oltre. Essa raccontò per altro a questo proposito di avere osservato che una cintura rossa le si era impressa come naturalmente sulla pelle intorno al corpo, da quando le fu proibito di portar il suo primo cinto. Spesso, a sera, usciva sola, e quando rientrava, osservai sovente che la intera pelle del corpo suo era lacerata come da punture di aghi.

« Prima di porsi a giacere in letto, se ne andava soli taria ad orare, comunemente nel giardino. Quando rientrava, io vedeva la di lei pelle piena di vesciche e tutta gonfia; e allora era costretta a confessarmi di essersi flagellata con ortiche. Mi disse di più, spesso esserle comparso un grosso animale nero con mostra di volerla dal luogo ove orava scacciare; ma siccome essa non si era lasciata punto turbare da cotesta bestia, dessa spalancando gli occhi l'aveva per sopra le spalle guardata in faccia, e quindi era sparita. Una bestia consimile le si era fatta incontro anche una volta che di buon mattino erasi posta in via per andare a casa, dopo aver ricevuto la santa Comunione. »

Intorno a questo e ad altri simili casi, raccontò un giorno Anna Caterina medesima quanto segue: « Come sono stata sempre abituata sino da bambina, così anche mentre trovavami presso i Söntgen me ne andava di notte ad orare all'aperto. E qui mi accadde, come d'altronde bene spesso mi è accaduto nel corso della vita, che Satana tentasse fugarmi con ispaventosi rumori. Ma siccome io in quel caso con sempre maggior zelo mi sforzava ad orare, allora egli si presentava a guisa di bestia terribile, o come un cane gigantesco, si accostava a me per di dietro, e mi posava la testa sulle spalle. Con l'aiuto di Dio restai ferma, non lasciai il mio luogo, e dissi di più: Iddio è più potente di te. Sono sua, son qui per amor suo. Tu non puoi nuocermi! Allora svanì da me ogni paura, ed il nemico dovè lasciarmi. Più spesso il nemico mi afferrava pel braccio e seco mi traeva, come se volesse strapparmi dal mio letto. Io gli resisteva per altro col segno della santa Croce e con la preghiera. Durante una mia malattia egli si lanciò una volta spaventevolmente sopra di me, ed ebbi molto che fare per difendermi contro di lui. Infuriando sbuffava, come se volesse strozzarmi o lacerarmi. Mentre spalancava le fauci infiammate contro di me, io feci il santo segno della Croce e tenni la mano fermamente distesa incontro a lui, e dissi: Ebbene, mordi qui Ma egli disparve.

« Mentre io una volta con Chiara pregava a sera per le povere anime del purgatorio, dissi: Recitiamo ancora alcuni Pater noster per tua madre defunta, che forse ha ancora qualche bisogno di aiuto. Pregai con tutto il cuore insieme a lei, dicendo sempre dopo ogni Pater noster: Aggiungiamone un altro, e poi un altro! Mentre eravamo così immerse nella preghiera, si aprì la porta della camera e vidi venirne dentro un vivo splendore; sentimmo risuonar varii colpi battuti sopra una tavola che era dinanzi a noi, ed ambedue ci spaventammo, ma Chiara principalmente. Quando suo padre sul tardi tornò a casa, gli raccontammo la cosa ed ei ne fu molto commosso e pianse dirottamente. »»

« Soventi volte quando avevamo finito diverse orazioni ( così seguita il rapporto della Söntgen ), ma non prima, avveniva che l'origliere del nostro letto ci venisse così premuto sulla faccia quasi che ne dovessimo venire soffocate, e sembrava che alcuno battesse con tutta la forza di un pugno possente sul cuscino della Emmerich. Essa tal volta se ne sdegnava, poichè non avevamo requie alcuna; stendeva la mano come per afferrare il disturbatore, ma non sentiva cosa alcuna; tostochè era rientrata nella sua quiete, ed ecco di bel nuovo si rinnovava la stessa scena nel medesimo modo. Ciò durava talvolta sino a mezzanotte. La Emmerich si alzò talora e corse fino in giardino a veder che mai fosse, ma non vide mai cosa alcuna.

Ciò tutto, per altro, non è avvenuto soltanto in casa nostra, ma bensì più tardi anche in convento, ove al principio dormivano nella stessa cella.

Spesso di notte, giacenti nel nostro letto, pregavamo per le povere anime del purgatorio. Accadde una volta, quando avevamo finito le nostre orazioni, che un bello splendore si diffondesse intorno ai nostri letti. La Emmerich mi disse con la maggior gioia possibile: Vedi tu quale splendore? Io mi spaventai e non vi guardai.


6. Anche il reverendo P. Giacomo Reckers, professore nella scuola di lettere latine in Hoesfeld, depose come confessore di Anna Caterina la seguente testimonianza:

« Fui per circa tre quarti di un anno confessore della monaca Emmerich, immediatamente prima del di lei in gresso in convento.

« Anche fuor del confessionario venne ella da me ad implorare il mio consiglio ed il mio aiuto, onde pervenire ad entrare in convento.

« La semplicità, la cordialità e l'onestà erano agli occhi miei i distintivi maggiori del di lei carattere. Non saprei dir nulla a di lei carico, fuorchè ella talvolta, onde soddisfare alla sua inclinazione per la beneficenza, ha comprato cose che non subito poteva pagare.

« A di lei lode debbo dire che ogni mattina, per quanto spesso le era possibile, assisteva alla santa Messa; che comunemente si accostava ai Sacramenti in ogni giorno di domenica e di festa; che nella città era tenuta per buona e pia persona; e che nelle molte apparenti disillusioni delle sue ardentissime speranze di pervenire una volta ad essere ricevuta in monistero, ha sempre lasciato vedere il più edificante abbandono alla volontà del Signore.