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Giovedi, 16 maggio 2024 - San Simone Stock ( Letture di oggi)

CAPO VIII. ANNA CATERINA È CHIAMATA DA DIO ALLA VITA MONASTICA E VI È PREPARATA CON ISPECIAL DIREZIONE

Vita della Beata Anna Caterina Emmerick - Libro primo

CAPO VIII. ANNA CATERINA È CHIAMATA DA DIO ALLA VITA MONASTICA E VI È PREPARATA CON ISPECIAL DIREZIONE
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1. Nel cuore di cotesta fanciulla sì meravigliosamente guidata, diveniva sempre più possente il desiderio di vi vere a Dio soltanto; quindi costantemente pensava a tra scegliere un modo di vita, col quale più sicuramente potesse raggiungere il bramato intento. A lungo Anna Caterina occupavasi col progetto di lasciare la casa paterna e di cercare ben lontano di là un luogo, ove sconosciuta condurre vita penitente. Oltre Iddio, erano soltanto i genitori ed i fratelli l'unico bene cui tenesse con dolcissimo amore; quindi le appariva imperfetta la sua fedeltà verso Iddio, finchè ella rimanesse in patria. A dir vero, non potè adempire questo disegno; ma tanto più ne divenne ardente la di lei aspirazione ad una vita nascosta e contemplativa; e questa le stava sempre dinanzi agli occhi come l'unico ed il più alto scopo dei suoi desiderii. Fu presa da una siffatta inclinazione verso le persone monastiche, che, come spesso lo confessò in seguito, mal sapeva contenere l'interno commovimento, quando a caso scorgeva l'abito di un ordine di stretta osservanza. Soltanto osava appena concepire il pensiero che ella sarebbe un giorno partecipe della felicità di vestire un abito siffatto. Era Iddio quegli che avea deposto simile desiderio in quell'anima, e che si degnò divenire sua guida per condurla al desiato scopo.

Cotesta direzione è tanto pel suo intimo carattere, quanto per le esterne relazioni e per lo stato della Chiesa in quei tempi, un fatto sopra ogni altro notabile, poichè in esso il nostro debole sguardo può abbastanza riconoscere le misteriose vie, per le quali Iddio viene in soccorso alle mi serie ed ai bisogni della sua Chiesa, ed è inoltre in sè stesso una prova elevata e consolante del come le meraviglie della sua misericordia e potenza non vengono mai a mancare nella Chiesa, anche quando l' infedeltà e l'apostasia di innumerevoli suoi membri si collegano per la di lei caduta con nemiche potenze. Quando Anna Caterina fu chiamata allo stato monastico, e fu graziata di una preparazione, con la quale fu resa capace della maggior possibile attività spirituale, correva un tempo in cui avvenimenti in parte preparati, in parte di già successi, disertavano la vigna della Chiesa in modo tale, che Anna Caterina non poteva già, come altre volte la B. Coletta, operare pregando per il ristabilimento della disciplina monastica o lo stabilimento di nuove comunità religiose; ma le restava piuttosto la sola missione, forse ancor più difficile, di servire a Dio come strumento di espiazione e di riconciliazione; onde egli, come già altre volte sopra Liduina di Schiedam in tempi egualmente spaventosi, potesse imporre sulle di lei spalle la espiazione delle altrui colpe e i patimenti e le ferite del corpo della Chiesa, onde prepararne la guarigione.

2. In corrispondenza a questa immensurabile missione di patimenti, che dovea abbracciare l'intera Chiesa, di resse Iddio la condotta spirituale della fanciulla, mentre si degnò appunto, come suole uno sposo, ricercare l'affetto di Anna Caterina, e durante questa ricerca educarla ai più alti gradi della spirituale perfezione. È vero che, secondo il modo di vedere della Chiesa, ogni anima col pronunziare i tre voti entra con Dio nella relazione di uno spirituale sposalizio; ma la straordinaria vocazione fatta ad Anna Caterina, la prodigalità di doni straordinarii di cui fu degnata, e la speciale fedeltà da lei dimostrata nel loro uso, sono una prova che il di lei sposalizio doveva essere affatto speciale e privilegiato, e che ella era scelta a compensare allo Sposo della Chiesa tutte quelle offese, che la infedeltà di un infinito numero di uomini gli preparava.

La sua divina generosità tiene in ogni tempo disposta e pronta una soprabbondanza di doni spirituali pei figli della Chiesa; ma quando questi doni vengono respinti, o male usati, o vilmente dissipati, dovrebbe allora la sua giustizia ritirarli dalla Chiesa, ove non fosse che egli con soprabbondante misericordia prepara per sè certe anime sante, siccome vasi, nei quali egli può raccogliere le mal disprezzate ricchezze della sua grazia, e conservarle in pro della Chiesa per futuri e migliori tempi. Il salvare poi ed il conservare cotesti doni vuole Iddio misericordioso che riesca a merito pei fedeli suoi servi; ed è perciò che li rende capaci per opera di una quantità di angustie, di lotte e di patimenti di ottenere cotesti beni; e con ciò viene compensato, anzi superato il debito della leggerezza, pigrizia, infedeltà e malizia di tutti gli altri. Mai in alcun tempo può trovarsi affatto priva la Chiesa di cotesti eletti strumenti delle misericordie del di lei invisibile Capo; e ne abbisogna precisamente tanto più, allorchè coloro che sono mediatori destinati fra Iddio ed i popoli, gli ascritti cioè al sacerdozio, non corrispondono alla loro missione e non zelano con sempre crescente fedeltà l'onore della sua causa. Mai era stata la Chiesa sì vilmente profanata; mai la peste della miscredenza aveva esercitato sì universale distruzione; e mai era stata opposta più debole resistenza ai nemici della fede ed ai loro incredibili sforzi onde annientarla, quanto nel tempo in cui Anna Caterina fu da Dio trascelta a sua sposa. Povera e debole fanciulla, dovette ella stare in faccia alla prepotenza nemica; ma pure Iddio la armò di quelle armi, con le quali egli stesso nella sua santissima Umanità vinse l'inferno; e la esercitò a grado a grado in quel modo di combattere, al quale non può venir meno il trionfo. Quindi la vedremo da lui condotta per vie, le quali non corrispondono al certo alla saggezza, alla previdenza ed al calcolo umano, ma corrispondono bensì ai consigli della sua imperscrutabile sapienza. Quanto più Anna Caterina si fortifica nello spirito per opera di quella divina direzione, tanto più si estendono i circoli della operosità sua, tanto ricca in benedizioni, finchè la vedremo alla fine circonvenire ed abbracciare ogni parte ed ogni ordine dell'intera Chiesa.

3. Nel quinto o sesto anno della sua vita ebbe ella da Dio la prima formale chiamata allo stato monastico. Essa intorno a questo dichiarò in seguito:

« Io era ancora piccola fanciulletta e custodiva le vacche, e ciò riusciva per me gravoso e difficile affare. Quando una volta, come mi succedeva sovente, mi venne il desiderio di lasciar e casa e vacche, e andarmene a servire solitaria al Signore, laddove niuno mi poteva conoscere, fui rapita in visione, e vidi come se andassi a Gerusalemme. Ed ecco che là mi venne innanzi ad un tratto una monaca, che più tardi riseppi essere Giovanna di Valois; si dimostrava molto seria, ed aveva accanto un giovinetto meravigliosamente bello e della mia altezza. Essa non conduceva per mano quel giovinetto, e così seppi che non era il suo figliuolino. Mi domandò che cosa io aveva e che mi mancava; e quando le esposi le mie cure, mi consolò e disse: - Sta pure senza pensiero! Guarda questo fanciullo! Lo vuoi tu per tuo sposo? - Allora risposi che sí, ed essa mi assicurò che doveva starmene affatto tranquilla e perseverare finchè egli a me venisse, e che io diverrei monaca. Ciò mi parve affatto impossibile; ma ella mi disse che per certo perverrei ad entrare in un chiostro, giacchè a quel mio sposo tutto era possibile. Quando rientrai in me, gui dai tranquilla le vacche a casa. Ebbi questa visione in pieno meriggio. Simili visioni non mi disturbavano affatto; credeva che tutti gli uomini avessero simili relazioni ed avvenimenti. Non ho mai potuto riflettere sopra la differenza che potesse esistere fra le visioni e il commercio reale con gli uomini. »

4. Al sopra riferito avvenimento ne susseguì qualche tempo dopo un altro, col quale Anna Caterina fu animata a fare il voto di seguire in età più matura l'amorosa chiamata del divino Sposo, cioè a dire ad entrare nello stato monastico. Essa narrò:

Mio padre aveva fatto voto di donare annualmente un grosso vitello al convento delle Annunziate in Hoesfeld. Ogni qual volta egli vi portava cotesto vitello, soleva condurmi seco. Quando eravamo in convento, le monache scherzavano con me con fanciullesca semplicità; esse mi collocavano nella ruota, e talvolta mi facevano con quel mezzo venire dentro con loro nel chiostro, onde farmi qualche regalo; talora con lo stesso mezzo mi respingevano fuori, domandandomi scherzando se volessi restar con loro. Io diceva sempre di si, nè voleva più uscirne. Allora esse soggiungevano: - Quest'altra volta ti vogliamo ritenere. Quantunque fossi ben piccola, mi presi per altro di un vero amore per quel convento, nel quale regnava ancora una buona disciplina. Tostochè io sentiva suonare le campane della chiesa di quel monastero, mi metteva ad orare con l'intenzione di unire la mia preghiera a quella di quelle pie religiose, e così entrai in un interno vivace rapporto col convento delle Annunziate.

« Una volta in un caldo giorno di estate, due ore dopo il mezzogiorno, mi trovava dietro all'armento delle vacche. Il cielo si oscurò tutto. Una burrasca si approssimava e già romoreggiava il tuono. Le vacche erano affatto irrequiete a causa del caldo e delle mosche. Io era nella più grande angustia per non sapere come uscir d'impiccio con quell'armento. Erano circa quaranta vacche, che non davano al certo poco pensiero ad una debole bambina come me, quando correvano qua e là nella boscaglia. Esse appartenevano a tutti i casolari vicini. È uso fra noi che ogni contadino, secondo il numero delle vacche che possiede, per altrettanti giorni deve custodire l'intero armento composto anche di quelle dei vicini. Quando io era dietro all'armento sempre era immersa nell'orazione ed in varie visioni; viaggiava verso Gerusalemme e Betlemme, e conosceva meglio quei luoghi che la mia casa medesima. Anco in questa circostanza, poichè il temporale scoppiò, mi ritirai dietro un poggio sabbioso, su cui crescono cespugli di sambuco, e dove io poteva pormi al coperto. Orai e fui rapita in visione. Ed ecco presentarmisi innanzi una monaca avanzata negli anni, vestita dell'abito del chiostro delle Annunziate, e parlarmi. Disse che non riusciva punto ad onore della Madre di Dio quando le genti si limitavano soltanto ad amare le di lei immagini ed a portarle in processione, o quando le si offriva ogni sorta di pie invocazioni e lodi; ma che si dovevano imitare le di lei virtù, la di lei carità e purità. Disse pure non darsi rifugio migliore, orando in caso di pericolo e di burrasca, del rifugio nelle piaghe di Gesù; e come ella avesse avuto sempre un'intima venerazione per quelle piaghe, ed anche la grazia di provarne i dolori; il che per altro niuno avea mai risaputo. Parlò pure della di lei speciale devozione all'Annunziazione di Maria, e come le fosse stato rivelato che Maria sin dalla prima fanciullezza aveva avuto il più ardente desiderio della venuta del Messia, e per sè aveva soltanto bramato di essere l'ancella della Madre del Signore. Mi narrò pure del modo nel quale aveva veduto accadere l'Annunziazione per mezzo dell'arcangelo, e le partecipai come io stessa l'avessi veduta; e quindi avvenne che ambedue avevamo veduto il tutto nello stesso modo, e che divenimmo buone amiche.

« Erano circa quattro ore dopo il meriggio, quando in me rinvenni. Suonava la campana delle monache Annunziate; la tempesta era passata, ed io trovai tutto il mio armento tranquillo e riunito, come pure menomamente bagnato. In quell'ora feci per la prima volta il voto di farmi monaca; e sul principio pensai entrare fra le religiose Annunziate, ma ben tosto riflettei che doveva decidermi ad andare affatto lontana dalla mia famiglia. Tacqui questa mia decisione. In seguito riseppi per avviso interno che quell'amica mia era Giovanna di Valois, e seppi pure essere stata costretta a maritarsi. Da quel tempo in poi la vidi bene spesso, specialmente quand'io viaggiava in visione verso Gerusalemme e Betlemme. Allora vi andava con lei, come in seguito vi andai con Francesca e Lodovica. »

Da quel momento stette ferma ed irrevocabile in Anna Caterina la decisione di entrare in convento. È ben vero che ancora non vedeva a ciò alcuna apparente possibilità, e che neppure poteva scorgere dove all'età sua potesse rivolgersi per essere ricevuta; ma ella era talmente ripiena del vigor del suo voto, che sperava con incrollabile fiducia che Iddio compirebbe in essa e per essa ciò che la di lui direzione aveva incominciato. Quindi ogni di lei sforzo fu sempre più accuratamente rivolto sin d'allora, per quanto lo capiva e le circostanze lo permettevano, a condurre la vita di una persona monastica. I parenti ed i superiori divennero per lei simili ad autorità spirituali, cui prestava la più esatta ubbidienza; e quanto una regola monastica può prescrivere in mortificazioni, astinenze e ritiro, essa a norma degli interni ammonimenti lo esercitava così perfettamente, quanto mai lo poteva.

5. Una di lei compagna d'infanzia, la contadina Elisabetta Wollers, nata Weermann, depose il 4 aprile 1813 dinanzi ai superiori ecclesiastici in questa guisa: « Io conosco la monaca Emmerich sin dalla gioventù, poichè siamo cresciute insieme ed abbiamo abitato sotto lo stesso tetto. Essa era tenuta dai genitori in istretta disciplina, ma per altro non molto duramente. Aveva un'indole eccellente, ed ho sempre osservato che ella aveva verso i genitori ed i fratelli molta amorevolezza. Era sempre molto composta ed in sè raccolta. Sino da bambina voleva farsi monaca. Dall'infanzia in poi ebbe sempre una grande inclinazione alla chiesa ed alla pietà, non mai per altro alla società o al divertimento; abitualmente lasciava gli spassi per andarsene in chiesa. Era molto pia, molto in sè raccolta, di poche parole, diligentissima, ed operosa. Verso tutti era gentile e compiacente, talmente che riceveva regali da varie persone a causa della sua gentilezza. Era anche di buonissimo cuore; talvolta alquanto vivace di testa, ma cotale vivacità le cagionava tosto molto rammarico. Nel vestiario non era vana, ma soltanto bene ordinata e netta. »

6. Nel duodecimo anno di sua vita andò come serva nella famiglia di un contadino di lei parente, e che portava pure il nome di Emmerich. La di lui moglie Elisabetta, nata Messig, depose l'otto di aprile 1813:

« Quando Anna Caterina era in età di dodici o tredici anni abitava in casa mia e custodiva le vacche. Si condusse verso tutti in casa con gentilezza e compiacenza, e non ho mai trovato alcuna cosa a rimproverarla. Ci siamo sempre comportate insieme molto amichevolmente. Non andava mai ad alcun divertimento, ma più volontieri in chiesa, poichè era molto pia, diligente, fedele ed in sè raccolta. Parlava bene di tutti e diceva sempre non voler possedere nulla in questo mondo. Non portava camicia, ma un rozzo saio di lana. Era molto di buon cuore e digiunava molto; e scusavasi di ciò con dire che non si sentiva portata a mangiare. Quando io la consigliai di abbandonare il progetto di farsi monaca, poichè vi si opporrebbero tutti i suoi, mi rispose: Di questo non mi dovete parlare, al trimenti non sarò più vostra amica. Io lo debbo fare, e lo voglio fare. »

7. Fino dai primi suoi anni ebbe Anna Caterina libero l'andare e il venire in quella grossa famiglia di contadini, poichè tale era la volontà dei suoi genitori, speranti che quella tacita in sè raccolta maniera di essere della loro figliuola si cambierebbe, perdendosi a poco a poco quando si trovasse in maggior commercio con la gente. Tanto meno potevano comprendere la natura sì straordinariamente e precocemente solitaria di quella bambina, in Dio vivente e separata da tutte le cose mondane, quanto più ogni giorno ottenevano prove maggiori della vivacità del di lei spirito sì facile ad essere commosso, della di lei prudenza e della sua destra abilità; e temevano che quella troppo grande propensione al ritiro potesse in avvenire nuocere al di lei futuro collocamento nel mondo. Soltanto quanto più spesso Anna Caterina fu mandata in mezzo alle genti, avvenne che tanto più col crescere degli anni crescessero in lei la ritiratezza e l'allontanamento dal mondo e dal di lui commercio. Essa viveva in un continuo stato di visione, che per altro non la impediva dal disbrigare nel modo il più perfetto i di lei affari. Lavorava essa a casa coi suoi nei campi, ed ivi pure, senza, uscire dallo stato di visione, parlava alcune parole quando il discorso cadeva su cose spirituali; ma per lo più stavasi silenziosa, raccolta in sè stessa; e malgrado ciò le opere più difficili procedevano in mano sua rapidamente e senza intoppo o ritardo. Se per altro veniva talvolta interrogata all'improvviso, ne conseguiva bene spesso che ella non sentisse, o come svegliantesi da un sogno, desse una risposta, che non conveniva affatto alla domanda. Allora, maravigliata, rivolgeva sugli interroganti uno sguardo, la di cui profondità lasciava presentire anco a quelle semplici persone che i di lei occhi non erano rivolti a cose esterne; per altro, ben tosto riusciva alla di lei commovente gentilezza e compiacenza di prevenire le conseguenze della strana impressione in quella buona gente prodotta.

8. Dopo che ella ebbe passato tre anni nella famiglia degli Emmerich, fu deciso di confidarla ad una cucitrice; poichè, vista la di lei corporale debolezza, quella occupazione del cucire parve alla madre la più adatta a poterla in seguito convenientemente produrre nel mondo. Prima però che cotesto piano venisse in esecuzione, fu ripresa per alcun tempo nella casa paterna per aiuto ai lavori campestri. In quello spazio di tempo accadde un avvenimento, il quale fu occasione che Anna Caterina dichiarasse ai genitori la sua ferma ed irrevocabile decisione di entrare in convento. Essa lavorava un giorno dopo il meriggio coi genitori ed i fratelli in un campo.

Erano circa le tre ore pomeridiane, quando dalla chiesa del monastero delle Annunziate di Hoesfeld fu suonato a vespro. Per quanto ella avesse spesso, quando il vento era favorevole, sentito il suono di quelle campane, pure quella volta quel suono la riempi di sì maravigliosa smania di convento, che fu sul punto di cadere in deliquio. Le pareva come se una voce le gridasse: « Vanne in convento, ne accada quel che ne può accadere! » Non potè più a lungo lavorare e fu d'uopo portarla a casa.

« Io principiai (raccontò essa in seguito) da quell'ora a divenire malaticcia; spesso dovei vomitare, ed era molto trista. Siccome mi aggirava sempre qua e là, sospirante e pensierosa, mia madre mi dimandò che mai mi avessi per essere così immersa nei miei pensieri. Dichiarai allora francamente che voleva andar in convento. Essa mostrossi molto ritrosa e disse come mai poteva io pensare di andarmene in convento, poichè non possedeva nulla e per di più era infermiccia. Se ne lamentò pure con mio padre, ed ambidue tentarono di dissuadermi dal pensiero di andare in convento. Essi mi descrissero la vita claustrale come altamente difficile per me, poichè essendo una figlia di contadini affatto povera, ne verrei disprezzata. Ma io soggiunsi: Se io non ho nulla, Iddio per altro ha tanto di più. Egli certo condurrà la cosa a buon esito. Per altro il rifiuto dei genitori mi penetrò talmente il cuore, che ne divenni gravemente ammalata e dovei mettermi in letto. « Durante questa malattia, una volta che col meriggio il sole penetrava dalla piccola finestra nella mia cameruzza, vidi accostarsi al mio letto un sant'uomo con due monache. Essi erano risplendenti e mi apportarono un libro grosso come un messale e dissero: Quando tu avrai percorso e studiato questo libro, saprai quanto si convenga ad una monaca. - Dissi: - - Lo voglio leggere subito, - ? presi quel libro sulle mie ginocchia. Era scritto in latino, ma compresi il tutto, e vi lessi dentro con gran diligenza. Mi lasciarono quel libro e sparirono. I fogli di quel volume erano in pergamena e scritti con * lettere rosse e dorate. Vi erano pure dipinti là dentro santi dei tempi antichi. Era rilegato in giallo e non aveva fermagli. Io aveva meco cotesto libro quando entrai in convento e vi leggeva con zelo. A misura che ne aveva letta una parte, quella mi veniva sempre portata via. Una volta che lo aveva deposto sopra una tavola, vennero costà molte monache, che lo volevano portar via; ma non lo poterono rimuovere dal luogo ove posava. Talvolta mi veniva anche detto: Tu hai ancora tanti e tanti fogli da leggere. ??? Vidi cotesto libro in questi ultimi anni, quando fui rapita e portata in un luogo, che ha relazione con le profezie e cogli scritti dei santi profeti. Costà, frammezzo a molti altri profetici libri di ogni parte del mondo e di ogni età, mi fu mostrato ed indicato quel libro siccome la parte che a me apparteneva fra quei tesori. Così pure mi furono mostrati altri doni di consolazione e di soccorso, che io ho ricevuti di tempo in tempo e posseduti a lungo, e che ora sono in quel luogo conservati. Oggi, 20 dicembre 1819, ho soltanto ancora cinque pagine da leggere, ma ho bisogno di quiete affinchè possa ritenerne il contenuto. »

9. Quel misterioso libro era dunque non solo un semplice simbolo, ma bensì una reale trascrizione di profetica sostanza in forma di libro. Derivava, come più precisamente verrà riferito a suo luogo, da quel tesoro di sante Scritture, che sono conservate in quel luogo da Anna Caterina chiamato il monte dei Profeti, » per poi pervenire per vie straordinarie a quegli individui, che dal lume di profezia sono resi capaci a intenderne il contenuto. Quel libro trattava della essenza e del significato dello stato monastico, e della sua posizione e missione in tutti i tempi della Chiesa; talmentechè ogni eletto dalla grazia di occuparsi di quel libro poteva per mezzo di quello assimilarsi tutto ciò che doveva provenirne in bene della Chiesa nell'epoca sua. Il leggere in quel libro consisteva per Anna Caterina in una visione continua del suo contenuto per mezzo di una serie d'immagini, nelle quali agli occhi suoi si trasformavano le parole. Anche quando essa usava recitare un salmo, p. e. il Magnificat o il Benedictus, il primo capitolo del Vangelo di S. Giovanni, una prece della Chiesa o le Litanie Lauretane, le parole si aprivano ai di lei occhi siccome involucri di semi, e ne scaturivano le più svariate visive immagini del loro profondo significato e del loro contenuto istorico. E ciò appunto le accadde a proposito del libro sopra indicato. Essa vide nel leggerlo che lo scopo e la missione dello stato monastico stava riposta nell'unione collo Sposo celeste; ma in questo quadro universale essa pur vide la propria sua parte speciale in quella missione, e le vie ed i mezzi, gli ostacoli e gli impulsi, le fatiche e le pene, le mortificazioni e le vittorie sopra sè stessa, ed i patimenti che l'aspettavano, e che dovrebbe sopportare per compirla; e ciò non soltanto relativamente alla propria santificazione, ma anche in riguardo allo stato ed ai bisogni della Chiesa medesima. Giacchè Anna Caterina non doveva ricevere la grazia della vocazione soltanto per sè o per la sua personale perfezione, ma era bensì destinata dal Re celeste suo Padre ad essere uno strumento, per mezzo del quale egli in quell'epoca di universale decadenza e di devastazione della eletta sua vigna voleva salvare quella grazia di vocazione e tutti quei doni ed azioni, che ne dipendono in pro della Chiesa. Quindi tutto ciò che Anna Caterina apprese dal libro di profezia, e tutto ciò che operò a seconda dei suoi ammonimenti, ebbe sempre il carattere di sostituzione, di riconciliazione e di soddisfazione per colpe e negligenze altrui; e tutte quelle opere, che ella doveva compire in istato di visione avevano sempre più per iscopo il bene degli altri che il suo proprio vantaggio. Era un continuo piantare, raccogliere, preparare, acquistare con fatica; un lottare e patire, un espiare continuo, i di cui frutti e conseguenze erano disposti dallo Sposo celeste a bene di tutta la Chiesa.

10. Quanto più profondamente penetrò Anna Caterina nell'intimo senso di quel libro, tanto più ricche divennero le di lei visioni, e tanto più perfetta si rese tutta la di lei vita esterna ed interna. Essa capì la vivente collegazione di tutte quelle immagini fra loro con sè stessa e con la missione dell'intera sua vita, e concepì chiaramente che il loro contenuto abbracciava la storia di una fidanzata al suo Sposo celeste, la quale smania di unirsi a lui, verso il quale tende, pel quale con grave fatica dee preparare un intero corredo, nella cui preparazione per altro viene continuamente ritenuta e disturbata per penuria di mezzi e per cattiva riuscita, per disturbi e per mezzo di altre opere di nature differenti. Di tempo in tempo le veniva per mezzo di quadri simbolici manifestata una serie degli avvenimenti della di lei susseguente vita; e questi quadri simbolici sempre si verificarono. Le si manifestavano pure, in guisa ammonitoria, tutti gli ostacoli nascenti o da sua propria colpa, o da tepidezza, o da negligenza, o da troppo grande condiscendenza. Tutto ciò per altro non le veniva in quella guisa rappresentato affinchè ella dovesse ciecamente andarvi dietro, o perchè non le dovesse costare forza veruna di volontà, veruna lotta o travaglio; giacchè cotesti quadri simbolici erano come similitudini, come parabole, che la fortificavano ed illuminavano a fare il bene e ad evitare il male, ovvero a sfuggire un pericolo; ma non erano già come fatti compiuti, o come se fossero doni, per raccorre i quali bastasse che solo stendesse la mano. Cotesti quadri le offerivano inoltre dinanzi agli occhi e più da vicino quelle molteplici esigenze, necessità e bisogni, che essa non avrebbe potuto prevedere e considerare, ma pei quali doveva lottare e pregare; e le indicavano come e quanto dovesse fare per raggiungere lo scopo. Inoltre cotesti quadri la consolavano; e mentre le mostravano le sue proprie mancanze, ella veniva ammaestrata del come evitarle ed anche ripararle.

11. Le opere e preparativi, circa i quali Anna Caterina era ritenuta nelle sue visioni, e che doveva condurre a compimento senza mancanza e senza errore, si riferivano ai preparativi del corredo e dei gioielli nuziali di una sposa promessa al figlio di un re. Tutto ciò che una sollecita sagace madre potrebbe suggerire alla propria figlia promessa ad un simile sposo, ciò appunto veniva manifestato e suggerito in visioni ad Anna Caterina. Essa doveva preparare il tutto e condurlo a compimento per mezzo di opere e lavori, come suole accadere nella vita terrena e nei suoi bisogni; ma cotesti lavori avevano una ben più alta significanza e sfera di azione. Così ella doveva preparare il campo, seminare il lino, sradicare le cattive erbe; quel lino poi raccoglierlo, macerarlo, gramolarlo, pettinarlo, filarlo, tesserlo, ed imbiancare la tela pel vestiario della sposa. Essa doveva tagliare da sarta, cucire, ricamare nelle più svariate maniere, anzi secondo la spirituale significanza delle singole parti del vestiario, che erano moltissime ed estremamente difficili a prepararsi. Cotesti lavori in visione erano le immagini simboliche, ovvero la rappresentanza delle di lei fatiche, mortificazioni e vittorie riportate sopra sè stessa nella vita quotidiana. Ogni punto applicato con l'ago alla preparazione della veste nuziale rappresentava la puntura di un dolore pazientemente sopportato, che moltiplicava i di lei meriti e la ravvicinava di alquanto allo scopo. Un'opera virtuosa, ma imperfetta nè ben fondata, le si presentava in visione come un cucito od un ricamo non ben riuscito e che doveva essere disfatto e rinnovato. Ogni impazienza, ogni vivacità, ogni mancanza e la più leggiera trascuranza le apparivano siccome guasti, disordini o macchie, da doversi rimediare e correggere, moltiplicando sforzi e fatiche. Tutte coteste opere montarono a poco a poco e con gli anni, per mezzo di diverse e gravi fatiche, dalla più semplice veste sino ai più sfarzosi nuziali ornamenti, e sino a tutto il corredo di una ben dotata sposa. Ogni singolo oggetto le era d'uopo acquistarlo con sacrifizio, e con gran cura conservarlo sino al momento delle nozze. La estesissima missione di Anna Caterina portò seco come conseguenza che la visione nuziale in lei predominante divenisse sempre più larga e più svariata, mentre ad essa si aggiungevano tutti gli avvicinamenti e tutte le influenze dell'epoca sua, aventi qualche rapporto con la Chiesa. Quindi tutto quel mondo, tanto spirituale quanto temporale, in mezzo a cui ella si trovava, venivasi a frammischiare a quella visione, talora come impedimento, talora come impulso; e così pure tutti i tentativi fatti invano, tutte le vie invano tentate, tutte le preghiere inesaudite, tutte le espettazioni deluse le venivano dimostrate in quadri simbolici che a lei le presagivano.

12. Tutte coteste opere in visione si innestavano così semplicemente e naturalmente nel di lei vivere esterno che Anna Caterina non ne veniva mai disturbata; anzi, per lei non esisteva propria differenza fra questi due generi di attività; poichè ambedue ne formavano uno solo a causa dell'uguale previdenza ed intenzione, con le quali opere adempiva e del pari insieme collegava lo scopo, alle quali ugualmente erano dirette. Il lavoro in visione precedeva al lavoro esterno quotidiano in modo simile alla preghiera ed alla buona intenzione, con cui un pio cristiano incomincia l'opera sua giornaliera, offrendo tutte le azioni sue a Dio, e per l'acquisto di qualche virtù; e siccome il pio cristiano suole, durante il giorno, rinnovare la sua intenzione onde fortificarsi nei buoni propositi e nei sani principii, così pure accadeva che Anna Caterina conducesse un'opera e vi progredisse secondo i comandi della maestra o dei genitori, e ad un tempo stesso secondo gli ammonimenti della sua visione. La medesima confessò una volta su questo proposito:
« Non posso dire in qual modo le visioni in cotesti quadri si congiungessero, secondo la loro significazione, con le mie esterne azioni, ma è certo che io faceva una cosa, e l'altra evitava, senza tralasciare alcunchè di ciò che mi era imposto a fare dalla mia vita esterna. Ciò l'ho compreso sempre molto distintamente, quantunque non avessi alcuno che capir potesse le mie dichiarazioni su questo proposito. Penso che altrettanto ne accada ad ogni persona, la quale sino dalla gioventù lavora con zelo, procedendo al suo scopo, cioè la felicità eterna; ma soltanto cotesta direzione, che Iddio le concede, è per quella persona invisibile. Alcun altro però, il quale sia illuminato dall'alto, può scorgere cotesta direzione durante tutto il suo corso, come io stesso l'ho veduta di continuo anche in altri individui. Anche colui che non può scorgere cotesta direzione agirà per altro secondo quella e ne raccoglierà tutte le benedizioni tostochè egli segua quegli impulsi, insinuazioni ed ammonimenti, che Iddio fa a lui pervenire per mezzo dell'Angelo custode o della preghiera del confessore, dei superiori, del sacerdozio, della Chiesa, come pure per mezzo degli avvenimenti e delle giornaliere disposizioni. La vita quotidiana, ovunque io potessi rivolgermi, non fa ceva che mostrarmi l'impossibilità di entrare in un chiostro; la visione per altro sempre e con sicurezza mi vi conduceva, ed io di continuo riceveva l'interno ammonimento che Iddio può tutto, e che egli mi condurrebbe sino alla meta; e ciò mi dava fermo coraggio.

13. Tostochè Anna Caterina si fu ristabilita dalla sua malattia, fu dalla madre affidata per istruzione nell'arte di cucire alla maestra Elisabetta Hrabbe detta Notthos in Hoesfeld; poichè ella sperava altresì che cotesto nuovo modo di vivere ed il frequente commercio che ne risulte rebbe con le molte diverse persone, distrarrebbero Anna Caterina, e la distornerebbero dal proposito di monacarsi. Soltanto Iddio dispose che precisamente cotesto piccolo spazio di un biennio non compiuto, durante il quale Anna Caterina stette a scuola, fosse per essa il più tranquillo della sua vita intera, almeno in quanto alle cose esterne.

Non ebbe d'uopo d'imparare con grave cura a cucire, poichè, siccome prima faceva ogni opera nel campo od in casa, senza uscire dallo stato di visione, così la di lei abile mano sapeva adesso condurre l'ago, mentre l'occhio era diretto a cose affatto diverse. Iddio le accordò in ciò una sì grande abilità, che ella poteva condurre a fine con la mano le più penose e difficili fra tutte quelle opere di cucito, senza alcuna attenzione dello spirito. Le di lei mani erano attive, e perseveravano ferme e sicure nel lavoro, come dirette da un Angelo, anche quando il di lei occhio distolto dalle cose del mondo esterno non poteva più seguire sorvegliandolo il moto delle mani. Sul principio si accostò Anna Caterina con ansietà e timidezza alla tavola di lavoro, poichè sapeva di non potersi difendere dall'impulso delle visioni, nè evitare di essere assente con lo spirito; e la tormentava molto il timore di attirare con ciò sopra di sè la sospettosa attenzione di coloro che aveva d'attorno. Ciò nondimeno le di lei suppliche vennero esaudite, poichè l'Angelo le metteva sulle labbra le parole di giusta e precisa risposta, ogni qual volta all' improvviso le veniva rivolto il discorso; e le reggeva le mani onde non ne cadesse il lavoro. Anna Caterina si abituò sì presto ed in modo tale a cotesto andamento, che non solo sino alla fine della sua vita passò le notti intere piene di patimenti e di dolori nella orazione e nella attività puramente spirituale, ma le impiegò altresì in lavori di cucito per poveri fanciulli, per ammalati e partorienti, senza alcun bisogno di impiegare in quei lavori gli occhi, ovvero una speciale attenzione dello spirito.

14. Può bene immaginarsi, come sotto il peso dei lavori campestri che prima Anna Caterina doveva compire con gravi fatiche, riuscisse per lei assai più facile il resistere al profondo immergimento dell'anima sua nella visione, di quel che nol fosse quando seduta tranquillamente alla tavola di lavoro doveva occuparsi di cose che non esigevano nè sforzo, nè attenzione; e durante le quali era rapita con tutta l'anima in visioni, che di quella più profondamente e potentemente s ' impadronivano, di quel che nol fossero i quadri di sacra istoria; poichè coteste nuove visioni avevano per oggetto quasi senza alcuna interruzione la di lei propria vita e la missione che doveva compire. Iddio le dimostrava in quelle visioni la grandezza di ciò che egli opera in un'anima, chiamata secondo i suoi eterni consigli alla vita monastica. Egli le fece conoscere tutta la intera concatenazione di grazie e direzioni, delle quali la debole ed incostante creatura abbisogna, per pervenire a quel fine elevato cui Iddio la destinò, malgrado gli innumerevoli suoi mancamenti ed infedeltà. Ed essa ammirava ed apprezzava con cuore riconoscente quelle cure e bontà del Signore, per le quali sentivasi ineffabilmente commossa; del Signore, che non risparmia una simile prodigalità di doni d'immensurabile valore a quelle anime, le quali egli vuol render capaci a ricevere la più alta delle distinzioni che soglia accordare. Quanto più il di lei amante cuore era di ciò penetrato, tanto più la feriva un amaro dolore per lo stato deplorabile della Chiesa; stato che pareva rendere impossibile che vi fossero ancora anime capaci di decidersi a legarsi coi santi voti monastici. Cotesta trista posizione della Chiesa e gli altri imminenti perigli e persecuzioni della santa Fede furono mostrati ad Anna Caterina, perchè Iddio voleva ricevere le di lei preghiere, pene e sagrifizi, ed in compenso di cotesti meriti conservare alla Chiesa quei doni, che pochi soli fra i credenti mostravansi volonterosi nell' accogliere e conservare fedelmente, e per la distruzione dei quali tutte le potenze nemiche si erano collegate. Egli commosse con quelle visioni il di lei cuore, affinchè essa con ardente desiderio impetrasse per sè medesima la grazia della vocazione, e si offerisse incessantemente a tutti quei patimenti, che potevano compensare la ingratitudine, il disprezzo e le profanazioni, dalle quali cotesta gran grazia era in quel tempo assalita.

15. Le fu inoltre dimostrato tutto ciò che il Salvatore aveva dovuto fare e patire onde acquistare alla sua Chiesa l'ornamento dello stato monastico, e come egli abbia messo cotesto gioiello sotto la guardia e cura speciale della sua purissima Madre; e per esaltare sempre più il di lei onore nella Chiesa, le abbia trasmessa la potenza di piantare ed ornare la vigna della Chiesa medesima con le differenti famiglie monastiche, e di rinnovarle secondo i bisogni.

Era quindi la Madre santissima del Salvatore quella che mostrava ad Anna Caterina in visione parte a parte tutto il corredo nuziale da prepararsi, onde essa, secondo le ammonizioni della divina Madre, potesse migliorarlo e supplire a ciò che mancava. Ove noi vogliamo rammentarci del come Anna Caterina, già sin dal quart'anno della età sua, solesse flagellarsi con ortiche, ogni qual volta ella vedeva Iddio offeso da temerari fanciulli; potremo tanto più facilmente misurare la irresistibile potenza di quello amore, col quale ella sforzavasi a dare a Dio compenso per le sciagurataggini delle sue spose infedeli. Cotesto desiderio diveniva tanto più possente, quanto più manifestamente le veniva rivelata l'alta dignità cui viene elevata un'anima, la quale a Dio si lega pronunziando i voti monastici.

Quanto più a lungo essa contemplava con meraviglia la bellezza ed il merito che scaturendo dai voti si espande sopra tutte le azioni anche minime di una persona monastica; con tanto maggiore ardenza aspirava ella a quella grazia, poichè così poteva sperare di onorare sempre più Iddio e di servirlo in modo più perfetto. Le nacque anzi nell'animo un tal convincimento dell' incomparabile altezza ed effetto dei voti monastici, che ella giudicò che solo avrebbe potuto offrire grazie condegne a Dio per cotesta vocazione, allora quando le avrebbe offerto in sacrifizio fino all'ultimo respiro di una vita piena di stenti e di pene. Quindi non permise che il forte suo animo si perdesse di coraggio, quantunque per allora non potesse scorgere veruna apparente possibilità di entrare in convento, e che anzi contro a ciò si rivoltarono tutti coloro che avevano conoscenza del di lei desiderio. Le di lei forze corporali, per altro, non erano bastanti a sopportare cotesto interno suo stato. Esse si dileguarono, ed Anna Caterina ne divenne tanto infermiccia ed esausta, da dover esser tolta dalla scuola.

16. Anche la di lei maestra depose nel 14 di aprile 1813, dinanzi l'autorità ecclesiastica, in questa guisa:

« Conosco la Emmerich dacchè era in età di dodici anni, e dimorava nel casolare Emmerich in Flamske, parrocchia di S. Jacopo di Hoesfeld; e poi dopo quando nell' età di quindici anni venne presso di me ad imparare il cucito. Non rimase alla mia scuola interi due anni, poichè si ammalò e dopo il suo ristabilimento non ancora completo, andò ad Hoesfeld, dove rimase.

« Per tutto il tempo che stette presso di me, si condusse sempre benissimo; era molto diligente, e sempre intenta ad ogni mia parola, senza veruna contraddizione. Non era di molte parole, e stava sempre tacitamente in sè raccolta.

Restava presso di me soltanto nei giorni di lavoro, e nelle domeniche ed altri giorni festivi si recava da' suoi genitori. Non ho mai trovato cosa da rimproverare in lei, fuorchè il mostrarsi volentieri piuttosto ricercata nel suo vestiario. »

Quando l'Overberg ai 21 di aprile del 1813, in occasione di un esame di coscienza, domandò ad Anna Caterina, se nella sua gioventù fosse mai stata vana de' suoi abbigliamenti, essa gli diè in risposta:

« Io era sempre molto ordinata e netta nel vestiario, mai non già a riguardo degli uomini, piuttosto a riguardo di Dio. Mia madre spesso non mi rivestiva precisamente a mia soddisfazione; quindi io sovente me ne andava a guardarmi nell'acqua, o nello specchio, e riordinava il mio vestiario per bene. Il vestirsi nettamente e con ordine fa bene anche all'anima. Quando nelle scure mattinate me ne andava alla Comunione, mi vestiva con altrettanta cura come nei giorni sereni, perchè ciò intendeva farlo per onor di Dio, e non già pel mondo. »