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Giovedi, 16 maggio 2024 - San Simone Stock ( Letture di oggi)

CAPO IX. SOGGIORNO TRIENNALE DI ANNA CATERINA IN HOESFELD DAL DECIMOSETTIMO AL VIGESIMO ANNO DELL'ETÀ SUA

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO IX. SOGGIORNO TRIENNALE DI ANNA CATERINA IN HOESFELD DAL DECIMOSETTIMO AL VIGESIMO ANNO DELL'ETÀ SUA
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1. Fino allora Anna Caterina era stata condotta per vie straordinarie da Dio verso lo stato monastico; d'allora in poi, per altro, doveva ella percorrere la via ordinaria, cioè imparare a conoscere quei pericoli e quegli ostacoli coi quali devon lottare più o meno senza eccezione tutte quelle anime chiamate allo stato monastico; e doveva esercitarsi nel superarle. In tutto quel tempo in cui l'anima sua dovè trattenersi nella contemplazione della soprannaturale bellezza e dignità della vita monastica, ne fu compresa e penetrata in modo così potente, che il di lei desiderio di giungervi potè soltanto essere uguagliato dal dolore che provò quando conobbe la profonda decadenza di quel santo stato, e dei tentativi del mondo per distruggerlo completamente. Le di lei interne lotte consistevano precisamente e soltanto nella cura e la tristezza cagionatele dal continuo investigare il come ella potesse riuscire a dominare l'ardente suo desiderio, ed intanto con paziente fiducia in Dio sormontare le esterne difficoltà, purtroppo apparentemente insormontabili. Ora poi volea Iddio che Anna Caterina sperimentasse la debolezza di una crea tura unicamente abbandonata alla propria forza, e che conservasse la di lei fedeltà anco allora quando le sensi bili prove delle sue straordinarie ispirazioni e consolazioni sarebbero sparite, e tutte le esterne contrarie influenze avrebbero piena libertà di farsi valere.

2. Quindi principiò allora un nuovo periodo della di lei spirituale direzione, il quale abbraccia il tempo che scorse dal decimosettimo fino al vigesimo di lei anno. Durante cotesto tempo ella dimorò in Hoesfeld, ove era entrata al servizio di una maestra per aiutarla a cucire, onde guadagnarsi a forza di diligenza e di economia quanto poteva esser domandato per dote entrando in un convento. Cotesto progetto, per altro, andò vano; giacchè il tenue guadagno di ogni settimana spariva per la maggior parte in quello stesso giorno in cui lo riceveva. Tutto ciò che guadagnava, apparteneva ai poveri. Per quanto grande fosse la sua smania per la vita monastica, il di lei amore pei poveri era, per altro, più possente, ed Anna Caterina, non si dava alcun pensiero del come veniva a spogliarsi di tutto. Una volta che scontrò una vecchia coperta di vesti affatto lacere, fu commossa da tal compassione, che rapidamente si levò da dosso alcunchè del suo proprio vestiario e ne ricoprì la mendicante, quantunque non possedesse nel suo corredo di vesti cosa alcuna atta a compensare quella che aveva donata. Voleva privarsi per aiutar altrui, e quanto più difficile riusciva una privazione, tanto più decisamente se la imponeva.

Ella sperava con ciò di guadagnare per l'anima sua quella forza e quello zelo d'amore, di cui sentivasi priva sin dal principio del suo soggiorno in Hoesfeld. Le era stata ritolta ogni consolazione che fin allora erasi abituata a trovare nelle preghiere ed esercizi di pietà; e credeva essersi accorta che un gran raffreddamento ed antipatia verso ogni spirituale esercizio. eran nati nel suo cuore. Era quindi da ciò molto angustiata, e la sua preoccupazione cresceva a misura che l'interno abbandono le rendeva sempre più difficile ogni devoto esercizio. Nella umiltà sua non sapeva dare luogo ad altro pensiero, fuor quello di aver cagionato cotesto raffreddamento per propria colpa e precisamente con infedeltà nell'uso delle grazie ricevute e con mancanza di zelo. E sentivasi allora tanto indegna della grazia della vocazione monastica, che niuna penitenza le sembrava troppo dura a soddisfare alla colpa contratta. Essa duplicò le usate austerità e mortificazioni, e con grave angustia gelosamente attendeva a non trala sciare qualsiasi devoto esercizio, quantunque spesso con estremi sforzi dovesse superare un apparente disgusto. Consideravasi come in uno stato di vile pigrizia, e quantunque non avesse da accusarsi al confessore del ben minimo consenso o compiacenza in qualsiasi avversione alle cose spirituali, pure talvolta l'intimo di lei senso di colpa ed il timore di sè stessa divenivano talmente grandi, che non osava ricevere la santa Comunione così spesso come pel passato; ed a ciò poteva indurla soltanto il comando del confessore. Per tre anni continui durò essa costante in cotesta lotta, finchè Iddio permise che di nuovo sentisse la di lui vicinanza ed aiuto, e che un gioioso e costante coraggio ed un ardente zelo d'amore si ridestassero nella di lei anima più potenti che mai.

3. Essa dovette inoltre in quell'epoca sopportare molteplici disturbi ed angustie esteriori; poichè quanti le erano d'intorno, genitori e parenti, tutto tentavano di nuovo per distorla dal di lei progetto di entrare in con vento. Quella maestra presso cui lavorava Anna Caterina, si era presa per lei di una tale predizione, che più volte e con molte preghiere le fece la proposizione di restare lei maestra nello stato celibe, e di tutto dividere con Anna Caterina, quando essa volesse decidersi a non lasciarla giammai. Era tanto commossa per la pietà della sua discepola, che pensava soltanto a condurre in comune con lei, occupata in pii esercizi, un vivere ritirato, sino alla fine dei suoi giorni. Mai aveva ella con importuna curiosità disturbato Anna Caterina nel suo modo di vivere, mai vi aveva recato il minimo ostacolo, anzi vedeva volentieri che giovani fanciulle a lei venissero a riceverne consigli ed ammaestramenti per una vita pia; e quindi da ciò poteva credersi fondata a contare che Anna Caterina consentirebbe ad un progetto avente tutta l'apparenza di una specie di compenso in vece dello stato monastico. Ma Anna Caterina non si lasciò traviare e rifiutò quelle amichevoli offerte con ragioni sì luminose, che la buona intelligenza fra loro non ne fu punto disturbata.

4. Ben più difficile le riuscì l'oppor resistenza alle sempre più incalzanti premure dei genitori, i quali persiste vano a credere che Anna Caterina perderebbe la di lei smania di convento, quando venisse costretta a prendere parte a mondani sollazzi e divertimenti. Era d'uopo, dice vano, costringerla a frequentare le amene brigate ed anche i luoghi di pubbliche ricreazioni; e le sue coetanee e conoscenti si collegarono coi genitori onde indurvela. Se per Anna Caterina era oltremodo difficile il rifiutare di esaudire una preghiera porta da chiunque si fosse, tanto più le apparve impossibile di rigettare sempre quelle degli afflitti genitori, ogni qual volta tentavano persuaderla a recarsi con uno dei fratelli ad una ricreazione di ballo. Per due volte essa loro cedette con interna ripugnanza, sperando con cotesta compiacenza farsi libera da ulteriori premure. Intorno a ciò ella medesima in seguito raccontava:

« Il mio maggior fratello voleva una volta, e con molta insistenza, che io andassi con lui al ballo; e siccome nol feci e glielo rifiutai assolutamente, andò in collera e contrastò meco e corse a casa in pessimo umore. Ben tosto però ei ritornò addietro; pianse dirottamente in presenza dei genitori, si gittò a me dinanzi in ginocchio e mi pregò a perdonare la sua vivacità. Non eravamo mai stati fino allora disuniti o mal disposti l'uno verso l'altro, e non lo siamo mai più stati nell'avvenire.

?Quando una volta per falsa compiacenza mi lasciai in durre a recarmi ad una simile riunione, mi sentii nascere in cuore la più alta melanconia, e vi andai seguendo gli altri in uno stato d'immensa disperazione. È ben vero che io non era presente in ricreazione con lo spirito, ma pure quel luogo mi cagionava tormento come se fossi nell'inferno. Involai me stessa di colà, poichè mi diveniva impossibile di più a lungo trattenermici. E ciò nondimeno, per paura di mancare alle convenienze e per non darmi in ispettacolo, vi ritornai tosto e vi rimasi più a lungo. Allora mi parve come se il mio divino Sposo di fuori mi chiamasse, e tosto volai via da quel luogo; guardai d'attorno, cercai e trovai sotto gli alberi il mio Sposo dolente, sdegnato, sfigurato nel volto, anzi affatto sanguinoso; ed egli mi disse: Quanto tu sei infedele! Come tu mi dimentichi! Come mi hai maltrattato! Mi riconosci tu ancora? Allora lo supplicai di perdono, e fummi pure insegnato ciò che doveva fare onde trattenere anche gli altri dal peccare. Io doveva inginocchiarmi in un angolo e pregare a braccia aperte, e doveva anco andare in luoghi ove vi erano peccati da impedire.

«Quando un'altra volta mi lasciai trascinare per malintesa compiacenza in un ritrovo di divertimento, l'interna prepotenza che mi strappava di colà diveniva tanto più grande, quanto più le mie compagne si sforzavano di ritenermi. Fuggii, e mi pareva come se la terra volesse ingoiarmi. Io era indicibilmente turbata. Appena fui fuori della porta della città e sul cammino verso casa, una signora di meravigliosa apparenza mi si accostò e mi disse severa mente: Che hai fatto? Che vita meni? Ti sei sposata a mio (figlio, ma adesso non avrai più nulla a fare con lui. Al lora a noi si accostò anche il mio giovane Sposo sfigurato dolente, ed i suoi rimproveri mi trafissero il cuore, poichè egli mi rimprocciava di essere in così cattiva compagnia, mentre egli soffrendo mi aspettava. Io credeva dover subito morire di desolazione, e supplicai sua Madre ad implorarmi perdono, promettendo di non tornar mai più a cadere in simile stolta compiacenza. Essa intercesse per me; ottenni perdono e promisi di bel nuovo di mai più trovarmi in simili compagnie. Allora mi lasciarono. Io era in piena e desta cognizione di me stessa, ed essi aveano parlato meco come ogni altra vivente persona. Io era mortalmente conturbata, e giunsi a casa piangendo dirottamente. Nel susseguente giorno venni derisa perchè me ne ero scappata sola dal ballo.

« Giunsi finalmente ad ottenere quiete. Venne a caso in mano a mio padre un certo libro, ove lesse che i genitori non debbono forzare i figliuoli a simili divertimenti. Se né turbò talmente che ne pianse con amarezza e disse: - Iddio sa per altro quanto fosse buona la mia intenzione. Lo dovetti allora consolare io stessa quanto meglio mi sapeva. »

5. La resistenza dei genitori contro il di lei ingresso in convento non cessava per altro, anzi diveniva sempre più forte. Se a prima vista può destar meraviglia che quei po veri contadini, i quali non potevano mai sperare di vedere la loro figliuola in situazione straordinariamente felice, mostrassero una ripugnanza invincibile pel di lei ingresso in un convento, cotesta impressione diminuirà assai tosto chè noi ci rappresenteremo qual vero tesoro essi in lei possedessero. Dal momento in cui Iddio l'aveva loro donata, non avevano da lei riavuto in cambio che gioia e consolazione. Cotesta figliuola, sempre accompagnata ed altamente illuminata dall'Angelo suo custode, tanto con la prudenza ed abilità sua, quanto con la elargizione di consigli che, senza esserne ricercata e come senza saperlo, loro dava, era per essi fino dalla prima età divenuta come un rifugio, di cui non potevano privarsi. Pareva inoltre che sopra di lei e sopra ogni sua azione posasse una benedizione meravigliosa, di cui allora specialmente si accorgevano quando essa doveva allontanarsi dalla loro vicinanza.

Cresciuta sino ad essere fanciulla, Anna Caterina in quella sua indescrivibile bontà di cuore e serenità di non mai disturbata pace dell'animo, possedeva una tale squisitezza di grazia, di amabilità, che i di lei genitori non se ne volevano a lungo privare. A ciò si arroge la incessante e sagace cura con la quale Anna Caterina cercava di prevenire ogni desiderio ed ogni bisogno dei genitori; nel che essi vedevano la guarentigia delle cure e degli aiuti i più fedeli pei giorni della loro vecchiezza; e quindi niun pensiero poteva essere loro più duro di quello, di vedersi ad un tratto privati di tutta la loro felicità. È ben vero che Anna Caterina aveva anco per anni interi dimorato fuori del casolare paterno, ma per altro la distanza era stata sempre così piccola, che il giornaliero commercio non ne era mai stato interrotto. Ma la clausura di un convento minacciava di privarli di tutto, poichè troppo ben conoscevano l'ardente zelo della loro figliuola per non prevedere che anche nel chiostro il meno austero ella vorrebbe vivere come perfetta religiosa ed osservare coscienziosamente la regola.

Quindi è che essi avrebbero molto più agevolmente sopportato che la loro figliuola avesse mostrato inclinazione per lo stato matrimoniale, poichè cotesto non avrebbe già preventivamente loro tolta la possibilità di frequenti relazioni con lei. È perciò che nella decisione di Anna Caterina di seguire la vocazione che Iddio le accordava allostato monastico, stava per quei poveri genitori riposta la rinunzia a tutto ciò che a loro era caro e prezioso, non mitigata da alcun compenso. Essi doveano pure tristamente considerare che nello stato dei conventi in quell'epoca la loro povertà sarebbe divenuta un rimprovero costante mente fatto alla figlia per tutto il tempo del viver suo, e che niuno mai capirebbe quale e quanto sacrifizio essi avrebbero fatto donando la loro figlia ad una comunità religiosa. Quindi facevano con dolci rimproveri, con pianti, con impeti di profondo dolore, anzi anche con duri rimproveri, le più incessanti premure ad Anna Caterina onde abbandonasse il di lei progetto; e talora glielo rappresentavano come ostinazione e caparbietà, talora come vile abborrimento dagli obblighi di una vita attiva nel mondo; talmente che la sensibilità del di lei amorosissimo cuore ne riusciva potentemente angustiata, e spesso appena veniva a capo di sapere cosa potesse rispondere.

In tali circostanze ella cercò rifugio nella più ardente orazione, onde ottenere lume e forza per condurre a fine il suo disegno.

I miei genitori (confessò ella più tardi all'Overberg) mi parlavano di matrimonio, pel quale stato io aveva la più gran ripugnanza. Mi venne per altro il pensiero che cotesta ripugnanza potesse avere il suo fondamento nella paura degli oneri matrimoniali. Se mai fosse stata la volontà di Dio che mi maritassi, avrei dovuto, io pensava, cercare di compiacermi in quei pesi; e quindi incominciai a pregare Iddio a volermi togliere dal cuore cotesta ripugnanza al matrimonio, se era volontà sua che cedessi ai genitori ed entrassi nello stato coniugale. Ma da ciò ne nacque soltanto in me una più viva brama di entrare in convento.

« Raccontai pure al mio parroco ed al confessore co teste mie titubanze e ne richiesi il consiglio. Ambidue mi dissero che se non avessi avuto fratelli e sorelle da potere aver cura dei genitori, non avrei potuto contro lor voglia entrare in convento; ma siccome i genitori avevano molti figli, io conservava tutta la mia libertà. Quindi rimasi ferma nel mio proposito. »

36. È un fatto veramente notabile e degno di riflessione che Anna Caterina, malgrado la conoscenza ricevuta in visioni, vale a dire per vie straordinarie, e tanto spesso e in modo così preciso, di essere chiamata da Dio allo stato monastico, fosse per altro di bel nuovo rinviata ai mezzi ordinarii per ricevere da questi conferma e sicurezza nelle straordinarie partecipazioni da Dio ricevate. Appunto come gli estremi ostacoli che si accumulavano contro il di lei progetto non furono affatto rimossi in modo meraviglioso e subitaneo, ma piuttosto dovettero essere da lei stessa superati con molti sforzi e con lunga lotta; così pure per mezzo dei lumi ricevuti in modo soprannaturale non le fu punto tolta la cura e la pena di dover procurarsi la sicurezza della di lei vocazione anche con quei tali mezzi, di cui tutti i fedeli debbono servirsi. Anna Caterina era chiamata allo stato monastico per essere una benedizione per la Chiesa; doveva essere un modello per le persone di quello stato, ed in un tempo della maggior decadenza della vita spirituale, rappresentare in sè perfettamente la fedeltà di un'anima disposata a Dio; quindi doveva andare soggetta alla direzione della Chiesa, cioè dei rappresentanti di Dio, i sacerdoti e i confessori. Come tutti gli altri fedeli doveva essa dirigere la sua condotta secondo l'opinione ed il giudizio di loro, affinchè a seconda dei mezzi della Chiesa, a seconda delle regole e principii della Fede, e  quindi per le vie puramente ordinarie raggiungesse lo scopo da Dio a lei destinato. Ed appunto questa perfetta sommissione alla direzione ordinaria ed agli ordini della Chiesa è la più sicura prova della veracità di tutti quei doni straordinarii, che Anna Caterina aveva ricevuti. Troverete quindi nel successivo progresso della di lei vita sempre più numerose testimonianze del come tutto ciò che Iddio le avea accordato fosse sottoposto alla custodia ed al giudizio dei superiori spirituali, onde riceverne l'impronta di verità.

7. Nel decimottavo anno dell'età sua ricevè Anna Caterina il santo sacramento della Cresima da Gaspare Massi miliano di Droste-Vischering, allora vescovo suffraganeo di Münster. Questa santa cerimonia avvenne adunque nel tempo del di lei interno abbandono, in quel tempo in cui era cotanto angustiata dal timore di essere caduta in istato di rilassatezza. Fu perciò che l'invito alla Cresima le apparve come una chiamata del cielo e vi si preparò col maggiore raccoglimento, e fermamente presentendo di ricuperare per opera di quel maraviglioso sacramento quella forza e quella contentezza di spirito, per ritrovar le quali aveva quasi da un anno lottato. Come in occasione della prima sua Comunione aveva supplicato Iddio di renderla veramente buona figliuola, così pregò adesso per ottenere una fedeltà talmente stabile ed un amore talmente costante, da renderla capace sino al di lei fine di soffrire per amor di Dio e del prossimo. Offrì incessantemente a Dio ogni forza del suo corpo e del suo spirito, supplicandolo a voler gradire da lei quelle espiazioni e penitenze, che gli altri non potevano consumare; e per essere esaudita non solo moltiplicò i suoi esercizi di penitenza, ma si diè ogni pena per indurre anche gli altri cresimandi ad una zelante preparazione a quel santo Sacramento. Durante cotesta preparazione ella rinnovò con ogni forza dell'animo il desiderio di andarsene in lontano paese, solitaria e nascosa, per darsi tutta alla pietà ed alla penitenza; e mentre ella una volta in intimo spirituale discorso con una sua amica rese manifesta l'opinione sua, che un vero seguace di Gesù Cristo deve tutto per lui lasciare, come lo hanno fatto anche i Santi, coteste sue parole fecero cotanta impressione in quella sua amica, che essa si dichiarò pronta a seguirla dovunque volesse andarsene, per imitare l'esempio dei Santi. Anna Caterina accettò con gioia l'offerta, ed ambedue s'intesero intorno ad un progetto di fuga dal proprio paese; dovettero per altro convincersi che il loro progetto non era eseguibile.

8. Sul modo e gli effetti della santa Cresima raccontò in seguito Anna Caterina:

« Noi cresimandi ci avviammo ad Hoesfeld, parrocchia per parrocchia. Stetti con le mie compagne alcun tempo innanzi alla porta prima che c'inoltrassimo al cospetto del vescovo. Io aveva un vivace sentimento della cerimonia che in quel tempo compivasi in chiesa, e vidi coloro che ne uscivano cambiati nel loro interno a gradi differenti.

Li vidi inoltre segnati anche esternamente. Quando entrai in chiesa, vidi il vescovo splendente di luce. Eranvi intorno a lui come schiere di forze celesti. Il Crisma risplendeva e la luce brillava sulle fronti dei cresimati. Quando egli mi unse, un certo fuoco penetrò dalla mia fronte sino al mio cuore e mi sentii fortificata. Da quel tempo in poi ho spesso veduto quel vescovo, ma appena l'ho riconosciuto. »

Quanto grandi e molteplici fossero gli effetti di quel santo Sacramento in Anna Caterina si deduce dalla di lei posteriore confessione, che da quel punto in poi dovè sopportare pene e castighi in espiazione di colpe altrui; le quali pene e castighi sopra di lei venivan compiuti in modo soprannaturale e per mezzo di apparizioni. Bene spesso per altro coteste espiazioni venivano in lei compiute anche per mezzo di avvenimenti apparentemente accidentali; poi chè talvolta veniva gettata al suolo per altrui imprevidenza, urtata, lesa, ferita, aspersa con acqua bollente, o subitamente invasa da incomprensibile malattia, la quale come effetto di simulazione ovvero di stupidità, veniva derisa dagli altri. Ella era astretta a sopportare tutti cotesti casi con la più alta pazienza e dolcezza, e doveva, tacendo, lasciarsi trattare a capriccio altrui, quando (e ciò spesso accadeva) oltre i mali reali veniva oppressa da contraddizioni e rimproveri, durezze, disprezzi ed ingiuste accuse.

Ella che, per natura eccitabile ed inclinata alla veemenza, poteva facilmente venire in accessi vivaci, era da simili avventure costretta ad una lotta con sè stessa tanto più difficile, in quanto che non solo doveva conservare la moderazione abituale e perdonare con tutto l'animo all'offensore, ma doveva pure nello stesso momento supplicare Iddio che degnasse non esigere dal colpevole la meritata espiazione, ma imporla piuttosto a lei. Dalla Cresima ella ricevè la fortezza di spirito e la unzione necessaria a cotesto esercizio di virtù, e vedremo ben presto quanto rapido e grande fosse il progresso che ella vi fece.

9. Il carattere della espiazione fu da allora in poi il principale anche in tutte quelle malattie e patimenti corporali, dai quali fu presa Anna Caterina senza interruzione e quasi sempre istantaneamente, e con un continuo variare delle più molteplici forme. Coteste forme stavano in rapporto ed in misura, intima però e solo da Dio conosciuta, con quelle precise colpe, le quali per mezzo di quei castighi doveano venir espiate. Quanto più Anna Caterina, fedele al di lei spirituale stato di sposa, progrediva secondo la guida della sua grande visione, tanto più venne da Dio resa degna di rappresentare la Chiesa come sposa, e tanto più perfettamente potè essere sostituita al mistico corpo della Chiesa medesima, finchè alla fine cotesta rappresentanza pervenne per mezzo della impressione delle piaghe del Crocifisso alla più alta perfezione, ovvero alla più perfetta rassomiglianza col corpo della Chiesa.

Il di lei corpo divenne dinanzi a Dio siccome il corpo della Chiesa, e come tale dovè provare i perigli, le insidie e le offese, che minacciavano la Chiesa medesima, ovvero certe parti ed ordini suoi, onde cotesti perigli venissero rimossi ed allontanati. Come ella, essendo ancora bambina quadrenne, si frappose fra l'addormito lattante la scure lanciata, e così salvò il pargoletto da periglio di morte: frapponendosi così viene ella adesso colpita dalle pene e pericoli minaccianti il Capo della Chiesa, o gli insigniti di alti uffici ecclesiastici, ovvero altri importanti personaggi, e che grandi sciagure avrebbero cagionate a danno della universalità dei credenti quando cotesti pericoli non fossero stati o parati o rimossi. Sono, per altro, anche le spirituali malattie, ferite ed offese della Chiesa, quelle che Anna Caterina soffre sotto la forma di pene ineffabili, onde espiare col merito delle di lei pazienti sofferenze colpa di tutti quei membri della Chiesa, i quali, o per infedeltà, o per negligenza di volontà, o più specialmente per miscredenza e corruttela di costumi, cotanti guai preparavano alla Chiesa; e che avrebbero al certo attirato ib punitore giudizio di un Dio giusto, ove non fosse stata offerta per loro sufficiente espiazione.

10. Onde poter bastare a cotesta sì smisurata missione ricevè Anna Caterina i necessari mezzi nella santa Cresima, per la quale scese in lei la pienezza della forza e della unzione dello Spirito Santo in modo tale, che in lei accadde quanto, secondo le manifestazioni del catechismo romano, avvenne negli apostoli a Pentecoste, poichè essi furono ripieni di una tal forza dello Spirito Santo, che ritennero non poter loro accadere più felice cosa, fuor quella di esser tenuti per degni di soffrire oltraggio, vincoli, martirio e crocifissione per amor di Cristo. » Con commovente semplicità palesò una volta Anna Caterinal al di lei direttore spirituale il segreto della di lei fortezza con queste parole:

« Dopo la Cresima il mio cuore tanto bizzarro non ha potuto mai trattenersi dal supplicare che cadesse sulle mie spalle il castigo di ogni colpa che mi venne resa manifesta, ovvero che io stessa vedeva. »
Qual mirabile riverenza per la santità e la giustizia di Dio, qual adorazione del Sangue Preziosissimo come prezzo della nostra redenzione, quale implacabile odio pel peccato e quale misericordia pei peccatori dovevan mai abitar in un cuore, che ormai più vivere non poteva se non se a soffrire per gli altri!

11. Oltre di ciò divenne Anna Caterina ancor più zelante nello imprendere volontari esercizi di penitenza. Le trascorreva ogni giorno impiegato in incessante e diligente lavoro, ma le notti però eran da lei consacrate all'orazione, ed inoltre essa mortificava il corpo suo con discipline, cilicii e funi annodate. Come sino dalla fanciullezza a ciò abituata, era stata per altro costretta a nasconderlo per quanto era possibile a coloro che la circondavano, così anche adesso, per pura umiltà non osava di rivelare simili suoi esercizi al confessore, finchè costui avendone avuta cognizione dalla di lei maestra, imprese a discorrerne con la sua penitente. Essa confessò il tutto con qualche vergogna, ma seguì esattamente quelle esortazioni, con le quali egli tentò di mitigare il di lei zelo. Egli le confermò ripetutamente esser essa chiamata alla vita monastica; e siccome ella gli confessò la cura ed il timore di non poter trovare chi la accettasse in convento per mancanza di dote, ei la consolò con rammentarle la fiducia dovuta alla onnipotente bontà di Dio e con la promessa di impiegarsi in di lei pro presso le religiose agostiniane in Borken. Mantenne parola e ben presto potè rallegrare Anna Caterina con la notizia di dover essa presentarsi alla madre superiora di Borken, la quale, grazie alle sue preghiere, era inclinata a riceverla. Anna Caterina si affrettò di recarvisi e di annunziarsi presente. La superiora la ricevè affabilmente; ma Anna Caterina fu presa all'improvviso da si forte turbamento, che le lacrime appena le permettevano di parlare. Essa vide e pati per lo stato spirituale di quella comunità religiosa e soprattutto l'afflisse profondamente lo scorgere che il santo protettore dell'ordine e la sua regola fosser tanto caduti nell'obblio. Allorchè la superiora molto stupita la addimandò della cagione di quelle inesplicabili sue lagrime, le diè Anna Caterina vera, ma evasiva risposta: « Piango perchè riconosco di onorare troppo poco sant'Agostino, e di non esser degna di divenire monaca agostiniana. » Fu allora congedata con l'ammonizione di pesare più maturamente il suo progetto, e di presentarsi soltanto dopo più lunga riflessione; ma a questo, per altro, non potè più mai decidersi. Sopra le mortificazioni da lei praticate in quel tempo riferisce l'Overberg:

« Prima che Anna Caterina andasse in convento, usava praticare sopra sè stessa maggiore austerità di quel che nol facesse dipoi; poichè in quell'epoca ignorava ancora come ciò non debba farsi senza il permesso del confessore. Le austerità che ella mi nominò così in via di discorso, consistevano in catene, funi nodose, con cui si cingeva, ed una dura gonna del più rozzo tessuto che avesse potuto trovare, e che si acconciò con le proprie sue mani. »

12. Ai di lei esercizi di penitenza in quell' epoca spetta pure la visita delle stazioni della Via Crucis sui confini di Hoesfeld. Quando anche avesse impiegato soltanto alcuni minuti orando dinanzi ad ogni stazione, ciò nondimeno avrebbe dovuto occupare due buone ore a percorrere il lungo cammino a traverso quei boschi di abeti, nei quali si distendono a certe distanze le stazioni. Col nascere del giorno principiava per lei il tempo ordinario del lavoro, e durava sino ad ora innoltrata nella sera; cosicchè Anna Caterina nei giorni ordinari della settimana aveva soltanto la notte a sua disposizione per cotesto esercizio di pietà. Quindi usava talora mettersi in via dopo la mezzanotte, e doveva inoltre quando le porte di Hoesfeld eran chiuse, arrampicarsi per di sopra le mura della città in parte cadute in rovina. Con la di lei timidezza in parte insita per natura, e per di più accresciuta da un genere di vita tanto ben costumato e solitario, quel notturno viaggio le riusciva dura e penosa cosa, che per altro mai tralasciava, quando vi veniva invitata dalle preghiere delle povere anime del purgatorio, o quando le veniva imposto in visione. Niuna malvagità di stagione poteva allora trattenerla solo talvolta pregava un'amica conforme a lei nel pensare a volerle essere compagna.

« Una volta andai, raccontò essa in seguito, con un'amica sulle tre del mattino a percorrere la Via Crucis.

Dovemmo onde pervenirvi sormontare le mura rovinose della città. Quando, essendo ritornate, oravamo dinanzi alla chiesa, vidi la croce con tutti i doni votivi che ne pendono, uscir dalla chiesa e venir verso di noi. Io la vidi chiaramente e distintamente, ma non la vide già la mia compagna; per altro essa udì il romorìo di tutte quelle cose che pendevano dalla croce. Io soleva d'altronde il più delle volte pormi dietro l'altar maggiore a pregare dinanzi alla croce miracolosa: e costà mi è spesso accaduto che il Salvatore crocifisso verso di me s' inchinasse. Ne provava una strana sensazione. »

13. Un'altra volta usò Anna Caterina di cotesto pio esercizio della Via Crucis, per ottenere da Dio il ristabilimento della pace fra due coniugi.

« Un grande odio, raccontò essa, esistente fra due coniugi in Hoesfeld mi turbava moltissimo. Pregai per cotesti infelici, e percorsi nel venerdì santo partendomi dal santo Sepolcro la Via Crucis, a nove ore di sera. Ecco che il demonio sotto la forma del marito Nachts mi assalì in una via angusta e mi voleva strozzare. Siccome io, per altro, gridai implorando aiuto da Dio con tutto il mio cuore, egli fuggì. Cotesto uomo poi divenne da quel tempo migliore verso sua moglie. Essa scontrò simile apparizione preparata dall'infernale nemico anco in occasione di altri aiuti di preghiera da lei prestati. Ed intorno a ciò raccontò quanto segue: Provava grandissima compassione per una giovine fanciulla, che, sedotta da un giovanotto, non poteva in guisa alcuna indurlo a non abbandonarla. Io era affatto fuor di me pel cordoglio che fosse accaduto sì grave peccato, e convenni con due compagne di percorrere nella notte dalla domenica di Pasqua al lunedì successivo cinquantadue volte il contorno del cimitero di Hoesfeld a pro delle povere anime del purgatorio, ed a pregare Iddio di degnarsi di aiutare quella povera ragazza. Il tempo era crudo ed oscuro; andammo a piè scalzi; io andava nel mezzo fra le altre due fanciulle. Mentre io era immersa nella maggiore intensità della orazione, mi giunse sopra il nemico infernale in sembianza del giovanotto seduttore, e qua e là mi sospinse afferrandomi in mezzo alle mie compagne, e ciò per più volte; intanto io sempre più zelava nella mia orazione, tanto che ne arrabbiava il nemico di ogni bene. Le mie compagne tremavano e gemevano. Non saprei per altro dire se vedessero quanto mi accadde. Tosto che avemmo compito il nostro viaggio, ci sentimmo talmente esauste dai nostri sforzi, da non poter reggere più oltre. Mentre ce ne ritornavamo a casa, quella stessa apparizione mi afferrò e mi precipitò a capo in giù nella fossa, venti piedi profonda, di una concia di pelli. Le mie compagne altamente gridarono e credettero che mi fossi rotta il collo, ma io caddi del tutto dolcemente, ed esclamai: Eccomi, son qua e tosto sentii portarmi, come per aria, fuori da quella fossa, senza sapere come mai ciò mi fosse accaduto; e senza ulteriore disturbo continuammo pregando, la nostra via sino a casa.

« Nel martedì dopo Pasqua la povera ragazza venne a me tutta gioiosa, e mi narrò che quel giovinotto consentiva a sposarla. Lo fece difatti, ed ambidue vivono ancora (nel 1818).

« Quando, una volta, prima del nascer del giorno, me ne andava con un'amica in un campo ad orare in un punto del cammino, pel quale dovevamo passare, mi venne incontro Satana in forma di un nero cane, ma grande quasi quanto me stessa; si piantò in mezzo alla via, e non ci voleva lasciar passare. Ogni volta ch'io faceva il segno della croce contro di lui, rinculava per un tratto di strada e poi di nuovo si fermava minaccioso. Cotesta apparizione ci ritardò per un buon quarto d'ora. La mia compagna era sì invasa dal terrore, che tremando mi abbracciava e mi riteneva. Finalmente parlai al maligno nemico irrompendo in queste parole: -Noi vogliamo avanzare nel nome di Gesù! Siamo da Dio mandate! Vogliamo dirigere a Dio tutte le nostre azioni! Se tu fossi cosa di Dio non tenteresti d'impedircelo. Vanne per la tua strada: noi vogliamo andar per la nostra! - A queste parole sparì la brutta bestia. Quando la mia amica se ne avvide, si riebbe e disse: ah! perchè non hai parlato subito così? io le risposi: sicuramente hai ragione, ma non mi è venuto subito in mente. Continuammo allora il nostro cammino senza essere più molestate.

« Una volta in chiesa e dinanzi al santissimo Sacramento io aveva ferventemente pregato; ed ecco il diavolo si gettò accanto a me sul genuflessorio con tanta forza che questo ne scricchiolò altamente. Mi sentii correre il caldo ed il freddo nelle membra dalla paura, ma non riuscì per altro a disturbarmi. Non feci che continuare a pregare con maggior fervore, ed egli tosto si dileguò. »

14. Per tre anni interi aveva Anna Caterina perseverato con costante pazienza nel di lei interno abbandono; ma alla fine il di lei Sposo celeste le permise di provare di nuovo la consolazione della sua vicinanza; e fu da quel momento degnata di un costante e meraviglioso intimo commercio con lui. Senza un simile aiuto le sarebbe stato impossibile di compire la terribile missione della sua vita espiatrice.

Ma quanto mai sono misteriose le vie del Signore! Da quel momento in poi Anna Caterina vive in una quasi mai interrotta visione del divin Salvatore: essa viene da lui, Capo invisibile della Chiesa, illuminata, rinvigorita, consolata: continuamente da lui riceve la promessa della sua assistenza; ma ciò nondimeno tutti i di lei tentativi, tutti i di lei sforzi onde pervenire ad entrare in convento, vanno interamente a vuoto. Per tre anni aveva ella senza posa lavorato onde risparmiare una somma, che servir le potesse di dote: ma ora si trova povera come prima. Lo Sposo le ha mandato tanti e poi tanti poveri, é sì molteplici occasioni le ha offerto di mitigare le altrui necessità, che essa non ha potuto conservare per sè stessa cosa alcuna. E ciò che le riesce ancora più peso e sembra rapirle ogni speranza, è lo stato di quasi continue malattie. È ben vero che in visione le veniva addimostrato cosa soffrisse e perchè lo soffrisse; ma coteste segrete cagioni di ben piccola consolazione riescono per la vita naturale e quoti diana e per le sue cure; poichè le pene delle malattie son là effettive e presenti, e tanto sensibili che tutte le forze vitali ne vengono come a consumarsi. Anna Caterina poteva ormai a stento condurre a fine i suoi lavori abituali; e quando ella dopo il fallito tentativo di divenire agostiniana in Borken, pregò il confessore della sua intercessione presso le monache trappiste in Darfeld, egli dichiarò di non poter permettere che una sì debole ed infermiccia persona come ella era, fosse ricevuta in quell'ordine severo. Nello scorgere l'involontario abbattimento che cotesta dichiarazione impresse nel di lei volto, ei la consolò coll'aggiunger che avrebbe cercato di farla ricevere dalle clarisse in Münster. Ne ebbe difatto favorevol risposta, ed Anna Caterina si recò anche costà, onde esporre in persona le sue preghiere. Vi ricevette per altro la ingiunzione che siccome il convento era tanto povero ed essa seco non arrecava nessuna dote, così poteva soltanto venir ricevuta sotto la condizione di imparare a suonar dell'organo, ondé con ciò riuscire di qualche utilità al monastero. Essa a ciò si decise; ma la di lei crescente corporal debolezza rese necessario che prima cercasse di ricuperare la salute nella casa paterna.

15. Essa fu accompagnata a Münster da un'amica, la quale dinanzi all' autorità ecclesiastica, agli 8 di aprile 1813, diè su questa circostanza gli schiarimenti seguenti:

« Io Gertrude Ahaus del casale di Hammern, parrocchia di Billerbeck, conosco la monaca Emmerich da quattordici anni in poi. Ho impreso a conoscerla in Hoesfeld. Vivevamo molto intimamente: e come essa mi ebbe disvelato il suo desiderio di divenire monaca, così l'accompagnai iò stessa dalle clarisse in Münster, perchè in quel medesimo monastero aveva due parenti. Essa mostrava una tal brama di entrare in convento, che quando le rappresentai che i conventi erano in quel momento presso che tutti soppressi, mi dichiarò che quando essa potesse entrare in un chiostro, solo potesse entrarvi, ed anche sapesse che dopo otto giorni vi verrebbe impiccata, tanto ella vorrebbe entrarvi. Il più severo ordine erale il preferito. Non ho mai trovato un che da biasimare in lei; ed appunto perchè la trovavo sempre buona e sincera, misi in lei la mia piena confidenza. I nostri discorsi versavano sempre intorno alla religione, ed in questa ella molto m'istruiva e mi dimostrava quali sieno i doveri di un cristiano, e comunemente mi raccontava alcunchè della vita di sante monache, come pure delle sante Matilde, Caterina, Gertrude, Chiara, ecc.

« Ogni giorno di domenica e di festa si accostava alla santa Comunione. Quando lavorava in casa nostra, a sera pregava lungo tempo genuflessa. Spesso mi disse avere una special divozione alle cinque piaghe ed alle tre ferite che Cristo ricevè sulle spalle, poichè queste appunto gli riuscirono le più dolorose.

Non portava camicia alcuna, ma piuttosto una specie di rozza tunica sul corpo. Nel venerdì rimaneva digiuna, e mangiava soltanto sul meriggio; non si cibava là sera, quando le riusciva farlo senza essere osservata. Spesso di notte percorreva la Via Crucis, e sempre praticava cotestà divozione nei giorni di domenica e di festa.

«Specialmente grande era la di lei pazienza, e mi consolava sempre rammentandomi i patimenti di Cristo, quand'io aveva cosa alcuna di che patire. E siccome le genti dicevano che per orgoglio voleva farsi monaca, così essa soggiunse:  Mi fa piacere che le genti dicano così, poichè Cristo benchè innocente ha dovuto soffrire.  Era molto compiacente e gentile verso chiunque, e talmente intenta all'opera, che o lavorava sempre, ovvero conversava in modo salutare e spirituale con me, mentre era impiegata a davorare in casa nostra. Dormiva pochissimo. Era tanto di buon cuore, che tutto donava; era molto sincera ne'subi discorsi; parlava poco con altri. »

16. Qui pure possono trovare luogo le altre testimonianze, che intorno al sopraindicato spazio di tempo le compagne della gioventù di Anna Caterina deposero di nanzi all'autorità ecclesiastica, quando cotesta nell'anno 1813 ordinò le più minute ricerche sulla di lei vita; poichè queste semplici e sincere confessioni non solo danno una chiarissima conoscenza della grande benedizione che diffondevasi su tutto ciò che veniva in contatto con Anna Caterina, ma riflettono di più una vivacissima immagine dell'intero modo di essere. Principieremo con le affermazioni del di lei maggior fratello, che agli 11 di aprile 1813 così depose:

« Anna Caterina è mia sorella, ed io sono il maggiore di tutti i nostri ancor viventi fratelli. Essa abitò per alcuni anni fuori di casa; veniva per altro spesso da noi, ed abitò sempre soltanto in questi contorni.

« Ho sempre potuto andare d'accordo con lei; ciò non dimeno era ella talvolta vivace come lo sono anch'io; ma cotesta veemenza era in lei ben tosto passata, e con tanta cura cercò essa di migliorar sè stessa e liberarsi da cotesto difetto, che alfine lo perse interamente. Non era punto vana, ma piuttosto cercava di vestirsi onorevolmente e conconvenienza. Si asteneva dalle compagnie e dai ritrovi di piacere. Verso i genitori era buona è preveniente.

« Parlava poco di cose del mondo, ma piuttosto comunemente cercava d'istruire tutti noi altri nelle cose della fede e nei buoni costumi; ci raccontava prediche da lei udite o storie di santi, e cercava coi suoi ammaestramenti di mantenerci nel bene.

« Era oltremodo di buon cuore verso di tutti, dimodo chè dava via quanto guadagnava. Non soffriva che si parlasse dei difetti altrui, ed intorno a ciò ci dava spesso buoni ammaestramenti.

« Se altri la rimproverava, essa diceva ciò essere un gran bene. E quando noi ci maravigliavamo come potesse essere così insensibile e corrispondere amorosamente a simili offese, ella rispondeva: Così deve essere, e lo po treste anche voi altri se lo voleste.

Impiegava molto tempo nell'orazione. Spesso, quando noi già da lungo tempo eravamo andati a letto, essa leggeva ancora in certi libri, e pregava genuflessa a braccia aperte. Pregava ancora durante il suo lavoro. Digiunava spessissimo, e quando noi la esortavamo a non digiunare a causa della debolezza del di lei corpo, essa rispondeva di poterlo ben sopportare. Soleva farlo specialmente nei giorni della Passione di Cristo.

« Si mortificava inoltre di molto, ed invece di camicia portava una rozza tunica. Poneva sul suo letto tronchi di legno, e su quelli si riposava; vi poneva anche ortiche, e su quelle dormiva. »

17. Ai 7 di aprile 1813 depose Chiara Söntgen: « Anna Caterina sino da quando era a scuola si distingueva talmente al di sopra degli altri fanciulli, che il maestro spesso diceva ai genitori non poter farle alcuna domanda alla quale essa non rispondesse. La di lei costante frequenza alla scuola ha durato soltanto quattro mesi; il resto l ' ha imparato da sè ad avanzatempo e mentre custodiva le vacche. Mentre gli altri fanciulli giuocavano, ella si ritirava in un angolo a seder con un libro.

« Quando divenne più grande dovette lavorare cogli altri alle opere le più gravi. Ma per quanto ne riuscisse stanca, ciò nondimeno per più che la metà delle notti, quando i di lei genitori e tutti gli altri erano in letto, se ne andava nascostamente nella cucina e vi passava il tempo nella lettura di libri spirituali. Ben sovente i di lei genitori essendosi desti ed alzati, le hanno comandato di andare a letto.

« Allorchè fu divenuta cucitrice dava alle genti delle case ove andava a cucire ogni sorta di ammaestramenti, come pure raccontava loro quanto di bello aveva letto. « Varii, specialmente fra le ragazze ed i fanciulli contadini, sono a lei venuti e le hanno confidato il loro stato di coscienza, interrogandola sul da farsi. Nella domenica dopo mezzogiorno esortava la gioventù, specialmente quando sapeva di alcuni che qua e in là alquanto andavano a zonzo, a percorrere la Via Crucis con lei, ed allora pregava alla loro testa ad alta voce.

«Spesso si è alzata di notte, si è nascostamente sottratta di casa, ed a piedi nudi ha percorso la Via Crucis. Se la porta della città era chiusa, si arrampicava al di sopra degli alti muri del suo recinto, onde andarsene alle stazioni. È caduta bensì talvolta giù da quelle mura, ma non ne ha riportato mai danno alcuno.

« La di lei più gran gioia si era quando veniva la domenica e di nuovo poteva confessarsi e comunicarsi. Se molti giorni festivi si susseguivano, le veniva permesso dal confessore di ricevere in ognuno di quei giorni la santa Comunione.

« Nei tre ultimi giorni della settimana santa non gustava il benchè minimo cibo sino al mezzodì del giorno di Pasqua; nè mai le è stato troppo incomodo il digiunare anche in mezzo alle più gravi fatiche. »

18. Anna Geltrude Schwering, della parrocchia di San Lamberto fuori di Hoesfeld, nel 16 di aprile 1813, sulla dimanda dell'autorità ecclesiastica, depose quanto segue: « Conosco da circa quindici anni la Emmerich; ho avuto molto commercio con lei ed ho anche con lei vissuto, poi chè in essa osservava esservi molto di buono e di virtuoso. Era molto pia; i di lei discorsi in ogni tempo erano rivolti alla sacra Scrittura, o trattavano della vita dei Santi e degli insegnamenti della Fede. Non parlava mai delle mancanze altrui e pochissimo delle cose del mondo. Fu sempre diligente nei suoi lavori. Passava le serate genuflessa nel l'orazione.

« Verso gli altri era sempre di buona voglia, mai brontolava, ed era tanto di buon cuore per quanto il suo avere lo permetteva. Non ho mai trovato in lei alcunchè di riprensibile. »

19. Maria Feldmann, della parrocchia di S. Jacopo fuori di Hoesfeld, del casale di Flamske, depose agli 11 di aprile 1813:
« Quando era in età di quattordici anni venni a scuola da Anna Caterina, cioè ad imparare a cucire; vivevamo insieme con molta confidenza, quanto cioè secondo la mia età lo poteva essere con lei. Stetti con essa quasi per tre anni, ed aveva per lei la maggiore inclinazione, poichè era piena del timor di Dio, e malgrado la mia lenta intelligenza, m'impartiva l'istruzione con la maggiore dolcezza.

« Io riconobbi in lei il timore di Dio dal molto orare che faceva sul mattino, a sera e durante il giorno, e dal suo comportarsi tacito ed in sè raccolto. Comunemente la Emmerich era già sul mattino in orazione, quando io mi destava, ed in orazione era pure la sera quando io già dormiva, e per la maggior parte del tempo genuflessa ed a braccia aperte. Soventi volte vidi pure sul di lei letto in crociati tronchi di legno, sui quali aveva giaciuto. Parlava sempre del servigio di Dio, e mi ammaestrava nella fede e nei buoni costumi. Non parlava mai degli altri, e mi diè sempre il buon ammaestramento di non dir mai male di altrui, e quando anche venissi offesa, di rendere sempre bene per male. Donava talmente ai poveri che non aveva più nulla per sè, ed era affatto priva di tutto; rare volte aveva danaro, poichè quanto guadagnava, tosto lo elargiva. Fuggiva pure le compagnie, e andava meco soltanto quando lavoravamo in casa d'altri. »